Abuso di potere del funzionario delle Entrate: nessuna crisi d’identità per la (nuova) concussione dopo lo «spacchettamento»

Prospettare di stendere un velo sulle denunciate inadempienze fiscali di un soggetto che avrebbero prodotto accertamenti pluriennali in cambio di un compenso” risolutore possibile - in forza della posizione rivestita nella P.A. - da corrispondere al pubblico ufficiale è concussione per costrizione e non induzione.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 28431 del 1° luglio 2013. Il caso. Un impiegato dell’Agenzia delle Entrate prospettava al gestore di due palestre un accertamento fiscale quale epilogo di un esposto anonimo relativo ad asserite inadempienze fiscali in cui sarebbe incorso. Tuttavia non si fermava a ciò e profilava la possibilità di evitare detto accertamento pregno di gravi conseguenze che sarebbero proseguite negli anni in cambio di una dazione di denaro, quale compenso” per un intervento risolutore – possibile grazie alla posizione rivestita dall’impiegato nella Pubblica amministrazione – di 200 euro. Abuso di potere . La fattispecie criminosa contestata – la concussione – si caratterizza per essere reato dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione connotato da abuso di potere da parte del pubblico ufficiale che esercita sul soggetto passivo un potere connotato da c.d. metus pubblicae potestatis , quale pressione abusiva sulla volontà del privato intimamente legata alla posizione rivestita dall’agente e quindi allo stato di soggezione in capo al privato. Modalità in duplice declinazione. Il bagaglio di arresti giurisprudenziali in tema di concussione si è arricchito di decisioni che hanno evidenziato come il comportamento concussorio possa estrinsecarsi in qualsiasi atteggiamento, anche implicito, purché sia in grado di turbare o diminuire la libertà psichica del soggetto cui è destinato. E, in particolare, concussione costrittiva e per induzione. Prima della riforma avuta con legge 190/2012 le due modalità erano forme di realizzazione diverse che producevano lo stesso risultato, la stessa punibilità del solo agente , le stesse sanzioni. A seguito dell’introduzione di un’autonoma fattispecie di concussione per induzione – meglio, induzione indebita a dare o promettere – , più importante è divenuto distinguere le modalità in cui si esercita l’abuso di potere, perché nel caso del nuovo art. 319 quater c.p. è prevista la punibilità anche del soggetto passivo il privato . Tuttavia i risultati raggiunti da una tassonomia giurisprudenziale risalente vanno valorizzati nel costituire un punto di discrimine tra le condotte costrittive. Sono costrittive le condotte in cui la prospettazione di un male ingiusto incide in misura grave sulla volontà del soggetto passivo, mettendolo di fronte a un bivio problematico e determinandolo a effettuare o promettere di effettuare una promessa indebita induttive sono le condotte in cui la pressione è frutto di più subdola persuasione, suggestione, fraudolenza, così da indurre il soddisfacimento di pretese neppure apertamente esplicitate. Il privato vittima o da punire? Pacifico è che nella fattispecie concussoria vi è una sorta di collaborazione tra il pubblico ufficiale agente e la vittima, in quanto la volontà dei protagonisti, pur divergente ab origine , finisce per confluire nel prosieguo, malgrado la diversa forza e le diverse ragioni dei soggetti coinvolti. Con il nuovo reato introdotto dalla legge 190/2012 nei casi di induzione si è verificata una trasformazione del soggetto passivo da vittima, legittimata anche a costituirsi parte civile e, ancor prima, ad esercitare i poteri attribuiti alla persona offesa dal reato, a soggetto passibile personalmente di sanzione penale. Concussione costrittiva. Diventa dunque di estrema importanza distinguere le ipotesi in concreto. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte i giudici di merito avevano ravvisato una situazione di evidente squilibrio prevaricatorio tra i soggetti coinvolti. Il pubblico ufficiale aveva avuto un comportamento particolarmente insidioso e penetrante prospettando una pluriennale sottoposizione a controlli e proponendo un compenso per un intervento risolutore, possibile grazie al ruolo rivestito. Corretto era dunque l’inquadramento delle accuse nel quadro della concussione costrittiva.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 giugno - 1° luglio 2013, numero 28431 Presidente Milo – Relatore Cortese Fatto 1.- Con ordinanza emessa il 04.01.2013 il GIP di Catania applicava a C.S. la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui all'art. 317 cp., per avere, mediante abuso dei poteri di impiegato all'Agenzia delle entrate di , costretto S.M. , gestore di due palestre in Omissis a versargli 200 Euro, prospettandogli la possibilità di evitargli l'accertamento che sarebbe scaturito da un esposto anonimo relativo ad asserite inadempienze fiscali. 2.- Con la ordinanza di cui in epigrafe, il Tribunale di Catania, decidendo in sede di riesame avverso l'ordinanza del GIP, sostituiva la custodia carceraria con quella domiciliare. 3.- Propone ricorso per cassazione il prevenuto a mezzo del difensore, deducendo a. - l'incompetenza territoriale dell'autorità procedente, essendosi il reato consumato già con la promessa di pagamento, avvenuta nel circondario di Messina b. - che il fatto ascritto all'indagato, essendosi concretizzato nella prospettazione del male giusto derivante dall'accertamento fiscale conseguente all'esposto anonimo, deve oggi essere inquadrato nella ipotesi di induzione di cui all'art. 319 quater cp., quale introdotto dalla legge 190 del 2012 c. - l'insussistenza delle esigenze cautelari, stante la avvenuta sospensione dell'indagato dal servizio, l'unicità dell'episodio illecito e la prevedibilità della concessione della sospensione condizionale della pena in ordine alla ipotesi di cui all'art. 319 quater cp Diritto 4. - L'eccezione di incompetenza è infondata. Premesso in fatto che nel caso in esame, mentre la promessa di pagamento è avvenuta nel circondario di , la consegna della somma è avvenuta nel circondario di , si osserva che il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo. Sez. 6, numero 31689 del 05/06/2007, Garcea, Rv. 236828 conformi N. 10851 del 1996 Rv. 206224, N. 47289 del 2005 Rv. 233992 . 5. - Relativamente all'inquadramento giuridico del fatto, si osserva che, sugli estremi della concussione, secondo la definizione datane nel testo dell'art. 317 cp. antecedente alla legge 190 del 2012, la giurisprudenza aveva stabilito i seguenti principi di diritto a. - elemento essenziale della fattispecie criminosa è l'abuso di potere, per effetto del quale la volontà del soggetto passivo si determina sotto l'influenza del c.d. metus publicae potestatis Cass. 10.10.1979, Biagetti , il quale deve consistere non nella generica posizione di supremazia, sempre connaturata alla qualifica di pubblico ufficiale, ma bensì nel concreto abuso della veste pubblica, idoneo a far sì che la indebita promessa o dazione da parte del privato sia collegata alla pressione ad esso abuso connessa Cass. 20.11.2003 numero 6073, Filippi e alla correlata posizione non paritaria con il pubblico ufficiale e, quindi, di soggezione nei suoi confronti in cui il privato si sia venuto a trovare Cass. 18.04.1994, Russo b. - le modalità del comportamento concussorio sfuggono alla possibilità di una rigorosa delimitazione in chiave descrittiva attraverso predeterminate regole comunicative Cass. 17.01.1994, Lentini , potendo lo stesso estrinsecarsi attraverso qualsiasi atteggiamento, anche implicito Cass. 22.10.1997, Nicolazzi , che sia comunque in grado, tenuto conto anche delle particolari condizioni in cui si svolge, di turbare o diminuire la libertà psichica del soggetto passivo che ne sia destinatario Cass. 13.11.1986, Grimaudo , indipendentemente dalla verifica della sua idoneità potenziale a produrre i medesimi effetti nei confronti di qualsiasi altro soggetto Cass. 09.02.1996, Fatone c - la differenza fra le due forme di realizzazione del fenomeno concussorio è data dal mezzo usato per il conseguimento del risultato, nel senso che, nella concussione costrittiva”, è l'esercizio di una minaccia o intimidazione, concretizzantesi in genere nella prospettazione di un male ingiusto, che va a incidere in misura grave sulla volontà del soggetto passivo, mettendolo di fronte a una drammatica alternativa e determinandolo, in tal modo, a effettuare la dazione o la promessa indebita, mentre, nella induzione”, la risoluzione della vittima è l'effetto di forme più blande di pressione, caratterizzate in particolare da profili di persuasione, suggestione e fraudolenza, attraverso cui, e utilizzando sempre la propria posizione di preminenza, il pubblico agente riesce a convincere” il destinatario e a ottenere così la soddisfazione delle proprie pretese, magari neppure apertamente esplicitate Sez. VI, 5 ottobre 1998, dep. 26 ottobre 1998, numero 11258 Sez. VI, 8 novembre 2002, dep. 8 gennaio 2003 numero 52 Sez. Sez. VI, 14 novembre 2002, dep. 27 marzo 2003, numero 14353 Sez. VI, 19 giugno 2008, dep. 25 agosto 2008, numero 33843 Sez. VI, 11 gennaio 2011, dep. 28 giugno 2011, numero 25694 Sez. VI 7 marzo 2012, dep. 24 settembre 2012, numero 36 d. - l'elemento discriminante della concussione rispetto alla corruzione è costituito dalla presenza, nella prima, di una volontà prevaricatrice del pubblico ufficiale, condizionate la volontà del privato Cass. 03.11.2003 numero 4898, PG c. Di Giacomo , per effetto della quale quest'ultimo versa in stato di soggezione di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parità Cass. 01.02.1993, Cardillo , accordandosi, con manifestazioni di volontà convergenti, sul pactum sceleris Cass. 13.01.2000, PG c. Lattanzio e. - la circostanza che l'atto, oggetto del mercimonio, del pubblico ufficiale sia illegittimo e contrario ai doveri di ufficio non comporta per sé la degradazione del titolo del reato da concussione in corruzione, neppure quando il soggetto passivo versi già in illecito e sia consapevole dell'illegittimità dell'atto, posto che ciò che occorre e basta ai fini della sussistenza della concussione è che rimanga inalterata la posizione di preminenza prevaricatrice del pubblico ufficiale sull'intimorita volizione del privato Cass. 01.02.1993, Cardillo , indotta dall'abuso delle qualità o delle funzioni del primo Cass. 09.03.1984, Avalle , tale da escludere che la volontà del secondo si sia liberamente determinata Cass. 04.05.1983, Alfonso . 6. - L'entrata in vigore della legge 6 novembre 2012 numero 190 ha scomposto il delitto di concussione in due autonome figure di reati, la concussione per costrizione”, da un lato, rimasta sotto l'art. 317 c.p., e la induzione indebita a dare o promettere”, dall'altro, trasfusa nel nuovo art. 319-quater c.p., per la quale ultima è stata prevista, per l'inducente, una pena edittale inferiore rispetto alla concussione per costrizione” primo comma e, per la prima volta con ovvia inestensibilità ai fatti pregressi , anche la punibilità del soggetto indotto secondo comma . Da tanto consegue la necessità di dare una corretta qualificazione giuridica dei fatti alla luce della nuova normativa. Bisogna, quindi, procedere alla individuazione degli elementi costitutivi delle due fattispecie dopo l'illustrato spacchettamento delle due figure di reato. In primis , va rilevato che i precetti che definiscono tali figure sono formulati con le identiche parole usate nella fattispecie originaria. Al di là della misura delle pene, uniche vistose differenze sono quella per cui il soggetto attivo della concussione” costrittiva può essere ora solo il pubblico ufficiale, e la già ricordata scelta del legislatore di punire anche colui che ha ceduto all'induzione , collaborando con la propria condotta alla verificazione dell'evento del reato. Mentre la restrizione soggettiva della nuova concussione per costrizione appare indifferente per la portata oggettiva della fattispecie determinando solo l’ipotizzabile riconduzione dell'analoga attività posta in essere dall'incaricato di pubblico servizio alla fattispecie dell'estorsione aggravata , è in riferimento alla innovativa scelta di punire anche il soggetto passivo nella induzione indebita a dare o promettere che ci si può chiedere se l'ambito applicativo di tale reato ne sia stato in qualche modo influenzato. Al riguardo sembra potersi senz'altro affermare che la configurazione della fattispecie, per quanto concerne la condotta del pubblico agente, non ha mutato la sua essenziale struttura plurisoggettiva, nel senso che, sia prima che dopo la riforma, il reato richiede comunque la collaborazione” del soggetto indotto. Anche nella concussione, quale già unificata nelle due forme alternative della costrizione e della induzione, del resto, la volontà dei due soggetti protagonisti dell’ actio criminis è solo ab origine divergente, mentre diventa, all'esito della dialettica interna che caratterizza le opposte condotte, inevitabilmente convergente, pur nello squilibrio della diversa forza e delle diverse ragioni dell'incontro delle volontà. La trasformazione, nella attualmente separata forma della induzione, del soggetto passivo, da vittima in soggetto passibile di sanzione per la cooperazione alla condotta del pubblico agente, non ha direttamente inciso sul versante di tale ultima condotta, ma ha solo inteso responsabilizzare, con una scelta di politica legislativa ispirata all'intento di favorire un freno e un controllo diffuso e dal basso dei soprusi dei rappresentanti della p.a., la posizione del privato cooperante”. Tale scelta - che non può influire certo sul mantenimento della qualità di persona offesa già rivestita in precedenza dalla vittima non potendosi ritenere trattamento penalmente” più favorevole, come tale retroattivamente applicabile all'imputato, il fatto che nella nuova versione dell'art. 319 quater il soggetto indotto” sia a sua volta passibile di pena e non possa più, quindi, per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della nuova norma, rivestire la qualità di persona offesa - giustifica anche la collocazione sistematica della separata figura della induzione a ridosso delle ipotesi corruttive. Va da sé che la separazione e il diverso trattamento delle due condotte, prima unitariamente disciplinate, della costrizione e della induzione, richiede ora una maggiore attenzione nell’individuare in concreto la ricorrenza dell'una o dell'altra, laddove in passato la distinzione era praticamente superflua, tant'è che le contestazioni e le descrizioni scivolavano facilmente dall'una all'altra locuzione. Per questa ragione, è evidente che, agli effetti dell'inquadramento delle fattispecie pendenti”, non possono ritenersi in alcun modo vincolanti le definizioni e le descrizioni anteatte in termini di costrizione o induzione , valendo solo la qualificazione che risulti pertinente e corretta in relazione alla concreta realtà dei fatti, quale emergente dalla ricostruzione effettuata in sede di merito. 7.- Venendo al caso di specie, rilevasi che i giudici di merito hanno ravvisato, nel rapporto fra lo S. , gestore di palestra, e il C. , impiegato dell'Agenzia delle entrate di XXXXXXXX, una situazione di evidente squilibrio prevaricatorio. Dalla ricostruzione dei fatti compiuta sulla base delle risultanze procedimentali è in particolare emerso che l'indagato, esibendo lo scritto anonimo che denunciava inadempienze fiscali, prospettò allo S. le gravi conseguenze cui sarebbe andato incontro con i controlli fiscali che sarebbero stati avviati e portati avanti per anni e che egli avrebbe potuto, grazie al suo potere, evitare, in cambio di denaro. Non c'è dubbio che i fatti, così come accertati, caratterizzati dalla prospettazione allo S. , da un lato, dei gravi rischi cui sarebbe andato incontro per i controlli fiscali che si sarebbero protratti per anni e, dall'altro e contestualmente, della possibilità per l'indagato, il cui concreto potere derivava dalla circostanza che i problemi sul tappeto attenevano alla sua sfera di competenza, di risolvere il tutto previa una gratificazione economica, appaiono chiaramente inquadrabili nella figura della concussione, quale unitariamente disciplinata nel previgente art. 317 cp. e, dopo lo sdoppiamento di tale figura conseguente alla legge 190 del 2012, nella concussione di tipo costrittivo” e tanto in ragione del fatto che, col suo comportamento, particolarmente insidioso e penetrante per il riferimento a una sottoposizione pluriennale a controlli e nel contempo assai determinato nel pretendere un compenso” quale condizione per un intervento risolutore, reso possibile dalla posizione rivestita in senso alla p.a., il C. suscitò nello S. il grave e concreto timore di una persecuzione fiscale che avrebbe potuto seriamente danneggiarlo in termini economici e psicologici, e che - ove non avesse trovato il coraggio e la fermezza di rivolgersi alle forse dell’ordine – sarebbe stata evitabile solo piegandosi a corrispondere quanto gli veniva richiesto. 8. – In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale ha reso una motivazione congrua e logica, evidenziando la spregiudicatezza della condotta dell’indagato, indicativa di una chiara propensione a delinquere, incompatibile con una prognosi positiva sulla concessione della sospensione condizionale della pena, già per sé improbabile alla luce delle caratteristiche del fatto e del suo inquadramento giuridico. Quanto alla asserita sospensione dal servizio, trattasi di rilievo in fatto non apprezzabile in questa sede e di cui non si conoscono comunque i presupposti, in riferimento in particolare alla indipendenza o meno dall’avvenuta applicazione della misura cautelare. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.