L’Agenzia delle Entrate non può sindacare i rapporti commerciali tra controllante e controllata

Il contratto di somministrazione stipulato tra controllante e controllata consente al gruppo nell’ambito del quale esse operano di accentrare in capo ad un unico soggetto la controllante l’intera funzione logistica di gestione dei depositi e, così assestando i rapporti commerciali interni, garantisce economie di scala nella organizzazione della rete di vendita a livello nazionale.

Il caso. Due società di capitali stipulano un contratto di somministrazione al fine di mettere in comune funzioni operative di carattere generale nell’ambito di un gruppo operante nel settore della grande distribuzione nello specifico, la società controllata accetta di acquistare le merci ed utilizzare i connessi servizi logistici forniti dalla capogruppo a fronte del pagamento di controprestazioni in denaro. L’Amministrazione finanziaria emette un avviso di accertamento nei confronti della società controllata, negando l’inerenza dei costi relativi a tale contratto. In sede giurisdizionale, le doglianze della società controllata vendono accolte dai giudici di merito. Secondo la Commissione Tributaria Regionale la società contribuente ha dimostrato «l’esistenza dei servizi a fronte dei quali erano stati effettuati gli addebiti controversi, l’inerenza, la necessarietà dei servizi stessi, l’oggettività e la congruità dei relativi costi, l’effettiva utilità ed il reale vantaggio ottenuto». Il Giudice del gravame evidenzia altresì che la simmetria tra gli oneri dedotti dalla società controllata ed i proventi che hanno concorso alla formazione del reddito imponibile della capogruppo garantisce che la materia imponibile non sia sottratta a tassazione nell’ambito del gruppo. Nella sentenza numero 10319/2015, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e la condanna al pagamento delle spese di giudizio. L’interpretazione del contratto di somministrazione tra controllata e capogruppo. In via preliminare, il Collegio ritiene che il contratto di somministrazione sia stato correttamente interpretato nella sentenza impugnata. La «comune intenzione delle parti» ex articolo 1362 c.c. è stata individuata nella volontà di controllata e controllante di mettere in comune alcuni servizi di carattere generale e di utilizzare le strutture già esistenti della seconda società. Quanto alla «interpretazione complessiva delle clausole» ex articolo 1363 c.c., la Quinta Sezione valorizza l’interesse della controllata alla regolarità e alla convenienza economica nella fornitura delle merci. Non è sindacabile l’assetto organizzativo ed economico scelto dal contribuente. Nel ricorso per cassazione, l’Amministrazione finanziaria denuncia la violazione dell’articolo 109, comma 5, Tuir, a mente del quale «le spese e gli altri componenti negativi [] sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi» secondo tale prospettazione difensiva, la dimostrazione dell’inerenza dei costi sostenuti dalla società contribuente in esecuzione del contratto di somministrazione stipulato con la società controllante non potrebbe essere fondata sul mero riscontro che tali oneri deducibili abbiano effettivamente origine dal contratto de quo, ma richiederebbe «una verifica oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa la opportunità sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all’epoca della stipula del contratto di tali costi rispetto all’oggetto dell’attività». La Corte di Cassazione ritiene che questo motivo sia infondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, affinché un costo sostenuto dall’imprenditore sia fiscalmente deducibile dal reddito d’impresa non è necessario che esso sia stato sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all’impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere una attività potenzialmente idonea a produrre utili. Il principio di inerenza – in forza del quale i costi occorsi che si intendono dedurre devono essere riferibili ai proventi imponibili – non richiede con questi ultimi «la connessione comprovata per ogni “molecola” di costo, quale partita negativa della produzione», ma «la semplice concettualità di contrapposizione economica teorica cioè, la cosiddetta “latenza” probabile degli stessi , avuto riguardo alla tipologia organizzativa del soggetto, che genera quindi partite passive deducibili se i costi riguardano l’area o il comparto di attività destinati, anche in futuro, a produrre partite di reddito imponibile» l’inerenza è «una relazione tra due concetti – la spesa e l’impresa – che implica un accostamento concettuale tra due circostanze per cui il costo assume rilevanza ai fini della quantificazione della base imponibile, non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito bensì in virtù della sua correlazione con una attività “potenzialmente” idonea a produrre utili» excerpta da Cass., sez. trib., 30 luglio 2007, numero 16826/2007, in Rass. trib., 2007, 1789 ss., con nota di G. ZIZZO, Inerenza ai ricavi o all’attività? Nuovi spunti su una vecchia questione . Nozione di inerenza. Fin dagli anni Ottanta la stessa Amministrazione finanziaria ha riconosciuto che l’inerenza deve essere riferita non ai ricavi ma all’attività oggetto dell’impresa cfr. circolare 7 luglio 1983, numero 30/9/944 risoluzione numero 158/E del 28 ottobre 1998 . La nozione di inerenza è infatti «pre-giuridica, di origine economica, legata all’idea del reddito come entità necessariamente calcolata al netto dei costi sostenuti per la sua produzione» inerente è «tutto ciò che – sul piano dei costi e delle spese – appartiene alla sfera dell’impresa, in quanto sostenuto nell’intento di fornire a quest’ultima un’utilità, anche in modo indiretto» Cass., sez. trib., numero 6548/2012, in Riv. dir. trib., 2012, II, 402 ss., con nota di M. BEGHIN, Note critiche a proposito dell’asserita, doppia declinazione della regola dell’inerenza «inerenza intrinseca» versus «inerenza estrinseca» . Sul piano fiscale, l’inerenza di un costo si traduce in un risparmio di imposta, giacché esso viene ad abbattere il reddito imponibile in misura corrispondente all’entità del costo deducibile. In sede di accertamento, è compito dell’Amministrazione finanziaria indicare gli elementi rivelatori dell’esistenza di un maggior reddito imponibile in tale attività l’ufficio procedente può valutare la congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e rettificarne gli importi anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell’esercizio d’impresa in tale attività, l’ufficio procedente può disconoscere l’inerenza dei componenti negativi del reddito, negando la deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa Cass., sez. trib., numero 8072/2010, in CED Cass., Rv. 612615 Cass., sez. VI civ. – T, numero 9036/2013, ibidem, Rv. 626305 . Non è sindacabile l’assetto del gruppo che garantisca economie di scala. Con specifico riferimento all’imputazione dei costi tra società capogruppo e società controllate, la Suprema Corte ha ritenuto superata l’accezione tradizionale dell’inerenza strettamente ancorata al concetto di riferibilità ai beni e servizi produttivi di ricavi, individuando nella generica afferenza oggettiva all’attività “istituzionale” del soggetto d’imposta un concetto onnicomprensivo di operatività di funzioni indicate nell’oggetto sociale in vista delle quali la società è stata costituita cfr. sentenze nnumero 10062/2000 e 6194/2007 . Nel caso di specie, la Corte di Cassazione riconosce che il contratto di somministrazione stipulato tra controllante e controllata consente al gruppo nell’ambito del quale esse operano di accentrare in capo ad un unico soggetto la controllante l’intera funzione logistica di gestione dei depositi e, così assestando i rapporti commerciali interni, garantisce economie di scala nella organizzazione della rete di vendita a livello nazionale.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 16 maggio 2014 – 20 maggio 2015, numero 10319 Presidente Virgilio – Relatore Greco Svolgimento del processo L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, rigettandone l'appello, ha confermato l'annullamento dell'avviso di accertamento, ai fini dell'IVA, dell'IRPEG e dell'IRAP per l'anno 1999, con il quale - per quanto ancora rileva - era stata negata alla spa S. ora spa S. la deducibilità di costi relativi al contratto di somministrazione in atto fra la spa R. - controllante, e la società contribuente, controllata, perché considerati inerenti all'attività della prima, e quindi estranei all'attività aziendale ed al contesto della S. ad eccezione dei costi inerenti al trasporto, per i quali, tuttavia non risultavano fomiti i dettagli. Il giudice d'appello ha anzitutto premesso che R. e la S. appartenenti al medesimo gruppo, avevano messo in comune una serie di funzioni operative e di servizi di carattere generale, utilizzando a tal fine le strutture esistenti presso R., sottoscrivendo il 9 novembre 1998 un contratto di somministrazione, in forza del quale questa si obbligava ad eseguire prestazioni periodiche e continuative di servizi nei confronti della S. in cambio di un prezzo quest'ultima si assicurava così la facoltà di accedere all'assortimento di prodotti messo a disposizione da R., compresa la fornitura costante, continuativa e periodica di merci e di servizi logistici relativi alle merci, con garanzia delle prestazioni, la convenienza e la stabilità dei prezzi di fornitura delle merci. È evidente - si legge nella sentenza impugnata - che la contribuente, pur disponendo di suoi magazzini, abbia la convenienza ad appoggiarsi anche ai magazzini centralizzati di cui R. si accollava l'onere della gestione logistica . In ordine alla non inerenza dei costi , perché estranei al contesto aziendale della S. questa aveva dimostrato l'esistenza dei servizi a fronte dei quali erano stati effettuati gli addebiti controversi, l'inerenza, la necessarietà dei servizi stessi, l'oggettività e la congruità dei relativi costi, l'effettiva utilità ed il reale vantaggio ottenuto . In ordine al contratto di somministrazione, alla non inerenza dei costi ed alla non conoscenza del loro ammontare, la Commissione regionale ha osservato che gli stessi importi che per la s costituiscono oneri deducibili, stante l'effettività e l'inerenza alla produzione dei redditi, per R. rappresentano proventi che hanno concorso alla formazione del reddito imponibile, e che di conseguenza nessuna imposta risulta evasa, elusa o risparmiata. La spa 3 resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria. Motivi della. decisione Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione degli articolo 1362 e 1363 cod. civ., in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., l'amministrazione ricorrente assume che, in presenza di un contratto che le stesse parti qualificano espressamente corre di somministrazione, non sarebbe consentito al giudice di ritenere che esso stabilisca obblighi della parte alienante di prestare servizi e, quindi, obblighi della parte acquirente di versare il corrispettivo, definito prezzo , per attività quali l'assicurazione dei depositi di proprietà della parte alienante e delle merci ivi collocate gli ammortamenti tecnici e immobiliari relativi a detti depositi o i canoni di quelli assunti in locazione dall'alienante il costo del lavoro di alcune persone addette a tali depositi capo deposito, carrellista, personale amministrativo il costo per la vigilanza, la pulizia la manutenzione dei depositi medesimi e dei nastri ivi utilizzati i noleggi, i viaggi, i soggiorni ed il costo di trasporto e movimento merci, senza che alcuna clausola contrattuale lo preveda e in presenza della sola previsione secondo la quale spetti al somministrante un compenso, determinato sulla base dei costi effettivamente sostenuti, per l'attività di ricevimento, stoccaggio e per il trasporto dei prodotti in colli agli esercizi gestiti direttamente dalla somministrata. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di insufficiente motivazione per non avere il giudice d'appello indicato le fonti da cui avrebbe tratto gli elementi di giudizio che hanno consentito ad esso di ritenere che l'intento pratico del contratto fosse quello di stabilire che dovessero far carico alla somministrataria una serie di costi, e nell'avere omesso di esaminare il dato contrattuale dal quale sarebbe emerso inequivocabilmente che i detti costi non dovessero far carico alla contribuente, somministrata. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell'articolo 75, quinto comma ora 109, camma 5 , del d.P.R. numero 917 del 1986, sostenendo che la norma dovrebbe essere interpretata nel senso di imporre al giudice, chiamato a pronunciarsi sulla inerenza di costi dedotti da una società in esecuzione di un contratto stipulato con la controllante, una verifica oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa la opportunità sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all'epoca della stipula del contratto di tali costi rispetto all'oggetto dell'attività, non potendo egli limitarsi a riscontrare che i costi abbiano effettivamente origine nel contratto . I motivi di ricorso, che in quanto parzialmente legati vanno esaminati congiuntamente, sono infondati. II giudice d'appello va anzitutto assolto dall'addebito di aver violato o falsamente applicato, con riguardo al contratto del novembre 1998 che regolava i rapporti fra R. e la spa S. i canoni ermeneutici fissati dagli articolo 1362 e 1363 cod. civ. per aver ritenuto, secondo la prospettazione della ricorrente, che nella attività - svolta dalla prima contro compenso, determinato sulla base dei costi effettivamente sostenuti , corrisposto dalla seconda - di ricevimento, stoccaggio e trasporto dei prodotti in colli agli esercizi gestiti direttamente dalla somministrataria di cui al punto 9 del contratto non fossero comprese le prestazioni, e più in generale i costi, analiticamente indicati nel motivo e trascritti sopra , afferenti alla gestione in senso ampio dei prodotti acquistati da R. per la S., sino alla loro consegna ai punti vendita di quest'ultima. La ricostruzione del rapporto operata nella sentenza, infatti, per un verso coglie la comune intenzione delle parti articolo 1362, cod. civ. , manifestata nel contratto denominato di somministrazione , della capogruppo R. da una parte, e dalla S. srl poi S. nonché dalle altre società del gruppo , dall'altra, intenzione costituita dal mettere in comune una serie di funzioni operative e di servizi di carattere generale e di utilizzare a questo fine le strutture esistenti presso R. , la quale era obbligata ad eseguire prestazioni periodiche e continuative di servizi nei confronti della s in cambio di un prezzo . Per altro verso, le clausole dell'accordo sono interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendosi a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto articolo 1363 cod. civ. è evidente - osserva in giudice d'appello - che la ricorrente, pur disponendo di suoi magazzini, abbia la convenienza ad appoggiarsi anche ai magazzini centralizzati di cui R. si accollava l'onere della gestione logistica . In forza del contratto, la S. si assicurava così - rileva ancora la Commissione regionale - la facoltà di accedere all'assortimento di prodotti messo a disposizione da R. compresa la fornitura costante continuativa e periodica di merci e di servizi logistici relativi alle merci, con garanzia di regolarità delle prestazioni, la convenienza e la stabilità dei prezzi di fornitura delle merci stesse . Il Collegio, una volta ricordato di passaggio che quando l'attività di fare è strumentale rispetto alla prestazione di cose, come avviene nella specie, si resta nell'ambito della somministrazione, mentre se è prevalente il lavoro prestato, si ha appalto Cass. numero 12546 del 2003 , ritiene che il giudice d'appello ha correttamente inteso che i servizi logistici relativi alle merci fossero appunto quelli, e tutti quelli, funzionali alla fornitura costante continuativa e periodica delle merci destinate alla R. , dall'acquisto alla consegna ad opera de R. Le ragioni della scelta delle parti, dichiarate in apertura del contratto integralmente riprodotto nel ricorso dell'amministrazione , risiedono d'altronde nel carattere dei soggetti componenti il gruppo di società e nel conseguente assetto dato ai relativi rapporti commerciali. La società madre, che dispone di vasta e completa conoscenza della distribuzione nazionale e che per sfruttare il potenziale del mercato opera con differenti tipologie sotto appositi e diversi marchi e segni distintivi propri, fra cui il marchio S. dispone, in virtù della diffusione nazionale della propria rete di vendita, di servizi centralizzati per un ordinato e tempestivo rifornimento delle merci in assortimento e per la loro rotazione., e di centri di distribuzione delle merci, dotati di propria organizzazione ed utilizzati per il ricevimento, lo stoccaggio ed il trasporto dei prodotti fino agli esercizi commerciali gestiti direttamente dagli affiliati così le premesse nel contratto . Con particolare riguardo al terzo motivo, è appena il caso di ricordare che in tema di imposte sui redditi, affinché un costo sostenuto dall'imprenditore sia fiscalmente deducibile dal reddito d' impresa non è necessario che esso sia stato sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all'impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere una attività potenzialmente idonea a produrre utili Cass. numero 16826 del 2007 , e che il concetto di inerenza è, invero, nozione di origine economica, legata all'idea del reddito cane entità calcolata al netto dei costi sostenuti per la sua produzione, che, nel campo fiscale, si traduce in un risparmio di imposta e in relazione alla cui sussistenza, ove si abbia riguardo a spese intrinsecamente necessarie alla produzione del reddito dell’impresa, non incombe alcun onere della prova in capo al contribuente Cass. numero 6548 del 2012 . Ciò posto, se rientra nei poteri dell'Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell'esercizio d'impresa, con negazione della deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all’oggetto dell'impresa tra le altre, Cass. numero 8072 del 2010, numero 9036 del 2013 , un siffatto sindacato non sembra possa spingersi, come postulato dall'amministrazione ricorrente, sino alla verifica oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa la opportunità sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all'epoca della stipula del contratto di tali costi rispetto all'oggetto dell'attività . E tanto perché il controllo attingerebbe altrimenti a valutazioni di strategia commerciale riservate all'imprenditore. Nella specie ciò comporterebbe infatti un sindacato in ordine all'assetto organizzativo ed economico inverato, con il contratto più volte menzionato, dalla contribuente, società figlia nell'ambito del gruppo, assetto dato - per utilizzare la definizione offerta in una difesa della stessa S. dall'accentramento ne R. della intera funzione logistica di gestione dei depositi in varie aree del Paese, nel perseguimento di intuibili economie di scala . In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in euro 40.000 per compensi di avvocato oltre a spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.