La prescrizione può essere dichiarata solo se il ricorso per cassazione è ammissibile

In tema di cause estintive del reato, e segnatamente di prescrizione dell’illecito penalmente rilevante, può condurre alla dichiarazione di prescrizione anche di ufficio solo il ricorso per Cassazione idoneo a instaurare un nuovo grado di giudizio, vale a dire non affetto da inammissibilità originaria.

Lo ha ribadito la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9626, depositata il 27 febbraio 2014. Il caso. La decisione in commento trae spunto dal ricorso per Cassazione proposto da una cinquantaseienne imputata di reati edilizi, in relazione ad un immobile sul quale secondo la prospettazione difensiva sarebbero stati effettuati lavori la cui direzione ed esecuzione era stata interamente gestita dal marito della prevenuta. In particolare, secondo il difensore dell’imputata, non sarebbe stata adeguatamente valutata la testimonianza del coniuge della ricorrente, il quale avrebbe dichiarato che la moglie era contraria all’esecuzione dei lavori contestati, e che lo svolgimento dei medesimi era avvenuto sotto l’esclusiva supervisione del marito. Il necessario vaglio di ammissibilità del ricorso ai fini della prescrizione. Come ribadito dalla sentenza in commento, l'inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice. Sempre nell’ambito della prescrizione nel giudizio di Cassazione, la giurisprudenza di legittimità ha altresì stabilito che l'inammissibilità del ricorso per Cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p La regola di prevalenza sancita all’art. 129, comma 2, c.p.p. L’analisi dell’art. 129 c.p.p. offre interessanti spunti di riflessione anche in relazione al secondo comma del citato articolo. Tanto in fase predibattimentale art. 469 c.p.p. , come in qualsiasi altro stato e grado del giudizio, può sempre procedersi all’anticipata definizione del procedimento, quando risulti evidente che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Il legislatore ha dunque congegnato la disposizione de qua in modo che, ove ricorra una delle cause di estinzione del reato nella sentenza in commento si trattava della prescrizione , il proscioglimento nel merito è vincolato ad una situazione di evidenza, così come emerge allo stato degli atti del procedimento, cioè nel momento in cui si verifica il fatto estintivo dell’illecito penale. presuppone una nozione restrittiva di evidente innocenza”. Da tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si sono interrogate circa il rapporto fra la declaratoria di estinzione del reato e quella di una causa di non punibilità nel merito. Orbene, la pronuncia in commento sembra collocarsi nel solco di quell’orientamento in base al quale la regola di giudizio, prevista dall'art. 530, comma 2, c.p.p. - cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità - è dettata esclusivamente per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale, con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti. Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale infatti la regola di cui all'art. 129 c.p.p., in base alla quale l'inizio di prova, ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell'imputato, non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve positivamente . risulta evidente art. 129 comma 2 c.p.p. emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli Cass. pen., sez. I, 30 giugno 1993, Mussone . Ne consegue che, nel concorso tra una causa di estinzione del reato e di un’altra e più favorevole causa di non punibilità, quest’ultima deve risultare in modo evidente, e non anche in modo insufficiente o contraddittorio, come sancito all’art. 530, comma 2, c.p.p., essendo richiesto un grado di innocenza addirittura superiore a quello necessario per una declaratoria di assoluzione con formula ampia. Appare dunque superato l’altrettanto risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del combinato disposto degli artt. 245 e 254 d.lgs. n. 271/1989, 530, comma 2, e 129 c.p.p., anche una situazione di incertezza probatoria consente la prevalenza della formula di merito sulla causa di estinzione del reato Cass. pen., sez. VI, 3 maggio 1991, Giambartolomei .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 gennaio – 27 febbraio 2014, n. 9626 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 febbraio 2013 la Corte d'appello di Palermo, a seguito di appello proposto dal Procuratore Generale presso la suddetta corte avverso sentenza del 3 febbraio 2012 con cui il Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Mazara del Vallo, aveva assolto F.R. dai reati di cui agli articoli 110 c.p., 44, comma primo, lettera b , d.p.r. 380/2001 capo a e 110 c.p. e 95 d.p.r. 380/2001 capo b , riformava l'impugnata sentenza condannando l'imputata per i suddetti reati alla pena di 22 giorni di arresto e Euro 6914 di ammenda. 2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo vizio motivazionale se è vero che il primo giudice, motivando l'assoluzione, aveva fatto riferimento anche a una pretesa consuetudine di decisione maschile nell'ambito delle famiglie, di cui il secondo giudice ha negato l'esistenza, è altrettanto vero che la prova decisiva non è tale consuetudine, bensì la testimonianza del marito della imputata, non presa in considerazione dalla corte territoriale. Considerato in diritto 3. Deve anzitutto rilevarsi che i reati di cui si tratta hanno maturato il termine di prescrizione in data 7 novembre 2012. Per procedere all'applicazione dell'articolo 129, comma 1, c.p.p., peraltro, occorre tener conto della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione anche d'ufficio solo il ricorso idoneo a instaurare un nuovo grado di giudizio, vale a dire non affetto da inammissibilità originaria ex multis S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n. 21, Cresci S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale Cass. sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca . Nel caso di specie, non si prospettano profili di inammissibilità per quanto concerne le questioni di rito stricto sensu attinenti alla proposizione del ricorso. In termini poi di valutazione della sussistenza o meno di manifesta infondatezza come vizio diretto del motivo nel caso di specie, unico che inibisce l'instaurazione effettiva di un grado di giudizio ulteriore, risulta evidente che la doglianza motivazionale della ricorrente non è priva di consistenza. Infatti, come osserva la doglianza stessa, l'argomento della pretesa notoria e diffusa consuetudine siciliana per cui le decisioni importanti sono prese dall'uomo di casa, ancora inteso come capo famiglia - argomento utilizzato dal primo giudice e confutato dal secondo - non toglie la rilevanza della testimonianza di G.F., marito della imputata, il quale, come ha evidenziato il Tribunale nella sua motivazione, esaminato nelle forme dell'articolo 197 bis c.p.p. essendo stato condannato dal gip del Tribunale di Marsala il 14 marzo 2008 per gli stessi fatti , aveva dichiarato che sua moglie era contraria all'esecuzione dei lavori edilizi abusivi, che egli aveva personalmente eseguito in economia, pagando personalmente i materiali necessari alla realizzazione dell'opera . Di questa testimonianza non vi è traccia nella sentenza impugnata, che erroneamente attribuisce al primo giudice di avere ritenuto decisive, con estrosa fantasia, impalpabili consuetudini che non hanno oggettivamente alcuna base scientifica e che, anche culturalmente, risultano del tutto superate, ammesso che in passato fossero esistite in Sicilia . Sulla base di questo asserto, poi, la corte territoriale non ha neppure ipotizzato che potesse esservi un dissidio in famiglia quanto all'esecuzione delle opere abusive, così paradossalmente ritornando a presumere che la volontà della moglie coincide sempre con quella del marito poiché, in sintesi, l'imputata era la moglie e l'abuso riguardava l'immobile dove la coppia risiedeva, secondo la corte territoriale infatti è da escludere che l'odierna prevenuta non avesse prestato al coniuge il suo apporto . Non risultando, in conclusione, manifestamente infondata la prospettazione di un vizio motivazionale nella sentenza impugnata, e non emergendo d'altronde elementi riconducibili all'articolo 129, secondo comma, c.p.p., in applicazione dell'articolo 129, primo comma, c.p.p. deve dichiararsi l'estinzione dei reati contestati per maturata prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza d'appello e trasmissione, in considerazione della normativa antisismica, di copia della sentenza all'Ufficio Tecnico della Regione Siciliana. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essersi i reati estinti per prescrizione. Dispone la trasmissione di copia della sentenza all'Ufficio Tecnico della Regione Siciliana.