Legittima la deroga locale in melius ex post alle distanze tra opere edilizie

In tema di costruzioni e quindi di distanze, è valida la deroga più favorevole al costruttore prevista in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio, anche se approvata dopo l’attività edificatoria e dopo l’inizio del contenzioso processuale.

E’, così, relativamente legittima la sentenza con cui, accertato che trattasi di prescrizioni locali puntuali e non rivolte ad una pluralità eterogenea ed indiscriminata di casi, venga disposta la conservazione dell’opera già ultimata. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 18119, depositata il 26 luglio 2013. Il caso. Un soggetto aveva costruito un garage a distanze inferiori rispetto a quelle previste dal piano regolatore comunale rispetto al confine con altra proprietà e ad i rispettivi fabbricati. Il confinante che, peraltro, aveva ampliato il proprio immobile con costruzioni varie tettoia-porticato, centrale termica e locale-lavanderia , prima dell’entrata in vigore della norma più favorevole, chiedeva la demolizione delle unità immobiliari mentre l’altro replicava sottolineando la preesistenza di una struttura aperta avente medesima volumetria e che si trattasse, comunque, di un garage in deroga alla legge. Ricorreva, quindi, in giudizio l’unico erede del primo confinante . Le distanze tra normativa regionale e legislazione nazionale. In materia vanno richiamati gli artt. 9 e 117 Cost. nonché la l. Tognoli n. 122/1989. Al’uopo è da dire che la legge regionale può legittimamente prevedere, con applicazione in p.r.g., distanze tra fabbricati inferiori rispetto alla normativa statale speciale art. 873 c.c., art. 41-quinquies, l. n. 1150/1942, l. n. 765/1967 e D.M. n. 1444/1968 nei medesimi casi da quest’ultima previsti e, cioè, per gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche art. 9 u.c. ciò, peraltro, anche se soltanto altra norma della medesima legge locale sia stata dichiarata incostituzionale. In altri termini, la norma territoriale posteriore, non applicabile retroattivamente se più restrittiva alla costruzione già iniziata Cass. nn. 7185/1997, 17160/2008 e 20038/2010 , stabilizza il diritto a mantenere l’immobile originariamente illecito a distanza inferiore art. 11 disp. prel. c.c. e quindi non più da demolire e pertanto non generatore di risarcimento civilistico, purchè non si sia formato il giudicato sulla legittimità, o meno, della costruzione Cass. n. 4234/2007 e n. 1047/1998 . Spetta, invece, al vicino il risarcimento del danno cagionato dall’edificio inizialmente irregolare relativamente alle distanze nel periodo intercorso tra l’edificazione e l’entrata in vigore della nuova norma legittimante Cass. n. 5368/1978 . E’ da precisare, inoltre, che nel computo delle distanze bisogna tenere conto anche del porticato aperto, costituito da pilastri allineati al muro di facciata, della costruzione Cass. n. 27418/2005 . Applicabile lo ius superveniens più favorevole al costruttore. In ambito di distanze, sono legittime le deroghe sopraggiunte medio tempore attinenti al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi . Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto da App. Venezia n. 552/2006, vanno demolite le successive opere edilizie di chiusura del porticato aperto, mediante pareti esterne allineate alla facciata, se contra legem Trib. Venezia 26-03-2002 . Sotto il profilo formale, inoltre, non è consentito chiedere, per la prima volta in sede di legittimità, l’applicazione di una diversa procedura semplificata di approvazione di un atto amministrativo in quanto trattasi di accertamento di fatto Cass. nn. 230/2006 e 1435/2013 . Ergo , il ricorso va, in parte, accolto e la sentenza va parzialmente annullata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 marzo - 26 luglio 2013 n. 18119 Presidente Goldoni – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 La causa ha per oggetto le contrapposte domande di demolizione di unità immobiliari costruite in prossimità del confine, rispettivamente dal convenuto odierno resistente Signor M. e dall'attore, B C. , in località omissis Colà l'attore C. è proprietario dei fabbricati siti al foglio 44 mappali 8 e 322 M. del mappale 305. Nel febbraio 1998 C. aveva denunciato la costruzione di un garage in violazione delle distanze di metri cinque dal confine e di m. 10 dai fabbricati imposte dal piano regolatore di omissis . M. si era difeso sostenendo che in precedenza esisteva una struttura aperta, avente volumetria che non era stata modificata, e che comunque era un garage realizzato in deroga alle distanza ex art. 9 della legge Tognoli 122/89. M. inoltre aveva agito, nell'aprile '98, lamentando che il C. aveva ampliato il proprio immobile costruendo una tettoia porticato, una centrale termica e un locale lavanderia in violazione delle distanze. 1.1 Il tribunale di Venezia con sentenza 26 marzo 2002, riunite le cause, accoglieva le domande volte alla demolizione degli immobili, ma respingeva le reciproche pretese risarcitorie. La corte di appello di Venezia, con sentenza 27 marzo 2006, in accoglimento dell'appello principale M. e di quello incidentale C. , rigettava la domanda di demolizione dell'autorimessa insistente sulla proprietà M. e del porticato insistente sulla proprietà C. , ereditata nelle more del giudizio da F C. e da Ol Ma. . F C. , dichiarandosi unico erede anche di Ma.Ol. , ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2 febbraio 2007, affidandosi a cinque motivi. Il M. ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso incidentale con tre censure, illustrate da memoria. Il ricorrente ha deposito controricorso al ricorso incidentale. È stata disposta la riunione dei ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza e aventi numerazione differente. Motivi della decisione 2 Giova premettere all'esame dei motivi che, quanto al fabbricato M. , la corte d'appello per respingere la domanda di abbattimento proposta dal C. , ne ha riconosciuto la legittimità ai sensi della normativa regionale. Ha infatti accolto il motivo di impugnazione con cui l'appellante M. aveva denunciato violazione dell'articolo 23 della legge reg. Veneto n. 61 del 1985, la quale consente distanze tra fabbricati minori di quelle prescritte dal d m 1444/1968 nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di piani urbanistici attuativi planivolumetrici per interventi puntuali disciplinati dal piano regolatore generale . La corte ha ritenuto che la puntualità degli interventi è correlata a prescrizioni dei singoli manufatti certamente analitiche ma compatibili anche con una pluralità di interventi. 3 Il ricorso principale denuncia a questo proposito violazione e falsa applicazione degli artt. 23 L. reg. 61/85, 41/5 legge 1159/42 9 dm 1444/68. Sostiene che gli interventi puntuali del PRG debbono avere contenuto sostanzialmente analogo a quello dei piani urbanistici attuativi, cioè devono consistere in previsioni dirette a disciplinare un'area limitata e specificamente individuata. Pertanto non sarebbe legittima una norma del piano regolatore, come quella dell'articolo 31, che contenga prescrizioni aventi carattere di deroga generalizzata. In subordine ne denuncia la incostituzionalità. Ricorda che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo altra disposizione regionale in materia di distanze, l'articolo 50 comma 8 lett. b della medesima legge numero 11 del 2004 della regione Veneto, perché estendeva la deroga di cui all'articolo 9 del D.M. 1444/68 oltre i casi da essa previsti. La doglianza è infondata. Ai sensi dell'articolo 9 ultimo comma del d.m. 1444/68 sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. Coerentemente l'art. 23 cit. - ratione temporis applicato alla specie - ammetteva una deroga, che era stata applicata in prg con carattere di puntualità, in quanto, come ha ben spiegato la sentenza impugnata, trattavasi di una deroga non di carattere vago, rivolta a una pluralità eterogenea e indiscriminata di casi. La legge regionale 11 del 2004, in cui è stata trasfusa la legge 61/85 ripropone all'art. 17 la stessa possibilità di deroga ammessa dal d.m 1444/67, ribadendo che i limiti sono comunque quelli della legge statale 765/67. Reca infatti al terzo comma 3. Il PI piano degli interventi può, altresì, definire minori distanze rispetto a quelle previste dall'articolo 9 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 20 aprile 1968, n. 1444 Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 a nei casi di gruppi di edifici che formino oggetto di PUA planivolumetrici b nei casi di interventi disciplinati puntualmente. 3.1 Orbene, va in primo luogo precisato che questa deroga non è stata toccata, lo ammette lo stesso ricorso, dalla declaratoria di incostituzionalità che ha riguardato la lett. C dell'art. 50 della legge regionale 11. Tale norma è stata cassata perché contenente deroga che non attiene all'assetto urbanistico complessivo delle zone territoriali in cui la suddetta deroga è consentita . È stata invece espressamente ribadito in quella sede che l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 , avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato. I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi . La disposizione di cui all'art. b dell'art. 50, applicata nella specie, non solo non è stata coinvolta dalla declaratoria di incostituzionalità, ma risulta implicitamente riconosciuta coerente con il sistema, in quanto relativa a una ridefinizione complessiva del territorio, ditalchè non ha pregio l'eccezione di incostituzionalità mossale in ricorso. 3.2 In secondo luogo va chiarito che gli interventi puntuali di cui parla la normativa regionale sono stati correttamente individuati nella specie, giacché non è vero che l'art. 31 del prg contiene prescrizioni rivolte a una pluralità assolutamente eterogenea ed indiscriminata di casi , come vuole il quesito. La Corte d'appello ha infatti motivatamente ritenuto che l'articolo 31 delle N.T.A. del piano regolatore del Comune, pur attagliandosi a varie autorimesse possibili nel territorio, avesse caratteristica di puntualità e che l'autorimessa M. , rispondendo ai requisiti ivi posti, fosse legittima, pur se costruita a m. 4 dalla parete finestrata C. . Ha aggiunto che l'analitica previsione del tipo di un manufatto autorimessa per un fabbricato, anteriore al 1972, con prescrizioni circa i materiali, l'ampiezza e l'altezza valeva a preservare le esigenze di rispetto del decoro edilizio, igiene e salubrità garantite dal D.M. 1444/1968. Inammissibile è il secondo motivo del ricorso C. , che denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 50 L. reg. 61/85. Parte ricorrente sostiene che l'articolo 31 delle NTA del piano regolatore del Comune vada ritenuto illegittimo, in quanto adottato in violazione dell'articolo 50 della legge regionale e che vada quindi disapplicato, perché venne adottata la procedura semplificata di approvazione delle varianti parziali previsto dal comma sesto e settimo dell'articolo 50, che sarebbe applicabile esclusivamente all'ipotesi tassativamente individuate dalla norma, restando escluse le modifiche delle norme tecniche di attuazione relative alle distanze tra fabbricati. In tal modo il ricorso pone una questione nuova, come rilevato in controricorso, che implica un accertamento di fatto, relativo alle procedure di approvazione di un atto amministrativo, che non può essere svolto per la prima volta in sede di legittimità. Si applicano quindi i principi riepilogati da Cass. 230/06 e 1435/13. 4 Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 873 cc, 113 cpc e 11 e 15 disp. legge in generale. Il ricorso critica la sentenza della corte d'appello perché essa ha considerato irrilevante la soppressione dell'articolo 31 NTA. Sostiene che la norma derogatoria applicata era stata approvata nel 2000 e quindi introdotta dopo l'attività edificatoria e dopo l'inizio della causa afferma che la corte d'appello avrebbe potuto applicarla solamente se fosse stata vigente al momento della decisione. Controricorrente M. sostiene invece che una volta intervenuta, come nella specie, una norma più favorevole, la situazione più favorevole si consolida, nel senso di consentire il permanere della costruzione alla distanza minore prevista dalla nuova normativa. Contesta poi il fatto che al momento della decisione assunta dal tribunale marzo 2002 la disposizione di cui all'articolo 31 non fosse vigente, perché la variante più restrittiva sarebbe intervenuta il 19 luglio 2002 e varata definitivamente con pubblicazione sul BUR Veneto del 27 dicembre 2005. Ne desume che le misure di salvaguardia sarebbero state in vigore per soli tre anni, fino al 19 luglio 2005, e che poi sarebbe ripresa la vigenza dell'articolo 31 fino al 29 novembre 2005, data della approvazione definitiva della variante generale. Dunque la decisione della corte d'appello sarebbe stata assunta prima di detta approvazione, perché la causa fu decisa il 18 ottobre 2005. 4.1 La censura è infondata. Irrilevante è che la sentenza d'appello, decisa il 18 ottobre, sia giunta ad esistenza, con il deposito della sentenza, il 26 marzo 2006. A legittimare il mantenimento dell'opera alla distanza inferiore è, secondo il Collegio, superata un' iniziale esitazione valutativa, il fatto che medio tempore sia sopravvenuta una normativa più favorevole per il costruttore. Detta normativa stabilizza il diritto a mantenere l'immobile alla distanza minore. È noto il principio generale secondo il quale se dopo la concessione edilizia sopravvengono nuove norme sulle distanze tra edifici, il costruttore deve conformarsi allo jus superveniens art. 11 disp. prel. cod. civ. , salvo che la costruzione sia già iniziata, perché in tal caso, se la nuova disciplina è più restrittiva della precedente, non può esplicare efficacia retroattiva su situazioni già consolidatesi Cass. 7185/97 17160/08 20038/10 . Va ricordato inoltre che nell'ipotesi di nuove norme meno restrittive, il principio dell'immediata applicabilità dello ius superveniens Cass. 4234/07 trova unico limite nell'eventuale giudicato formatosi nella controversia sulla legittimità o non della costruzione, con la conseguenza che non può disporsi la demolizione degli edifici originariamente illeciti alla stregua delle precedenti norme e che siano consentiti dalla normativa sopravvenuta Cass. 1047/98 . Coerente con questo ordine di idee è ritenere che se subentra una disposizione derogatoria delle distanze in senso favorevole al costruttore, essa consolidi il diritto di quest'ultimo al mantenimento dell'opera qualora la costruzione risulti a quel tempo ultimata, restando irrilevanti le vicende normative successive. 4.2 Se così non fosse, si indurrebbe un innaturale incoraggiamento alla litigiosità. In ipotesi infatti di costruzione eseguita in previsione di norma più favorevole, senza opposizione del vicino, al subentrare della disposizione meno restrittiva il costruttore dovrebbe comunque avviare immediato giudizio per far accertare il proprio diritto a beneficiare di questa norma, onde prevenire nuovi cambiamenti in peius di essa. È invece da credere che il disposto normativo più favorevole ancori il suo consolidamento, come ritenuto in casi per alcuni aspetti apparentabili, all'esistenza della costruzione favorita. 5 Il rigetto del terzo motivo trascina con sé la reiezione del quarto, che lamenta vizi di motivazione della sentenza impugnata circa il risarcimento del danno per la costruzione a distanza illegale eseguita da parte M. , domanda che presuppone l'illegittimità della costruzione contestata, come riconosce lo stesso ricorso a pag. 19. 6 Il rigetto dei primi quattro motivi del ricorso principale comporta anche che restano assorbiti il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale proposto dal M. , relativo a ulteriori motivi di pretesa regolarità dell'opera eseguita da quest'ultimo, di cui resta stabilita la legittimità. 7 Va invece accolto il quinto motivo del ricorso principale, che, anche per l'ipotesi di ritenuta legittimità sopravvenuta della costruzione M. , fa valere il diritto del ricorrente al risarcimento del danno per il periodo intercorso tra la realizzazione del manufatto e la introduzione della deroga di cui all'art. 31. La Corte d'appello ha sommariamente ritenuto infondate le reciproche pretese risarcitorie , ma ha così negletto l'accertamento effettuato dal primo giudice in ordine alla esecuzione dell'opera M. prima dell'entrata in vigore della normativa più favorevole. È per contro da affermare che spetta al vicino il risarcimento del danno cagionato dall'edificio inizialmente irregolare quanto alle distanze legali nel periodo intercorso tra la edificazione e l'entrata in vigore del nuovo disposto normativo legittimante v. Cass. 5368/78 . Il giudice di merito avrebbe dovuto pertanto esaminare l'esistenza e la misura del pregiudizio effettivamente realizzatosi. 8 Fondato è anche il primo motivo del ricorso incidentale M. . Mette conto in proposito ricordare che quanto al fabbricato di rilevanti dimensioni costruito dal C. , che poggia su massicci pilastri, la corte d'appello ha osservato che la distanza minima fissata dal prg di metri 10 non si applica a murature non finestrate, perché l'articolo 42 punto F del regolamento edilizio comunale stabilisce che le distanze tra gli edifici sono costituite dall'intervallo intercorrente tra muri perimetrali di fabbricati ovvero tra pareti di corpi sporgenti chiusi, cosa che non si riscontra nel porticato in oggetto, che è corpo sporgente rispetto all'edificio, ma è privo di pareti di chiusura. Il fabbricato sarebbe quindi legittimo, secondo la Corte territoriale, in riferimento alle distanze previste dall'articolo 873 c.comma perché al momento della costruzione del portico la distanza dai confini era in ogni punto superiore a m 1,5 da 2,62 a 7,19 . Il ricorso incidentale, nel lamentare violazione degli artt. 872 e 873 c.c., nonché dell'art. 14 delle NTA al prg del comune di OMISSIS e violazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968, espone che la costruzione è un vero e proprio corpo di fabbrica per il quale rilevano sia le distanze dal confine che quelle tra le costruzioni. Nega che normativa del regolamento edilizio comunale escluda implicitamente i porticati aperti, come ritenuto dalla corte d'appello. Sostiene che l'articolo 42 del regolamento edilizio detta solo le modalità di calcolo tra le costruzioni, ma non stabilisce le distanze, che sono imposte dall'articolo 14 nta del prg e dalla legge e soprattutto che detto articolo non può sostituire il concetto di costruzione espresso nell'art. 873 c.c 8.1 La censura coglie nel segno. Cass. n. 27418 del 2005 ha precisato che al fine di verificare il rispetto della distanza legale nelle costruzioni, nel caso in cui una di esse sia provvista di porticato aperto, con pilastri allineati al muro di facciata, deve tenersi conto anche del porticato, secondo la regola del vuoto per pieno, con l'effetto che la distanza, al pari del volume e della superficie del fabbricato, resta immutata qualora il porticato venga successivamente chiuso con pareti esterne allineate alla facciata. Ciò comporta che anche nel caso in cui le pareti esterne di collegamento tra i pilastri del porticato non siano realizzate, comunque la fabbrica così costruita, che ha i requisiti di consistenza, solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, integra la nozione di costruzione soggetta alla disciplina sulle distanze. Discende da quanto esposto la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e il rinvio, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Quest'ultima si atterrà ai principi di diritto evidenziati ai paragrafi n. 7 e n. 8.1 P.Q.M. La Corte riuniti i ricorsi, rigetta i primi quattro motivi del ricorso principale accoglie il quinto. Dichiara assorbiti il secondo e terzo motivo del ricorso incidentale accoglie il primo motivo di detto ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.