Cantiere ‘aperto’ ma conosciuto dagli abitanti: nessun risarcimento per la caduta

Salvo così il Comune, responsabile dei lavori stradali, da ogni addebito. Nessuna colpa è attribuibile all’ente pubblico. Perché la vittima dell’incidente, una donna, vive in quel quartiere, ed era perciò a conoscenza della situazione dei luoghi.

Working in progress nel quartiere. Ma non è necessario un ‘cartello’ ad hoc per tenere lontani gli abitanti della zona Perché questi ultimi, è scontato, sono assolutamente consapevoli della situazione, e quindi anche dei potenziali pericoli. Per questo motivo, le lesioni subite da una donna, caduta dopo essere inciampata su un ‘cordolo’ lasciato dagli operai, non possono essere risarcite dal Comune Cassazione, sentenza numero 2660/2013, Terza Sezione Civile, depositata oggi . Carambola. Assolutamente rocambolesco l’incidente capitato a una donna, in cammino nel proprio quartiere ella, secondo la ricostruzione dell’episodio, «ha inciampato in un cordolo, lasciato dagli operai che stavano eseguendo lavori stradali, andando a sbattere contro un mucchio di pietre». Forte il dolore, evidenti le lesioni subite, che la donna addebita, in sostanza, alle omissioni del Comune, che, in qualità di responsabile del ‘cantiere’, non aveva garantito la sicurezza necessaria per i pedoni. Ma questa pretesa viene ritenuta assolutamente non fondata, né in primo né in secondo grado. Per i giudici d’Appello, in particolare, non vi è la prova del «nesso causale fra la situazione dei luoghi e l’incidente». Luoghi familiari. A protestare, ulteriormente, è, ovviamente, ancora la donna, che decide di proporre ricorso per cassazione, ribadendo la «responsabilità» del Comune per il «danno cagionato da cosa in custodia», ossia il cantiere relativo ad alcuni lavori stradali nel suo quartiere. Per i giudici di terzo grado, però, va fatto un ulteriore passo indietro, ossia doveva essere la donna «a fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e il danno subito» oltre che «dell’esistenza del rapporto di custodia». Per essere ancora più chiari, un blocco di cemento che occupi una parte del marciapiede, giusto per fare un esempio, non evidenzia, in automatico, «il collegamento causale, necessario ed ineliminabile, con la caduta del passante, ove questi non provi che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, la caduta». Passando dalla teoria alla pratica, in questa vicenda manca la dimostrazione che «la situazione della strada fosse tale da configurare oggettivamente un pericolo, anche a fronte del normale livello di attenzione esigibile dai passanti». Per la semplice ragione che la donna, «abitando sul posto», «ben poteva conoscere la situazione dei luoghi da lei quotidianamente frequentati», compreso il ‘cordolo’ che ne ha provocato la caduta. Lapalissiano, quindi, per i giudici, che non si possa addebitare alcuna responsabilità al Comune, neanche a livello di «concorso di colpa» confermato, perciò, il niet alla richiesta di risarcimento avanzata dalla donna.