In tema di «matrimoni fittizi contratti con l'esclusivo fine di aggirare la normativa in tema di immigrazione», occorre dedurre la circostanza che provi la natura fraudolenta dell'accordo. La convivenza effettiva è requisito necessario per il rilascio del permesso di soggiorno ai fini della coesione familiare non lo è nell'ipotesi di richiesta della carta di soggiorno, risultando necessario esclusivamente il legale vincolo matrimoniale posto in essere, secondo le normative nazionali e comunitarie.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella pronuncia numero 2829, depositata il 12 febbraio 2015. Il caso. Un cittadino della Repubblica Dominicana, assunto contratto matrimoniale nel paese straniero nel gennaio 2009 e regolarmente trascritto, con una cittadina italiana, faceva ingresso nel paese della moglie nel giugno 2009, con visto d'ingresso siglato nel maggio 2009 rilasciato dal Governo dominicano per motivi familiari. Nel luglio 2009, lo straniero coniugato presentava alla Questura l'istanza di rilascio della carta di soggiorno per motivi familiari tuttavia, veniva successivamente rigettata in quanto si rilevava la non sussistenza di alcuna unità familiare da tutelare, sulla base del fatto che l'abbandono del tetto coniugale da parte del marito faceva pensare, con presunzione relativa, che il matrimonio fosse il mezzo per far soggiornare lo straniero nel territorio italiano. Avverso il denegato rilascio della carta di soggiorno, si proponeva reclamo al Tribunale che accoglieva l'impugnazione. La Pubblica Amministrazione, non contenta della decisione assunta, propone reclamo in Corte di appello, ottenendo un rigetto decisione ulteriormente contestata in sede di Cassazione dal Ministero dell'Interno. Avverso la decisione di secondo grado, parte attrice propone ricorso in Cassazione, affidandosi ad un singolo motivo la violazione dell'articolo 10 d.lgs. numero 30/2007, che afferma «I familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro , trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, possono richiedere alla Questura competente per territorio di residenza la ‘Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione’, redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Per il rilascio è richiesta la presentazione a del passaporto o documento equivalente e del visto di ingresso b di un documento che attesti la qualità di familiare c dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino d della fotografia ». La difesa sostiene che, avendo parte convenuta richiesto la carta di soggiorno quale familiare di un cittadino residente nell'Unione Europea prima dello scadere dei tre mesi dal suo ingresso in Italia, allo stesso dovevano applicarsi le norme del d.lgs. numero 286/1998, in base alle quali allo straniero richiedente, il permesso di soggiorno per coesione familiare doveva applicarsi il requisito della convivenza, nel caso di specie venuto meno subito dopo l'ingresso del richiedente in Italia. Non serve il requisito della convivenza. Chiamata la sez. VI Civile, il giudicante rileva l'infondatezza dell'unico motivo di ricorso, in quanto la normativa applicabile è quella del 2007, essendo la richiesta finalizzata ad ottenere la carta di soggiorno e non un permesso di soggiorno per coesione familiare inoltre, l'articolo 2 del d.lgs. correttamente applicabile richiede necessariamente il possesso del requisito del titolo di coniuge, convivente, discendente diretto di età inferiore ai 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner od ancora ascendenti diretti e quelli del coniuge o partner. Nel caso di specie, legittimamente, parte convenuta ha richiesto, in qualità di coniuge, entro il terzo mese di soggiorno dall'ingresso in Italia, il rilascio della carta di soggiorno tale documento è redatto su modello del Ministero dell'Interno, ha validità cinque anni e non richiede tra i suoi requisiti l'effettività della convivenza, necessario nell'ipotesi di permesso di soggiorno per coesione familiare, pena le sanzioni previste nell'ipotesi di abuso del diritto realizzabile tramite matrimoni fittizi contratti con l'esclusivo fine di aggirare la normativa in tema di immigrazione, come prescritto dalla Direttiva 2004/38/CE. Tra l'altro, nel caso di specie, l'ipotizzato abbandono del tetto coniugale da parte del Questore non è stato specificamente dedotto in nessun grado del giudizio, neppure con il ricorso in Cassazione, circostanza comunque non valutabile da parte della Corte. Non sussistendo quindi la necessità della convivenza con il coniuge e cittadino italiano e non essendo stato oggetto di accertamento giudiziale, la natura fraudolente della celebrazione del matrimonio non è comunque dimostrata o dimostrabile. Il ricorso, pertanto, si rigetta per i motivi suindicati.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, sentenza 16 dicembre 2014 – 12 febbraio 2015, numero 2829 Presidente Di Palma – Relatore Ragonesi Svolgimento del processo A.J.A. , cittadino della Repubblica Dominicana, assumeva di aver contratto matrimonio in data omissis con la cittadina italiana U.F. . Il matrimonio, celebrato in omissis , risultava regolarmente trascritto. Dopo il matrimonio, l'A. faceva ingresso in Italia in data 23.06.2009 con visto di ingresso numero 112476766 con validità dal 06.05.2009 al 05.05.2010 , rilasciato dal Governo di provenienza per motivi familiari. In data 02.07.2009, l'odierno ricorrente presentava alla Questura di Perugia istanza di rilascio della Carta di soggiorno per familiari di cittadini dell'Unione Europea. La domanda veniva rigettata con provvedimento del 19.08.2010, notificato al ricorrente in data 14.06.2011, avendo la Questura rilevato che non sussiste alcuna unità familiare da tutelare e che, visto l'immediato abbandono del tetto coniugale da parte dell'A. si possa ipotizzare che il matrimonio abbia avuto il solo fine allo straniero di soggiornare nel territorio dello Stato . A seguito di reclamo dell'interessato avverso il denegato rilascio della carta di soggiorno, il Tribunale di Perugia, in data 12.7.12, accoglieva l'impugnazione. Il successivo reclamo proposto avverso quest'ultimo provvedimento da parte dell'Amministrazione veniva rigettato dalla Corte di appello di Perugia con decisione depositata il 10.7.13 avverso la quale ricorre ora per cassazione il Ministero dell'Interno sulla base di un unico motivo cui non resiste l'A. . Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso il Ministero dell'interno censura la sentenza impugnata lamentando la violazione dell'articolo 10 del d.lgs numero 30 del 2007 poiché sostiene che avendo l'A. richiesto il rilascio della Carta di soggiorno quale familiare di un cittadino residente nell'Unione prima dello scadere dei tre mesi dal suo ingresso in Italia, allo stesso dovevano applicarsi le norme del d.lgs 286/98 in base alle quali allo straniero richiedente il permesso di soggiorno per coesione familiare doveva applicarsi il requisito della convivenza, nel caso di specie venuto meno subito dopo l'ingresso del richiedente in Italia. Il motivo è infondato. Invero la circostanza che la domanda per la carta di soggiorno sia stata presentata prima della scadenza di tre mesi non può certo comportare che detta domanda debba interpretarsi proposta per una diversa ipotesi normativa rispetto a quella prospettata dal richiedente. Dunque non può sostenersi che la domanda dell’A. fosse per la concessione di un permesso di soggiorno per coesione familiare quando la stessa era stata invece proposta per il rilascio della Carta di soggiorno. Né dalla anticipata presentazione della domanda rispetto al termine iniziale possono farsi discendere conseguenze di rigetto o inammissibilità della stessa essendo sufficiente che il termine sia maturato al momento in cui la stessa viene decisa dall'Autorità amministrativa. Nel caso di specie dunque la normativa applicabile era quella del d.lgs 30 del 2007 il cui articolo 2 definisce familiari del cittadino dell'Unione 1 il coniuge 2 il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante 3 i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner 4 gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner. A sua volta l'articolo 10 del medesimo decreto legislativo prevede che i familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale, possono richiedere alla questura competente per territorio di residenza la Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione , redatta su modello conforme a quello stabilito con decreto del Ministro dell'interno. Detta Carta ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio e mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonché di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a dodici mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato. Come risulta evidente dall'esame delle disposizioni sopraindicate, il requisito dell'effettiva convivenza è del tutto estranea alla disciplina normativa del D.Lgs. numero 30 del 2007, mentre permane vigente, anche perché espressamente previsto dall'articolo 35 della Direttiva 2004/38/CE, il divieto di abuso del diritto e di frode, realizzabile mediante matrimoni fittizi contratti all'esclusivo fine di aggirare la normativa pubblicistica in tema d'immigrazione. Cass. 17346/10 Cass. 12745/13 . Nel caso di specie, è ben vero che il provvedimento del Questore ipotizzava che l'immediato abbandono del tetto coniugale da parte dell’A. potesse fare ipotizzare che il matrimonio avesse avuto il solo fine di consentire allo straniero di soggiornare nel territorio dello Stato, ma tale circostanza non è stato oggetto di specifica deduzione in primo grado né di impugnazione in appello da parte del Ministero e neppure con il presente ricorso è stata prospettata questa fattispecie onde la stessa non è suscettibile di valutazione da parte di questa Corte. Dunque,non sussistendo la necessità della convivenza con il coniuge cittadino italiano e non essendo stato oggetto di accertamento in giudizio la natura fraudolenta della celebrazione del matrimonio, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso.