Non è nullo il trasferimento immotivato, se mutano solo i compiti

Non si configura il trasferimento in senso proprio, ossia con mutamento geografico del luogo della prestazione, se il datore di lavoro, nella veste del Comune, decida, nell’ambito delle mansioni amministrative cui erano addetti i lavoratori, di mutarne i compiti. Lo stesso Comune, nel porre in essere tale modifica, non è chiamato a specificare i motivi della scelta, non comportando tale trasferimento nessuna dequalificazione o illiceità. In questi casi, risulta inapplicabile la disciplina in materia di trasferimento dettata dall’articolo 2103 c.c

E’ stato così affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 13569, depositata il 13 giugno. Il caso. La Corte d’appello di Roma, riformando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda dei lavoratori di declaratoria dell’illegittimità del loro trasferimento dal servizio trasporti urbani dal Comune ad altri servizi. La Corte territoriale ha ritenuto che il Comune, nel deliberare il trasferimento, avrebbe dovuto dar conto dei criteri che aveva seguito nella scelta, mentre di ciò aveva illegittimamente taciuto sia in sede di comunicazione, sia in giudizio. Il Comune ha poi adito la Suprema Corte, chiedendo la cassazione della sentenza impugnata, sostenendo che, trattandosi di mero mutamento dei compiti nell’ambito di mansioni di tipo amministrativo, cui erano addetti gli intimati, non era tenuto a dar conto dei criteri di scelta e né che questi risultassero discriminatori. Non si ha mutamento geografico della prestazione, né dequalificazione delle mansioni. La Cassazione, nel valutare il caso in esame, ha ricordato il proprio intervento in un caso analogo Cass. numero 27443/2011 , affermando che, trattandosi di lavoro privatizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Comune agisce con i poteri del privato datore di lavoro, ai sensi dell’articolo 5 d.lgs. numero 165/2001. E, non trattandosi di un trasferimento in senso proprio con mutamento geografico del luogo della prestazione, essendo i lavoratori rimasti ad operare nei medesimi uffici del Comune, anche a seguito del mutamento, ne deriva l’inapplicabilità della disciplina dettata dall’articolo 2103 c.c. mansioni del lavoratore , che stabilisce la nullità di trasferimento privo di ragioni tecniche organizzative o produttive. Il trasferimento, nel caso di specie, non ha comportato, difatti, nessuna dequalificazione e non è nemmeno stata determinata da motivi illeciti. Per i suddetti motivi, il Collegio accoglie il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di cassazione, sez. VI Civile-L, ordinanza 8 aprile – 12 giugno 2014, numero 13569 Presidente Curzio – Relatore Blasutto Fatto e diritto La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'articolo 380-bis c.p.c., del seguente tenore. Con ricorsi notificali il 4 gennaio 2012, il Comune di Civitavecchia chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza depositata il 24 gennaio 2011, con la quale la Corte d'appello di Roma, riformando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda di C.P. , L.L. e P.A. di declaratoria della illegittimità del loro trasferimento dal servizio trasporti urbani del Comune ad altri servizi dell'ente. La Corte territoriale ha in proposito ritenuto che, nel deliberare il trasferimento ad altri servizi comunali di sette dei 25 addetti al servizio trasporti urbani, tra i quali i tre appellanti, il Comune avrebbe dovuto dar conto dei criteri che aveva seguito nella scelta, mentre di ciò aveva illegittimamente taciuto sia in sede di comunicazione della relativa decisione che successivamente in giudizio. Con due motivi, il Comune sostiene che, trattandosi di mero mutamento di compiti nell'ambito di mansioni di tipo amministrativo cui erano addetti gli intimati, non era tenuto a dar conto dei criteri di scelta né questi sarebbero risultati discriminatori in ogni caso deduce, in via subordinata, che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, in primo grado era stata definitivamente accertata la ragione della scelta, caduta sul personale amministrativo a seguito della limitazione del servizio trasporti urbani alle sole attività tecniche. I lavoratori sono rimasti intimati. Osserva Che il ricorso è manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio Questa Corte ha già deciso questione del tutto analoga con ordinanza Sez. 6 - L, numero 27443 del 2011 Sulla base delle seguenti argomentazioni “Trattandosi di lavoro privatizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Comune ha nel caso in esame agito con i poteri del privato datore di lavoro D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 5, comma 2 . Non appare contestato in giudizio che il fatto oggetto della materia del contendere non costituisca un trasferimento in senso proprio, con mutamento geografico del luogo della prestazione, essendo i resistenti rimasti ad operare nei medesimi uffici del Comune anche a seguito del mutamento. Da ciò deriva l'inapplicabilità della disciplina dettata dall'articolo 2103 c.c. in materia di trasferimento. La relativa decisione, in assenza di una disciplina specifica, avrebbe pertanto potuto essere censurata, come quella di qualunque altro privato datore di lavoro, qualora avesse comportato una dequalificazione, in violazione dell'articolo 2103 c.c. oppure in quanto fosse stata determinata unicamente da un motivo illecito 1345 c.c. e pertanto discriminatoria, ritorsiva etc Gli originari ricorrenti non hanno peraltro dedotto che dal mutamento di posizione sia loro derivato un vulnus alla professionalità acquisita nel corso del rapporto di lavoro e, quanto alla natura discriminatoria della scelta, si sono limitati ad una mera asserzione, ancorata al fatto che il Comune non avrebbe spiegato le ragioni per le quali tra venticinque dipendenti avrebbe mutato settore proprio a quei sette, tra cui gli attuali intimati spiegazione che sarebbe stato certamente opportuno dare, ma che, come già rilevato, non era obbligata. che, ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375 e 380 bis codice procedura civile e dichiarato manifestamente fondato . Il Collegio ha condiviso e fatto proprie le considerazioni svolte nella relazione e ha ritenuto l'insussistenza dei presupposti per un mutamento giurisprudenziale di questa Corte. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.