Com’è noto, il 27 maggio 2016 sono state depositate le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite numero 22474/2016 la quale ha affermato che, pur dopo le modifiche apportate dalla legge numero 69 del 2015, anche in tema di false comunicazioni sociali, il falso valutativo mantiene il suo rilievo penale.
Più precisamente, le Sezioni Unite con la sentenza numero 22474/16 , hanno enunciato il seguente principio di diritto «Sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni». La quaestio iuris. Sia consentito in questa sede, pur nell’autorevolezza del Supremo Consesso, porre dei rilievi critici della sentenza e degli spunti di riflessione e approfondimento. Il cuore giuridico della questione affrontata dalle Sezioni Unite è stato quello di stabilire se la modifica con cui l’articolo 9 della l. numero 69/2015, che ha eliminato, nell’articolo 2621 c.c. e nell’articolo 2622 c.c. limitatamente alla ipotesi commissiva , l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, comporterebbe quale conseguenza l’ abolitio criminis parziale della fattispecie in questo senso Sez. V, numero 33374/2015 , 6916/2016 oppure se in tema di false comunicazioni sociali abbia ancora rilievo penale il falso valutativo Sez. V, numero 890/2016 . Interpretazione estensiva della norma o una interpretazione in malam partem? Le Sezioni Unite prendono atto che l’orientamento che sostiene l’abolizione parziale, muovendosi all’interno del dato letterale della norma opera un’analisi comparativa tra il testo attualmente vigente dopo la modifica operata dalla l. numero 69/2015 e quello immediatamente precedente, dando grande rilievo alla soppressione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazione”, nonché della sostituzione, con riferimento alla condotta omissiva, del termine “informazioni”. Tuttavia, per i Supremi Giudici, non ci si può fermare soprattutto nel caso della mera soppressione di una fase all’interpretazione letterale, ma occorre vedere sotto l’aspetto sistematico dell’intera materia societaria del falso in bilancio e del sottosistema delle norme penali poste a tutela della corretta redazione del predetto documento. Poiché per le Sezioni Unite «sterilizzare il bilancio con riferimento al suo contenuto valutativo significherebbe negare la funzione e stravolgerne la natura», allora il falso valutativo è ancora punibile. Ora, a fronte di una chiara lettera della norma che ha escluso i fatti valutativi e della intenzione del legislatore fu un emendamento governativo ad eliminare tale inciso dalla fattispecie penale , recuperare la punibilità dei dati valutativi significa andare oltre l’interpretazione all’interno del dato testuale, seppur estesa nella sua massima estensione, per sconfinare in una chiara interpretazione creativa in malam partem , per assecondare una interpretazione sistematica o per meglio dire di un’interpretazione sistemica, cioè dell’intero ordinamento giuridico e non del solo sistema penalistico. La giurisprudenza può porsi problemi di conformità della norma penale al sistema civilistico? Laddove si afferma, per avallare la soluzione ermeneutica adottata, che tutta la normativa civilistica anche quella di derivazione comunitaria, come la direttiva 2013/34/UE, recepita dal d.l. numero 139/2015 presuppone e/o prescrive il momento valutativo nella redazione del bilancio, anzi ne detta in gran parte i criteri, delimitando un vero e proprio metodo convenzionale di valutazione, ci si chiede ma la giurisprudenza porsi problemi di conformità di una norma penale al sistema civilistico di redazione del bilancio ? Non sarebbe più corretto sostenere che è il legislatore, nell’ottica della sussidiarietà e della frammentarietà del diritto penale, decide quali condotte nella redazione del bilancio può ritenere punibili penalmente i fatti oggettivi e quelli invece che, pur avendo rilievo civilistico, rimangono fuori dall’area del penalmente rilevante i fatti valutativi ? Le valutazioni di politica-criminale non spettano al legislatore? Vero è l’interpretazione seguita dalla Suprema Corte a Sezioni Unite è quella che si ritaglia meglio a risolvere problemi di politica criminale, anche in ottica comunitaria dove si spinge verso una maggiore punibilità di tali condotte , ma la giurisprudenza non può porsi problemi di politica-criminale spettanti esclusivamente al legislatore . Ancora una volta la sensazione è che i Giudici di legittimità spostano i termini della questione focalizzando l’attenzione anche sul concetto di “rilevanza” ai fini del falso in bilancio. Esso – si legge nella sentenza – ha una sua riconoscibile origine nella normativa comunitaria ma si tratta di una direttiva in materia civile e non penale che definisce rilevante l’informazione «quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente influenzare le decisioni prese dagli utilizzatori, sulla base del bilancio dell’impresa». Il problema in termini di garanzia dell’imputato è sempre lo stesso non basta che un fatto sia “civilisticamente” rilevante ai fini della sua punibilità penale È, al contrario, il legislatore che seleziona le condotte meritevoli di sanzione penale e quelle che esauriscono la loro punibilità nella sfera del diritto civile. Il falso in bilancio diventa una norma sanzionatoria? Non solo, ma se leghiamo la punibilità del delitto descritto dall’articolo 2621 c.c. alla violazione della normativa civilistica interna e comunitaria in tema di redazione del bilancio, creiamo una norma penale di carattere sanzionatorio. Così facendo si modifica la struttura del reato non è più come lo è sempre stata una truffa in incertam personam dunque un reato di frode ma un reato di inottemperanza, di violazione delle norma civilistiche. Ancora una volta si obietta tale modifica non è il frutto di una specifica indicazione del legislatore che eliminando l’inciso ancorché oggetto di valutazione era andato in un’ottica diametralmente opposta a strutturare la fattispecie come norma penale in bianco sanzionatoria di precetti extrapenali ma il frutto di una elaborazione giurisprudenziale, disancorata dal dato legislativo. La fattispecie di falso in bilancio diventa poco chiara In definitiva la norma perde di chiarezza perché è una norma che possono comprendere solo i “tecnici” ma la norma deve essere chiari a tutti i consociati . Laddove nel principio di diritto la sentenza 22474/16 afferma che sono punibili i fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni, alla fine abbiamo una norma oscura. e di non facile accertamento processuale. Non solo chi deciderà se le sottostanti e mutevoli norme giuridiche e tecniche di redazione del bilancio sono state rispettate? I tecnici, per l’appunto, ossia i periti e i consulenti nominati dalle parti processuali e dal giudice stesso, il quale, non potendo avere un grado di tecnicità della complessa materia, spesso si limiterà ad un controllo logico-formale dei dati valutativi. Rilievi quasi conclusivi. Si sono voluti sottolineare i punti di criticità della sentenza numero 22474/16 non perché si è più innamorati di una tesi interpretativa piuttosto che un’altra. Si vogliono evidenziare i pericoli sottesi dallo scollinamento dall’interpretazione letterale, con perdita di garanzia per il cittadino-imputato in termini di mancato rispetto del principio di legalità e dei suoi corollari. In conclusione pare che le Sezioni Unite abbiano riscritto la norma penale, differente dalla littera legis , allargando l’area del penalmente rilevante del c.d. falso in bilancio e per soddisfare esigenze di politica-criminale hanno modificato la struttura della norma, creando una fattispecie incriminatrice di difficile lettura e accertamento processuale. Attenzione alla cristallizzazione del diritto vivente. Cosa ci riserverà il futuro? Ci saranno spazi per rivedere tale Autorevole soluzione ermeneutica dettata dalle Sezioni Unite? Oppure questa interpretazione si cristallizzerà formando un diritto vivente che trova sempre più spazio, anche sulla scia della consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo? Si ricorda per tutte la sentenza della IV sezione sul caso Contrada contro Italia del 14 aprile 2015 che ha sì ritenuto la violazione dell’articolo 7 Cedu in quanto il concorso esterno all’associazione a delinquere non aveva ancora, fino alla pronuncia delle Sezioni Unite 5 ottobre 1994, Demitry, una base legale, ma che invece, successivamente al 1995, si formò un diritto vivente che ha escluso la violazione del principio di legalità. Il diritto vivente, se è la proiezione nel tempo dell’interpretazione della norma seguita dalla giurisprudenza, rischia di consolidare come può avvenire in questo caso del delitto di false comunicazioni sociali un diritto giurisprudenziale in contrasto con quello scritto. Con il rischio gravissimo di un arretramento del principio di legalità che è un principio di grande garanzia per proteggere la libertà personale dei consociati.