Non tutte le attribuzioni patrimoniali gratuite sono uguali …

Non è infatti revocabile come donazione il negozio fiduciario con cui un soggetto trasferisce somme di denaro a un altro affinché li impieghi per investimenti prestabiliti il discorso vale solo in presenza di spirito di liberalità. Viene così respinto il ricorso di un erede contro la propria cognata, destinataria della cessione di crediti da parte della madre dell’uomo nell’ambito di una attività patrimoniale.

Così si è espressa la Cassazione Civile nella sentenza numero 14654/12 del 27 agosto 2012. Parenti serpenti. Un soggetto conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Cremona la cognata l’uomo, premesso di essere erede assieme al fratello della madre, chiedeva che venisse accertata la nullità ex articolo 782 c.c. della cessione di alcuni titoli di credito operata dall’anziana sul conto bancario della convenuta. In particolare l’attore sosteneva che l’accredito di anni addietro sul credito commerciale intestato alla nuora integrasse gli estremi di un mutuo o di una donazione nulla per difetto di forma. Tanto il Tribunale quanto la Corte di Appello respingevano le richieste avanzate, ravvisando l’esistenza di una pluralità di rapporti economici tra le parti astrattamente idonei a giustificare il trasferimento di somme di danaro al di fuori dell’ipotesi di donazione. Parola alla Cassazione. Dinnanzi alla Corte Suprema, il ricorrente sostiene che il giudice di seconde cure avrebbe errato nell’aver ritenuto non provato lo spirito di liberalità, mentre sarebbe parsa plausibile la tesi circa l’intestazione fiduciaria che delle somme in questione la convenuta avrebbe fatto non sarebbe stata considerata a dovere – sempre a detta dell’uomo – l’assenza di indicazioni sul negozio in virtù del quale quelle somme erano state trasferite. Il negozio fiduciario. Come da opinione della dottrina dominante, tale è il negozio con cui un soggetto il fiduciante trasferisce ad un’altra persona il fiduciario la titolarità di un diritto, il cui esercizio viene limitato da un accordo – il factum fiduciae – per uno scopo che il fiduciario si impegna a condurre in porto, ritrasferendo infine il diritto allo stesso fiduciante oppure a un terzo beneficiario. Trattandosi di una fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, i tempi e i modi sono affidati al principio generale della libertà della forma, purché vi sia coerenza e congruità nei comportamenti reciproci. Ricorso respinto al mittente. Nel caso esaminato, l’attribuzione di soldi solo apparentemente appariva priva di ragione giustificativa i rapporti inter partes facevano dedurre che il trasferimento era stato effettuato in ragione o in forza di un obbligo che la donna aveva assunto con il fiduciante e non, invece, per mero spirito di liberalità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 giugno – 27 agosto 2012, numero 14654 Presidente Oddo – Relatore Scalisi Svolgimento del processo S.R. , con atto di citazione del 1 settembre 1993, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Cremona, la cognata R.F. e, premesso di essere erede insieme al fratello B. della madre C.M. , chiedeva che venisse accertata la nullità, ai sensi dell'articolo 782 cod. civ, della cessione di alcuni titoli di credito, operata dalla madre sul conto bancario della convenuta e che, pertanto, la convenuta fosse condannata alla restituzione nella misura della metà corrispondente alla quota ereditaria ad esso attore della somma di L. 150.000.000, nonché, analoga pronuncia nel caso di accertamento, nel corso dell'istruttoria della trasmissione di ulteriori somme dalla madre alla sig.ra R. . Precisava l'attore che la madre nei 1992 aveva disposto l'accredito sul conto corrente aperto presso il credito commerciale di Gussola intestato alla nuora R.F. del valore dei titoli di credito a suo nome scaduti. Assumeva che tale operazione integrava gli estremi di un mutuo, ovvero, di una donazione nulla per difetto di forma. Si costituiva R.F. contestando la ricorrenza di un'ipotesi di mutuo o di donazione in quanto aveva ricevuto tali titoli in esecuzione di disposizione fiduciaria. Il Tribunale di Cremona con sentenza numero 554 del 2002, ritenuto non provato il titolo di mutuo o di donazione sottostante il trasferimento delle somme di denaro, respingeva la domanda proposta dall’attore e compensava interamente le spese giudiziali tra le parti. Con atto di citazione, notificato sia alla R.F. che alla Banca di credito cooperativo Padana, S.R. , proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Cremona e avverso l’ordinanza camerale dello stesso Tribunale del 18 aprile 2002 con la quale era stato respinto il reclamo da lui proposto avverso il diniego di sequestro documentale, chiedendone la integrale riforma. R.F. restava contumace, mentre la Banca di Credito Cooperativo Padana si costituiva rilevando la sua estraneità al giudizio. La Corte di Appello di Brescia con sentenza numero 25 del 2006 dichiarava inammissibile la citazione della Banca di Credito Cooperativo Padana, respingeva l'appello e confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Cremona. A sostegno di questa decisione, la Corte bresciana osservava a che la Banca di Credito Cooperativo Padana, non poteva essere parte nel giudizio di appello perché non era mai stata parte nel giudizio di primo grado b che incombeva su S. l'onere di provare non solo il fatto oggettivo della cessione di titoli senza corrispettivo, ma anche l'animus donandi considerato che non ogni attribuzione patrimoniale gratuita integra una donazione ma solo quella fatta per spirito di liberalità. Tale prova non era stata raggiunta, mentre risultava l'esistenza di una pluralità di rapporti economici tra le parti astrattamente idonei a giustificare il trasferimento di somme di denaro al di fuori dell'ipotesi di donazione. La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Brescia è stata chiesta da S.R. , con ricorso affidato ad un motivo. R.F. regolarmente intimata, in questa fase non ha svolto alcuna attività difensiva. Motivi della decisione 1. Con l’unico motivo S.R. , lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360, primo comma, numero 5 cpc. nonché la violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 cpc. in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3 cpc. Avrebbe errato la Corte bresciana, secondo il ricorrente, nell’aver ritenuto non provato la spirito di liberalità mentre sarebbe parsa plausibile la tesi circa l’intestazione fiduciaria che delle somme in questione la convenuta R.F. avrebbe fatto alla C.M. , perché avrebbe trascurato di considerare che, mentre esisteva piena e sicura prova dei trasferimenti di somme di denaro dalla C. alla R. , nulla di ragionevolmente plausibile era emerso circa il negozio in virtù del quale quelle somme di denaro sarebbe fiduciariamente intestate alla C. . In verità, specifica il ricorrente, i Giudici del merito avrebbero fondato il loro convincimento sulle deposizioni rese dal marito e dalla madre della convenuta le quali affermavano che S.B. avrebbe investito somme di denaro circa un centinaio di milioni in titoli intestando il dossier alla madre scilicet C.M. . Ora, ritenere provato, sempre secondo il ricorrente - sulla mera scorta di tale risultanze istruttorie, l'assunto della R.F. circa la pretesa intestazione fiduciaria alla C. delle somme che da quest'ultima, invece, sono documentalmente risultate trasferite alla R. , non può non apparire del tutto privo di logica giuridica onde inoppugnabilmente viziata in radice ex articolo 116 primo comma cpc. ne risulterebbe la conclusione cui è pervenuta la Corte del merito”. 1.1. Il motivo è infondato e non può essere accolto, non solo perché si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie che non può essere proposta nel giudizio di cassazione, ma, soprattutto, perché la sentenza impugnata indica sufficientemente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione e comunque una razionale, articolata e convincente valutazione dei dati processuali acquisiti. 1.1.a . A bene vedere, nel caso in esame, l’istruttoria, in una sua considerazione unitaria evidenziava che S.B. “quando l’attività del maglificio R. andava molto bene aveva investito somme di denaro circa un centinaio di milioni in titoli intestando il dossier alla madre che tra la R. e la C. e S.B. intercorrevano rapporti anche economici plurimi, che la C. convivente con il figlio e la nuora aiutava nel negozio della R. e si occupava anche dell'acquisto di capi di abbigliamento, la cui gestione economico - contabile del negozio, tuttavia, faceva capo a S.B. . Sicché appare del tutto convincente ritenere - come ha chiarito la Corte bresciana che da un verso l'istruttoria non evidenziava alcun elemento a sostegno della tesi della dazione di denaro per spirito di liberalità e, al contrario, anche in via presuntiva indicava l'esistenza degli estremi di un negozio con pactum fiduciae tra C. , S. e la R. . 1.1.b . Come è opinione anche della dottrina dominante, il negozio fiduciario è il negozio con il quale un soggetto il fiduciante trasferisce ad un altro soggetto il fiduciario la titolarità di un diritto, il cui esercizio viene limitato da un accordo tra le parti pactum fiduciae per uno scopo che il fiduciario si impegna a realizzare, ritrasferendo poi il diritto allo stesso fiduciante o ad un terzo beneficiario. La fattispecie si sostanzia in un accordo tra due soggetti, con cui il primo trasferisce o costituisce in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva reale o personale per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, ed il fiduciario, per la realizzazione di tale risultato, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, e di porre in essere un proprio comportamento coerente e congruo. Trattandosi di fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, e, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il factum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà della forma. 1.1.c . Ora, nel caso in esame l'attribuzione di somme di denaro dalla C. alla R. solo apparentemente era senza alcuna ragione giustificativa, perché i rapporti tra le parti interessate - come è stato indicato dalla prova testimoniale - chiariva che quell'attribuzione, ragionevolmente, era effettuata in ragione e in forza di un obbligo che la C. aveva assunto con il fiduciante S.B. e non invece, per spirito di liberalità. In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex articolo 91 cpc, condannato ai pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.