Frenata brusca per evitare il cane: automobilista corretto, nessun risarcimento per il passeggero

Respinta in via definitiva la richiesta avanzata dalla donna, seduta di fianco al conducente al momento della imprevista e fulminea manovra. Alla luce della dinamica dell’episodio emerge la correttezza del comportamento dell’automobilista, testimoniato anche dalla cinture di sicurezza indossata dalla donna.

Frenata brusca dell’automobilista. Pedale pigiato con forza per riuscire ad evitare l’impatto col cane, apparso all’improvvisamente in strada. Per fortuna l’animale è salvo, ma a lamentarsi è il passeggero – una donna – per le ripercussioni subite a causa della inaspettata manovra. Ma nessun risarcimento è riconoscibile assolutamente corretto il comportamento dell’automobilista Cassazione, ordinanza numero 6813/2013, Sesta Sezione Civile, depositata oggi . Animalista. A finire sotto accusa è, come detto, il comportamento dell’automobilista, che, alla guida della propria vettura, con apprezzabile spirito animalista riesce ad evitare l’impatto con un cane apparso all’improvviso sulla strada. Il gesto, di grande civiltà – e testimonianza di ottimi riflessi –, però, non viene apprezzato adeguatamente dalla passeggera che lo affiancava in automobile. Più precisamente, la donna ricorda che l’uomo «per evitare l’investimento di un cane, aveva effettuato una brusca frenata» e che a causa di quella manovra ella «aveva riportato gravi lesioni alla persona». Queste sono le fondamenta per la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dalla donna, e diretta contro l’automobilista e contro la compagnia assicurativa. Ma si tratta di fondamenta assai fragili Difatti, prima il Giudice di pace e poi il Tribunale rigettano la domanda, ritenendo assolutamente corretto il comportamento alla guida tenuto dall’automobilista. Guida sicura. E questa visione viene confermata anche, in ultima battuta, dai giudici della Cassazione, i quali respingono le contestazioni della donna, secondo cui il conducente «non aveva affatto provato di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno». Come è stato possibile, allora, domanda la donna, escludere «il nesso causale» tra «l’evento», ossia «la frenata», e il «danno»? Per rispondere a questo interrogativo, i giudici della Cassazione richiamano l’istruttoria a cui si erano affidati i giudici in Tribunale, istruttoria che aveva consentito di appurare che «la condotta di guida» dell’uomo «era stata corretta» e che la donna «al momento della frenata, indossava la cintura di sicurezza». Per giunta, non si può ignorare il parere del consulente tecnico, il quale aveva chiarito che «una frenata, per quanto brusca, non era sufficiente da terminare le lesioni riportate» dalla donna, lesioni che invece andavano ricollegate alle «patologie», e segnatamente alla «osteoporosi», da cui ella «era affetta». Lapalissiano, quindi, e non discutibile, l’«esclusione del rapporto di causalità» tra la frenata e l’evento dannoso. Per questo, è, secondo i giudici di Cassazione, assolutamente da confermare la decisione di rigettare la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 6 febbraio – 19 marzo 2013, numero 6813 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. “Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva 1. I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata. I.P. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Tivoli F.P. e RAS s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un infortunio occorsole mentre viaggiava a bordo di un’autovettura di proprietà del P. e dallo stesso condotta. Dedusse che il giorno 12 agosto 2006 questi, per evitare l’investimento di un cane, aveva effettuato una brusca frenata, a causa della quale ella aveva riportato gravi lesioni alla persona. La società assicuratrice, costituitasi in giudizio, contestò le avverse pretese. Rimase contumace il Pi. 2. Il giudice adito rigettò la domanda. Proposto dalla soccombente gravame, il Tribunale lo ha respinto in data 26 aprile 2011. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione I.P., formulando due motivi e notificando l’atto a F.P. e ad Allianz s.p.a. Solo quest’ultima ha notificato controricorso, mentre nessuna attività difensiva ha svolto l’altro intimato. 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’articolo 360 bis, inserito dall’articolo 47, comma 1, lett. a della legge 18 giugno 2009, numero 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. Queste le ragioni. 4. Nei motivi di ricorso, denunciando violazione degli articolo 1681, 2054 e 2050 cod. civ. primo motivo , nonché vizi motivazionali secondo motivo , l’impugnante viene in sostanza a sostenere che il vettore non aveva affatto provato di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, di talché ingiustamente la sua domanda era stata rigettata. Oggetto delle critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, in quanto intrinsecamente connesse, è dunque l’affermazione del giudice di merito secondo cui nessun nesso causale era ravvisabile tra l’evento - la frenata del P. - e il danno. 5. Trattasi tuttavia di censure prive di pregio. È sufficiente al riguardo considerare che alla scelta decisoria adottata il giudice di merito è pervenuto sulla base delle seguenti, concorrenti considerazioni a dall’istruttoria espletata era emerso che la condotta di guida del P. era stata corretta e che l’infortunata, al momento della frenata, indossava la cintura di sicurezza b come chiarito dal c.t.u., una frenata, per quanto brusca, non sia sufficiente a determinare le lesioni riportate dalla P., la cui eziologia andava piuttosto ricercata nelle patologie, e segnatamente nella osteoporosi, dalle quali la stessa era affetta. Le argomentazioni così sinteticamente riportate sono corrette sul piano logico e giuridico, esenti da aporie e da contrasti disarticolanti con il contesto fattuale di riferimento. Esse resistono pertanto alle critiche svolte in ricorso, le quali, attraverso la surrettizia evocazione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano esclusivamente a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove preclusa in sede di legittimità. Valga al riguardo considerare che di nessun ausilio può essere il richiamo alla presunzioni stabilite dagli articolo 2050 e 2054 cod. civ., a fronte di un contesto motivazionale che non le ha affatto ignorate, ma che, sulla base dell’accurato esame di tutti gli elementi probatori acquisiti, ha ritenuto dimostrata una eziologia delle lesioni diversa da quella posta a base della pretesa azionata. Si ricorda, in proposito, che, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo, tra l’altro, all’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza sul piano logico-giuridico confr. Cass. civ. 25 gennaio 2012, numero 1028 ”. Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale la ricorrente non ha del resto neppure replicato, posto che solo Allianz s.p.a. ha depositato memoria. Il ricorso è respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.500,00 di cui euro 200,00 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge.