Infiltrazioni mafiose negli appalti post terremoto. I teoremi non sono sufficienti ad escludere un'impresa. L'emergenza terremoto può rendere appetibili gli appalti per le organizzazioni criminali, ma le informative antimafia hanno un senso e possono, quindi, produrre effetti, soltanto se riescono a dimostrare un reale nesso tra i soci delle imprese partecipanti ed i soggetti in odore di mafia.
La fattispecie. Il caso posto all'attenzione della Sezione su appello del Ministero dell'Interno riguarda il subappalto di alcuni lavori nell’ambito del Progetto C.A.S.E. nella città dell’Aquila, da eseguire nei confronti dell’Anas, e l'impresa risultata aggiudicataria in via provvisoria di una procedura negoziata per lavori di viabilità indetta dalla Provincia dell’Aquila. Entrambi tali atti, l’autorizzazione al subappalto e l’aggiudicazione provvisoria, sono stati in seguito revocati in ragione di pretesi tentativi di infiltrazione mafiosa attestati dalle informative del Prefetto dell’Aquila. Il Tar abruzzese ha accolto i ricorsi ed annullato gli atti per le seguenti ragioni. Pericolo di infiltrazione mafiosa? Innanzitutto, con riferimento alla revoca dell’autorizzazione al subappalto e alla sua natura discrezionale, l’Anas ha omesso di valutare i contrapposti interessi, in specie il fatto che, a quella data, l’appalto fosse stato eseguito per oltre l’80%. Inoltre, perché l'informativa antimafia, sul presupposto della sua natura atipica, è stata giudicata priva dei necessari requisiti di attualità e rilevanza, non ravvisandosi il pericolo di infiltrazione mafiosa. Infine, perché la revoca dell’aggiudicazione provvisoria per illegittimità derivata da quella delle informative prefettizie, si basava esclusivamente su «degli indizi afferenti ai presunti collegamenti malavitosi dei rappresentanti societari della ricorrente». I soci della società avevano precedenti penali. Nei confronti di entrambe le sentenze, il Ministero dell’Interno ha presentato appello, cercando di dimostrare l’errore di valutazione in cui sarebbe incorso il Giudice di primo grado, laddove ha ridotto a solamente due i numerosi elementi indiziari posti a fondamento dell’interdittiva antimafia. Tali elementi concernerebbero, infatti gli assetti proprietari ed amministrativi della società, dove i soci risultano gravati da diversi precedenti penali, anche per reati di turbata libertà degli incanti e corruzione ed i legami della società, non trasparenti, con altre imprese risultate collegate alla criminalità organizzata. Le informative antimafia anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa. L'informativa è stata adottata dal Prefetto dell’Aquila ai sensi dell’articolo 10 comma 7, lett. c , d.p.r. numero 252/1998 si tratta quindi di un’informativa «tipica», benché incentrata su elementi probatori non predeterminati dalla legge, a differenza delle informative sub lett. a e b , e quindi connotata da una maggiore «discrezionalità» in capo all’autorità prefettizia come ricorda Cons. Stato, VI, numero 8928/2010 . Questa tipologia di provvedimenti, può essere desunta, come avvenuto nella vicenda in esame, «dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’Interno» e rappresentano una anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nella attività della pubbliche amministrazioni e prescindono quindi da rilevanze probatorie tipiche del processo penale, per cercare di valutare l'affidabilità dell'impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa Cons. Stato, sez. VI, numero 2867/2006 . È sufficiente il pericolo di collegamento tra la singola impresa e la criminalità organizzata. Di conseguenza, l'informativa sulla sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa che, ai sensi dell'articolo 4 d.lgs. numero 490/1994 e dell'articolo 10 d.p.r. numero 252/1998, preclude la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni, non presuppone l'accertamento di responsabilità penali in capo ai titolari dell'impresa sospettata, essendo sufficiente che dalle informazioni, acquisiste tramite gli organi di polizia, si evinca un quadro indiziario sintomatico del pericolo di collegamento tra la singola impresa e la criminalità organizzata. A legittimare l'adozione dell'informativa prefettizia è pertanto sufficiente che, ad esito della istruttoria, emergano elementi indiziari che, complessivamente considerati, rendano attendibile l'ipotesi del tentativo di ingerenza da parte delle organizzazioni criminali. Sul piano del sindacato giurisdizionale è stato poi rilevato, non senza alcune oscillazioni, che, stante l'ampia discrezionalità riservata in questo caso all'autorità prefettizia, l’esame del giudice resta necessariamente circoscritto alla verifica dei vizi sintomatici di una illogicità manifesta o di un travisamento dei fatti Cons. Stato, numero 3470/2007 Cons. Stato, VI, numero 3647/2011 che estende il sindacato anche ai profili dell’incoerenza e dell’inattendibilità . Probabilità e non certezza. Il parametro valutativo di tali elementi indiziari non è dunque quello della certezza, ma quello della qualificata probabilità di infiltrazione mafiosa e nel rendere le informazioni richieste ai sensi dell'articolo 10 comma 7 lett. c cit., il Prefetto non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell'imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni. L'ampiezza dei poteri di accertamento giustificata dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, comporta che il Prefetto possa ravvisare l'emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell'assoluta certezza, che tuttavia, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, o comunque per la colleganza, di soggetti legati ad organizzazioni malavitose Cons. Stato, Sez. VI, numero 4737/2006 . In conclusione non si postula, quale condizione per l'applicabilità delle disposizioni in parola, che ci si trovi sicuramente al cospetto di una impresa criminale posseduta o gestita o controllata da soggetti dediti ad attività criminali, ma che vi sia una qualificata probabilità che la stessa possa, anche in via indiretta, favorire la criminalità. Il punto di vista del Prefetto dell'Aquila. La tesi di fondo, peraltro non esplicitata, è che, sul presupposto dei legami, imprenditoriali e parentali, tra i gruppi presi in considerazione, sarebbe difficile escludere che i vertici della prima compagine siano del tutto ignari degli affari che connotano l’attività della seconda, potendosi invece ipotizzare che la loro conoscenza, in uno con il perpetuarsi della collaborazione, assuma il significato di una connivenza se non di una vera e propria complicità. Ma la maggior parte degli elementi indiziari posti a fondamento della informativa trovavano tutti la loro fonte nelle visure camerali acquisite nel corso dell’istruttoria e documentano in astratto l’esistenza di legami commerciali tra una serie numerosa di imprese. La dimostrazione necessaria del pericolo. Ma sulla base degli elementi disponibili, non è stato dimostrato che l’inserimento nella galassia imprenditoriale - che in alcune direzioni effettivamente presenta o può condurre a zone d’ombra, sulle quali è certamente necessario accendere i riflettori e procedere ad ulteriori verifiche, di natura non solamente documentale - abbia o possa aver condizionato le scelte imprenditoriali della società appellata. Quel che manca, infatti, nella voluminosa documentazione istruttoria prodotta in atti è proprio un accertamento in questo senso, a dimostrazione di un pericolo attuale e concreto, suscettibile di tradursi in un condizionamento effettivo, o almeno altamente probabile, dell’attività di impresa interessata da parte della criminalità organizzata. Ciò in quanto, altrimenti, è difficilmente superabile l’obiezione della difesa di parte appellata per la quale, ove il tentativo di infiltrazioni mafiose fosse desumibile di per sé solo da meri rapporti commerciali intercorsi tra due o più imprese almeno una delle quali legata ad ambienti della criminalità organizzata , allora non si comprenderebbe più la fattispecie di cui all’articolo 12 d.p.r. numero 252/1998 che, nell’ipotesi in cui una delle mandanti di un raggruppamento di imprese sia oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa, ne ammette a determinate condizioni l’estromissione o la sostituzione, anziché imporre, sempre e comunque, l’esclusione anche degli altri componenti del medesimo raggruppamento. Il senso della legge Detta previsione normativa, che opportunamente distingue la sorte delle singole imprese, conferma quindi come i rapporti commerciali, al pari di quelli parentali, siano da soli insufficienti a propagare il tentativo di infiltrazioni mafiose e come occorrano, quale necessario riscontro, altri elementi indiziari a dimostrazione del «contagio». In questa prospettiva non possono bastare i precedenti penali dei fratelli M., poiché gli stessi sono, in parte, riferiti ad indagini in seguito archiviate e, in altra parte, a condanne molto risalenti nel tempo, comunque per fattispecie di reato che non rientrano tra quelle di cui all’articolo 10 d.p.r. numero 252/1998. Pur trattandosi di precedenti che giustificano un grado maggiore di attenzione, da soli non bastano, essendo necessari elementi aggiuntivi che, sebbene di rilievo non necessariamente penale, siano concreti e riferiti all’attualità.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 24 – 30 maggio 2012, numero 3247 Presidente Lignani – Relatore Simonetti Fatto e diritto 1. La società L. M. e Figli r.l. ha ottenuto il subappalto di alcuni lavori nell’ambito del Progetto C.A.S.E. nella città dell’Aquila, da eseguire nei confronti dell’Anas, ed è risultata aggiudicataria in via provvisoria di una procedura negoziata per lavori di viabilità indetta dalla Provincia dell’Aquila. 2. Entrambi tali atti, l’autorizzazione al subappalto e l’aggiudicazione provvisoria, sono stati in seguito revocati in ragione di pretesi tentativi di infiltrazione mafiosa attestati dalle informative del Prefetto dell’Aquila del 5.5.2010 e del 29.6.2010 dove la seconda consiste in un mero richiamo alla prima . 3. Proposti ricorsi distinti avverso le due revoche, impugnate unitamente alle informative prefettizie, all’esito della stessa camera di consiglio del 15.12.2010, il Tar per l’Abruzzo, con due sentenze distinte, la nr. 870 del 2010 e la nr. 14 del 2011 ha annullato gli atti, per le seguenti ragioni 3.1. la revoca dell’autorizzazione al subappalto perché, sul presupposto della sua natura discrezionale, l’Anas ha omesso di valutare i contrapposti interessi, in specie il fatto che, a quella data, l’appalto fosse stato eseguito per oltre l’80% 3.2. l’informativa del 5.5.2010 perché, sul presupposto della sua natura “atipica, è stata giudicata priva dei necessari requisiti di attualità e rilevanza, non ravvisandosi il pericolo di infiltrazione mafiosa 3.3. la revoca dell’aggiudicazione provvisoria per illegittimità derivata da quella delle informative prefettizie, in ragione dell’accertata genericità “degli indizi afferenti ai presunti collegamenti malavitosi dei rappresentanti societari della ricorrente”. 4. Nei confronti di entrambe le sentenze il Ministero dell’Interno ha presentato distinti ed autonomi atti di appello, iscritti ai nr. 2309 e 2448 del 2011, nel secondo insieme all’Anas. 4.1. I motivi di tali appelli, in parte coincidenti, sono volti a dimostrare in entrambi i casi l’errore di valutazione in cui sarebbe incorso il Giudice di primo grado, laddove ha ridotto a solamente due i numerosi elementi indiziari posti a fondamento dell’interdittiva antimafia del 5.5.2010. Tali elementi concernerebbero, infatti -gli assetti proprietari ed amministrativi della società L. M. s.r.l., dove i fratelli G. e Go. M. risultano peraltro gravati da diversi precedenti penali, anche per reati di turbata libertà degli incanti e corruzione -i legami della società con altre imprese, in particolare con la F.IM.PAR s.r.l., controllante della L. M. e Figli, e con la Meridiana Costruzioni s.c.a.r.l. all’interno della quale era presente il defunto A. P., sindaco della CO.GE.NA., impresa cancellata nel 2006 ma in precedenza, nel 2003,destinataria di un’interdittiva antimafia e di fatto controllata dai fratelli F. e V. T., a suo tempo indagati per il reato di cui all’articolo 416 bis del c.p. e ritenuti vicini alla camorra -la circostanza che sempre la Meridiana Costruzioni, di cui è amministratrice E. S. moglie di Go. M. e socia della L. M. e Figli, avrebbe stretti legami con clan di “cosa nostra”, come proverebbe il legame con N. Z. ed i fratelli A. e Au. R., accusati di avere riciclato il denaro del defunto Vito Ciancimino mediante la società Alba D’Oro s.r.l. 4.2. Sulla base di tutti questi elementi indiziari, sostiene parte appellante che l’inibitoria emessa dalla Prefettura dell’Aquila sarebbe indenne da vizi di legittimità dedotti ed accertati in primo grado. 4.3. Nei confronti della sentenza numero 870 del 2010 vi sono anche censure specifiche, relative alla motivazione per relationem utilizzata dal Tar nei confronti di altra pronuncia pubblicata soltanto successivamente a quella che la richiama. 4.4. Si è costituita, in entrambi gli appelli, la L. M. s.r.l., replicando con articolate memorie difensive. 4.5. Nella camera di consiglio del 15.4.2011 sono state respinte le domande cautelari di sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate. 4.6. All’udienza pubblica del 13.4.2012 entrambe le cause sono passate in decisione. 5. Osserva il Collegio preliminarmente come gli appelli avverso le sentenze numero 870 del 2010 e 14 del 2011, vertendo sulla medesima informativa prefettizia posta a fondamento dei due atti di revoca adottati dalla Provincia dell’Aquila e dall’Anas, presentino evidenti elementi di connessione, oggettiva ed in parte anche soggettiva, tali da consigliare la loro riunione e trattazione congiunta. 5.1. Ciò posto, per chiarire gli esatti termini della controversia, è bene evidenziare come, avverso la sentenza numero 870 del 2010 la Provincia dell’Aquila – amministrazione che ha disposto la revoca dell’aggiudicazione provvisoria con atto del 9.9.2010 - non abbia presentato appello, neppure in forma incidentale. Mentre, quanto alla sentenza numero 14 del 2011, la difesa erariale, quantunque costituita oltre che per il Ministero dell’Interno anche per l’Anas, non ha dedotto nulla di specifico a fondamento della legittimità della revoca dell’autorizzazione al subappalto, al di là del richiamo alle linee guida di cui all’articolo 16 del d.l. 39/2009 al fine di sostenerne la validità e la conformità alla disciplina ordinaria in tema di informative antimafia e dei loro effetti sugli atti di gara. 5.2. Ne consegue che gli appelli hanno essenzialmente ad oggetto le informative del Prefetto dell’Aquila del 29.6.2010 e del 5.5.2010, in disparte per il momento la questione se il loro eventuale accoglimento e, quindi, l’accertamento della legittimità di dette informative, possa influire anche sulla sorte degli atti di revoca. 6. Prima di esaminare nel dettaglio l’informativa prefettizia del 5.5.2010, adottata dal Prefetto dell’Aquila ai sensi dell’articolo 10 comma 7, lett. C , del d.p.r. 252/1998 si tratta quindi di un’informativa “tipica”, benché incentrata su elementi probatori non predeterminati dalla legge, a differenza delle informative sub lett. A e B , e quindi connotata da una maggiore “discrezionalità” in capo all’autorità prefettizia come ricorda Cons. Stato, VI, numero 8928/2010 , è utile una breve premessa di carattere generale su questa tipologia di provvedimenti, in specie nei casi in cui le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte, come avvenuto nella vicenda in esame, “dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell’Interno”. 6.1. Come è stato ampiamente rilevato, anche da questa stessa Sezione v. sentenza numero 5262/2011 le informative del genere di quelle per cui è causa rappresentano una anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa a fronte di possibili ingerenze criminali nella attività della pubbliche amministrazioni e prescindono quindi da rilevanze probatorie tipiche del processo penale, per cercare di valutare l'affidabilità dell'impresa affidataria dei lavori complessivamente intesa Cons. Stato, sez. VI, numero 2867/2006 . Di conseguenza, l'informativa sulla sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa che, ai sensi dell'articolo 4 d.lgs. numero 490/1994 e dell'articolo 10 d.p.r. numero 252/1998, preclude la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni, non presuppone l'accertamento di responsabilità penali in capo ai titolari dell'impresa sospettata, essendo sufficiente che dalle informazioni, acquisiste tramite gli organi di polizia, si evinca un quadro indiziario sintomatico del pericolo di collegamento tra la singola impresa e la criminalità organizzata. A legittimare l'adozione dell'informativa prefettizia è pertanto sufficiente che, ad esito della istruttoria, emergano elementi indiziari che, complessivamente considerati, rendano attendibile l'ipotesi del tentativo di ingerenza da parte delle organizzazioni criminali. 6.2. Sul piano del sindacato giurisdizionale è stato poi rilevato, non senza alcune oscillazioni, che, stante l'ampia discrezionalità riservata in questo caso all'autorità prefettizia, l’esame del giudice resta necessariamente circoscritto alla verifica dei vizi sintomatici di una illogicità manifesta o di un travisamento dei fatti Cons. Stato, numero 3470/2007 v. peraltro Cons. Stato, VI, numero 3647/2011 che estende il sindacato anche ai profili dell’incoerenza e dell’inattendibilità . Il parametro valutativo di tali elementi indiziari non è dunque quello della certezza, ma quello della qualificata probabilità di infiltrazione mafiosa e nel rendere le informazioni richieste ai sensi dell'articolo 10 comma 7 lett. c cit., il Prefetto non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di uno specifico quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell'imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni. L'ampiezza dei poteri di accertamento giustificata dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, comporta che il Prefetto possa ravvisare l'emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell'assoluta certezza, che tuttavia, nel loro coacervo, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, o comunque per la colleganza, di soggetti legati ad organizzazioni malavitose Cons. Stato, Sez. VI, numero 4737/2006 . 6.3. In conclusione non si postula, quale condizione per l'applicabilità delle disposizioni in parola, che ci si trovi sicuramente al cospetto di una impresa criminale posseduta o gestita o controllata da soggetti dediti ad attività criminali, ma che vi sia una qualificata probabilità che la stessa possa, anche in via indiretta, favorire la criminalità. 7. Ciò posto, l’informativa prefettizia del 5.5.2010 poggia all’apparenza su di una pluralità di elementi indiziari dai quali l’autorità amministrativa inferisce l’esistenza di tentativi di infiltrazioni mafiosi. 7.1. Gli elementi indiziari sono apparentemente numerosi, investendo a l’assetto proprietario della società che in massima parte 88,86% è controllata dalla F.IM.PAR, s.r.l., e che a sua volta è in possesso di partecipazioni in numerose altre imprese, molte delle quali con sede in Abruzzo, con le quali forma una sorta di galassia o costellazione di imprese sulla cui rilevanza v. Infra b i precedenti penali, di non secondaria importanza, di G. e Go. M., soci di minoranza della L. M. s.r.l., coinvolti in numerosi procedimenti, anche per reati ambientali, per delitti contro la P.A, nonché per ricettazione c i rapporti tra la famiglia M. e la Meridiana Costruzioni s.c.a.r.l., in particolare per il tramite di E. S., moglie di Go. M. e consigliere di amministrazione della Meridiana nonché amministratore unico di una delle sue società consorziate e socia anche della citata F.IM.PAR. d la circostanza che la Meridiana costruzioni è partecipata da imprese legate a nomi coinvolti in vicende di mafia, nonché di riciclaggio di denaro sporco, e già destinatarie di provvedimenti prefettizi e queste imprese sono indicate, in particolare, nella Do.Te.Co. s.r.l. e nella P.R.S. Produzioni e Servizi e, indirettamente, nella Di Marco s.r.l. e nella Marsica Plastica s.r.l. , quest’ultima persino riconducibile al sodalizio mafioso del defunto Vito Ciancimino f i collegamenti, per il tramite del defunto A. P., tra la Meridiana costruzioni e la CO.GE.NA., impresa cancellata nel 2006 ma in precedenza, nel 2003, destinataria di un’interdittiva antimafia e di fatto controllata dai fratelli F. e V. T., a suo tempo indagati per il reato di cui all’articolo 416 bis del c.p. e ritenuti vicini alla camorra g la tesi di fondo, peraltro non esplicitata, che, sul presupposto dei legami, imprenditoriali e parentali, tra il Gruppo M. e la Meridiana Costruzioni, sarebbe difficile escludere che i vertici della prima compagine siano del tutto ignari degli affari che connotano l’attività della seconda, potendosi invece ipotizzare che la loro conoscenza, in uno con il perpetuarsi della collaborazione, assuma il significato di una connivenza se non di una vera e propria complicità. 7.2. Se questi sono gli elementi sui quali si fonda l’informativa, il Giudice di primo grado, dopo averli ricondotti a due soli – la circostanza che il P. figurasse sindaco della Meridiana e al contempo fosse sindaco nella Co.Ge.Na la circostanza che sempre la Meridiana fosse partecipata da imprese a loro volta sospettate di avere rapporti con ambienti della criminalità organizzata - ha ritenuto “carenti i requisiti di attualità e rilevanza dei dati evidenziati”, sul particolare rilievo che, da un lato, il P. fosse deceduto nel 2007 e, dall’altro, la Meridiana non abbia mai operato, tanto meno partecipato a gare di appalto, e sia attualmente in fase di liquidazione. 7.3. La difesa erariale, con gli atti di appello, contesta questa riduzione della pluralità degli indizi a soli due elementi rilevanti, riduzione che si sarebbe accompagnata, da parte del Tar, ad un vero e proprio giudizio di merito, sostituendosi in apprezzamenti riservati invece all’autorità amministrativa. 7.4. Di contro, la difesa della L. M. s.r.l. ribadisce come gli elementi indiziari raccolti nei propri confronti sarebbero generici e privi di attualità, essendosi l’autorità prefettizia limitata al solo esame delle visure camerali costruendo, sulla base delle stesse, una teoria accusatoria che, tuttavia, non terrebbe conto degli accadimenti reali, primo fra tutti il fatto che la Meridiana Costruzioni non abbia mai operato e che quindi i suoi soci non avrebbero mai avuto rapporti concreti ed effettivi. 7.5. Così riassunte le contrapposte deduzioni di parte, reputa il Collegio che, come già rilevato dal Giudice di primo grado, l’informativa del 5.5.2010 non resista alle censure proposte nei suoi confronti dalla società destinataria. 7.6. Preso atto dei dati che in questa sede non sono più contestati tra le parti, ma che in origine nell’informativa del 5.5.2010 giocavano un ruolo importante – il decesso del P. e l’inattività della Meridiana Costruzioni – i restanti elementi indiziari posti a fondamento dell’atto, benché apparentemente numerosi, trovano tutti la loro fonte nelle visure camerali acquisite nel corso dell’istruttoria e documentano in astratto l’esistenza di legami commerciali tra una serie numerosa di imprese. 7.7. Ciò posto, sulla base degli elementi disponibili, resta tuttavia ancora indimostrato che l’inserimento in questa galassia imprenditoriale - che in alcune direzioni effettivamente presenta o può condurre a zone d’ombra, sulle quali è certamente necessario accendere i riflettori e procedere ad ulteriori verifiche, di natura non solamente documentale - abbia o possa aver condizionato le scelte imprenditoriali della società appellata. 7.8. Quel che manca, infatti, nella voluminosa documentazione istruttoria prodotta in atti è proprio un accertamento in questo senso, a dimostrazione di un pericolo attuale e concreto, suscettibile di tradursi in un condizionamento effettivo, o almeno altamente probabile, dell’attività di impresa della L. M. s.r.l. da parte della criminalità organizzata. Perché altrimenti è difficilmente superabile l’obiezione della difesa di parte appellata per la quale, ove il tentativo di infiltrazioni mafiose fosse desumibile di per sé solo da meri rapporti commerciali intercorsi tra due o più imprese almeno una delle quali legata ad ambienti della criminalità organizzata , allora non si comprenderebbe più la fattispecie di cui all’articolo 12 del d.p.r. 252/1998 che, nell’ipotesi in cui una delle mandanti di un raggruppamento di imprese sia oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa, ne ammette a determinate condizioni l’estromissione o la sostituzione, anziché imporre, sempre e comunque, l’esclusione anche degli altri componenti del medesimo raggruppamento. Detta previsione normativa, che opportunamente distingue la sorte delle singole imprese, conferma quindi come i rapporti commerciali, al pari di quelli parentali, siano da soli insufficienti a propagare il tentativo di infiltrazioni mafiose e come occorrano, quale necessario riscontro, altri elementi indiziari a dimostrazione del “contagio”. In questa prospettiva non possono bastare i precedenti penali dei fratelli M., poiché gli stessi sono, in parte, riferiti ad indagini in seguito archiviate e, in altra parte, a condanne molto risalenti nel tempo, comunque per fattispecie di reato che non rientrano tra quelle di cui all’articolo 10 del d.p.r. 252/1998. Pur trattandosi di precedenti che giustificano un grado maggiore di attenzione, da soli non bastano, essendo necessari elementi aggiuntivi che, sebbene di rilievo non necessariamente penale, siano concreti e riferiti all’attualità. 7.9. A fronte di tutto questo, le argomentazioni racchiuse negli atti di appello non valgono a superare tale rilievo, né la difesa erariale ha offerto nuove e più incisive ricostruzioni dei fatti sinora acquisiti, né ha dedotto nuovi mezzi di prova assumendo in ipotesi di non averne avuto conoscenza in precedenza v. articolo 104 co. 2 c.p.a. . 8. Una volta confermato il giudizio del Tar sulle informative prefettizie del 29.6.2010 e del 5.5.2010 - rispettoso dei limiti interni alla giurisdizione di legittimità, che da tempo ha ad oggetto l’intero procedimento amministrativo, compresa oltre alla fase decisoria anche quella istruttoria - resta da esaminare il motivo di appello dedotto con il ricorso numero 2309/2011 con il quale si censura la sentenza numero 870/2010 laddove ha motivato per relationem, richiamando una pronuncia che sebbene assunta all’esito della stessa camera di consiglio il 15.12.2010 , tuttavia, sarebbe stata resa pubblica solamente in un secondo momento la numero 14/2011 . 8.1. La censura muove in realtà da un presupposto non del tutto esatto, poiché il richiamo alla decisione assunta nella stessa camera di consiglio – quella che poi sarebbe divenuta la sentenza numero 14/2011 – non esaurisce per intero la motivazione della sentenza numero 870/2010, nella quale è contenuto un giudizio del provvedimento prefettizio che evidenzia “il carattere generico degli indizi afferenti ai presunti collegamenti malavitosi dei rappresentanti societari della ricorrente, anche in relazione alla mancanza di addebiti differenziati circa le possibili ricadute in concreto dei delineati sospetti sulla vicenda procedimentale e/o contrattuale in esame senza che possano assumere rilievo legittimante mere ricostruzioni indiziarie astratte, svincolate in quanto tali da un motivato giudizio di specifica offensività ”. 8.2. Si tratta all’evidenza di un giudizio che, per quanto sintetico nel rispetto peraltro dell’articolo 3 del c.p.a. , al di là del richiamo alla decisione connessa è tuttavia idoneo a sorreggere di per sé solo la sentenza numero 870/2010, ed è condiviso da questo Collegio, per tutte le ragioni evidenziate sub 7. 9. In conclusione, quindi, gli appelli vanno respinti e gli annullamenti delle informative prefettizie già disposti dal Giudice di primo grado confermati. 9. Quanto alla revoca dell’autorizzazione al subappalto, in presenza di una esplicita impugnazione anche di tale provvedimento, l’annullamento dell’atto presupposto ne comporta la caducazione in via derivata. 10. Nessuna pronuncia si impone invece per la revoca dell’aggiudicazione provvisoria poiché, come già osservato nelle premesse, per questa parte della sentenza di primo grado la sola autorità legittimata all’appello, la Provincia dell’Aquila, non ha proposto impugnazione, sicché si è già formato il giudicato in senso favorevole alla L. M. s.r.l. Restano ovviamente salve ed impregiudicate le valutazioni dell’Amministrazione provinciale richieste per legge ai fini dell’adozione dell’aggiudicazione definitiva e della stipula del contratto di appalto. 11. Le spese dei giudizio possono essere interamente compensate tra tutte le parti costituite, a motivo della complessità dei fatti di causa e della loro lettura non univoca. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, li respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.