È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 d.lgs. numero 74/2000, nella formulazione anteriore al D.L. numero 138/2011, convertito in legge numero 148/2011, per violazione dell’articolo 3 Cost., nella parte in cui punisce la condotta di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a tali imposte, quando imposta evasa è superiore ad € 77.468,53 ma inferiore ad € 103.291,38.
Questo l’oggetto della questione sottoposta alla Corte Costituzionale dal Tribunale di Catania, sezione Terza penale, ordinanza del 15 settembre 2015, che dovrà tornare a pronunciarsi in ordine al lamentato disallineamento delle soglie di punibilità di alcuni reati tributari legati all’evasione dell’IVA. Il caso. Un uomo, titolare di una ditta individuale, viene tratto in giudizio per rispondere del delitto di cui all’articolo 5, d.lgs. numero 74/2000, in quanto, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, ometteva di presentare la dichiarazione annuale nell’anno 2010, per un ammontare dell’imposta evasa di ad € 87.428,00. La difesa dell’imputato eccepisce in via preliminare la questione di legittimità costituzionale della disposizione incriminatrice, sotto il parametro costituzionale dell’articolo 3 Cost., lamentando l’irragionevolezza per l’ingiustificato trattamento deteriore della norma rispetto alla più grave ipotesi della dichiarazione infedele, punita dall’articolo 4, d.lgs. numero 74/2000, nella formulazione anteriore al D.L. numero 138/2011, convertito in L. numero 148/2011. La connessione con la declaratoria dell’articolo 10-ter. La questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5, d.lgs. numero 74/2000 appare collegata alla intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 10-ter del medesimo testo legislativo, per violazione dell’articolo 3 Cost., da parte della sentenza numero 80 del 2014, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi fino al 17.9.2011, puniva l’omesso versamento dell’I.V.A., dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, a ciascun periodo di imposta ad € 103.291,38. Il quadro della punibilità tributaria nella formulazione vigente fino al 17.9.2011 era il seguente l’articolo 10-ter puniva con sanzione penale le condotte di omesso versamento dell’IVA di ammontare superiore ad € 50.000 paradossalmente l’articolo 5 in contestazione prevedeva che se l’imputato, anziché omettere di versare l’IVA, non avesse a monte presentato neanche la dichiarazione IVA, non commetteva alcun reato se l’importo evaso è superiore ad € 77.468,53 infine, secondo l’articolo 4 del medesimo d.lgs. numero 74/2000, se il contribuente, anziché omettere di versare l’IVA, ed anche di presentare la dichiarazione, avesse presentato una dichiarazione infedele volta all’occultamento dell’imposta, la condotta sarebbe stata penalmente rilevante solo in caso in cui l’ammontare dell’imposta evasa superiore ad € 103.291,38. Dunque, l’attuale assetto normativo vigente in relazione ai fatti commessi in epoca antecedente al 17 settembre 2011 viene a creare, una irragionevole disparità di trattamento tra 1 chi presentava una dichiarazione “fedele” e ometteva di versare l’IVA superiore ad € 50.000 da tale soglie scattava la sanzione penale 2 chi non presentava alcuna dichiarazione e ometteva di versare l’IVA la pena scattava “solo” per importi superiori ad € 77.468,53 3 chi presentava una dichiarazione “infedele” e ometteva di versare l’IVA, superiore ad € 50.000 ma inferiore ad € 103.291,38 non scattava alcuna sanzione penale . La sentenza 80/2014 della Corte Costituzionale. A correggere un profilo di irragionevolezza della disciplina penale tributaria ci ha pensato la Consulta. Nella sentenza numero 80/2014, i giudici delle leggi hanno rilevato come emergesse un evidente difetto di coordinamento tra la predetta soglia di punibilità dell’articolo 10- ter e quelle dei delitti di infedele e omessa dichiarazione articolo 4 e 5, d.lgs. numero 74/2000 , pari, rispettivamente, ad euro 77.468,53 e ad euro 103.291,38 di imposta evasa difetto di coordinamento foriero di sperequazioni sanzionatorie che, per la loro manifesta irragionevolezza, rendevano censurabile l’esercizio della discrezionalità spettante al legislatore nella configurazione delle fattispecie astratte di reato. La rilevata discrasia determinava, infatti, una conseguenza palesemente illogica e lesiva del principio di eguaglianza articolo 3 Cost. nel caso in cui l’IVA dovuta dal contribuente si situasse nell’intervallo tra l’una e le altre soglie. In tale evenienza, veniva trattato in modo deteriore chi avesse presentato regolarmente la dichiarazione IVA senza versare l’importo di cui si era riconosciuto debitore, rispetto a chi non avesse presentato affatto la dichiarazione, o avesse presentato una dichiarazione inveritiera, evadendo del pari l’imposta. Nel primo caso, il contribuente avrebbe dovuto rispondere del delitto di omesso versamento dell’IVA nel secondo sarebbe andato invece esente da pena, non risultando superate le soglie di punibilità previste per l’omessa o infedele dichiarazione e ciò sebbene tali illeciti risultino incontestabilmente più gravi del primo, sul piano dell’attitudine lesiva degli interessi del fisco, in quanto idonei – diversamente da quello – ad ostacolare l’accertamento dell’evasione da parte dell’amministrazione finanziaria. L’incongruenza era stata, in effetti, già rimossa dallo stesso legislatore con il D.L. 13.8.2011, numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, numero 148, il cui articolo 2, comma 36-vicies semel, aveva ridotto le soglie di punibilità dell’omessa e dell’infedele dichiarazione, rispettivamente, a 30.000 e 50.000 euro dunque, ad un importo inferiore, nel primo caso, e pari, nel secondo, a quello della soglia di punibilità dell’omesso versamento dell’IVA, rimasta per converso inalterata. Per espressa previsione normativa, tuttavia, le modifiche in questione di segno peggiorativo, perché ampliative dell’area della punibilità si applicano ai soli fatti successivi al 17.9.2011 articolo 2, comma 36- vicies bis , d.l. numero 138/2011 . Di conseguenza, per i fatti anteriori a tale data, la discrasia permaneva. Al fine di rimuoverla nella sua interezza, era evidentemente necessario allineare la soglia di punibilità del reato considerato alla più alta tra le due soglie di punibilità di raffronto quella della dichiarazione infedele . La Corte costituzionale, quindi, dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 10- ter del d.lgs. numero 74/2000, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo d’imposta, ad euro 103.291,38. Per il giudice remittente occorre completare l’allineamento delle soglie di punibilità. Vi è da chiedersi se le conclusioni della Corte costituzionale con riferimento all’articolo 10-ter sono sovrapponibili anche all’ipotesi incriminatrice di cui all’articolo 5 D. Lgs. numero 74/2000. Risponde positivamente il Tribunale di Catania, per il quale da un confronto della normativa penale tributaria, relativamente ai fatti commessi fino al 17.9.2011, emerge una disparità di trattamento tra il soggetto che non presentava alcuna dichiarazione e ometteva di versare l’IVA condotta punibile per un’imposta evasa superiore ad € 77.468,53 , da un lato, e il soggetto che commetteva una condotta non meno grave, presentando una dichiarazione infedele e omettendo di versare l’IVA per un importo inferiore ad €103.291,38 importo previsto come soglia di punibilità , dall’altro. Sul punto il giudice remittente evidenzia che la condotta di cui all’articolo 4, d.lgs. numero 74/2000 appare di gravità maggiore o quanto meno analoga a quella di cui all’articolo 5 del medesimo testo normativo avuto riguardo alla previsione edittale entrambe le fattispecie sono punite con la reclusione da uno a tre anni e dal fatto che entrambe implicano, oltre all’evasione, un ostacolo all’accertamento tributario. Tale disparità di trattamento si pone in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 Cost. che impone che le condotte di uguale gravità vadano punite in modo eguale e che le condotte di minore gravità non possono trovare trattamento deteriore rispetto a condotte di maggiore gravità addirittura esenti da pena. In tal senso, la già rilevata necessità di «allineare la soglia di punibilità alla più alta tra le soglie», proprio al fine di evitare disparità di trattamento, sembrerebbe aprire le porte della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 5, d.lgs. numero 74/2000. Qual è il reato più grave? Ma il percorso non sembra così semplice. Il Parlamento, infatti, anche con la legge numero 148/2011 ha continuato a disciplinare in modo più severo l’omessa dichiarazione rispetto alla dichiarazione infedele, in quanto, pur essendo entrambi i reati puniti con una pena da uno a tre anni ha previsto una soglia di punibilità più bassa per il primo reato € 30.000 euro rispetto al secondo € 50.000 . E tale maggiore severità nel trattamento sanzionatorio si è resa più manifesta nella recente riforma dei reati tributari attuata con il d.lgs. 24 settembre 2015 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 7 ottobre 2015 ove il legislatore delegato, pur nell’ottica stavolta di una riduzione dell’area penale tributaria, con riferimento alla dichiarazione infedele, ha operato un significativo aumento della soglia di rilevanza penale elevando il minimo dell’imposta evasa dalla soglia di € 50.000 ad € 150.000 mentre per l’omessa dichiarazione, un verso, il legislatore del 2015 ha operato un innalzamento della soglia di punibilità portata dai previgenti € 30.000 agli attuali 50.000, cui però è corrisposto un inasprimento del trattamento sanzionatorio in quanto la pena risulta ora individuata nei limiti edittali da un anno e sei mesi fino a quattro anni, rispetto alla previgente forbice da uno a tre anni. Le diverse soglie di punibilità mantenute più basse per il delitto di omessa dichiarazione rispetto a quella della dichiarazione infedele, anche dopo la legge numero 148/2011 e le differenti sanzioni detentive visto che il d.lgs. numero 158/2015 punisce adesso il delitto ex articolo 5 d.lgs. numero 74/2000 con una pena più elevata prevista dall’articolo 4 testimoniano come per il legislatore abbia sempre avuto e continuerà ad avere in modo più pregnante una maggiore carica lesiva l’omessa dichiarazione rispetto alla dichiarazione infedele, rispetto al bene giuridico tutelato dalle fattispecie incriminatrici. Ciò presumibilmente perché – come ricorda la Suprema Corte – il reato di dichiarazione infedele non richiede la sussistenza di una dichiarazione fraudolenta, ma la mera indicazione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi fittizi Sez. III, numero 21612/2015 . In altri termini, il delitto previsto dall’articolo 4, d.lgs. numero 74/2000 – il cui incipit è “fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3” – richiede, per potersi configurare, il positivo accertamento che la fattispecie non rivesta gli estremi dei più gravi reati di dichiarazione fraudolenta previsti dalle due norme che lo precedono. Pertanto, per l’integrazione del reato di dichiarazione infedele, non è necessario il conseguimento di un profitto, «essendo sufficiente l’infedeltà dichiarativa, ossia la violazione dell’obbligo di una prospettazione veritiera della situazione reddituale e delle basi imponibili». Per tali regioni sembra difficile che la Consulta possa andare a sindacare la discrezionalità legislativa nelle scelte di politica criminale che non travalichino i confini dell’irragionevolezza.
Tribunale di Catania, sez. III Penale, ordinanza del 15 settembre Giudice Calamita Ordinanza Con decreto di citazione a giudizio del 20.11.2014 M.S. è stato chiamato a rispondere del delitto di cui all'articolo 5 d.lgs 74/00 perché in qualità di titolare dell'omonima ditta individuale, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, ometteva di presentava la dichiara zione annuale relativa all'anno 2010 per un ammontare di imposta evasa pari ad euro 87.428,00. All'udienza del 26.05.2015, costituite le parti, la difesa dell'odierno imputato ha eccepito in via preliminare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 D.lgs 74/00 limitatamente ai fatti com messi sino al 17 settembre 2011 per violazione dall'articolo 3 Cost., sotto il profilo dell'irragionevolezza per l'ingiustifcato trattamento deteriore dalla norma stessa previsto rispet to alla più grave ipotesi della dichiarazione infedele, di cui all'articolo 4 del d.lgs 74/00, nella fonmu lazione anteriore al decreto -legge 13 agosto 2011 numero 138, convertito con legge 14 settembre 2011 numero 148. Ad avviso di questo Giudice non è manifestatamente infondata la questione d'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 d.lgs 74/00, limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, nella parte in cui punisce la condotta di chiunque, al fine di evadere 1e imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato. una delle dichiarazioni animali relative a tali imposte, quando l'imposta evasa è superiore a 77.468,53 € ma inferiore a 103.291 38 €. Invero, prima della modifica introdotta dall'articolo 2, comma 36 vicies semel, lett. F del D.L. 13.08.2011 numero 138, convertito con legge 14 settembre 2011 numero 138 la punibilità della di chiarazione infedele era subordinata al superamento della soglia di punibilità di 103.291,38 €, vale a dire di un importo superiore a quello previsto per la punibilità del delitto di cui all'articolo sopra citato. Dal confronto della normativa testé menzionata ed in particolare delle differenti soglie di punibilità emerge una disparità di trattamento relativamente ai fatti commessi fino al 17 set tembre 2011 tra il soggetto che non presentava alcuna dichiarazione e ometteva di versare l'I.V.A. condotta punibile per un'imposta evasa superiore a 77.468,00 € , da un lato, e il soggetto che commetteva una condotta non meno grave, presentando una dichiarazione infedele e omettendo di versare l'I.V.A. per un importo inferiore a 103.291,38 € importo previsto come soglia di punibilità , dall'altro. Sul punto giova evidenziare che la condotta di cui all'articolo 4 del .Lgs 74/00 appare di gravità maggiore o quanto meno analoga a quella di cui all'articolo 5 del me desimo testo normativo avuto riguardo alla previsione edittale entrambi le fattispecie sono puni te con la pena della reclusione da uno a tre anni e al fatto che entrambe implicano, oltre all'evasione, anche un ostacolo all'accertamento tributario. Peraltro la norma di cui all'articolo 5 del d.lgs 74/00 punisce non solo la condotta di evasione fiscale, ma anche quella fraudolenta dell'omessa indicazione di elementi attivi di reddito e/o dell'indicazione di fittizi elementi nega tivi di reddito al fine di non superare la soglia di punibilità prevista dal Legislatore per rimanere esente da pena. Tale disparità di trattamento si pone in evidente contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 Cost. che impone che condotte di uguale gravità debbono essere punite in modo eguale e che condotte di minore gravità non possono trovare trattamento deteriore rispetto a condotte di maggiore gravità addirittura esenti da pena. Invero, l'attuale assetto normativo vigente in relazione ai fatti commessi in epoca prece dente al 17 settembre 2011, condurrebbe alla seguente paradossale situazione rendere esente da responsabilità il contribuente che anziché omettere di versare l'imposta dovuta, abbia agito con dolo o mala fede presentando una dichiarazione infedele per occultare il debito reale nei confron ti dell'Erario, qualora l'imposta evasa sia addirittura superiore a 77.468,54, ma inferiore a 103.291.38 €. La questione sopra posta, inoltre, assume i connotati della rilevanza rispetto al caso in esame poiché secondo l'ipotesi di accusa il sig. M. avrebbe omesso di presentare la dichia razione annuale relativa all'imposta I.V.A. per l'anno d'imposta 2010 per importo inferiore a 103.291,38 €. Ne segue che se il M., anziché omettere di presentare la dichiarazione annua le, avesse creato una situazione di apparenza falsa mediante dichiarazione infedele, per il mede simo importo di cui al capo d'imputazione, non poteva essere esercitata alcuna azione penale nei suoi confronti, non essendo stata superata la soglia di punibilità di cui all'articolo 4 d.lgs 74/00, nor ma che sanziona una condotta più grave o comunque di gravità analoga rispetto a quella di cui all'articolo 5 del medesimo testo normativo. Ciò posto, ai fini della decisione del presente procedimento appare necessario il vaglio di costituzionalità della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui. conformemente al caso in esame. l'imposta I.V.A non dichiarata non sia superiore al limite previsto dall'articolo 4 del D.Lgs 74/2000 nella formulazione anteriore al decreto-legge 13 agosto 2011, numero 138, convertito con legge 14 settembre 2011 numero 138 relativamente ai fatti commessi successivamente al 17 settembre 2011 . Per le considerazioni sopra esposte si impone la rimessione della questione alla Corte Co stituzionale, con conseguente sospensione del procedimento ed immediata trasmissione degli atti alla stessa Corte Costituzionale. P.Q.M. Visti gli articolo 23 L. 11 marzo 1953 numero 87 e 159 c.p., sospende il procedimento a carico di M. Salvatore come sopra generalizzato ed i termini di prescrizione dei delitti allo stesso contestati dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale a cura della cancelleria ordina la notificazione, a cura della cancelleria, della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché la comunicazione, a cura della cancelleria, della presente ordinan za al Presidente delle due Camere del Parlamento.