La denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, può essere fatta anche dagli acquirenti dell'immobile, in base al principio che le disposizioni di cui all'articolo 1669 c.c. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale, sancita per ragioni e finalità di interesse generale.
Con la sentenza numero 12675 del 5 giugno 2014, la Corte di Cassazione, distaccandosi parzialmente da alcune recenti pronunce di legittimità, illustra i profili sostanziali dell’azione di cui all’articolo 1669 c.c., affermandone la proponibilità anche da parte degli acquirenti nei confronti del costruttore – venditore, attesa la natura extracontrattuale dell’azione stessa. Il caso La vicenda prende le mosse dall’azione avviata dagli assegnatari di alcuni appartamenti nei confronti della cooperativa che ha dapprima costruito e poi venduto gli appartamenti in questione. Accolta in primo grado, la domanda viene rigettata in appello sul rilievo per il quale la cooperativa si sarebbe limitata a nominare il direttore dei lavori e che, quindi, ogni azione di responsabilità per vizi degli appartamenti si sarebbe dovuta promuovere nei confronti dell’appaltatore. La Corte ritiene invece di rimettere la causa alla Corte di Appello, in diversa composizione, alla stregua della natura extracontrattuale dell’azione prevista dall’articolo 1669 c.c. e del fatto che, avendo finalità di tutela degli acquirenti, potrebbe essere avviata anche dagli acquirenti stessi nei confronti del costruttore venditore. L’azione ex articolo 1669 c.c. solo se sussiste l’ingerenza del venditore nella progettazione? Secondo un consolidato ma non unanime orientamento della Cassazione, l'azione di responsabilità dell'appaltatore in caso di evidente pericolo di rovina o gravi difetti dell'opera può essere esercitata dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria direzione e controllo, qualora lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera. Detta responsabilità sussiste, nei confronti dell'acquirente, anche nel caso in cui questi ha fatto ricorso all'opera di un terzo mantenendo comunque il potere di direzione e controllo sull'esecuzione dei lavori. Responsabilità dell’appaltatore quale responsabilità extracontrattuale. La sentenza in commento ritiene non pienamente condivisibile l’orientamento poc’anzi riferito, in considerazione della ratio della dell’articolo 1669 c.c. La previsione dell'articolo 1669 c.c., secondo il S.C., infatti, concretizza un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell'articolo 2043 c.c., fermo restando che - trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale - ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione, può farsi luogo all'applicazione dell'articolo 2043 c.c., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall'articolo 1669 c.c., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l'onere di provare tutti gli elementi richiesti dall'articolo 2043 c.c., compresa la colpa del costruttore. L’azione ex articolo 1669 c.c. e la maggiore tutela per i contraenti. Secondo il S.C., la linea ermeneutica espressa dalla sentenza in esame è coerente, in particolare, con la teoria che ha ricondotto l’articolo 1669 c.c. nell’alveo della responsabilità contrattuale, al fine di consentire ai danneggiati da gravi difetti dell’edificio, una tutela non minore ma, anzi, rafforzata, rispetto a quella che sarebbe loro offerta dall’articolo 2043.c. Quali vizi giustificano l’azione ex articolo 1669 c.c.? I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'articolo 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come può verificarsi nell'ipotesi di infiltrazione di acqua ed umidità nelle murature del vano scala, causate dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura. La nozione di difetto di costruzione, peraltro, ricomprende anche alterazioni che non investono parti essenziali dell'immobile, ma quegli elementi secondari od accessori funzionali all'impiego duraturo dell'opera e tali, pertanto, da incidere in modo consapevole sul godimento dell'immobile. Vizi dell’immobile e termine di decadenza. In materia di appalto privato, l'inizio della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione dell'azione di responsabilità ex articolo 1669 c.c., può essere legittimamente spostato in avanti nel tempo solo quando gli accertamenti tecnici si rendano effettivamente necessari per comprendere appieno la gravità dei difetti e stabilire il corretto collegamento causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte una eventuale azione del danneggiato. Non necessariamente, né automaticamente, pertanto, il decorso del termine predetto è postergato all'esito degli approfondimenti tecnici qualora si tratti di problemi immediata percezione, sia nella loro reale entità, che nelle loro possibili cause fin dal primo manifestarsi. Azioni ex articolo 1492 c.c. e ex articolo 1669 c.c. le differenze. La normativa di cui all'articolo 1492 c.c., dettata in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, differisce dalla garanzia dettata dall'articolo 1669 c.c. a garanzia dei gravi difetti di costruzione. A norma dell'articolo 1492, infatti, il compratore può domandare, a sua scelta, la risoluzione del contratto ovvero, la riduzione del prezzo, salvo il diritto al risarcimento del danno ex articolo 1494 c.c. Ne consegue che l'acquirente non dispone, neppure a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, di un'azione di esatto adempimento per ottenere dal venditore l'eliminazione dei vizi della cosa venduta, motivo per cui, in assenza della richiesta di risoluzione del contratto da parte dell'acquirente, il Giudice non può imporre al venditore di eseguire direttamente i lavori i lavori ritenuti necessari per l'eliminazione del vizio.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 febbraio – 5 giugno 2014, numero 12675 Presidente Goldoni – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo È dibattuta la sussistenza di responsabilità ex articolo 1669 c.c. in capo alla cooperativa AIC a r.l., convenuta quale costruttore-venditore dell'edificio, in relazione a difetti riscontrati dagli assegnatari degli appartamenti del Condominio di via dei omissis . La domanda proposta dal condominio nel 1994, contumace parte convenuta, è stata accolta nel 2003 dal tribunale di Roma. In sede di appello la Cooperativa ha sostenuto che la responsabilità dei vizi doveva essere addebitata all'appaltatore società CMB e che essa non aveva assunto questa veste, essendosi limitata a nominare il direttore dei lavori e ad eseguire il collaudo. L'impugnazione è stata accolta dalla Corte capitolina, con sentenza 26 ottobre 2006, sul rilievo che la responsabilità del committente ex articolo 1669 c.c. presuppone poteri direttivi che devono incidere sulla autonomia tecnica e decisionale dell'appaltatore, al punto da rendere quest'ultimo un nudus minister e l'opera riferibile a colui che l'ha successivamente venduta. Il Condominio ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 6 dicembre 2007. La Cooperativa ha resistito con controricorso illustrato da memoria. All'udienza dell'8 ottobre 2013 è stato concesso rinvio per l'acquisizione di delibera condominiale di autorizzazione all'amministratore a stare in giudizio. Parte ricorrente ha provveduto all'incombente. Motivi della decisione 2 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'articolo 1669 c.c., chiedendo che sia affermata la responsabilità della parte venditrice per difetti dell'opera, anche quando venditore-costruttore sia una società cooperativa che abbia appaltato i lavori ad un'impresa, nei confronti degli assegnatari. 2.1 Preliminare alla decisione sull'ambito soggettivo di responsabilità ex articolo 1669 c.c. è stabilire se le disposizioni relative alla responsabilità del venditore-costruttore si applichino allorquando tale veste sia ricoperta da una società cooperativa. Nel caso di specie tale possibilità è stata negata da parte della società convenuta e non esplicitamente definita dal giudice di appello, sebbene debba credersi che la soluzione adottata implicasse necessariamente la soluzione positiva. Questo profilo, che rileva per la rilevanza e decisività del motivo, va quindi espressamente affrontato, come sollecita il ricorso. La Corte reputa sufficiente richiamare quanto altre volte affermato. Non v'è infatti motivo per discostarsi dal seguente insegnamento “Ai fini dell'applicazione del regime di responsabilità previsto dall'articolo 1669 cod. civ. riveste la qualità di costruttore-venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi in tal caso un trasferimento della proprietà a titolo oneroso nonostante l'equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l'assenza di profitto della cooperativa”. Cass. 16202/07 . 3 In disparte la questione, testé risolta, della configurabilità di responsabilità ex articolo 1669 in capo alla Cooperativa che abbia assegnato gli immobili ai soci, il ricorso sostiene che la responsabilità dell'appaltatore debba essere estesa al soggetto proprietario che sia ritenuto costruttore. Ciò si verificherebbe allorquando il committente, pur avendo appaltato a terzi l'esecuzione dell'opera, abbia conservato il potere di impartire direttive ovvero il potere di sorveglianza sullo svolgimento dell'altrui attività, di guisa che l'opera, come precisa il quesito di diritto, sia a lui riferibile. La censura principale è fondata. Di recente questa sezione cfr Cass. 467/2014 632/14 ha avuto modo di ripensare la materia in esame e ha osservato quanto si riporta “ nel frastagliato quadro giurisprudenziale in materia si rinvengono sentenze che hanno ripetuto che il committente risponde ex articolo 1669 c.c. qualora abbia provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l'esecuzione dell'opera, si da rendere l'appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini cfr Cass., 1^ sezione, 13158/02 . Il Collegio respinge questa nozione e ritiene preferibile l’orientamento contrario. Esso muove dalla premessa felicemente sintetizzata da Cass. 2^ sez., 4622/02, v. anche Cass. 8109/97 che La denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e suoi aventi causa, può essere fatta anche dagli acquirenti dell'immobile, in base al principio che le disposizioni di cui all'articolo 1669 cod. civ. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale, sancita per ragioni e finalità di interesse generale, con la conseguenza che la relativa azione, nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, è data non solo al committente e suoi aventi causa nei confronti dell'appaltatore, ma anche all'acquirente nei confronti del costruttore venditore. Perviene poi all'affermazione che il venditore può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell'opera non soltanto quando i lavori siano eseguiti in economia, ma anche nell'ipotesi in cui la realizzazione dell'opera è affidata a un terzo al quale non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale, in quanto il venditore abbia mantenuto il potere di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell'altrui attività, sicché anche in tali casi la costruzione dell'opera è a lui riferibile Cass. 567/05 2238/12 . Giunge infine a sancire condivisibilmente che l'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'articolo 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore dell'opera”. 3.1 Le sentenze del 2014 dianzi citate hanno aggiunto che “Questa linea ermeneutica è coerente con la teoria che ha ricondotto l'articolo 1669 c.c. nell'alveo della responsabilità extracontrattuale, al fine di consentire ai danneggiati da gravi difetti rovina dell'edificio, una tutela non minore, ma anzi, come vuole il legislatore, rafforzata rispetto a quella che sarebbe loro offerta dall'articolo 2043 c.c Se così non fosse, i danneggiati si troverebbero paradossalmente preclusa la strada risarcitoria generica proprio da una norma che è stata invece dettata per ampliare gli spazi di tutela”. Quest'ultima affermazione è stata ribadita, ancor più recentemente, dalle Sezioni Unite, SU 2284/14 , le quali hanno precisato che la previsione dell'articolo 1669 cod. civ. concreta un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell'articolo 2043 cod. civ., fermo restando che - trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale - ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera può farsi luogo all'applicazione dell'articolo 2043 cod. civ., senza che, tuttavia, in questo secondo caso operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall'articolo 1669 cod. civ., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l'onere di provare tutti gli elementi richiesti dall'articolo 2043 cod. civ., compresa la colpa del costruttore. 3.2 In coerenza e a precisazione di quanto stabilito da Cass. 632/14 va ora ulteriormente chiarito un ulteriore passaggio ordinatore, volto ad ampliare i margini di applicabilità della tutela ex articolo 1669 c.c È convinzione della Corte che la responsabilità sancita da detta norma sia applicabile al committente-venditore che abbia avuto una qualche ingerenza, sorveglianza o influenza nella realizzazione dell'opera, come può avvenire, esemplificativamente, quando egli nomini il direttore dei lavori o designi il progettista dalla cui negligenza dipenda, sia pure in concorso con l'appaltatore, il vizio lamentato. È ovvio che l'aver impartito direttive specifiche per l'esecuzione di una parte dell'opera, poi risultata viziata, la renda per questa parte riferibile al committente. Tuttavia va anche considerato che proprio questa attività di interferenza o di controllo, così come quella di progettazione, documentano in generale il coinvolgimento del venditore committente e la sua corresponsabilità, salvo che, in ipotesi limite, sia dimostrata la incolpevole estraneità. Che la sottrazione alla corresponsabilità sia limitata a rari casi, si desume anche dalla considerazione che non può negarsi che il controllo esercitato dal committente tramite il direttore dei lavori sia tale da ricondurre, di regola, anche a omissioni di quest'ultimo per mancati controlli, trascuratezze, etc. il verificarsi di danni, rovina o malfunzionamenti derivati dall'esecuzione dell'opera affidata all'appaltatore. Il committente in tutte queste ipotesi risponde quindi verso il terzo acquirente della rovina o dei gravi difetti che sono in qualche modo anche a lui riferibili. 3.3 Discende da questi principi l'accoglimento del primo motivo di ricorso e la cassazione con rinvio della sentenza. Il nuovo giudice di merito dovrà riesaminare il gravame interoposto accolto in applicazione di principi errati - attenendosi a quanto chiarito sub 3.2. 4 Va accolto anche il secondo motivo di ricorso, che contesta la condanna del Condominio al pagamento delle spese del primo grado di giudizio, ex articolo 91 c.p.c., pronunciata sebbene la Cooperativa fosse rimasta contumace nel giudizio svoltosi davanti al tribunale. Correttamente la parte vincitrice in appello non ha preteso il pagamento dei relativi importi e da atto in controricorso di avervi rinunciato, ma parte ricorrente mantiene interesse alla pronuncia, non constando un espresso atto di rinuncia sottoscritto personalmente dal creditore. Né rileva, in modo tale da sopprimere l'interesse a ricorrere, il fatto che nel giudizio di appello il difensore, che ha comunicato di non volersi avvalere della pronuncia di condanna, fosse munito di mandato a transigere o incassare somme, posto che la controversia si è conclusa con sentenza. La pronuncia sul punto va quindi cassata senza rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, quanto al primo motivo, rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.