Infiltrazioni, sbalzo termico e condensa: l’appaltatore è responsabile

Le infiltrazioni d’acqua da infissi, il non corretto isolamento della facciata esterna e la conseguente condensa sono vizi astrattamente idonei ad individuare la non corretta realizzazione dell'opera nonché l'apprezzabile menomazione del godimento dell'opera che, per sua natura, è destinata ad un utilizzo protratto e duraturo nel tempo.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14650 dell’11 giugno 2013. Il caso . Un condominio conveniva in giudizio la società che aveva costruito l'intero stabile affinché fosse condannata ad eliminare i difetti dell'immobile da cui scaturiva condensa ed infiltrazioni d'acqua o a pagare le somme necessarie per le riparazioni nonché risarcire i danni scaturenti dai predetti difetti. La società costruttrice si difendeva osservando che parte attrice aveva qualificato la domanda ex art. 1667 c.c. difformità e vizi dell'opera pertanto, chiedeva fosse dichiarato spirato il termine per eccepire i vizi dell'opera con conseguente decadenza del condominio e improponibilità dell'azione. Il Tribunale, riqualificata l'azione ex art. 1669 c.c., condannava la società costruttrice al pagamento di una somma di denaro. La Corte d'Appello, riformando integralmente la decisione di primo grado, affermava che dagli atti processuali i difetti eccepiti non erano sussumibili nella fattispecie astratta di cui all'art. 1669 c.c., pertanto, ritenuto applicabile l'art. 1667 c.c. dichiarava parte attrice decaduta dal diritto di proporre la relativa azione. Il condominio proponeva ricorso per cassazione. La garanzia per difformità e vizi dell'opera. L’art. 1667 c.c. si riferisce ad opere ultimate che non corrispondono alle caratteristiche del progetto, che sono state realizzate senza l'osservanza delle regole della tecnica o che presentano un vizio meramente estetico. Tali difformità-vizi rappresentano fattispecie diversa dai vizi da cui scaturisce o può scaturire la rovina parziale o totale dell'edifico. Responsabilità per rovina degli edifici. L'art. 1669 c.c. disciplina la responsabilità dell'appaltatore per il solo pericolo potenziale nonché per la effettiva parziale o totale rovina dell'edificio che derivi da difetto del suolo o della costruzione. Nel caso di specie, la corte territoriale aveva affermato che i vizi infiltrazioni, isolamento dall'esterno non ottimale e condensa non erano compatibili con la fattispecie astratta di cui all'art. 1669 c.c. che, a parere dello stesso giudice, richiedeva vizi di particolare intensità, tali da determinare l'inidoneità del bene all'uso proprio. La S.C. non ha condiviso detta interpretazione, precisando anche la portata della norma richiamata. In particolare, la cassazione ha chiarito che la fattispecie in commento non presuppone necessariamente vizi di particolari gravità, attinenti la stabilità e/o elementi essenziali dell'edificio ma comprende anche vizi delle parti accessorie dello stabile che producono effetti tali da non consentire l'uso duraturo del cespite e comunque tali da ridurne in modo considerevole l'uso normale. Infiltrazioni, sbalzo termico e condensa. Queste, se interessano parti accessorie dello stabile quali infissi di pertinenza di privati condomini e parti comuni, possono originare la responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c. In particolare, nel caso di specie, nella fase di merito sono stati individuati i seguenti vizi condensa generata da sbalzi termici dovuti a non corretta coibentazione di parti della facciata esterna, infiltrazioni di acqua da infissi privati e strutture cementizie. Tali difformità, ha chiarito la S.C., fermandosi a quelle che sono le risultanze probatorie emerse nel giudizio di merito, possono essere astrattamente idonee a configurare la responsabilità ex art. 1669 c.c. che ricorre ogni volta in cui i vizi contestati determinino una consistente riduzione dell'utilità dell'immobile che per sua natura deve consentire un uso duraturo. In conclusione, la S.C., accogliendo il ricorso ha rinviato la causa ad altra sezione di Corte d'Appello affinché decida applicando i principi testé affermati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 febbraio - 11 giugno 2013, n. 14650 Presidente Felicetti – Relatore Manna Svolgimento del processo Il condominio omissis , posto in omissis , conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, il Consorzio Nova Edilizia soc. coop. a r.l., costruttore dell'edificio condominiale, per sentirlo condannare all'eliminazione di difetti dell'opera, consistenti in effetti di condensa e in infiltrazioni di umidità, ovvero al pagamento della somma necessaria allo scopo, oltre al risarcimento dei danni. Il Consorzio Nova Edilizia nel resistere in giudizio eccepiva la decadenza del condominio dall'azione, essendo decorso il termine entro cui denunciare i vizi dell'opera ai sensi dell'art. 1667 c.c. Il Tribunale accoglieva la domanda, riqualificandola ai sensi dell'art. 1669 c.c., e condannava il Consorzio al pagamento della somma di Euro 71.287,90. Tale decisione era ribaltata dalla Corte d'appello di Napoli, con sentenza n. 225 del 26.1.2006. Riteneva la Corte territoriale che l'azione proposta ai sensi dell'art. 1667 c.c. poteva essere riqualificata sub art. 1669 c.c. solo ove fondata su difetti costruttivi così gravi da incidere sulle componenti essenziali dell'opera, tali, cioè, da influire su tutti quegli elementi che devono essere presenti affinché l'opera stessa possa fornire la normale sua utilità in rapporto alla sua funzione pratico-economica. Nello specifico, osservava la Corte partenopea, erano emerse infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, a causa di una non perfetta loro sigillatura, con distacco dell'intonaco circostante, nonché, ma solo in taluni appartamenti, fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, che lasciava passare più o meno calore a seconda che vi fosse del cemento o del semplice laterizio, con la conseguente formazione di vistose macchie di umidità lungo le pareti degli appartamenti e in corrispondenza degli elementi strutturali verticali pilastri e orizzontali travi in cemento armato. Riteneva, quindi, che tali fenomeni di condensa non fossero, però, riconducibili solo ed esclusivamente ad un inadeguato isolamento termico, dovendosi ricollegare anche all'uso improprio degli alloggi, visto che il problema in questione non si era verificato con pari intensità in tutte le unità abitative aventi la medesima esposizione e verticalità. Tale circostanza escludeva la configurabilità di un grave difetto dell'edificio ai sensi dell'art. 1669 c.c., configurabile solo nel caso di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, nel determinare l'inidoneità del bene all'uso suo proprio, in modo da escludere con assoluta certezza l'ipotesi che tale inidoneità non si sarebbe verificata in mancanza di cause concorrenti, quali l'uso non corretto del bene. La Corte territoriale manifestava analoghe perplessità in merito alle infiltrazioni in corrispondenza degli infissi, poiché una banalissima applicazione di silicone sui controtelai ben avrebbe potuto impedire il distacco dell'intonaco circostante. Esclusa, dunque, la riconducibilità della fattispecie alla previsione dell'art. 1669 c.c., rilevava la tardiva denuncia dei vizi, oltre il termine di 60 gg. previsto dall'art. 1667, comma 2 c.c., e con essa la fondatezza dell'eccezione di decadenza dall'azione, sollevata dal Consorzio. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il condominio omissis , formulando tre mezzi d'annullamento. Il Consorzio Nova Edilizia soc coop. a r.l. è rimasto intimato. Motivi della decisione 1. - Con i tre motivi d'impugnazione corredati da quesiti di diritto sovrabbondanti, non applicandosi ratione temporis l'art. 366 bis c.p.c. è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1669 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c Sostiene parte ricorrente che il difetto di costruzione che a norma dell'art. 1669 c.c. legittima l'esercizio dell'azione extracontrattuale nei confronti dell'appaltatore, può consistere in qualsiasi alterazione conseguente ad un'insufficiente realizzazione dell'opera che, pur non riguardando parti essenziali di essa, ma elementi accessori o secondari, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile. Fra tali alterazioni devono ritenersi incluse quelle che riguardano le infiltrazioni di acqua e di umidità, i fenomeni di condensa e il difetto di coibentazione termica delle strutture perimetrali dell'edificio e la non sigillatura degli infissi. 2. - I tre motivi, da esaminare congiuntamente, appaiono fondati. 2.1. - Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione incidente sulla struttura e sulla funzionalità dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile cfr. tra le più recenti, Cass. nn. 84/13, 2238/12 e 3752/07 . L'incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell'art. 1669 c.c. può consistere, in particolare, in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e perciò non determinandone la rovina od il pericolo di rovina , bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l'impianto di riscaldamento, la canna fumaria , incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo così, Cass. n. 11740/03, pronunciata in un caso di difettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell'edificio con relativi problemi di infiltrazione . Infine, l'interpretazione di detta norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d'acqua determinate da carenze d'impermeabilizzazione Cass. nn. 11740/03, 117/00 e 2260/98 e da inidonea realizzazione degli infissi Cass. nn. 8140/04 e 1164/95 , difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o con opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti così, Cass. n. 1164/95 . 2.2. - Nell'escludere la rilevanza ex art. 1669 c.c. dei difetti in questione, la sentenza impugnata non ha correttamente applicato la norma. E ciò per almeno tre ragioni. La Corte territoriale, infatti, a ha ritenuto che la fattispecie ipotetica dell'art. 1669 c.c. fosse integrata solo in presenza di difetti decisivi, o almeno molto rilevanti, tali da rendere l'immobile inidoneo all'uso suo proprio, mentre, in base all'elaborazione giurisprudenziale sopra premessa è sufficiente un apprezzabile pregiudizio al normale godimento del bene b accertati dei fenomeni di condensazione dovuti a ponti termici e generati dalla composizione non omogenea della parete esterna, non ha tratto da ciò la dovuta conseguenza, ossia che le alterazioni del giusto tasso di umidità interna incidono in maniera immediata e diretta sulla salubrità degli ambienti, la quale, a sua volta, costituisce un parametro primario per valutare l'idoneità del bene alla destinazione abitativa e c ha banalizzato le infiltrazioni d'acqua dovute alla carente realizzazione degli infissi, imponendo all'utilizzatore del bene l'onere di porvi rimedio sigillando le fessure con del silicone, senza considerare che la riscontrata carenza e l'ipotizzata soluzione posticcia confermano, e non già escludono, il vizio costruttivo. 2.2.1. - Né ha rilievo il fatto che i giudici d'appello abbiano depotenziato l'incidenza dei fenomeni di condensazione ascrivendoli ad un concorrente difetto di aerazione dei locali. In disparte il fatto che dalla sentenza impugnata non risulta quale dato istruttorio autorizzi siffatta conclusione, che pertanto appare frutto di una congettura arbitraria, deve rimarcarsi che nel vigente sistema di equivalenza causale ciascuna condizione adeguata alla produzione di un evento ne è causa. Di riflesso l'ipotizzata causa concorrente non esclude il nesso eziologico fra il grave difetto e l'attività del costruttore, il quale è chiamato a risponderne. 3. - In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che nel decidere il merito si atterrà ai principi di diritto sopra esposti e provvederà, ai sensi dell'art. 385, 3 comma c.p.c., anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese di cassazione.