L’indeducibilità dei costi da reato richiede sia l’utilizzo diretto ai fini del compimento dell’illecito, sia la qualificazione astratta di delitto non colposo.
Il caso. Una s.r.l. era coinvolta in un procedimento penale per attività di gestione di rifiuti non autorizzata, fattispecie contravvenzionale perseguita dall’art. 51, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. L’Amministrazione finanziaria emetteva un avviso di accertamento per il periodo di imposta 2003, disconoscendo costi da reato ex art. 14, comma 4 bis, l. 24 dicembre 1993, n. 537. Nel successivo contenzioso, il ricorso, prima respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale adita, veniva accolto dal Giudice del gravame, secondo il quale il decreto di archiviazione per oblazione non poteva essere considerato come fonte di accertamento della sussistenza dell’illecito, né avrebbe potuto avere rilievo l’astratta sussumibilità del fatto nella fattispecie di reato in difetto di un accertamento giudiziale in tal senso. Costi da reato tra deducibilità e indeducibilità . Nell’ordinanza n. 5342/2013, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’Amministrazione finanziaria. Il Collegio ricorda che in materia di deducibilità dei costi da reato, la disciplina vigente dispone quanto segue non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo [] . L’attuale formulazione dell’art. 14, comma 4 bis, l. n. 537/1993 è stata introdotta dall’art. 8, comma 1, d.l. 2 marzo 2012, n. 16. In via transitoria, il comma 3 di quest’ultimo articolo circoscrive l’applicabilità della nuova disciplina a fatti, atti o attività posti in essere prima della sua entrata in vigore, qualora essa produca effetti più favorevoli al reo. Il Giudice di legittimità osserva inoltre che l’attività posta in essere nel caso di specie non integra né il presupposto di diretto utilizzo dei costi ai fini del compimento dell’illecito, né la qualificazione astratta di delitto non colposo, poiché trattasi di fattispecie contravvenzionale.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 16 gennaio - 4 marzo 2013, n. 5342 Presidente Cicala Relatore Caracciolo Fatto e diritto La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati osserva La Ctr di Bologna ha accolto l’appello della X s.r.l. appello proposto contro la sentenza n. 338/04/2006 della Ctp di Modena. che aveva pure accolto il ricorso della predetta società ed ha così annullato l’avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2003 a mezzo del quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione costi ritenuti indeducibili ed Iva ritenuta indetraibile ai sensi dell’art. 14 commi 4 e 4-bis della legge n. 537/1993, siccome derivanti da attività qualificabile come reato, ed in particolare dall’avere la predetta società effettuato il recupero di rifiuti speciali pericolosi senza la necessaria autorizzazione, attività integrante la contravvenzione sanzionata dall’art. 51 del D.Lgs. n. 22/1997. La predetta Ctr ha motivato la decisione ritenendo che avendo la società fatto ricorso all’oblazione, con conseguente estinzione del reato il decreto di archiviazione emesso dal giudice penale per effetto di detta oblazione non poteva considerarsi come fonte di accertamento della sussistenza del fatto-reato. Né avrebbe potuto avere rilievo l’astratta qualificabilità del fatto come reato, in difetto di un positivo accertamento giudiziale. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La società intimata non si è costituita. Il ricorso ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc. Infatti, con entrambi i motivi del ricorso improntati al vizio di violazione di legge la parte ricorrente si duole sostanzialmente della violazione della disciplina dettata dal predetto art. 14, nella parte in cui la sentenza di appello ha escluso l’applicabilità di detta disciplina in difetto di un positivo accertamento giudiziale del reato. Senonché, non può passarsi all’esame dei sopra riassunti motivi di ricorso in considerazione del fatto che con l’art. 8 del D.L. n. 16/2012 il Legislatore ha recentemente modificato con effetto retroattivo, atteso che il comma 3 del predetto articolo prevede che Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli in termini si è già pronunciata questa Corte con la sent. n. 10167 del 20 giugno 2012 la disciplina dettata dal menzionato art. 14, specificando che non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo . Consegue da ciò che la disciplina in parola non risulta più applicabile alla specie di causa, atteso che la attività contestata come reato non integra il presupposto del diretto utilizzo dei costi, spese o prestazioni di servizio ai fini del compimento dell’attività medesima e neppure integra la qualificazione astratta di delitto non colposo, attesa la espressa identificazione normativa del reato come fattispecie contravvenzionale. Non resta che concludere che il ricorso avverso la decisione di appello non può essere accolto, sicché si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza. Roma, 10 settembre 2012. che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.