Il diritto all’esercizio dell’attività economica privata, garantito dall’articolo 41 Cost., non è leso allorché il giudice dichiari illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia dimostrato che il lavoratore non avrebbe potuto essere addetto a mansioni diverse e di pari livello.
È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 4757/15 depositata il 10 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Brescia confermava la pronuncia con cui il locale Tribunale aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore per sopravvenuta inidoneità finisca alle mansioni assegnate. L’illegittimità discendeva dal fatto che il licenziamento era stato disposto dopo la visita del medico competente ma prima che della pronuncia della commissione sanitaria ed inoltre dalla mancata valutazione dell’idoneità del lavoratore a svolgere altre mansioni compatibili con il suo stato di salute. Il datore di lavoro propone ricorso per la cassazione della sentenza di seconde cure, di cui lamenta, da un lato, il riferimento quale possibile collocazione alternativa a mansioni mai svolte dal lavoratore e non equivalenti a quelle a cui era assegnato, dall’altro, il vizio di motivazione in riferimento all’articolo 41 Cost, per aver il giudice di merito sindacato le valutazioni organizzative di competenza esclusiva del datore di lavoro. La prova dell’inidoneità del lavoratore a svolgere altre mansioni. In riferimento al primo motivo di ricorso, la S.C. richiama una precedente pronuncia sentenza numero 4920/14 con cui i giudici di legittimità affermavano che, in tema di inidoneità fisica al lavoro, l’impossibilità di assegnare al lavoratore altre mansioni equivalenti compatibili con il suo stato di salute, deve essere dimostrata dal datore di lavoro. Il motivo di ricorso in tal senso articolato dal datore di lavoro non è comunque ammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo egli allegato le definizioni delle qualifiche in riferimento alle quali accertare l’impossibilità di ricollocamento del lavoratore. L’esercizio dell’attività economica privata non è leso. Il secondo motivo di doglianza è invece infondato in quanto la Corte nega che il giudice di merito si sia sostituito al datore di lavoro nella valutazione delle esigenze organizzative dell’impresa. E infatti l’esercizio dell’attività economica privata, garantito dall’articolo 41 Cost., non è leso allorché il giudice dichiari illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 novembre 2014 – 10 marzo 2015, numero 4757 Presidente Macioce – Relatore Buffa Ragioni della decisione 1. Con sentenza del 13.12.11, la corte d'appello di Brescia, confermando la sentenza dell'1.2.11 del tribunale di Mantova, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a M.S. dal suo datore di lavoro Bisi srl, e ne ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che il licenziamento disposto per inidoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni per le sue sopravvenute condizioni di salute era illegittimo perché, da un lato, disposto dopo la visita del medico competente e prima che la commissione sanitaria si fosse pronunciata e, dall'altro lato, per l'idoneità del lavoratore a svolgere altre mansioni compatibili, come accertato poi dalla commissione medica ed essendo inoltre state tali mansioni indicate dal CTU in primo grado e dal lavoratore stesso, senza che il datore avesse contrastato concretamente e specificamente la disponibilità delle stesse . 2. Avverso tale sentenza ricorre il datore di lavoro per due motivi, cui resiste il lavoratore con controricorso. 3. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 1, 3 e 5 della legge 604 del 1966, per avere la sentenza impugnata fatto riferimento a mansioni mai svolte dal lavoratore, occupate da altri lavoratori e non equivalenti a quelle già a lui assegnate, trascurando che il lavoratore, pur in possesso del titolo di geometra, non era stato assunto come tale ma come magazziniere. 4. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione in relazione all'articolo 41 Cost. ed all'articolo 30 della legge 183 del 2010, per avere il giudice territoriale sindacato le valutazioni organizzative di competenza del datore di lavoro. 5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, in violazione del principio di autosufficienza, non riporta le qualifiche e non consente conseguentemente a questa Corte di verificare la ricorrenza dell'impossibilità del datore di assegnazione al lavoratore di altre mansioni cfr. Sez. L, Sentenza numero 24230 del 13/11/2014 né il ricorrente che vi era onerato ha indicato elementi utili per contrastare l'affermazione contenuta in sentenza -fondata sulle risultanze della CTU e sulle affermazioni del lavoratore-secondo la quale esistevano altre mansioni compatibili con quelle proprie della qualifica del lavoratore Sez. L, Sentenza numero 4920 del 03/03/2014, secondo la quale, in tema di inidoneità fisica al lavoro, l'impossibilità di utilizzazione di un lavoratore in mansioni equivalenti, in ambiente compatibile con il suo stato di salute, deve essere provata dal datore di lavoro, sul quale incombe anche l'onere di contrastare eventuali allegazioni del prestatore di lavoro, nei cui confronti è esigibile una collaborazione nell'accertamento di un possibile repechage in ordine all'esistenza di altri posti di lavoro nei quali possa essere ricollocato . 6. Il motivo è inoltre inammissibile anche perché non riguarda altra ratio decidendi autonoma della pronuncia Sez. U, Sentenza numero 7931 del 29/03/2013 Sez. L, Sentenza numero 3386 del 11/02/2011 Sez. 6 L, Ordinanza numero 22753 del 03/11/2011 , che ha affermato l'illegittimità del recesso anche per violazione della procedura di accertamento delle condizioni di salute del lavoratore. 7. Il secondo motivo è infondato, in quanto il giudice non ha fatto una valutazione sostitutiva delle prerogative organizzative esclusive del datore di lavoro, ma ha operato solo una verifica della legittimità e veridicità di quanto dallo stesso datore affermato, tanto più che il datore di lavoro non ha mai asserito che gli impiegati esaurissero l'organico aziendale si è già affermato del resto Sez. L, Sentenza numero 21710 del 13/10/2009 che, se l'esercizio dell'attività economica privata, garantito dall'articolo 41 Cost., non é sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall'autorità giurisdizionale, esso deve svolgersi nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute, sicché non viola la norma citata il giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o alterazioni dell'organigramma aziendale. 8. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro quattromila per compensi, Euro cento per spese, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%.