Il bancone, sradicato dal vento, colpisce in pieno un uomo. Fatalità o destino? Responsabilità del commerciante

Confermata la condanna per il titolare di un banco all’interno di un mercato ortofrutticolo di una cittadina meridionale. Decisiva la constatazione che la struttura non era adeguatamente ancorata a terra. Tale misura di sicurezza avrebbe impedito al forte vento di dare il ‘la’ alla catena di eventi che ha portato alla morte di un passante.

Raffiche di vento fortissime, capaci di superare i 30 chilometri all’ora scenario surreale che si trasforma, purtroppo, in tragedia. Fatale lo sradicamento di una bancarella in un mercato ortofrutticolo la struttura centra in pieno un passante, che muore, poi, per le complicanze provocate dall’impatto. Pura sfortuna? Assolutamente no! Difatti, il titolare della bancarella ‘killer’ è condannato per omicidio colposo. Cassazione, sentenza n. 1500, Quarta sezione Penale, depositata oggi Catena di eventi Alle volte bisogna riconoscerlo è il destino a metterci lo zampino Esemplare la triste fine di un uomo, rimasto ucciso mentre passeggiava tranquillamente in un mercato ortofrutticolo di una città siciliana. A dare il ‘la’ alla catena di eventi che ha portato alla tragedia è il vento, capace di ‘battere’ la strada con raffiche anche di 33 chilometri all’ora. A confermarlo la dinamica del drammatico episodio l’uomo, a piedi, veniva colpito dal banco di vendita di prodotti ortofrutticoli, spostatosi per effetto dell’impatto su di esso dell’ombrellone che ne costituiva parte, a sua volta staccatosi, dall’ancoraggio che lo assicurava al banco, a causa di una raffica di vento particolarmente forte . Per i giudici di merito, però, destino a parte, è evidente la responsabilità del titolare del banco di vendita per non aver debitamente ancorato al suolo l’ombrellone, nonostante le dimensioni rendessero prevedibile il suo sradicamento in presenza di forte vento ecco spiegata la condanna a quattro mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo . Sicurezza . A contestare tale decisione è, ovviamente, il commerciante, che sostiene, in Cassazione, la tesi del caso fortuito , evidenziando che la raffica di vento, che determinò lo sradicamento dell’ombrellone, fu imprevista ed imprevedibile . Questa visione, però, poggiata sull’idea della tragedia dovuta a un triste scherzo del destino, non viene ritenuta plausibile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, invece, mostrano di seguire la stessa linea di pensiero tracciata in Corte d’Appello il commerciante è, difatti, ritenuto responsabile del delitto di omicidio colposo . Ciò perché il vento era sì di forte intensità , ma non tale da rendere concreta l’ipotesi del caso fortuito . Decisiva, in questa ottica, non solo la fronteggiabilità del vento , ma anche, anzi soprattutto, la constatazione delle ‘misure di sicurezza’ approntate di solito dai commercianti del mercato ortofrutticolo, ossia zavorrare la base degli ombrelloni . Lapalissiana, quindi, la regola cautelare da applicare per impedire lo sradicamento dell’ombrellone, evento prevedibile in ragione dell’intensità del vento, delle dimensioni e della collocazione dell’ombrellone in luogo aperto ed in località collinare , circostanze, queste, che rendevano, secondo i giudici, palese la possibilità del cosiddetto ‘effetto vela’, e, quindi, in assenza di adeguato ancoraggio, lo sradicamento , appunto, dell’ombrellone . Per essere più chiari, lo zavorraggio della base dell’ombrellone – invece tenuto in malo modo solo da quattro tiranti collegati ai cavalletti del banco di vendita – era l’unica misura idonea ad impedire lo sradicamento evidente, quindi, la responsabilità del commerciante per la morte dell’uomo, proprio a causa della mancata adozione dello zavorraggio come ‘misura di sicurezza’.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 ottobre - 15 gennaio 2014, n. 1500 Presidente Brusco – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la condanna pronunciata nei confronti di C.M. dal Gup del Tribunale di Taranto, per il reato di omicidio colposo in danno di A.C. Al C. è stata così inflitta la pena di mesi quattro di reclusione, determinata previa concessione delle attenuanti generiche e computo della diminuzione prevista per la celebrazione del rito abbreviato. Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito, mentre il C. transitava a piedi veniva colpito dal banco di vendita di prodotti ortofrutticoli del C., spostatosi per effetto dell'impatto su di esso dell'ombrellone che ne costituiva parte, a sua volta staccatosi dall'ancoraggio che lo assicurava al banco a causa di una raffica di vento particolarmente forte. Nell'urto il C. riportava la frattura del bacino, dalla quale conseguiva come complicanza un'embolia gassosa, che ne determinava la morte. Per i giudici di merito, al C. va ascritto di non aver debitamente ancorato al suolo l'ombrellone, nonostante le dimensioni 12 mq. l'area della copertura rendessero prevedibile il suo sradicamento in presenza di vento forte. Si è quindi esclusa la ricorrenza del caso fortuito o della forza maggiore, invocati dall'appellante. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore, avv. G.V. Con unitario motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale, in relazione alla mancata applicazione dell'art. 45 cod. pen. e alla valutazione della prova. Ad avviso dell'esponente, alla stregua delle emergenze processuali, ove correttamente valutate, risulta che la raffica di vento che determinò lo sradicamento dell'ombrellone fu imprevista ed imprevedibile, di forza soverchiante, di talché l'avvenimento va ricondotto al caso fortuito e l'evento ascritto ad esso. Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il giudizio in ordine alla colpa del C. sia stato effettuato dalla Corte distrettuale unicamente sulla base del raffronto con la condotta tenuta da altro venditore, tale C. pertanto senza considerare che la raffica di vento ben potè investire con particolare forza solo il banco del C. e che anche gli ombrelloni di altri venditori furono colpiti dal vento improvviso. Aggiunge l'esponente che, pur accertata la condotta colposa dei C., non è stato dimostrato che un diverso ancoraggio avrebbe impedito il sollevarsi dell'ombrellone. La richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale avanzata dalla difesa per fare luce sul punto è stata respinta dalla Corte di Appello con motivazione illogica. Infine, si afferma che non è possibile ascrivere al C. di aver omesso, nonostante le condizioni meteo, di provvedere all'ancoraggio anche dell'ombrellone perché ciò significherebbe affermare che l'agente modello di riferimento è tenuto ad attuare prestabilite e ben codificate modalità di ancoraggio . Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Alla luce dei rilievi mossi dal ricorrente va rammentato che il caso fortuito consiste in quell'avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente Sez. 4, Sentenza n. 6982 del 19/12/2012, D'Amico, Rv. 254479 . Come è stato precisato in altra occasione, il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l'agente non ha causato l’evento per sua negligenza o imprudenza questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all'attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all'agente, in relazione all'evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 45 cod. pen. Sez. 4, Sentenza n. 19373 del 15/03/2007, Mollicone e altro, Rv. 236613 . La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi. La Corte di Appello ha giudicato che, sulla scorta degli elementi acquisiti al processo, dovesse escludersi che il vento avesse raggiunto intensità tale da risultare integrata la forza maggiore o il caso fortuito. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto facendo riferimento ai dati formati presso la stazione metereologica di Martina Franca, che non rivelavano l'intensità delle singole raffiche ma indicavano l'intensità del vento 20km/h alle ore 10 e 33 km/h alle ore 11 , motivatamente giudicandoli preferibili a quelli rilevati dalla stazione di Gioia del Colle che segnalavano una velocità sino a 63 km/h , perché questa è distante circa quaranta chilometri. Le censure che sul punto formula il ricorrente sono inammissibili, perché attinenti al merito. Né si rinviene illogicità della motivazione laddove si afferma che il vento era di forte intensità e tuttavia si esclude il caso fortuito all'inverso, le due affermazioni sono speculari la forte intensità del vento, che non raggiunge un grado tale da rendere l'evento naturale assolutamente imprevedibile, è evento non definibile come caso fortuito. Pertanto, posto il caposaldo della fronteggiabilità del vento cfr. pg. 5 e 6 , la Corte di Appello ha individuato la regola cautelare alla quale doveva fare ossequio il C. per impedire lo sradicamento dell'ombrellone. Evento prevedibile in ragione della intensità del vento, delle dimensioni e della collocazione dell'ombrellone in un luogo all'aperto ed in località collinare circostanze tutte che rendono palese la possibilità del cd. effetto vela e quindi, in assenza di adeguato ancoraggio, lo sradicamento dell'ombrellone. Dall'altro si è affermato che lo zavorraggio della base dell'ombrellone tenuto solo da quattro tiranti collegati ai cavalletti del banco di vendita era misura idonea ad impedire lo sradicamento. A conforto di tale affermazione la Corte di Appello ha citato le dichiarazioni del C., che non ha riferito quanto da lui stesso fatto bensì l'uso vigente tra i venditori ambulanti con posto fisso zavorrare la base degli ombrelloni. Si tratta di un percorso argomentativo del tutto immune da censure il ricorso, nel resto, si appalesa come diretto a veder avallata da questa Corte una inammissibile ricostruzione alternativa dell'avvenimento. Esso, pertanto, deve essere rigettato. 4. Segue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Il ricorrente va altresì condannato al rimborso alla parte civile delle spese di questo giudizio, che si liquidano in euro 3.000,00, oltre accessori come per legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre accessori come per legge.