Concorso esterno in associazione di tipo mafioso ed esigenze cautelari: la ripetibilità della condotta è decisiva

La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. opera anche nel caso in cui sia stata contestata la fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ma può essere superata valutando in via prognostica la ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo dell’ extraneus alla vita della consorteria e, in questa prospettiva, tenendo conto dell’attuale condotta di vita e della persistenza o meno di interessi comuni con il sodalizio mafioso, senza la necessità di provare la rescissione del vincolo.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 25409 del 10 giugno 2013. Il caso. Il tribunale del riesame di Napoli, adito in appello ex art. 310 c.p.p., revocava l’ordinanza del G.I.P. dello stesso ufficio giudiziario con la quale il sindaco di un comune della provincia di Caserta era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa, tra le altre, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso artt. 110 e 416 bis c.p. . Secondo la tesi accusatoria egli avrebbe favorito, grazie al suo ruolo istituzionale, il clan dei Casalesi orientando gli appalti del comune verso imprese amiche dell’organizzazione criminale tale contributo si sarebbe manifestato per un lungo periodo di tempo almeno fino al 2009 . Il tribunale del riesame, al contrario, ha ritenuto non sussistenti le esigenze cautelari che devono sorreggere l’utilizzo della carcerazione preventiva in particolare quella di cui all’art. 274, lett. c , c.p.p. , superando, pertanto, la presunzione ex art. 275, comma 3, c.p.p Tale insussistenza veniva motivata con la scarsamente probabile ripetibilità delle condotte di ausilio al sodalizio criminale poste in essere dall’indagato. Secondo il giudice di appello la lontananza nel tempo dell’ultimo episodio penalmente rilevante datato dal Tribunale nell’anno 2007 e il clamore mediatico dell’arresto del sindaco avrebbero reso improbabile la prosecuzione del rapporto di collaborazione tra questi e il clan camorristico, facendo venir meno il pericolo di reiterazione del reato per cui l’amministratore comunale era indagato. Avverso l’ordinanza di revoca del Tribunale del riesame proponeva ricorso in Cassazione il Pubblico Ministero, il quale censurava il provvedimento impugnato sotto il profilo della mancanza e contraddittorietà della motivazione art. 606, lett. e , c.p.p. . In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione gli elementi allegati dalla pubblica accusa in merito alla stabilità e durevolezza del contributo del sindaco all’associazione camorristica stabilità e durevolezza confermate dalle dichiarazioni di un coindagato, il quale aveva riferito agli inquirenti di numerose dazioni di denaro all’amministratore da parte del clan per sostenere le spese delle campagne elettorali, postdatando così la partecipazione all’associazione criminale all’anno 2010. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza del Tribunale. Repetita carcerant . Il Supremo Collegio condivide in pieno i rilievi formulati dal Pubblico Ministero nel proprio atto d’impugnazione. In particolare, secondo la Corte, il Tribunale del riesame ha sì correttamente ricordato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità per cui, al fine di valutare il superamento della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3 c.p.p., è necessario tener conto della ripetibilità del contributo che l’ extraneus può fornire all’associazione mafiosa, ma ha anche non correttamente ritenuto sussistente tale irripetibilità nel caso in questione. Non esatta è stata, infatti, la retrodatazione che il giudice di appello ha operato rispetto agli episodi di collaborazione tra il sindaco indagato e il clan camorristico, atteso che le su citate dichiarazioni del coindagato avevano chiaramente spostato la collocazione temporale delle condotte incriminate più in avanti, giungendo sin nell’immediata prossimità dell’arresto dell’amministratore avvenuto nel 2011 . Il Tribunale non ha tenuto in nessun conto tali elementi, neanche citati in motivazione, i quali hanno, al contrario, dimostrato come la partecipazione attiva del sindaco al sodalizio mafioso sarebbe stata assolutamente reiterabile, con conseguente sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c , c.p.p. e inevitabile applicazione della custodia cautelare, come previsto dall’art. 275, comma 3, c.p.p A nulla rileva, inoltre, secondo i giudici di legittimità, l’asserito clamore mediatico della vicenda concernente l’arresto del sindaco, clamore che non ha assolutamente delegittimato politicamente l’indagato, ricoprendo comunque questi anche la carica di consigliere regionale carica dalla quale è stato solo sospeso . La Suprema Corte, quindi, nella vicenda in oggetto ha specificato il significato del proprio orientamento giurisprudenziale riguardante la rilevanza della ripetibilità della condotta di agevolazione dell’associazione mafiosa ai fini della sussistenza o meno dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato, imponendo allo stesso tempo ai giudici di merito di motivare in relazione ad ogni allegazione delle parti, allegazioni che possono rivelarsi decisive per giungere ad una pronuncia giuridicamente corretta. L’annullamento è la naturale sorte delle decisioni caratterizzate dall’omissione di tale obbligo motivazionale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 febbraio - 10 giugno 2013, n. 25409 Presidente Ferrua – Relatore Guardiano Fatto e diritto Con ordinanza emessa il 19.9.20102 il tribunale del riesame di Napoli, adito ex art. 310, c.p.p., accoglieva l'appello proposto da F.E. avverso l'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli in data 7.5.2012, con cui veniva rigettata istanza di revoca ovvero di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere imposta al suddetto F. , e, di conseguenza, revocava le ordinanze con cui il menzionato giudice per le indagini preliminari, in data 3 novembre e 29 novembre 2011, aveva applicato all'indagato la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati ex artt. 110, 416 bis, c.p. 81, c.p., 86, 87, d.p.r. 16.5.1960, n. 570, 7, L. 203/91 319, 321, c.p., 7, L. 203/91 353, c.p., 7, L. 203/91, di cui ai capi A , B E ed L dell'imputazione provvisoria all’uopo il Tribunale riteneva che fossero venute meno le esigenze cautelari. Avverso tale decisione, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso il pubblico ministero presso il tribunale di Napoli, lamentando l'erronea applicazione della legge penale, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza impugnata, che, inoltre, omette di motivare su alcuni elementi di fatto ritenuti decisivi dal ricorrente. In particolare il pubblico ministero rileva che il tribunale del riesame non ha tenuto conto della stabilità del patto concluso tra il F. , nella sua qualità di sindaco del comune di OMISSIS , e l'organizzazione a delinquere di stampo camorristico denominata clan dei Casalesi per orientare verso imprese controllate dal sodalizio camorristico gli appalti e le commesse pubbliche rientranti nell'attività amministrativa cui era preposto il F. , patto che, ad avviso dell'organo della pubblica accusa, si è mantenuto stabile ben oltre il primo mandato ottenuto dall'indagato nell'anno 2003, per cui in motivazione si sarebbero dovuti individuare elementi di ben maggiore pregnanza di quelli individuati dal tribunale del riesame per ritenere venuto meno il suddetto patto, apparendo, pertanto, inconferente il precedente giurisprudenziale di legittimità citato a sostegno della propria decisione dai giudici di merito, che, con riferimento ad un caso, come quello in esame, di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, individua il criterio per vincere la presunzione di cui all'art. 275 co. 3, c.p.p., nella ripetibilità o meno della situazione che ha dato luogo al contributo dell'extranus alla vita della consorteria, in quanto in questo caso la condotta del F. in favore del sodalizio camorristico è stata reiterata nel tempo. Evidenzia, inoltre, il ricorrente come gli stessi elementi utilizzati dal tribunale del riesame per ritenere vinta la presunzione erano stati dallo stesso tribunale, in sede di riesame, ritenuti assolutamente neutri di fronte alla gravità delle contestazioni, per cui la nuova decisione appare contraddittoria con quanto affermato dallo stesso tribunale in precedenza. Rileva ancora il pubblico ministero come sia del tutto irrilevante il riferimento, operato dal tribunale del riesame, all'annullamento da parte della giustizia amministrativa del provvedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di omissis , allo scopo di retrodatare le condotte illecite ascrivibili al F. , che, invece, con riferimento al concorso esterno ed al reato di corruzione, si sono protratte ben oltre il 2007, come dimostrato dalle dichiarazioni rese in sede di incidente probatorio dal coindagato M.G. , imprenditore espressione del clan dei Casalesi , il quale ha riferito di ulteriori dazioni di denaro al F. sino al 2010 finalizzate a coprire le spese sostenute per le sue campagne elettorali in occasione del rinnovo del consiglio comunale di omissis e del consiglio della Regione Campania, nonché per il ricorso presentato al tribunale amministrativo regionale contro lo scioglimento del consiglio comunale di omissis , circostanze del tutto neglette dal tribunale del riesame. Privo di fondamento, infine, evidenzia il ricorrente, deve considerarsi il riferimento fatto in motivazione dai giudici di merito alla ampia eco mediatica della vicenda, che avrebbe avuto un effetto di delegittimazione sul piano politico e istituzionale del F. , al punto da impedirgli la reiterazione della condotta, in quanto il F. riveste attualmente ancora la carica di consigliere regionale, dalla quale è solo sospeso, ma in cui sarà reintegrato in seguito alla scarcerazione. Tanto premesso, il ricorso del pubblico ministero appare fondato per le seguenti ragioni. Il tribunale del riesame di Napoli, investito del ricorso proposto dal F. ex artt. 310, c.p.p., esclusivamente sotto il profilo del dedotto venir meno delle esigenze cautelari, ha posto a fondamento della propria decisione i principi, condivisibili, affermati dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, secondo cui la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 275, co. 3, c.p.p., opera anche nel caso in cui sia stata contestata la fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, ma può essere superata valutando in via prognostica la ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo dell' extraneus alla vita della consorteria e, in questa prospettiva, tenendo conto dell'attuale condotta di vita e della persistenza o meno di interessi comuni con il sodalizio mafioso, senza necessità di provare la rescissione del vincolo, peraltro in tesi già insussistente cfr. Cass., sez. VI, 8.7.2011, n. 27685, Mancini, rv. 250360 . I giudici di merito, pertanto, senza pronunciarsi in ordine al profilo dei gravi indizi di colpevolezza non contestato con l'atto di appello , hanno desunto da una serie di circostanze di fatto la irripetibilità della situazione che ha dato vita al contributo del F. al clan dei Casalesi , ritenendo evidentemente ed implicitamente venuto meno quel contesto di interessi comuni tra quest'ultimo e gli esponenti dell'organizzazione camorristica, che aveva giustificato l'adozione a suo carico delle ordinanze di custodia cautelare in carcere in precedenza indicate. Tali circostanze, in particolare, venivano individuate nella relativamente remota collocazione temporale delle condotte oggetto della contestazione provvisoria, tutte collocabili, secondo il tribunale del riesame, in un arco temporale compreso tra gli anni 2003-2007 e, comunque, sino ad epoca certamente più remota del 2009 momento in cui si sarebbe concluso, come da contestazione, il contributo esterno fornito dal F. al clan dei Casalesi , nonché nella condizione di soggetto incensurato del F. e nel lungo periodo di custodia cautelare sofferto da quest'ultimo, a far data dal 15.11.2011. Di conseguenza, in considerazione anche della radicale delegittimazione sul piano istituzionale e politico della figura dell'imputato , oggettivamente derivante dalla ampia eco mediatica che la complessiva vicenda ha avuto in specie nel territorio casertano , ad avviso del tribunale del riesame appare altamente improbabile che il F. , avendo dismesso tutte le cariche istituzionali in precedenza rivestite, costituenti, secondo l'ipotesi accusatola, l'indefettibile presupposto delle condotte ascritte , possa in futuro nuovamente commettere reati della stessa specie di quelli per i quali si procede cfr. p. 3 dell'impugnata ordinanza . Il tribunale, tuttavia, è incorso in una evidente omissione motivazionale che inficia la linearità del suo percorso argomentativo, laddove non ha tenuto minimamente in considerazione i rilievi dell'organo della pubblica accusa in ordine al contenuto delle dichiarazioni consacrate nel verbale depositato dai pubblico ministero all'udienza camerale del 19.9.2012 , rese in sede di incidente probatorio dal coindagato M.G. , ritenuto referente imprenditoriale del clan dei Casalesi , il quale ha riferito di continue dazioni di denaro da lui effettuate in favore del F. , nel quadro dell'accordo concluso da quest'ultimo con l'organizzazione mafiosa, successive alla concessione dell'appalto per la riqualificazione urbana del 2007, concretizzatesi, in particolare, nel versamento di 10.000,00 Euro per la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale campano del 2010 nella corresponsione di 30.000,00 Euro per la campagna elettorale del 2008 per il rinnovo dell'amministrazione comunale di OMISSIS nel versamento di ulteriori 10.000,00 Euro a titolo di contributo per sostenere le spese legali relative al ricorso presentato dal F. alla giustizia amministrativa avverso il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di OMISSIS per infiltrazioni camorristiche adottato ai sensi del d.l. 20 dicembre 1993 n. 529, convertito in L. 11 febbraio 1994 n. 108. Si tratta di una omissione rilevante, in considerazione della potenziale idoneità degli elementi rappresentati dal pubblico ministero a contraddire il nucleo portante della motivazione del tribunale del riesame, in quanto apparentemente sintomatici di una persistenza di interessi comuni tra il F. e gli ambienti camorristici in precedenza indicati, che, a differenza di quanto affermato dai giudici di merito, si protrae ben oltre l'anno 2007, per giungere sino al 2010, secondo una cadenza temporale non incompatibile con la contestazione formulata in sede cautelare peraltro fluida, tenuto conto della sua provvisorietà , in cui la condotta di concorso esterno veniva contestata come posta in essere almeno fino al 2009 , formula che non esclude il suo protrarsi oltre tale data. Va, altresì, rilevato che la vicenda in relazione alla quale si sarebbero protratte nel tempo le dazioni di denaro al F. , formante oggetto del reato di cui agli artt. 319 e 321, c.p., 7, L. 203/91, contestato al F. ed al M. nel capo E dell'imputazione, appare, allo stato degli atti, ancora sub iudice , in quanto l'ordinanza con cui il tribunale del riesame di Napoli, in data 6.12.2012, confermava sul punto l'originario titolo cautelare adottato il 3.11.2011 dal giudice per le indagini preliminari, in data 26.4.2012 è stata annullata dalla VI sezione della Corte di Cassazione, anche in relazione all'ipotesi di concorso esterno, con rinvio per nuovo esame al tribunale del riesame di Napoli, la cui decisione, come rilevato dal difensore del F. nella memoria innanzi indicata, non è stata ancora depositata pur essendo stata fissata la relativa udienza camerale di discussione per il 19.9.2012, per cui, allo stato e sulla base degli atti conoscibili da questa Corte di Cassazione, non può ritenersi venuto meno l'originario quadro di gravità indiziaria per il delitto di cui agli artt. 319 e 321, 7, L. 203/91, rispetto al quale, peraltro, le dichiarazioni del Malinconico, acquisite dopo l'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del F. , rappresentano un nuovo elemento di accusa non preso in considerazione né dal tribunale del riesame, nell'ordinanza del 6.12.2012, né dalla Corte di Cassazione, nella sentenza di annullamento con rinvio del 26.4.2012, e che invece andrà valutato dal tribunale del riesame in sede di rinvio, essendo state prodotte tali dichiarazioni, come rappresentato nel ricorso dal pubblico ministero, anche nella relativa udienza di rinvio del 19.9.2012. Ed identiche considerazioni valgono anche in relazione alla sentenza con cui questa stessa Sezione, in data 28.9.2012, con motivazione depositata 111.2.2013, ha annullato con rinvio per nuovo esame l'ordinanza del tribunale del riesame di Napoli, che, in data 14.12.2011, aveva confermato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere messa dal giudice per le indagini preliminari il 29.11.2011 per il reato di cui agli artt. 353, c.p., 7, L. 203/91. In conclusione, non pronunciandosi sul significato da attribuire alle dichiarazioni del M. nella valutazione da compiere sulla sussistenza o meno delle esigenze cautelari presunte per legge nei confronti del F. , il tribunale del riesame ha dato vita ad una significativa omissione motivazionale, incidente anche sulla coerenza logica della motivazione stessa, che, pur richiamandosi ai principi della richiamata sentenza Mancini , non ne ha fatto accorto uso, trascurando di valutare elementi di fatto indispensabili per verificare se sia venuta effettivamente meno la persistenza di interessi comuni tra il F. ed il clan dei Casalesi e, quindi, divenuta realmente irripetibile quella situazione di cointeressenza che ha dato luogo al contributo fornito dal F. stesso alla vita dell'organizzazione mafiosa in qualità di extraneus , omissione riconducibile al vizio di cui all'art. 606, co. 1, lett. e , c.p.p., pacificamente censurabile con il mezzo del ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti in tema di misure cautelari personali cfr., ex plurimis, Cass., sez. II, 17/09/2008, n. 39504, F. e altro . Sulla base delle svolte considerazioni, le osservazioni difensive, di cui alla memoria depositata il 12.2.2012, sulla inammissibilità del ricorso del pubblico ministero ovvero sulla infondatezza dei motivi che ne sono a fondamento, derivante quest'ultima da una serie di elementi di fatto dai quali la difesa del F. deduce la mancanza di esigenze cautelari da salvaguardare , non possono essere accolte, in quanto la ragione dell'accoglimento del ricorso del pubblico ministero, che assorbe in sé ogni altra doglianza, si individua proprio nella mancanza di motivazione in ordine ad un punto rilevante ai fini della decisione, sul quale, dunque, il tribunale del riesame si dovrà pronunciare in sede di rinvio, nel contraddittorio tra le parti, provvedendo a colmare l'indicata lacuna motivazionale. Si impone, pertanto, l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con rinvio al tribunale del riesame di Napoli per nuovo esame. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Napoli.