La buona fede del venditore e la detraibilità dell’IVA vanno a braccetto

Nelle cause C-273/11 e C-324/11, entrambe depositate il 6 settembre 2012, la Corte di Giustizia UE è intervenuta sull’interpretazione della Direttiva 2006/122 CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. Se l’operazione presenta tutti i requisiti oggettivi richiesti dalla normativa per il perfezionamento delle cessioni intracomunitarie e se il venditore dimostra di aver agito con diligenza e buona fede, l’esenzione dall’IVA non può essere negata. Nemmeno adducendo che la controparte abbia perso lo status di soggetto passivo oppure che l’acquirente non abbia trasportato i prodotti fuori dallo Stato di spedizione.

La sentenza C-273/11 commercio all’ingrosso. Verte su una questione originata dalla vendita di una società magiara a un’altra italiana di mille tonnellate di colza. La compagnia ungherese ha redatto due fatture per tale operazione. Tuttavia, considerando che si è trattato di operazione intracomunitaria esente dall’imposta sul valore aggiunto del Paese, non ha fatturato tale tributo all’acquirente e non ha effettuato versamenti all’amministrazione tributaria di Budapest. Dopo la contestazione da parte italiana la quale si è lamentata dell’irreperibilità dell’azienda magiara , l’amministrazione ungherese ha avviato un’indagine. Appurato che la colza non ha superato il confine, si è ipotizzato che l’operazione sotto la lente d’ingrandimento non costituisse una cessione di beni oggetto di esenzione. Il Tribunale, adito dalla società, ha quindi sottoposto alla Corte del Lussemburgo alcune questioni pregiudiziali. Panoramica sulla direttiva 2006/112. Nel contesto di una cessione intracomunitaria, la direttiva consente agli Stati di negare al venditore l’esenzione dall’IVA qualora non siano soddisfatti i requisiti in materia di prova, determinati dal diritto interno e dalla prassi abituale. Qualora il venditore abbia tutte le carte in regola, non può essere considerato debitore dell’IVA nel Paese di cessione laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare i beni oltre confini non sia stato assolto per cause attribuibili all’acquirente. Infatti è quest’ultimo ad assumere le vesti di debitore. In ogni caso si richiede la buona fede, abbinata alla giusta dose di diligenza l’esenzione non viene accordata al venditore che ha saputo o avrebbe dovuto sapere che tale operazione è stata innestata in turbinii di evasione. Causa C-324/11 l’antefatto. Anche la seconda sentenza esaminata trae origine da una questione sorta in Ungheria. Nel 2007 un signore ha effettuato lavori di costruzione per taluni soggetti passivi avvalendosi di subappaltanti e di un imprenditore individuale. I contratti conclusi tra i protagonisti della vicenda hanno previsto l’obbligo per il subappaltante di tenere un giornale di cantiere e di redigere un certificato di esecuzione dei lavori. A lavori avanzati, l’imprenditore ha emesso 20 fatture che il committente ha accettato e iscritto nella propria contabilità e nelle proprie dichiarazioni. I nodi vengono al pettine. L’imprenditore, però, non ha assolto i propri obblighi fiscali già a partire dal 2003 neppure ha proceduto alla dichiarazione dei suoi dipendenti presso l’amministrazione finanziaria, né a titolo di impiego principale, né a titolo di impiego temporaneo. Validi motivi per cui l’autorità municipale competente gli ha revocato la licenza di imprenditore individuale. Giocoforza l’amministrazione finanziaria ha iscritto a carico dell’altro signore un supplemento di IVA, con la motivazione che l’imposta contenuta nelle fatture emesse dall’ ex imprenditore non poteva più essere detratta. Lo status oggettivo del soggetto passivo. Tale connotato deriva – ci illumina la Corte – dalla sola circostanza di fatto dell’esercizio di un’attività economica, senza che abbia ulteriore rilievo la revoca di autorizzazioni o licenze rilasciate dall’amministrazione competente. A questo proposito, la direttiva 2006/112/CE del Consiglio e il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che «ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base all’unico rilievo che la licenza di imprenditore individuale sia stata revocata all’emittente della fattura prima che egli abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente, qualora quest’ultima presenti tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 di tale direttiva e, in particolare, quelle necessarie all’identificazione della persona che l’ha emessa e della natura dei servizi forniti».

Corte di Giustizia UE, Seconda Sezione, sentenza 6 settembre 2012, causa C-273/11 * «IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 138, paragrafo 1 – Condizioni di esenzione di un’operazione intracomunitaria caratterizzata dall’obbligo, per l’acquirente, di garantire il trasporto del bene di cui dispone in qualità di proprietario dal momento del carico – Obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione – Cancellazione, con effetto retroattivo, del numero d’identificazione IVA dell’acquirente» Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto GU L 347, pag. 1 , come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010 GU L 326, pag. 1 in prosieguo la «direttiva 2006/112» . 2 Questa domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede contrapposta la Mecsek-Gabona Kft in prosieguo la «Mecsek-Gabona» alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Dél-dunántúli Regionális Adó Főigazgatósága direzione regionale delle imposte del Dél-dunántúl in prosieguo la «Főigazgatóság» , in merito al rifiuto, da parte di detta amministrazione, di concedere alla ricorrente di cui al procedimento principale il beneficio dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto in prosieguo l’«IVA» in forza di un’operazione da essa qualificata come cessione intracomunitaria di beni. Contesto normativo La direttiva 2006/112 3 La direttiva 2006/112, conformemente ai suoi articoli 411 e 413, ha abrogato e sostituito, a far data dal 1° gennaio 2007, la normativa dell’Unione all’epoca in vigore in materia di IVA, in particolare la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto base imponibile uniforme GU L 145, pag. 1 . 4 L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b , i , della direttiva 2006/112 dispone come segue «1. Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti b gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro i da un soggetto passivo che agisce in quanto tale o da un ente non soggetto passivo, quando il venditore è un soggetto passivo che agisce in quanto tale ». 5 Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva «Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». 6 Il titolo IX di detta direttiva, intitolato «Esenzioni», contiene dieci capi e il capo 1 è dedicato alle disposizioni generali. L’articolo 131, unico articolo di tale capo, ha il seguente tenore «Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso». 7 L’articolo 138, figurante nel capo 4, intitolato «Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie», di detto titolo IX, dispone al suo paragrafo 1 «Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni». 8 Gli articoli 131 e 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 riprendono, in sostanza, il contenuto dell’articolo 28 quater, parte A, lettera a , primo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificato dalla direttiva 95/7/CE del Consiglio, del 10 aprile 1995 GU L 102, pag. 18 . 9 Il titolo XI della direttiva 2006/112, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», comporta, segnatamente, un capo 2, intitolato «Identificazione», e un capo 3, intitolato «Fatturazione». 10 Detto capo 2 contiene, in particolare, l’articolo 214 che dispone come segue «1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché siano identificate tramite un numero individuale le persone seguenti b ogni soggetto passivo, o ente non soggetto passivo, che effettua acquisti intracomunitari di beni soggetti all’IVA a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b , o che ha esercitato l’opzione prevista all’articolo 3, paragrafo 3, per l’assoggettamento all’IVA dei suoi acquisti intracomunitari ». 11 L’articolo 220, che rientra nel capo 3 del medesimo titolo, prevede al suo paragrafo 1 «Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, una fattura nei casi seguenti 3 per le cessioni di beni effettuate alle condizioni previste dall’articolo 138 ». 12 L’articolo 226, figurante in detto capo 3, prevede «Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti 4 il numero d’identificazione IVA dell’acquirente o del destinatario, di cui all’articolo 214, con il quale ha ricevuto una cessione di beni o una prestazione di servizi per la quale è debitore dell’imposta o una cessione di beni di cui all’articolo 138 ». Il diritto ungherese 13 L’articolo 89, paragrafo 1, della legge numero CXXVII del 2007 relativa all’imposta sul valore aggiunto Általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. Törvény, Magyar Közlöny 2007/128 , è formulato come segue «Sono esenti – fatto salvo quanto disposto ai paragrafi 2 e 3 – le cessioni di beni spediti o trasportati, in modo dimostrabile, fuori dall’Ungheria ma nella Comunità, indipendentemente dal fatto che la spedizione o il trasporto siano effettuati dal venditore, dall’acquirente o da un terzo – che agisca per loro conto – per un altro soggetto passivo che non operi in tale qualità in Ungheria bensì in un altro Stato membro della Comunità, o per un ente non soggetto passivo registrato in un altro Stato membro della Comunità e tenuto al pagamento dell’imposta». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 14 La Mecsek-Gabona è una società ungherese la cui attività principale consiste nel commercio all’ingrosso di cereali, tabacco, sementi e foraggio. 15 Il 28 agosto 2009, essa ha concluso un contratto di vendita con la Agro-Trade srl in prosieguo la «Agro-Trade» , società stabilita in Italia, e tale contratto aveva ad oggetto 1 000 tonnellate di colza, con un margine di oscillazione pari a ± 10%, al prezzo di HUF fiorini ungheresi 71 500 a tonnellata, ai fini di una cessione intracomunitaria di beni in esenzione dall’IVA. 16 Nelle clausole relative alle modalità di esecuzione di detto contratto, le parti avevano convenuto che si sarebbe proceduto all’esecuzione di quest’ultimo sul piano quantitativo in funzione del peso caricato presso i locali del venditore a Szentlőrinc Ungheria , secondo quanto attestato dai registri di pesatura e dalle fatture redatte sulla base di questi ultimi. L’acquirente provvedeva a procurarsi i mezzi di trasporto e al trasporto della merce avente come destinazione un altro Stato membro. 17 Prima di detto trasporto, l’acquirente ha comunicato i numeri di immatricolazione dei camion che avrebbero prelevato la merce presso la Mecsek-Gabona. I quantitativi di prodotti acquistati sono stati indicati nelle lettere di vettura CMR lettere di spedizione redatte sul fondamento della Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978 , dopo la pesatura dei camion, e i trasportatori hanno presentato i documenti di trasporto dagli stessi vistati. Il venditore ha realizzato una fotocopia del primo esemplare di tali lettere di vettura completate, mentre l’originale veniva conservato dai trasportatori. Le quaranta lettere di vettura CMR, i cui numeri di serie sono in ordine successivo, sono state rispedite al venditore, per posta, dall’indirizzo dell’acquirente, situato in Italia. 18 Il 4 settembre 2009 sono state emesse due fatture ai fini della vendita oggetto del procedimento principale in esenzione dall’IVA, la prima per un importo pari a HUF 34 638 175 e la seconda per la somma di HUF 34 555 235, con riferimento a quantitativi di colza, rispettivamente, di 484,45 tonnellate e 483,29 tonnellate. L’importo risultante sulla prima fattura è stato pagato qualche giorno dopo la consegna da una persona di cittadinanza ungherese, che ha versato tale somma sul conto della Mecsek-Gabona. Per contro, la seconda fattura, al pagamento della quale si doveva provvedere negli otto mesi successivi alla consegna, non è stata pagata. 19 Da una consultazione del registro dei soggetti passivi effettuata dalla ricorrente di cui al procedimento principale, il 7 settembre 2009, è emerso che, a quella data, l’Agro-Trade disponeva di un numero d’identificazione IVA. 20 In occasione della verifica relativa alla dichiarazione tributaria della Mecsek-Gabona, l’amministrazione tributaria ungherese ha inviato una richiesta di informazioni alle autorità italiane, in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento CE numero 1798/2003 del Consiglio, del 7 ottobre 2003, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento CEE numero 218/92 GU L 264, pag. 1 . Secondo le informazioni trasmesse da tali autorità, la Agro-Trade era irreperibile e all’indirizzo della sede dichiarata risultava un’abitazione privata. Nessuna società con detta denominazione era stata registrata a quell’indirizzo. Non essendo mai stata versata l’IVA, la Agro-Trade era altresì sconosciuta all’amministrazione tributaria italiana. Il 14 gennaio 2010, il numero d’identificazione IVA italiano di detta società era stato cancellato dal registro con effetto retroattivo al 17 aprile 2009. 21 Sul fondamento di tutti questi elementi, l’amministrazione tributaria ungherese di primo grado ha considerato che la Mecsek-Gabona non era stata in grado di dimostrare, in sede di procedimento tributario, che aveva avuto luogo un’effettiva cessione intracomunitaria di beni oggetto di un’esenzione dall’IVA e ha accertato, con una decisione del 7 settembre 2010, l’esistenza, per detta società, di un debito tributario pari a HUF 17 298 000 a titolo di IVA relativa al settembre 2009, maggiorato di una sanzione dell’entità di HUF 1 730 000 e di una penalità di mora di HUF 950 000. 22 Con una decisione del 18 gennaio 2011, la Főigazgatóság ha confermato la decisione adottata dall’amministrazione tributaria di primo grado, reputando che la Mecsek-Gabona avrebbe dovuto disporre di un documento idoneo a fornire la prova della spedizione della merce nonché del suo trasporto a destinazione di un altro Stato membro. Poiché la società di cui trattasi non era in grado di presentare un tale documento al momento del controllo, e il documento da essa presentato non poteva essere considerato facente fede, la stessa sarebbe debitrice dell’IVA relativa alla vendita di cui trattasi nel procedimento principale, a meno che essa non sia stata in buona fede all’atto dell’operazione. 23 Secondo la Főigazgatóság, la Mecsek-Gabona avrebbe dovuto adottare maggiori precauzioni. Pertanto, non si sarebbe dovuta limitare a verificare che la merce fosse stata prelevata ma si sarebbe dovuta altresì accertare che quest’ultima fosse arrivata a destinazione. 24 Dinanzi al giudice del rinvio la ricorrente nel procedimento principale chiede l’annullamento della decisione della Főigazgatóság e, del pari, della decisione emessa dall’amministrazione tributaria di primo grado. La stessa ha rilevato che non poteva esserle imputata alcuna negligenza né all’atto della conclusione del contratto né al momento dell’esecuzione di quest’ultimo, dal momento che, in data 7 settembre 2009, aveva verificato il numero d’identificazione IVA della Agro-Trade, che quest’ultimo esisteva concretamente e che le lettere di vettura CMR le erano state anche rispedite dall’indirizzo italiano dell’acquirente. La Mecsek-Gabona ha aggiunto che il fatto che l’amministrazione tributaria italiana abbia proceduto, il 14 gennaio 2010 e con effetto retroattivo al 17 aprile 2009, alla cancellazione di detto numero d’identificazione non poteva essere noto alla stessa e che, di conseguenza, detta cancellazione non poteva assolutamente influire a tale riguardo. 25 La Főigazgatóság ha disposto il rigetto del ricorso della Mecsek-Gabona ribadendo la propria argomentazione secondo cui tale società poteva applicare l’esenzione dall’IVA alla cessione oggetto del procedimento principale solo a condizione di accertarsi non soltanto del ritiro della merce ma anche dell’arrivo di quest’ultima a destinazione. 26 Il Baranya Megyei Bíróság reputa necessaria un’interpretazione dell’articolo 138 della direttiva 2006/112 affinché sia posto in condizioni di determinare quali siano le prove sufficienti per dimostrare che ha avuto luogo una cessione di beni in esenzione dall’IVA e che possa pronunciarsi sulla questione della misura in cui il venditore, qualora non provveda esso stesso al trasporto, risponda del comportamento dell’acquirente. Facendo riferimento alla sentenza del 27 settembre 2007, Teleos e a. -409/04, Racc. pag. I‑7797 , il giudice del rinvio chiede, inoltre, se il fatto che il numero d’identificazione IVA della Agro-Trade sia stato oggetto di una cancellazione successivamente alla cessione del bene possa indurre a dubitare della buona fede della ricorrente nel procedimento principale e a concludere nel senso dell’assenza di una cessione in esenzione dall’IVA. 27 In tali circostanze, il Baranya Megyei Bíróság ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali «1 Se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che una cessione di beni è esente da IVA nell’ipotesi in cui i beni siano stati venduti ad un acquirente che, al momento della conclusione del contratto di compravendita, era registrato ai fini IVA in un altro Stato membro e nel medesimo contratto sia stato stabilito che il potere di disposizione e il diritto di proprietà siano trasferiti all’acquirente contestualmente al carico dei beni sul mezzo di trasporto e che l’obbligo di trasportare i beni nell’altro Stato membro gravi sull’acquirente. 2 Se per realizzare una cessione esente da IVA sia sufficiente, dal punto di vista del venditore, che questo dimostri che la merce venduta sia trasportata mediante veicoli immatricolati all’estero e che disponga di lettere di vettura CMR rispedite dall’acquirente o se ci si debba assicurare che i beni venduti abbiano attraversato la frontiera nazionale e che il trasporto sia stato effettuato all’interno del territorio comunitario. 3 Se possa mettersi in dubbio che la cessione dei beni è esente da IVA per il solo fatto che l’amministrazione fiscale dell’altro Stato membro annulli retroattivamente, a una data anteriore rispetto a detta cessione, il numero fiscale comunitario dell’acquirente». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima e sulla seconda questione 28 Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di concedere, a un venditore stabilito in tale Stato membro, un’esenzione dall’IVA nel caso di una cessione intracomunitaria, in circostanze in cui, da un lato, il diritto di disporre di un bene quale proprietario è trasferito, nel territorio di detto Stato membro, a un acquirente stabilito in un altro Stato membro che, al momento dell’operazione, dispone di un numero d’identificazione IVA in quest’ultimo Stato e che provvede al trasporto del bene di cui trattasi a destinazione del medesimo, e, dall’altro lato, il venditore si accerta che i camion immatricolati all’estero ritirino il bene presso il suo deposito e dispone delle lettere di vettura CMR, rispedite dall’acquirente a partire dallo Stato membro di destinazione, quale prova del fatto che il bene è stato trasportato al di fuori dello Stato membro del venditore. 29 Occorre ricordare, anzitutto, che la cessione intracomunitaria, che costituisce il corollario dell’acquisto intracomunitario, è esente dall’IVA se soddisfa i requisiti fissati all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 v., in tal senso, sentenze Teleos e a., cit., punto 28, e del 18 novembre 2010, X, -84/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 26 . 30 In forza di tale disposizione, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nell’Unione, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni. 31 Secondo una costante giurisprudenza, l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione v. sentenze Teleos e a., cit., punto 42 del 27 settembre 2007, Twoh International, -184/05, Racc. pag. I‑7897, punto 23 del 7 dicembre 2010, R., -285/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41, e del 16 dicembre 2010, Euro Tyre Holding, -430/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29 . 32 Per quanto riguarda, in primo luogo, il trasferimento all’acquirente del diritto di disporre di un bene materiale come proprietario, si deve osservare che costituisce una condizione relativa a qualsiasi cessione di beni, definita all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e non consente, di per sé, di determinare il carattere intracomunitario dell’operazione interessata. 33 A tale proposito, dalla decisione di rinvio emerge che è indiscusso che il presupposto relativo al trasferimento del diritto di disporre del bene come proprietario risulta soddisfatto nel procedimento principale, dal momento che, secondo il contratto concluso tra le parti, tale trasferimento ha avuto luogo nel momento in cui la merce è stata caricata sui mezzi di trasporto forniti dall’acquirente e l’amministrazione tributaria ungherese non ha messo in dubbio che il carico era stato effettivamente eseguito. 34 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene è stato spedito o trasportato al di fuori dello Stato membro di cessione, si deve ricordare che tale obbligo deve essere collocato nel contesto specifico del regime transitorio di tassazione degli scambi nell’ambito dell’Unione, introdotto dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388 GU L 376, pag. 1 , a motivo dell’abolizione delle frontiere interne a partire dal 1° gennaio 1993 citata sentenza Teleos e a., punto 21 . 35 La Corte ha osservato al riguardo che, anche se la cessione intracomunitaria di beni è soggetta alla condizione oggettiva che abbia avuto luogo il trasferimento fisico di questi ultimi fuori dallo Stato membro di cessione, a seguito dell’abolizione del controllo alle frontiere tra gli Stati membri, risulta difficile per le autorità tributarie verificare se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio del suddetto Stato membro. Pertanto, tali autorità procedono ad una siffatta verifica principalmente in base alle prove fornite dai soggetti passivi e alle dichiarazioni di questi ultimi citate sentenze Teleos e a., punto 44, e R., punto 42 . 36 Dalla giurisprudenza emerge altresì che, in mancanza di specifiche disposizioni nella direttiva 2006/112 per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi siano tenuti a fornire per beneficiare dell’esenzione dall’IVA, spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 della direttiva 2006/112, fissare le condizioni alle quali le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate, per assicurare una corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Tuttavia, nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Collée, -146/05, Racc. pag. I‑7861, punto 24 Twoh International, cit., punto 25 X, cit., punto 35, e R., cit. punti 43 e 45 . 37 A tale riguardo, si deve osservare che la decisione di rinvio non menziona eventuali obblighi concreti previsti dal diritto ungherese, come, in particolare, un elenco dei documenti da presentare alle autorità competenti ai fini dell’applicazione dell’esenzione a una cessione intracomunitaria. Secondo le spiegazioni fornite dal governo ungherese all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte, la normativa ungherese prevede soltanto che la cessione deve essere certificata e che il livello delle prove richieste dipende dalle concrete circostanze dell’operazione di cui trattasi. 38 Pertanto, gli obblighi spettanti a un soggetto passivo in materia di prova devono essere determinati in funzione delle condizioni espressamente stabilite a tale riguardo dal diritto nazionale e dalla prassi abituale prevista per analoghe operazioni. 39 Quindi, come discende dalla giurisprudenza della Corte, il principio di certezza del diritto impone che i soggetti passivi abbiano conoscenza dei loro obblighi fiscali prima di concludere un’operazione sentenza Teleos e a., cit., punto 48 e giurisprudenza menzionata . 40 Il giudice del rinvio chiede segnatamente se, al fine di applicare l’esenzione a una cessione intracomunitaria, uno Stato membro possa imporre al soggetto passivo l’obbligo di accertarsi che la merce abbia fisicamente lasciato il territorio di detto Stato membro. 41 A questo proposito, la Corte ha già osservato che, in una situazione in cui manifestamente non esiste alcuna prova tangibile che permetta di ritenere che i beni di cui trattasi sono stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione, obbligare il soggetto passivo a fornire una tale prova non garantisce la corretta e semplice applicazione delle esenzioni. Al contrario, un obbligo siffatto lo pone in una situazione di incertezza circa la possibilità di applicare l’esenzione sulla cessione intracomunitaria o circa la necessità di includere l’IVA nel prezzo di vendita v., in tal senso, sentenza Teleos e a., cit., punti 49 e 51 . 42 Si deve inoltre precisare che, qualora l’acquirente benefici del potere di disporre del bene di cui trattasi come proprietario nello Stato membro di cessione e provveda al trasporto di detto bene verso lo Stato membro di destinazione, occorre tener conto del fatto che la prova che il venditore può produrre alle autorità tributarie dipende fondamentalmente dagli elementi che egli riceve a tal fine dall’acquirente v., in tal senso, sentenza Euro Tyre Holding, citata, punto 37 . 43 La Corte ha quindi considerato che, qualora il venditore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla prova di una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare il bene interessato fuori dallo Stato membro di cessione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che dovrebbe essere considerato debitore dell’IVA in tale Stato membro v., in tal senso, citate sentenze Teleos e a., cit., punti 66 e 67, nonché Euro Tyre Holding, punto 38 . 44 Dalla decisione di rinvio emerge che, nel procedimento principale, la Mecsek-Gabona si è avvalsa del proprio diritto all’esenzione dall’IVA basandosi sul numero di identificazione IVA attribuito all’acquirente dalle autorità italiane, sul fatto che la merce venduta era stata prelevata mediante camion immatricolati all’estero e sulle lettere di vettura CMR rispedite dall’acquirente a partire dal suo indirizzo postale, nelle quali era indicato che i beni erano stati trasportati in Italia. 45 La questione se la Mecsek-Gabona, operando in tal modo, abbia soddisfatto gli obblighi ad essa incombenti in materia di prova e di diligenza rientra nella valutazione del giudice del rinvio, alla luce delle condizioni precisate al punto 38 della presente sentenza. 46 Orbene, per l’ipotesi in cui la cessione di cui trattasi rientri nell’evasione attuata dall’acquirente e l’amministrazione tributaria non sia certa che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, si deve esaminare, in terzo luogo, se tale amministrazione possa, successivamente, obbligare il venditore ad assolvere l’IVA afferente a detta cessione. 47 Secondo una consolidata giurisprudenza, la lotta contro eventuali evasioni, elusioni e abusi costituisce un obiettivo riconosciuto ed incoraggiato dalla direttiva 2006/112 v. sentenze del 29 aprile 2004, Gemeente Leusden e Holin Groep, -487/01 e -7/02, Racc. pag. I‑5337, punto 76 R., cit., punto 36, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, -80/11 e -142/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41 e giurisprudenza menzionata che giustifica talvolta obblighi severi per il venditore sentenza Teleos e a., cit., punti 58 e 61 . 48 Quindi, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria v., sentenze Teleos e a., cit., Punto 65, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 54 . 49 Infatti la Corte ha considerato detti elementi come importanti per determinare la possibilità di obbligare il venditore ad assolvere l’IVA a posteriori v., in tal senso, sentenza Teleos e a., cit., punto 66 . 50 Di conseguenza, nel caso che l’acquirente nel procedimento principale abbia posto in essere un’evasione, è giustificato subordinare a un requisito di buona fede il diritto del venditore all’esenzione dall’IVA 51 La decisione di rinvio non consente di concludere che la Mecsek-Gabona sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’acquirente aveva posto in essere un’evasione. 52 Tuttavia, nelle sue osservazioni scritte e orali presentate dinanzi alla Corte il governo ungherese rileva che diversi elementi non indicati nella decisione di rinvio forniscono, a suo giudizio, la prova della mala fede della ricorrente nel procedimento principale. Tale governo rileva quindi che, pur non conoscendo l’acquirente di beni di cui trattasi nel procedimento principale, la Mecsek-Gabona non aveva chiesto a quest’ultimo alcuna garanzia, ne aveva verificato il numero d’identificazione solo dopo l’operazione, non aveva effettuato alcuna ricerca di informazioni supplementari su detto acquirente, gli aveva trasferito il diritto di proprietà su tali beni accettando di posticipare il pagamento del loro prezzo di vendita e aveva presentato le lettere di vettura CMR rispedite da detto acquirente nonostante fossero incomplete. 53 Al riguardo si deve ricordare che, nel contesto del procedimento instaurato in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale effettuare una valutazione globale di tutti gli elementi e le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se la Mecsek-Gabona abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che le si potevano ragionevolmente richiedere per garantire che l’operazione realizzata non la conducesse a partecipare a un’evasione tributaria. 54 Qualora detto giudice giungesse alla conclusione che il soggetto passivo di cui trattasi sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato le misure cui poteva ragionevolmente ricorrere per evitare l’evasione medesima, la stessa dovrebbe negargli il beneficio del diritto all’esenzione dall’IVA. 55 Da quanto precedentemente esposto risulta che si deve rispondere alla prima e alla seconda questione indicando che l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che non osta a che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato le misure cui poteva ragionevolmente ricorrere per evitare la propria partecipazione a detta evasione. Sulla terza questione 56 Con la sua terza questione di giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, possa essere negata al venditore per il fatto che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. 57 Nell’ambito del regime transitorio di tassazione degli scambi nell’ambito dell’Unione, il cui obiettivo consiste nel trasferire il gettito tributario allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti v. sentenze Teleos e a., cit., punto 36, nonché del 22 aprile 2010, X e tributaria eenheid Facet – Facet Trading, -536/08 e -539/08, Racc. pag. I‑3581, punto 30 , l’identificazione dei soggetti passivi dell’IVA tramite i numeri individuali mira ad agevolare la determinazione dello Stato membro in cui ha luogo detto consumo finale. 58 Da una parte, la direttiva 2006/112 in forza del suo articolo 214, paragrafo 1, lettera b , impone agli Stati membri di prendere i provvedimenti necessari affinché ogni soggetto passivo che effettua acquisti intracomunitari sia identificato tramite un numero individuale. D’altra parte, tale direttiva impone, ai sensi del suo articolo 226, punto 4, che nella fattura, che deve sempre essere emessa nel caso di una cessione intracomunitaria, sia obbligatoriamente indicato il numero di identificazione IVA dell’acquirente, con il quale quest’ultimo ha ricevuto una cessione di beni prevista all’articolo 138 della direttiva di cui trattasi. 59 Tuttavia, né la formulazione dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 né la giurisprudenza menzionata al punto 31 della presente sentenza indicano, tra le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria tassativamente elencate, l’obbligo di disporre di un numero d’identificazione IVA. 60 Indubbiamente, l’attribuzione di un siffatto numero fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA e agevola il controllo tributario delle operazioni intracomunitarie. Tuttavia, si tratta di un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria v., per analogia, per quanto riguarda il diritto a detrazione, sentenze del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie, -385/09, Racc. pag. I‑10385, punto 50, e del 22 dicembre 2010, Dankowski, -438/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33 e 47 . 61 Infatti dalla giurisprudenza emerge che un provvedimento nazionale il quale, essenzialmente, subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma, senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali, eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta sentenza Collée, cit., punto 29 , a meno che la violazione dei requisiti formali avesse l’effetto di impedire la dimostrazione certa che i requisiti sostanziali erano stati soddisfatti v., in tale senso, sentenza Collée, cit., punto 31 . 62 Nel caso di specie, è pacifico che il numero d’identificazione dell’acquirente era valido al momento dell’esecuzione dell’operazione, ma che, diversi mesi dopo quest’ultima, le autorità italiane hanno disposto la cancellazione di tale numero, con effetto retroattivo, dal registro dei soggetti passivi. 63 Orbene, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero d’identificazione IVA, un’eventuale irregolarità relativa a detto registro non può comportare che un operatore, il quale si sia basato sui dati figuranti nel registro, sia escluso dall’esenzione della quale avrebbe diritto di beneficiare. 64 Come giustamente rileva la Commissione europea, sarebbe contrario al principio di proporzionalità che il venditore sia considerato debitore dell’IVA per la sola ragione che si è verificata una cancellazione retroattiva del numero d’identificazione IVA dell’acquirente. 65 Pertanto, si deve rispondere alla terza questione nel senso che l’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. Sulle spese 66 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Seconda Sezione dichiara 1 L’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010, deve essere interpretato nel senso che non osta a che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il beneficio del diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria sia negato al venditore, purché sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che quest’ultimo non ha adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in materia di prova o che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato le misure cui poteva ragionevolmente ricorrere per evitare la propria partecipazione a detta evasione. 2 L’esenzione di una cessione intracomunitaria, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/88, non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima. * Fonte http //curia.europa.eu/

Corte di Giustizia UE, Terza Sezione, sentenza 6 settembre 2012, causa C-324/11 * «Fiscalità – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 9 – Nozione di “soggetto passivo” – Diritto a detrazione – Diniego – Principio della neutralità fiscale – Emittente della fattura radiato dal registro degli imprenditori individuali – Emittente della fattura che non ha adempiuto l’obbligo di dichiarare i suoi dipendenti all’amministrazione finanziaria – Obbligo del soggetto passivo di assicurarsi del comportamento regolare dell’emittente della fattura verso l’amministrazione finanziaria» Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto GU L 347, pag. 1 . 2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra il sig. Tóth e la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Észak-magyarországi Regionális Adó Főigazgatósága Direzione regionale delle imposte dell’Ungheria del nord, rientrante nell’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane , che succede giuridicamente all’Adó- és Pénzügyi Ellenőrzési Hivatal Hatósági Főosztály Észak-magyarországi Kihelyezett Hatósági Osztály Ufficio tributario locale, appartenente all’ufficio tributario della regione Nord-Ungheria, dipendente dall’amministrazione finanziaria e dall’Intendenza di finanza , in merito al diniego di quest’ultima di riconoscere la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto in prosieguo l’«IVA» versata a monte su operazioni considerate sospette. Contesto normativo Diritto dell’Unione 3 L’articolo 2, paragrafo 1, lettere a e c , della direttiva 2006/112 assoggetta all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso sul territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale. 4 L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone «Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate ». 5 Ai sensi dell’articolo 167 della stessa direttiva, che figura al titolo X della medesima, intitolato «Detrazioni», al capo 1, dal canto suo intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione», «il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile». 6 L’articolo 168, lettera a , della direttiva 2006/112 prevede che il soggetto passivo è legittimato, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, nella misura in cui i beni e i servizi siano impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, a detrarre dall’importo dell’imposta di cui sia debitore l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli siano stati o gli saranno ceduti e per i servizi che gli siano stati o gli saranno resi da un altro soggetto passivo. 7 L’articolo 178 di detta direttiva, che figura allo stesso titolo X, capo 4, recante il titolo «Modalità di esercizio del diritto a detrazione», così recita «Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti a per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a , relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli articoli da 220 a 236 e agli articoli 238, 239 e 240 ». 8 A termini dell’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della stessa direttiva, che figura nel suo titolo XI, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», capo 2, a sua volta intitolato «Identificazione», ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. 9 L’articolo 220, punto 1, della direttiva 2006/112, collocato nel medesimo titolo XI, capo 3, intitolato «Fatturazione», dispone che ogni soggetto passivo assicura che sia emessa da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, una fattura per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo. 10 L’articolo 226 della direttiva 2006/112 elenca le sole indicazioni che, fatte salve le disposizioni speciali previste dalla direttiva medesima, devono figurare obbligatoriamente, ai fini dell’IVA, nelle fatture emesse in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 220 e 221 di tale direttiva. 11 L’articolo 273 di detta direttiva, collocato nello stesso titolo XI, capo 7, intitolato «Disposizioni varie», così dispone «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3». Diritto ungherese 12 L’articolo 32, paragrafo 1, lettera a , della legge LXXIV del 1992, relativa all’imposta sul valore aggiunto [az általános forgalmi adóról szóló 1992. évi LXXIV. törvény, Magyar Közlöny 1992/128 in prosieguo la «legge in materia di IVA»], prevede che il soggetto passivo è legittimato a detrarre dall’importo dell’imposta che è tenuto a pagare l’importo di quella addebitatogli da un altro soggetto passivo in occasione di una cessione di beni o di una prestazione di servizi. 13 A termini dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera a , di detta legge, salva contraria disposizione della legge in materia tributaria, il diritto a detrazione può essere esercitato soltanto a condizione di disporre di documenti affidabili che dimostrino l’importo dell’imposta contabilizzata a monte. Sono considerati tali le fatture, le fatture semplificate e i documenti che tengono luogo di fattura, redatti a nome del soggetto passivo. 14 L’articolo 44, paragrafo 5, della legge in materia di IVA così dispone «L’emittente della fattura o della fattura semplificata è responsabile dell’autenticità delle informazioni ivi contenute. I diritti collegati all’imponibilità del soggetto passivo che figura, nel titolo, quale acquirente non possono essere posti in discussione qualora quest’ultimo abbia adottato, con riguardo all’evento generatore dell’imposta, tutte le precauzioni necessarie, tenuto conto delle circostanze della cessione dei beni o della prestazione dei servizi». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 15 Nel 2007, il sig. Tóth effettuava lavori di costruzione per taluni soggetti passivi avvalendosi, in parte, di subappaltanti e, segnatamente, dell’imprenditore individuale M. L. I contratti conclusi tra quest’ultimo e il sig. Tóth prevedevano l’obbligo per il subappaltante di tenere un giornale di cantiere e di redigere un certificato di esecuzione dei lavori. Secondo i giornali di cantiere, M. L. impiegava dalle otto alle quattordici persone nel cantiere. La certificazione dei lavori aveva luogo al momento della loro consegna dal sig. Tóth ai suoi clienti. M. L. emetteva per i lavori di cui trattasi 20 fatture che il sig. Tóth accettava e iscriveva nella propria contabilità e nelle proprie dichiarazioni fiscali. Il sig. Tóth afferma di aver saldato le fatture in contanti. 16 M. L. non assolveva i propri obblighi fiscali a partire dal 2003. Egli non aveva neppure proceduto alla dichiarazione dei suoi dipendenti presso l’amministrazione finanziaria, né a titolo di impiego principale, né a titolo di impiego temporaneo. Con decisione definitiva del 20 giugno 2007, l’autorità municipale competente revocava a M. L. la licenza di imprenditore individuale di cui quest’ultimo era titolare. 17 L’amministrazione finanziaria ha iscritto a carico del sig. Tóth un supplemento di IVA per un importo di HUF 5 600 000 per il 2007, con la motivazione che l’imposta contenuta nelle fatture emesse da M. L. non poteva essere detratta, dato che, a partire dal 20 giugno 2007, quest’ultimo non poteva più essere qualificato come soggetto passivo e che, pertanto, egli non poteva più, dopo tale data, emettere fatture valide. Inoltre, una parte delle fatture emesse da M. L. recherebbe una data anteriore a quella di acquisto di cui al blocco delle relative fatture, vale a dire il 7 settembre 2007. Infine, il sig. Tóth avrebbe omesso di informarsi in merito al titolo in base al quale le persone che svolgevano il lavoro erano presenti sul cantiere. 18 Tale decisione veniva confermata, in seguito al reclamo proposto dal sig. Tóth, dalla decisione dell’8 gennaio 2010 della resistente nel procedimento principale. Quest’ultima riteneva, segnatamente, che, al momento dell’emissione di 16 delle 20 fatture di cui trattasi, M. L. non possedesse più lo status di soggetto passivo e che, pertanto, non fosse più legittimato a scaricare a valle l’imposta. Il fatto che, nel corso dell’anno di cui trattasi, il suo numero di identificazione fiscale non fosse ancora stato radiato dal registro dell’amministrazione finanziaria sarebbe, al riguardo, privo di rilievo. 19 Con una decisione del 9 giugno 2010, la Nógrád Megyei Bíróság Corte dipartimentale di Nógrád respingeva il ricorso proposto dal sig. Tóth contro la decisione della resistente nel procedimento principale. Tale rigetto risultava basato sul rilievo che lo status di soggetto passivo di M. L. era cessato il 20 giugno 2007 e che, per questa ragione, quest’ultimo non era più legittimato a scaricare l’IVA a valle. Per quanto riguarda le fatture emesse da M. L. prima di tale data, detto giudice rilevava che quest’ultimo non disponeva di lavoratori dichiarati o temporanei, in modo che non risulta dimostrato che i lavori di cui trattasi siano stati effettuati proprio da questi. Inoltre, il sig. Tóth non avrebbe verificato se il servizio menzionato sulla fattura fosse stato effettivamente fornito dall’emittente della fattura stessa né se le persone che effettuavano il lavoro sul cantiere fossero lavoratori dipendenti o temporanei impiegati da M. L. 20 Il sig. Tóth impugnava tale decisione di rigetto della Nógrád Megyei Bíróság dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo dubita, da una parte, che il diritto a detrazione possa subire limitazioni in ragione del fatto che l’emittente della fattura sia stato radiato dal registro degli imprenditori. Dall’altra, tale giudice si chiede se è possibile ritenere che il sig. Tóth fosse a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che prendeva parte ad un’operazione rientrante in una frode all’IVA, ai sensi del punto 59 della sentenza del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling -439/04 e -440/04, Racc. pag. I‑6161 , considerato che non si è preoccupato di sapere se le persone che eseguivano il lavoro si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura. 21 La Legfelsőbb Bíróság Corte Suprema , ritenendo che la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente richieda un’interpretazione del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali «1 Se osti al principio di neutralità fiscale articolo 9 della direttiva [2006/112] l’interpretazione giuridica che esclude l’esercizio del diritto alla detrazione per il destinatario della fattura ove la licenza di imprenditore individuale di colui che ha emesso la fattura sia stata revocata dal segretario comunale prima dell’adempimento del contratto o dell’emissione della fattura. 2 Il fatto che l’imprenditore individuale che ha emesso la fattura non abbia dichiarato i lavoratori dallo stesso occupati cd. «lavoro nero» e che, per questo motivo, l’amministrazione finanziaria abbia constatato che tale imprenditore «non dispone di lavoratori dichiarati» possa impedire, in considerazione del principio di neutralità fiscale, l’esercizio del diritto alla detrazione del destinatario della fattura. 3 Se si possa considerare negligenza da parte del destinatario della fattura il fatto di non aver verificato l’esistenza di un rapporto giuridico tra i lavoratori occupati nel luogo di espletamento delle loro prestazioni e il soggetto emittente la fattura né se quest’ultimo abbia adempiuto ai propri obblighi fiscali di dichiarazione o altri obblighi esistenti nei riguardi di quei lavoratori. Se si possa considerare che questo comportamento costituisce un fatto oggettivo atto a provare che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere di essere coinvolto in un’operazione diretta a frodare l’IVA. 4 Tenuto conto del principio di neutralità fiscale, se il giudice nazionale possa prendere in considerazione le circostanze precedentemente menzionate qualora, in esito alle proprie valutazioni complessive relative alle circostanze medesime, sia giunto alla conclusione che l’operazione economica non ha avuto luogo tra i soggetti figuranti nella fattura». Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione 22 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale debbano essere interpretati nel senso che ostino a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA dovuta o assolta per i servizi ad esso forniti, in base al rilievo che la licenza di imprenditore individuale dell’emittente della fattura sia stata revocata prima che quest’ultimo abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente. 23 Secondo giurisprudenza costante, il diritto spettante ai soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta per i beni da essi acquistati e per i servizi da essi ricevuti a monte costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA attuato dalla normativa dell’Unione v., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2001, Commissione/Italia, -78/00, Racc. pag. I‑8195, punto 28 del 10 luglio 2008, Sosnowska, -25/07, Racc. pag. I‑5129, punto 14, nonché del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, -80/11 e -142/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 37 . 24 Come la Corte ha ripetutamente sottolineato, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112 costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. In particolare, tale diritto si esercita immediatamente per la totalità delle imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte v., segnatamente, sentenze del 21 marzo 2000, Gabalfrisa e a., da -110/98 a -147/98, Racc. pag. I‑1577, punto 43 Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 47, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 38 . 25 Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA v., segnatamente, sentenze Gabalfrisa e a., cit., punto 44 21 febbraio 2006, Halifax e a., -255/02, Racc. pag. I‑1609, punto 78, nonché Mahagében e Dávid, cit., punto 39 . 26 Riguardo alle circostanze sostanziali richieste per il sorgere del diritto a detrazione, dall’articolo 168, lettera a , della direttiva 2006/112 risulta che i beni o servizi invocati a base di tale diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, i detti beni o servizi devono essere forniti da un altro soggetto passivo. 27 Con riferimento al procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che è pacifico che i servizi di cui trattasi sono stati utilizzati a valle dal ricorrente del procedimento principale ai fini delle sue operazioni soggette ad imposta. 28 Quanto allo status di soggetto passivo dell’emittente della fattura relativa a tali servizi, occorre ricordare la definizione di tale nozione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. 29 Secondo il primo comma di tale disposizione, si considera «soggetto passivo» chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati dell’attività medesima. In forza del secondo comma della stessa disposizione, si considerano «attività economiche» tutte le attività del produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. 30 Ne deriva che la nozione di «soggetto passivo» viene definita in modo ampio, sulla base di circostanze di fatto. Per contro, non risulta da detto articolo 9, paragrafo 1, che lo status di soggetto passivo dipenda da una qualsivoglia autorizzazione o licenza concessa dall’amministrazione ai fini dell’esercizio di un’attività economica. 31 Certo, l’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112 dispone che ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo. Tuttavia, malgrado l’importanza per il buon funzionamento del sistema dell’IVA che tale dichiarazione riveste, quest’ultima non può costituire una condizione supplementare richiesta ai fini del riconoscimento dello status di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della stessa direttiva, dato che detto articolo 213 compare al titolo XI della stessa, nel capo 2, intitolato «Identificazione». 32 Inoltre, la Corte ha già statuito che un’eventuale inadempimento da parte del prestatore di servizi dell’obbligo di dichiarare l’inizio della sua attività imponibile non può rimettere in discussione il diritto a detrazione spettante al destinatario dei servizi forniti per quanto riguarda l’IVA pagata per essi. Pertanto, detto destinatario beneficia del diritto a detrazione anche qualora il prestatore dei servizi sia un soggetto passivo che non è registrato ai fini dell’IVA, qualora le fatture relative ai servizi forniti presentino tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 della direttiva 2006/112 e, in particolare, quelle necessarie per l’identificazione della persona che le ha emesse e della natura di tali servizi v. sentenza del 22 dicembre 2010, Dankowski, -438/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33, 36 e 38 . 33 Ne deriva che l’amministrazione finanziaria non può negare il diritto a detrazione in base al rilievo che l’emittente della fattura non dispone più della licenza di imprenditore individuale e che, quindi, egli non è più legittimato ad utilizzare il proprio numero di identificazione fiscale, qualora tale fattura presenti tutte le informazioni previste dall’articolo 226 della direttiva 2006/112. 34 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’IVA dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base all’unico rilievo che la licenza di imprenditore individuale sia stata revocata all’emittente della fattura prima che egli abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente, qualora quest’ultima presenti tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 di tale direttiva e, in particolare, quelle necessarie all’identificazione della persona che l’ha emessa e della natura dei servizi forniti. Sulla seconda questione 35 Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale debbano essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base al rilievo che l’emittente della fattura relativa a tali servizi non ha dichiarato i lavoratori alle proprie dipendenze. 36 La presente questione, facendo riferimento ad un prestatore di servizi che ha commesso l’irregolarità consistente nell’omettere di dichiarare i lavoratori alle proprie dipendenze, in modo che questi ultimi abbiano espletato lavoro non dichiarato nel fornire i servizi di cui trattasi, contempla una situazione analoga a quella oggetto del procedimento principale nella causa -142/11, sfociata nella citata sentenza Mahagében e Dávid. 37 In tale sentenza, la Corte si è basata, da una parte, sui principi che disciplinano il diritto a detrazione e, dall’altra, sulla giurisprudenza relativa al diniego del beneficio dei diritti invocati in modo abusivo o fraudolento v. sentenza Mahagében e Dávid, cit., punti 37‑42 e 46‑48 . 38 Su tale base, la Corte ha concluso che la direttiva 2006/112 osta ad una prassi nazionale in forza della quale l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA, per il fatto che l’emittente della fattura correlata ai servizi forniti abbia commesso irregolarità, senza che tale amministrazione dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che il soggetto passivo interessato sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per giustificare il diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa da tale emittente o da un altro operatore, intervenuta a monte nella catena delle prestazioni v. sentenza Mahagében e Dávid, cit., punto 50 . 39 Pertanto, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, per il fatto che l’emittente della fattura correlata a tali servizi non abbia dichiarato i lavoratori alle sue dipendenze, senza che tale amministrazione dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione si inscriveva nell’ambito di una frode commessa da tale emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte nella catena delle prestazioni. Sulla terza questione 40 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva 2006/112 debba essere interpretata nel senso che il fatto che il soggetto passivo non abbia verificato se i lavoratori impiegati sul cantiere si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura oppure se tale emittente avesse dichiarato detti lavoratori costituisca una circostanza obiettiva idonea a consentire di concludere che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere che partecipava ad un’operazione inscritta in una frode all’IVA. 41 Detta questione verte su una situazione analoga a quella oggetto del procedimento principale della causa -80/11, sfociata nella citata sentenza Mahagében e Dávid. 42 Ai punti 53 e 54 di detta sentenza, la Corte ha, anzitutto, ricordato la giurisprudenza secondo cui gli operatori che prendono ogni misura che può esser loro ragionevolmente richiesta per assicurarsi che le loro operazioni non siano inscritte nel quadro di una frode, che si tratti di una frode all’IVA oppure di altre frodi, devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni senza rischiare di perdere il loro diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte. Inoltre, ai punti 55‑57 e 62‑65 della stessa sentenza, la Corte ha tenuto conto, rispettivamente, dell’articolo 273 della direttiva 2006/112 e del fatto che spetta, in linea di principio, all’amministrazione finanziaria effettuare i controlli necessari presso i soggetti passivi al fine di rilevare irregolarità e frodi all’IVA, nonché infliggere sanzioni al soggetto passivo che abbia commesso tali irregolarità o frodi. 43 La Corte ha concluso, su questa base, che la direttiva 2006/112 osta ad una prassi nazionale in forza della quale l’amministrazione finanziaria neghi il diritto a detrazione per il fatto che il soggetto passivo non si sia assicurato che l’emittente della fattura, correlata ai beni a titolo dei quali l’esercizio del diritto a detrazione viene richiesto, avesse lo status di soggetto passivo, che esso disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di cederli, e che avesse soddisfatto i suoi obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, benché ricorrano i presupposti formali e sostanziali previsti dalla direttiva 2006/112 per l’esercizio del diritto a detrazione e sebbene il soggetto passivo non disponga di elementi idonei a giustificare il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di frodi nella sfera del suddetto emittente v. sentenza Mahagében e Dávid, cit., punto 66 . 44 Tale conclusione, relativa ad una cessione di beni, si applica anche nel caso di prestazioni di servizi per quanto attiene alla questione se si possa ritenere che il soggetto passivo sapesse o avrebbe dovuto sapere che la prestazione invocata a fondamento del proprio diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa dall’emittente della fattura, non avendo verificato se l’emittente della fattura disponesse del personale necessario per poter fornire i servizi de quibus, se tale emittente avesse soddisfatto i suoi obblighi di dichiarazione relativi a detto personale e se il personale di tale emittente avesse effettuato i lavori di cui trattasi. 45 Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che il fatto che il soggetto passivo non abbia verificato se i lavoratori impiegati sul cantiere si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura o se tale emittente avesse dichiarato detti lavoratori non costituisce una circostanza obiettiva idonea a consentire di concludere che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere di partecipare ad un’operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto, qualora tale destinatario non disponesse di indizi idonei ad avvalorare il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di frodi nella sfera dell’emittente. Pertanto, il diritto a detrazione non può essere negato per tale motivo, allorché ricorrano le condizioni formali e sostanziali previste da detta direttiva per l’esercizio di questo diritto. Sulla quarta questione 46 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale ostino a che esso prenda in considerazione le circostanze indicate nelle prime tre questioni ai fini della conclusione, sulla base di un esame complessivo della totalità delle circostanze della fattispecie, che, di fatto, l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione non è stata realizzata tra le parti menzionate nella fattura. 47 Secondo la decisione di rinvio, è pacifico che il ricorrente del procedimento principale, che intende esercitare il diritto a detrazione, ha lo status di soggetto passivo e che ha fornito lavori di costruzione per altri soggetti passivi e, quindi, una prestazione di servizi imponibile. Dato che tale soggetto passivo ha effettuato detti lavori non con l’ausilio del proprio personale, ma avvalendosi di subappaltanti, i servizi di cui trattasi gli sono stati forniti da un altro operatore ed egli li ha utilizzati a valle ai fini delle proprie operazioni soggette ad imposta. 48 Inoltre, dalla decisione di rinvio emerge che il ricorrente del procedimento principale ha concluso un contratto con M. L. per la realizzazione dei lavori di cui trattasi e che ha presentato fatture emesse da quest’ultimo, relative a tali lavori e comprendenti tutte le informazioni richieste dalla direttiva 2006/112. La decisione di rinvio non contiene alcuna precisazione idonea a lasciar intendere che il ricorrente del procedimento principale si sarebbe dedicato egli stesso a manipolazioni quali la presentazione di false dichiarazioni o la redazione di fatture irregolari. 49 Ciò premesso, è evidente che la quarta questione riguarda una situazione in cui servizi di cui trattasi sono stati realizzati non dal personale dell’emittente della fattura, bensì da quello di un altro operatore, il che può conseguire sia ad una dissimulazione fraudolenta del prestatore di servizi, sia al semplice ricorso ad un altro subappaltante. Orbene, dalla decisione di rinvio non risulta che tale questione rimetta in discussione la premessa su cui le questioni sub 1 ‑3 sono fondate, vale a dire che, nel procedimento principale, ricorrono le condizioni formali e sostanziali previste dalla direttiva 2006/112 per il sorgere e per l’esercizio del diritto a detrazione. 50 Certo, qualora l’amministrazione finanziaria fornisca concreti indizi relativi all’esistenza di una frode, né la direttiva 2006/112, né il principio di neutralità fiscale ostano a che il giudice nazionale verifichi, nel contesto di una controversia tra il soggetto passivo e l’amministrazione finanziaria, in merito al diniego del diritto a detrazione, se l’emittente della fattura abbia effettuato egli stesso l’operazione di cui trattasi e a che, a tal fine, detto giudice prenda in considerazione tutte le circostanze della fattispecie, ivi incluse quelle menzionate nelle questioni sub 1 ‑2 presentate dal giudice del rinvio. 51 Tuttavia, è giocoforza constatare che tale verifica non può rimettere in discussione le considerazioni che costituiscono il fondamento delle risposte fornite alle prime tre questioni, a meno che l’amministrazione finanziaria non dimostri che, alla luce di elementi obiettivi, il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il diritto alla detrazione si inscriveva in una frode commessa dall’emittente della fattura oppure da un altro operatore, intervenuta a monte della catena delle prestazioni. 52 Tale conclusione risulta avvalorata dalla sentenza del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt -271/06, Racc. pag. I‑771, punti 27 e 29 , concernente l’esenzione dall’IVA relativa ad una cessione di beni in esportazione all’esterno dell’Unione europea, nella quale la Corte ha dichiarato che il fornitore deve poter fare affidamento sulla liceità dell’operazione che intraprende senza rischiare di perdere il proprio diritto all’esenzione dall’IVA, qualora sia impossibilitato a rendersi conto, pur facendo prova di tutta la diligenza di un commerciante avveduto, che in realtà non erano soddisfatte le condizioni per l’esenzione, a causa della falsificazione della prova dell’esportazione presentata dall’acquirente. 53 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che, qualora l’amministrazione finanziaria fornisca indizi concreti relativi all’esistenza di una frode, la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale non ostano a che il giudice nazionale verifichi, sulla base di un esame complessivo di tutte le circostanze della specie, se l’emittente della fattura abbia effettuato egli stesso l’operazione de qua. Tuttavia, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il diritto a detrazione può essere negato soltanto qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato, alla luce di elementi obiettivi, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa da detto emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte della catena delle prestazioni. Sulle spese 54 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Terza Sezione dichiara 1 La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, in base all’unico rilievo che la licenza di imprenditore individuale sia stata revocata all’emittente della fattura prima che egli abbia fornito i servizi di cui trattasi o abbia emesso la fattura corrispondente, qualora quest’ultima presenti tutte le informazioni richieste dall’articolo 226 di tale direttiva e, in particolare, quelle necessarie all’identificazione della persona che l’ha emessa e della natura dei servizi forniti. 2 La direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che l’amministrazione finanziaria neghi ad un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per servizi fornitigli, per il fatto che l’emittente della fattura correlata a tali servizi non abbia dichiarato i lavoratori alle sue dipendenze, senza che tale amministrazione dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che detto soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione si inscriveva nell’ambito di una frode commessa da tale emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte nella catena delle prestazioni. 3 La direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che il fatto che il soggetto passivo non abbia verificato se i lavoratori impiegati sul cantiere si trovassero in rapporti giuridici con l’emittente della fattura o se tale emittente avesse dichiarato detti lavoratori non costituisce una circostanza obiettiva idonea a consentire di concludere che il destinatario della fattura sapeva o doveva sapere di partecipare ad un’operazione inscritta in una frode all’imposta sul valore aggiunto, qualora tale destinatario non disponesse di indizi idonei ad avvalorare il sospetto dell’esistenza di irregolarità o di frodi nella sfera dell’emittente. Pertanto, il diritto a detrazione non può essere negato per tale motivo, allorché ricorrano le condizioni formali e sostanziali previste da detta direttiva per l’esercizio di detto diritto. 4 Qualora l’amministrazione finanziaria fornisca indizi concreti relativi all’esistenza di una frode, la direttiva 2006/112 e il principio di neutralità fiscale non ostano a che il giudice nazionale verifichi, sulla base di un esame complessivo di tutte le circostanze della specie, se l’emittente della fattura abbia effettuato egli stesso l’operazione de qua. Tuttavia, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il diritto a detrazione può essere negato soltanto qualora l’amministrazione finanziaria abbia accertato, alla luce di elementi obiettivi, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inscriveva in una frode commessa da detto emittente oppure da un altro operatore intervenuto a monte della catena delle prestazioni. * Fonte http //curia.europa.eu/