Se la confisca deve essere proporzionale al prezzo o al profitto, il sequestro preventivo per equivalente non può eccedere tale importo

La questione relativa al tandundem, cioè alla somma corrispondente al prezzo o profitto del reato da vincolare in vista della confisca, non è rinviabile alla fase esecutiva della confisca, ma deve essere oggetto di valutazione sin dalla fase cautelare in cui si decide riguardo al sequestro preventivo per equivalente.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 47066 del 26 novembre 2013. Il caso. Due coimputati per il reato di truffa aggravata in danno dell’Autorità Portuale di Genova venivano raggiunti da un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Il vincolo reale veniva imposto a seguito di una vicenda giudiziaria che, nella sua fase cautelare, non si era sviluppata spontaneamente e linearmente. Nel dettaglio, la misura veniva chiesta ed ottenuta dal Pubblico Ministero nei confronti di altri coimputati, vale a dire i soggetti indagati per avere emesso fatture attestanti l’esecuzione di lavori da parte di società a responsabilità limitata per lavori mai eseguiti nonché per l’acquisto di materiale ed effettuazione di lavori in una struttura, in realtà, inesistente. Agli altri due indagati – nella loro qualità di direttore della direzione tecnica e di dirigente del settore opere civili dell’Autorità Portuale – veniva contestato di essersi adoperati per far conseguire l’ingiusto profitto ai primi e di avere falsamente attestato la regolare esecuzione dei lavori e delle forniture, in concreto mai effettuate. Sequestro limitato ad alcuni soggetti. In un primo momento il Tribunale di Genova, davanti al quale era stato disposto rinvio a giudizio per tutti gli indagati, emetteva decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme oggetto di reato. Il Tribunale limitava il vincolo ai beni delle persone dei legali rappresentanti delle società e a quelli delle società medesime interessate, mentre salvava” la posizione del direttore tecnico e del dirigente settore opere civili dell’Autorità Portuale, sulla scorta del dato secondo cui, dalla contestazione addebitata, non emergeva che tali soggetti avessero conseguito un profitto dalla descritta vicenda. Tale argomento non trovava adesione da parte del Pubblico Ministero richiedente che impugnava il provvedimento. Estensione della misura ad opera del Tribunale del Riesame. Sollecitato dall’appello del Pubblico Ministero, il Tribunale del Riesame di Genova disponeva il sequestro anche a carico di tali soggetti, comunque rinviati a giudizio in concorso con gli altri già raggiunti dal vincolo reale, così estendendo il vincolo, per l’intero, a ciascuno dei soggetti coinvolti. Nell’ambito di quanto devoluto” dal Pubblico Ministero, il Tribunale del Riesame prendeva cognizione del provvedimento impugnato che nulla disponeva nei confronti del direttore della direzione tecnica e di dirigente del settore opere civili sul punto dell’omesso sequestro a carico dei medesimi. L’attività dei giudici, di per sé, veniva giudicata corretta da parte della Suprema Corte, atteso che il Tribunale utilizzava in sede di appello gli stessi poteri conferiti al giudice di merito nell’ambito del devoluto. Adeguatezza, proporzionalità e gradualità della misura cautelare reale. Perché il sequestro sia legittimo occorre che vi sia un giudizio di corrispondenza tra il valore dei beni oggetto di confisca e l’entità del profitto o prezzo del reato. Tale confronto deve essere effettuato sin dalla fase cautelare, perché sarebbe illogico e incongruo un provvedimento cautelare più esteso di quanto si potrebbe conseguire nella fase esecutiva con la confisca. Invero, la misura cautelare non può eccedere complessivamente il valore del prezzo o profitto del reato, indice imprescindibile per disporre il vincolo e la futura apprensione di beni o denaro equivalenti”. Il sequestro funzionale alla confisca, in altre parole, impone al giudice – e già a quello della fase cautelare – di rivolgere l’attenzione alla valutazione dell’equivalenza tra il valore dei beni assoggettabili a vincolo e l’entità del profitto. Duplicazione dei beni protagonisti del vincolo. Nel caso sottoposto al vaglio della II Sezione Penale della Cassazione, il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso della Pubblica Accusa, aveva vincolato beni il cui valore eccedeva l’equivalenza, così di fatto oltrepassando quel limite-soglia e duplicando i beni oggetto di provvedimento cautelare. Illegittimo era il vincolo apposto perché eccedente, oltre il doppio, il valore del prezzo del reato di truffa per cui vi era rinvio a giudizio. Intero ammontare per ognuno, ma non eccedente il totale. È ben vero quanto affermava il Tribunale del Riesame in ordine alla possibilità di disporre per ciascuno degli interessati il sequestro, anche per l’intero ammontare del prezzo del reato, in ragione del fatto che gli adempimenti estimatori in ordine alle responsabilità individuali sono rimessi alla fase successiva della confisca. Va però precisato che, in casi plurisoggettivi, sebbene, come si è detto, il vincolo possa interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti per l’intera entità, un unico limite si impone, ed è quello di non eccedere il valore complessivo globale determinato nella contestazione. Necessaria equivalenza” di valore tra sequestro e confisca. La confisca non è commisurata alla colpevolezza del reo o alla gravità dell’illecito e prescinde dalla pericolosità in sé della cosa. La misura, come noto, ha natura sanzionatoria e impedisce l’ablazione di beni di proprietà dei soggetti coinvolti quando il valore sia superiore a quello del prezzo o profitto ricavato dal reato, sicché non vi è ragione per cui la misura che anticipa il provvedimento definitivo di confisca, vale a dire il sequestro preventivo per equivalente, non debba ispirarsi al medesimo criterio. Con il provvedimento cautelare non può ottenersi più di quanto sarà conseguibile con il provvedimento definitivo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 ottobre - 26 novembre 2013, n. 47066 Presidente Carmenini – Relatore Gentile Considerato in fatto 1.1 - Dinanzi a Tribunale di Genova, si procedeva a carico di BO.SA. e BO.MA. perché indagati per il reato ex artt. 110, 81 cpv., 640/co.2 CP, nonché contro BONGINI srl perché indagata dell'illecito amministrativo ex art. 24 Dlvo 231/01 la contestazione era relativa a due vicende di truffa aggravata in danno dell'Autorità Portuale di XXXXXX, consumate con il concorso dei coimputati P.A. e B.B. rispettivamente direttore della direzione tecnica e dirigente del settore opere civili dell'Autorità Portuale. - La truffa sarebbe consistita, secondo l'impostazione accusatoria, nelle seguenti condotte a - i Bo. avrebbero emesso fatture per attestare l'esecuzione di lavori da parte della Bongini srl per l'importo di Euro 81.783,86 per l'acquisto di materiale ed effettuazione di lavori in una struttura inesistente, mentre il P. ed il B. avrebbero attestato falsamente la regolare esecuzione dei lavori e delle forniture b - i medesimi imputati avrebbero altresì emesso fatture per attestare l'esecuzione di lavori da parte della ditta Edilatellana per complessivi Euro 62.000, per lavori mai eseguiti, ma per i quali i coimputati P. e B. si adoperavano per far conseguire l'ingiusto profitto 1.2 - Il Tribunale di Genova, dinanzi al quale a seguito di rinvio a giudizio si procedeva nel merito per i suddetti reati ed imputazioni, emetteva un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme sopra indicate che, però, veniva limitato ai due Bo. ed alle due società sopra indicati} ma non veniva disposto per i coimputati P. è B. , atteso che il Tribunale rilevava che dalla contestazione non emergeva che essi avessero conseguito dall'illecita attività un profitto 1.3 - Il PM presso il tribunale di Genova proponeva impugnazione avverso tale decisione ed il Tribunale per il riesame della stessa città, con ordinanza del 2-5-2013, opinava diversamente dal giudice del cautelare e, in accoglimento dell'appello, disponeva il sequestro preventivo di beni o denaro anche a carico del P. e del B. 2.0 - Ricorrono per cassazione P. e B. a mezzo dei Difensori di fiducia, deducendo MOTIVI ex art. 606, 1 co., lett. b c e c.p.p B. , P. . 2.1 - in primo luogo i ricorrenti censurano con considerazioni analoghe la decisione impugnata per avere omesso ogni motivazione in punto di ricorrenza del fumus dei reati contestati adducendo che l'esame era precluso dall'avvenuto rinvio a giudizio degli imputati - a parere dei ricorrenti tale motivazione era erronea - per un verso, perché anche alla fattispecie, relativa a misura cautelare reale, dovevano applicarsi i principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 71 del 1996 e dalle Sezioni Unite di questa Corte suprema, ancorché espressi in relazione alla impugnazione delle misure cautelari personali, posta la sostanziale identità delle due situazioni - per altro verso, perché i principi espressi dal tribunale per il riesame genovese riguardavano il caso di impugnazione di provvedimento che aveva disposto il sequestro e non si potevano applicare al caso in esame nel quale l'impugnazione era relativa ad un provvedimento di rigetto della richiesta di sequestro P. 2.1.a - Violazione di legge per omessa motivazione riguardo alla fondatezza dell'appello del PM ed alle ragioni per le quali il provvedimento impugnato andava riformato. B. - P. . 2.2 - L'ordinanza impugnata andava censurata anche per omessa ed illogica motivazione riguardo al periculum in mora apoditticamente ritenuto dal tribunale con motivazione apparente. P 2.1.b - Illegittima estensione del sequestro a tutti i coimputati. B. - P. . 2.3 - In terzo luogo i ricorrenti censurano l'ordinanza per violazione di legge in quanto avrebbe omesso di motivare in ordine alla facoltatività dell'applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ed in particolare, alle ragioni per le quali aveva ritenuto di andare di contrario avviso rispetto al Giudice del merito, che aveva ritenuto di limitare il sequestro agli imputati beneficiari del profitto P. . 2.4 - Inoltre si lamenta la violazione di legge, avendo il Tribunale confuso tra i principi legittimanti la confisca per equivalente, alla quale attiene la funzione sanzionatoria, rispetto a quelli legittimanti il sequestro preventivo, che resta pur sempre una misura cautelare che assolve ad una funzione strumentale. Ritenuto in diritto 3.1 - I motivi relativi all'omessa valutazione e motivazione del fumus , nonché delle ragioni per le quali il provvedimento oggetto di impugnazioni andava riformato, sono infondati in quanto si scontrano con i principi costantemente affermati in sede di legittimità, ed anche da questa Sezione, per cui è sufficiente il rinvio a giudizio dell'amministratore per procedere al sequestro preventivo dei beni aziendali anche se non si è in presenza di gravi indizi. Cassazione penale, sez. IL 19/05/2011. n. 25357. Si è infatti affermato che l'ordinanza che dispone il sequestro preventivo non deve essere motivata sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza, non essendo i detti indizi richiesti fra i presupposti applicativi e ciò in quanto è sufficiente per l'adozione della detta misura cautelare reale la presenza di un fumus boni iuris e cioè l'ipotizzabilità in astratto della commissione di un reato, rilevabile dalla pendenza di un'imputazione e senza alcuna possibilità di apprezzamento quanto alla fondatezza dell'accusa e alla probabilità di una pronuncia sfavorevole per l'imputato. Consegue che nel giudizio incidentale di impugnazione avverso il provvedimento che dispone il sequestro preventivo il controllo del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma deve limitarsi all'astratta possibilità di assumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato . I principi sino ad ora espressi sono assorbenti anche della censura relativa all'omesso esame dell'elemento soggettivo del reato, in quanto rientrante nell'ambito del fumus del reato. Neppure fondata è la questione circa la estensione dei principi espressi in materia di misure cautelari personali, essendo altrettanto pacifico in Giurisprudenza che non è proponibile in sede di riesame di provvedimento che disponga una misura cautelare reale, la questione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti , una volta che sia stato disposto il rinvio a giudizio dell'imputato stante la non omologabilità delle situazioni relative alle misure cautelari personali con quelle riguardanti le misure cautelari reali. Pertanto il decreto di rinvio a giudizio spiega efficacia preclusiva al riesame del presupposto probatorio della misura. Cassazione penale, sez. V. 21/07/1998. n. 4906. Tanto meno può riscontrarsi una differenza tra il sequestro emesso dal Giudice che procede nel merito ed il tribunale in sede di riesame, riguardando la differenza solo l'aspetto del devolutum nel senso che in tema di misure cautelari, il gravame di cui all'art. 310 c.p.p. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione con la conseguenza che, a differenza del riesame, nel quale il giudice del gravame ha la stessa piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento, nell'appello il tribunale ha la conoscenza del provvedimento impugnato nei limiti di quanto devoluto ed è privò del potere di compiere - come nel procedimento di riesame - una rivalutazione della situazione assunta in precedenza per l'adozione del provvedimento cautelare. Cassazione penale, sez. VI, 12/04/1995, n. 1424. Ne deriva la correttezza dell'operato del Tribunale per il riesame che, in presenza dell'appello del PM sul punto dell'omesso sequestro anche a carico dei coimputati, ha utilizzato in sede di appello gli stessi poteri conferiti al giudice del merito nell’ambito del devoluto. 3.2 - Il secondo motivo relativo alla motivazione del periculum è del tutto infondato posto che nel sequestro preventivo per equivalente funzionale alla confisca disposto, ai sensi degli art. 19 e 53 d. lg. n. 231 del 2001, nei confronti dell'ente collettivo, la presenza del requisito del periculum è valutato tipicamente dall'art. 19 poiché si verte in ipotesi di confisca obbligatoria, analogamente alla disposizione contenuta nell'art. 321 comma 2 c.p.p. Cassazione penale, sez. un 27/03/2008. n. 26654. Invero, la confisca per equivalente, esime dal dover dimostrare quel rapporto di pertinenzialità” tra il bene e il reato che caratterizza, invece, la misura della confisca ex art. 240 c.p., tanto è vero che, nel sequestro preventivo disposto ai fini della confisca per equivalente”, il periculum coincide con la confiscabilità del bene, potendo la misura avere per oggetto anche cose che non hanno rapporti con la pericolosità individuale del soggetto e non sono collegate con il reato, a differenza del sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 2, c.p.p. Cassazione penale, sez. II, 06/11/2012. n. 46295. Atteso tale principio, emerge evidente la congruità della motivazione, pur sintetica, che ha collegato il periculum alla confiscabilità del bene. 3.3 - Diverso discorso deve farsi per quanto riguarda l'estensione del sequestro, per l'intero, a ciascuno degli indagati. Sul punto va ricordato che nel sequestro preventivo, il giudizio di corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della confisca e l'entità del profitto o del prezzo del reato dev'essere effettuato già nella fase cautelare, non potendosi ottenere con il provvedimento cautelare più di quanto si può conseguire con il provvedimento definitivo, in linea con i principi di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari. Cassazione penale. sez. VI 26/03/2013 n. 28264. Ciò in quanto, sebbene il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto o del prezzo del reato può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti nel reato, tuttavia la misura cautelare non può complessivamente eccedere il valore del suddetto prezzo o profitto e ciò perché il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca. Nella specie, a fronte del profitto indicato nell'imputazione, è stato disposto un sequestro preventivo per equivalente in funzione della confisca per equivalente per valori superiori, realizzando una duplicazione dei beni oggetto del provvedimento cautelare. Nell'estendere a ciascuno degli indagati il provvedimento cautelare il Tribunale ha sostenuto, richiamando anche alcune sentenza della Corte di cassazione, che il sequestro può riguardare l'intero ammontare del prezzo di reato per ciascuno imputato e che gli adempimenti estimatori in ordine alle responsabilità individuali sono rimessi alla fase della confisca. Invero, si tratta di una interpretazione e applicazione delle norme in materia di sequestro per equivalente, funzionale alla confisca, che non può essere condivisa, probabilmente determinata da una lettura difficoltosa della giurisprudenza di questa Corte, che su questi temi non si è espressa in modo sempre lineare, prestandosi ad intérpretazioni difformi. In particolare, con riferimento al caso di una pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali può disporsi la confisca per equivalente di beni per un importo corrispondente al prezzo o al profitto del reato, la giurisprudenza ha ritenuto che il sequestro preventivo può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del prezzo o del profitto accertato, con l'unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo come determinato. In altri termini, si ammette che il sequestro preventivo possa essere applicato nei confronti di ciascun concorrente del reato anche per l'intera entità del valore accettato come profitto o come prezzo, ma allo stesso tempo si sostiene che non può mai eccedere, con riferimento alla globalità dei concorrenti, l'ammontare complessivo del valore del prezzo o del profitto Sez. 6^, 5 marzo 2009. n. 26611. Betteo Sez. 6^, 6 marzo 2009, n. 18536, Passantino Sez. 5^, 3 febbraio 2010. n. 10810, Perrottelli Sez. 3^ 7 ottobre 2010, n. 41731, Giordano Sez. 5^ 9 ottobre 2009, n. 2110, Sortino . Il medesimo principio è stato affermato anche dalle Sezioni unite sopra richiamate Sez. un., 27 marzo 2008. n. 26654, Fisia Italimpianti . Non appare sostenibile una diversa lettura di tali sentenze, dovendo escludersi, ad esempio, che il sequestro preventivo possa avere un ambito di applicazione più vasto della confisca, nel senso che il divieto di eccedere o di duplicare il valore relativo al profitto o al prezzo del reato, in presenza di una pluralità di concorrenti, scatti solo con il provvedimento definitivo di confisca, al quale viene riconosciuta natura sanzionatoria. A questa tesi, che sembra avere ispirato l'ordinanza impugnata, è possibile opporre un principio generale del diritto processuale secondo cui con il provvedimento cautelare non si può ottenere più di quello che sarà conseguibile con il provvedimento definitivo. In altri termini, se la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, che non è commisurata alla colpevolezza del reo, né alla gravità dell'illecito e che prescinde dalla pericolosità in sé della cosa, impedisce l'ablazione di beni, appartenenti ai concorrenti nel reato, che superino il valore del prezzo o del profitto ricavato dal reato, non vi è ragione per cui un tale limite non debba valere anche per la misura cautelare che anticipa il provvedimento definitivo. Diversamente si avrebbe non solo una evidente violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, ma risulterebbe messa in crisi anche la funzione strumentale del sequestro preventivo. Peraltro, la giurisprudenza ha valorizzato l'applicazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza, assieme a quello di gradualità, anche sul versante delle misure cautelari reali, affermando che nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è necessaria da parte del giudice una valutazione relativa all'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto, così come avviene in sede esecutiva della confisca, non essendovi ragioni per cui durante la fase cautelare possa giustificarsi un sequestro avente ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto o il prezzo del reato Sez. 5^, 9 ottobre 2009, n. 2110, Sortino Sez. 3^ 7 ottobre 2010, n. 41731, Giordano Sez. 5^, 21 gennaio 2010, n. 8152, Magnano Sez. 6^, 23 novembre 2010. n. 45504, Marini . Il legislatore ha voluto limitare il sequestro per equivalente, funzionale alla confisca, solo al tandundem, cioè alla somma corrispondente al profitto o al prezzo conseguito dall'illecito, sicché non appare coerente sostenere, come ha fatto il Tribunale, che la questione relativa al quantum dei beni da sequestrare sia problèma da affrontare nella fase esecutiva della confisca, in quanto uno degli aspetti che il giudice deve valutare ai fini dell'emissione della misura cautelare è costituito proprio dalla corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della futura ablazione e l'entità del profitto o del prezzo del reato. Cassazione penale. sez. VI 26/03/2013 n. 28264. 3.3 - Sulla base di quanto precede deve riconoscersi che il Tribunale di Genova ha illegittimamente disposto il sequestro preventivo per equivalente dei beni nonostante fosse eccedente, oltre il doppio, all'accertato valore del prezzo del reato di truffa contestato. 3.4 - Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Genova, che nel nuovo giudizio di appello si atterrà ai principi di diritto sopra indicati. 3.5 - La motivazione che precède è assorbènte degli altri motivi di ricorso. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Genova.