Ai fini dell’individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, è necessario fare riferimento alla legge processuale in vigore al momento della sua pubblicazione. Ne consegue che, in materia di opposizione all’esecuzione, a seguito della modifiche apportate all’articolo 616 c.p.c. prima dalla l. numero 52/06 e poi dalla l. numero 69/09, in base alla data di pubblicazione della sentenza si distingue, da un lato, la proponibilità dell’appello e, dall’altro, l’esclusiva impugnazione in Cassazione.
È quanto risulta dall’ordinanza della Corte di Cassazione numero 1925/15 depositata il 3 febbraio. Il caso. La Corte d’appello di Bari rigettava l’opposizione all’esecuzione forzata, confermando la precedente pronuncia del Tribunale di Foggia, pubblicata il 13 novembre 2008. Avverso la sentenza d’appello viene proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente, vedendosi rigettare in appello l’opposizione all’esecuzione, basata su un titolo nel frattempo decaduto per effetto di altra pronuncia della Corte d’appello di Bari del 2 dicembre 2010 in annullamento della condanna al pagamento, lamenta innanzi ai giudici di legittimità la violazione e falsa applicazione delle norme di procedura civile. La sentenza impugnata infatti, nonostante abbia dato atto dell’avvenuta caducazione del titolo esecutivo, ha deliberato in merito all’originario e diverso motivo d’opposizione, ritenendolo infondato e rigettando così la domanda di opposizione. La sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo. I consolidati orientamenti interpretativi richiamati dal ricorrente affermano che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo determina l’illegittimità dell’esecuzione forzata con efficacia ex tunc rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento ed anche nel giudizio di Cassazione Cass., sent. numero 11021/11 . Ne consegue che l’opposizione all’esecuzione forzata il cui titolo sia successivamente venuto meno è, seppur per motivi aggiunti, fondata Cass., sent. numero 12089/09 . L’accertamento dell’idoneità del titolo esecutivo si pone difatti quale necessaria verifica preliminare rispetto alla pronuncia sull’opposizione, con la conseguenza che, dichiarata cessata la materia del contendere, gli ulteriori e diversi motivi d’opposizione resteranno assorbiti dall’avvenuta caducazione del titolo esecutivo. Tali principi giurisprudenziali risultano del tutto disattesi dalla pronuncia di merito, la quale avrebbe dovuto dichiarar fondata l’opposizione all’esecuzione in forza dell’intervenuta illegittimità del titolo esecutivo. La successione delle norme processuali. Con la memoria presentata da parte resistente, viene posto in luce un secondo profilo di critica della sentenza impugnata. Viene rilevato difatti che la sentenza del Tribunale di Foggia, confermata poi dalla sentenza della Corte d’appello impugnata, era stata pubblicata il 13 novembre 2008. Parte resistente ha eccepito l’intervento del giudicato interno relativamente alla sentenza di primo grado, in considerazione delle modifiche dell’articolo 616 c.p.c. susseguitesi tra il 2006 e il 2009. La S.C. ritiene corretto il rilievo proposto dal resistente e, richiamando i precedenti giurisprudenziali, ha affermato che le sentenze di primo grado relative a giudizi di opposizione all’esecuzione pubblicate tra il 1° marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 non sono impugnabili in appello, ma solamente ricorribili in Cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost, secondo il disposto dell’ultimo periodo dell’articolo 616, c.p.c., introdotto dalla l. numero 52/06. Per quanto riguarda le sentenze, sempre in tema di opposizione all’esecuzione, che siano state pubblicate precedentemente al 1° marzo 2006 è invece proponibile esclusivamente l’appello. Ove infine il giudizio di primo grado fosse risultato ancora pendente alla data del 4 luglio 2009, la successiva sentenza torna ad essere appellabile, essendo stato soppresso l’ultimo periodo dell’articolo 616, c.p.c. ad opera della l. numero 69/09. Nel caso concreto risulta dunque che, sulla base della successione delle norme processuali ed essendo stata pubblicata la sentenza di primo grado il 13 novembre del 2008, la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame. La causa d’inammissibilità, non rilevata dal giudice di seconde cure, deve essere dichiara d’ufficio dal giudice di legittimità. Per questi motivi la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata per inammissibilità dell’appello e per l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Foggia nel 2008.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 ottobre 2014 – 3 febbraio 2015, numero 1925 Presidente finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1. Con la decisione ora impugnata la Corte d'Appello di Bari ha rigettato l'opposizione all'esecuzione proposta da G.L.T., così confermando il rigetto dell'opposizione già pronunciato con la sentenza del Tribunale di Foggia del 13 novembre 2008, ed ha compensato tra le parti le spese del secondo grado di giudizio, ferma restando la sentenza di primo grado che, nel rigettare l'opposizione, aveva condannato l'opponente L.T. al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in ê 2.500,00, oltre accessori . Il ricorso per cassazione è svolto con un motivo. L'intimato si difende con controricorso. Preliminarmente vanno rigettate le eccezioni di improcedibilità e di inammissibilità avanzate dal resistente, atteso che la sentenza impugnata si trova prodotta in atti, la procura è stata rilasciata a margine del. ricorso e, come si dirà, la sentenza impugnata non ha affatto deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte atteso che il thema decidendum non è più quello connesso all'originario motivo di opposizione -esecutività del capo di condanna alla spese di sentenza per il resto non provvisoriamente esecutiva , ma, come si dirà, quello posto dalla sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo . 2. Con l'unico articolato motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 474, 480, 615, 91 e 92 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, comma 3, cod. proc. civ. ovvero nullità della sentenza, nonché vizio di motivazione. Il ricorrente rileva che la Corte d'Appello, pur avendo dato atto dell'intervenuta caducazione del titolo esecutivo sulla base del quale venne intimato il precetto oggetto della presente opposizione in quanto la sentenza numero 597 del 7 aprile 2005 del Tribunale di Foggia, posta a base del precetto, è stata riformata dalla sentenza della Corte d'Appello di Bari numero 1147 del 2 dicembre 2010, sopravvenuta nel corso del giudizio d'appello, che ha posto nel nulla la relativa condanna , ha tuttavia delibato nel merito l'originario motivo di opposizione e, ritenendolo infondato, ha concluso per il rigetto dell'opposizione e per la compensazione delle spese del grado, lasciando peraltro ferma la sentenza di rigetto dell'opposizione che era stata gravata da appello e che aveva condannato esso opponente al pagamento delle spese, corrisposte nell'importo di € 3.616,43, a mezzo di assegno bancario. Il ricorrente richiama una serie di precedenti di questa Corte in ragione dei quali la decisione impugnata dovrebbe essere cassata, con la riforma consequenziale della sentenza di primo grado e con condanna della parte resistente alla restituzione della somma appena detta. 3. Il motivo è fondato e va accolto, secondo quanto appresso. Orientamento oramai consolidato è quello in ragione del quale la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, producendo l'illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto ex tunc, può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio ed anche per la prima volta nel giudizio per cassazione, trattandosi di presupposto dell'azione esecutiva cfr., da ultimo Cass. numero 11021/11 . A tale orientamento consegue che l'opposizione all'esecuzione proposta dal soggetto nei cui confronti sia stata minacciata od esercitata l'azione esecutiva in forza di quello stesso titolo esecutivo successivamente venuto meno è, sia pure per motivi sopravvenuti e, di norma, diversi da quelli fatti valere ab origine , un'opposizione fondata cfr. Cass. numero 12089/09, in motivazione . Quanto, poi, al regolamento delle spese, è sufficiente richiamare la massima del precedente di questa Corte numero 3977/12 citato anche dal ricorrente , secondo cui «In sede di opposizione all'esecuzione con cui si contesta il diritto di procedere all'esecuzione forzata perché il credito di chi la minaccia o la inizia non è assistito da titolo esecutivo, l'accertamento dell'idoneità del titolo a legittimare l'azione esecutiva si pone come preliminare dal punto di vista logico per la decisione sui motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione. Pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere per effetto del preliminare rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo esecutivo nelle more del giudizio di opposizione, per qualunque motivo sia stata proposta, l'opposizione deve ritenersi fondata, e in tale situazione il giudice dell'opposizione non può, in violazione del principio di soccombenza, condannare l'opponente al pagamento delle spese processuali, sulla base della disamina dei motivi proposti, risultando detti motivi assorbiti dal rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo con conseguente illegittimità ex tune dell'esecuzione». 3.1. Segue a quanto sopra che l'opposizione all'esecuzione proposta dal L.T. andava dichiarata fondata, sia pure per motivi sopravvenuti. Pertanto, avrebbe dovuto essere accolta, perciò accogliendo l'appello la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere riformata, anche quanto al capo sulle spese, non potendo il L.T., in quanto parte vittoriosa, continuare a sopportare la condanna inflitta dal Tribunale di Foggia, essendo ciò in violazione dell'articolo 91 cod. proc. civ. . La relazione e il decreto di fissazione dell'adunanza sono stati comunicati e notificati come per legge. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ritenuto in diritto 1. Con la memoria depositata ai sensi dell'articolo 380 bis cod. proc. civ. parte resistente ha fatto rilevare che la sentenza del Tribunale di Foggia, impugnata con l'appello, è stata pubblicata il 13 novembre 2008 e che il presente giudizio è di opposizione all'esecuzione. Ha pertanto eccepito il giudicato interno formatosi sulla sentenza del Tribunale di Foggia, osservando che, a seguito della modifica dell'articolo 616 cod. proc. civ. ad opera dell'articolo 14 della legge numero 52 del 2006, le sentenze di primo grado conclusive dei giudizi di opposizione all'esecuzione non erano impugnabili, nel periodo compreso tra il 1° marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 che l'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Foggia, perciò, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile che la sentenza di appello, che si è, invece, pronunciata sul merito dell'impugnazione, dovrebbe essere cassata senza rinvio che, infatti, l'accertamento dell'inammissibilità dell'appello con la formazione del giudicato interno sulla sentenza di primo grado è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità, come da giurisprudenza richiamata in memoria. 2. Il Collegio ha constatato che, in effetti, la sentenza del Tribunale di Foggia, che si è pronunciata col rigetto dell'opposizione all'esecuzione proposta dal L.T. avverso il precetto notificatogli dal Condominio, è stata pubblicata in data 13 novembre 2008. E' corretto pertanto il rilievo del resistente per il quale si trattava di sentenza non impugnabile con l'appello ai sensi dell'articolo 616, ultimo inciso, c.p.c., nel testo risultante dopo la modifica apportata dalla legge numero 52 del 2006 e prima dell'abrogazione ad opera della legge numero 69 del 2009. In proposito è sufficiente richiamare i precedenti che hanno reiteratamente affermato che le sentenze conclusive in primo grado dei giudizi di opposizione all'esecuzione pubblicate tra il l ° marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 non sono impugnabili in ragione di quanto disposto dall'articolo 616, ult. inc., c.p.c., nel testo introdotto dall'articolo 14 della legge numero 52 del 2006 abrogato con l'articolo 49, comma 2°, della legge numero 69 del 2009 , quindi sono soltanto ricorribili per Cassazione ex articolo 111 Cost. Cass. numero 20392/09, numero 2043/10, ord. numero 20324/10, nonché, a contrario, Cass. numero 20414/06 ed, ancora, successivamente, Cass. numero 3688/11 ed altre . Il principio è stato ribadito, anche ai sensi dell'articolo 360 bis numero 1 cod. proc. civ. da Cass. ord. numero 17321/11, per la quale « Ai fini dell'individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione. Pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all'esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data. e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l'appello, in forza dell'ultimo periodo dell'articolo 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, numero 52, con la conseguenza dell'esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell'articolo 111, settimo comma, Cost. le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l'ultimo periodo dell'articolo 616 cod. proc. civ., ai sensi dell'articolo 49, secondo comma, della legge 18 giugno 2009, numero 69. ». La Corte d'Appello pertanto avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'appello. 3. Come osservato dal resistente, la causa di inammissibilità dell'appello, che il giudice del merito non abbia provveduto a riscontrare, va rilevata d'ufficio dalla Corte di Cassazione, cassando senza rinvio la sentenza di secondo grado così, da ultimo, Cass. numero 24047/09 e numero 15405/10 , sempreché la questione dell'inammissibilità del gravame non sia stata esaminata e decisa dal giudice d'appello cfr. già Cass. numero 645/77 . Poiché la Corte d'Appello di Bari non si è pronunciata sull'ammissibilità del gravame, questa Corte ben può rilevare l'inammissibilità dell'appello e l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Foggia numero 1913 del 13 novembre 2008. La sentenza impugnata va perciò cassata senza rinvio, ai sensi dell'articolo 382 cod. proc. civ., perché l'appello non avrebbe potuto essere proposto. Le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione vanno regolate secondo il principio della soccombenza ai sensi dell'articolo 91 cod. proc. civ. e quindi vanno poste a carico del ricorrente ed a favore del resistente, così come liquidate nel dispositivo. P.Q.M. la Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata per inammissibilità dell'appello. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore del resistente nell'importo complessivo di € 1.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, per il giudizio di cassazione e nell'importo complessivo di € 3.335.10, di cui euro 835,10 per spese, euro 1.000,00 per diritti ed euro 1.500,00 per onorari, per il giudizio di appello, oltre rimborso spese generali, NA e CPA come per legge.