Affinché il comportamento del minore possa considerarsi reato è necessaria non solo la valutazione dell’elemento soggettivo richiesto per la configurabilità dello stesso, ma anche la capacità d’intendere e di volere ex articolo 98 c.p., ossia la capacità del minore di comprendere l’antigiuridicità del fatto, la quale non potendosi presumere, deve essere provata.
Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 13080/18, depositata il 21 marzo. Il caso. Due minorenni, tramite legale, ricorrono per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino con cui erano stati riconosciuti colpevoli del reato di concorso in ricettazione denunciando la mancata valutazione del giudizio di responsabilità nonché della concessione del perdono giudiziale. La capacità d’intendere e di volere. Il Supremo Collegio sottolinea che per i reati commessi dai minori tra i 14 e 18 anni, affinché il comportamento vietato «assurga a reato», è necessaria una valutazione non solo dell’elemento soggettivo richiesto per l’illecito contestato, ma anche «la capacità d’intendere e di volere di cui all’articolo 98 c.p., cioè la capacità del minore di comprendere l’antigiuridicità del fatto e della libertà di tenere un comportamento diverso da quello posto in essere», non essendovi alcuna presunzione né di capacità né d’incapacità indicata dal legislatore. Di conseguenza, «spetta all’accusa l’onere della prova della capacità del minore», laddove l’esame relativo all’immaturità dello stesso deve compiersi «non solo con stretto riferimento al reato commesso ma con auspicabile immediatezza rispetto alla commissione dell’illecito, inevitabilmente influendo il decorso del tempo sul processo stesso di maturazione dell’imputato minorenne». Ebbene, per la Suprema Corte, nell’impugnata sentenza «manca un giudizio in tal senso, così come manca qualsiasi valutazione in ordine alla possibilità di applicare il perdono giudiziale». La Corte quindi annulla la sentenza impugnata con rinvio.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 gennaio – 21 marzo 2018, numero 13080 Presidente Cammino – Relatore Verga Motivi della decisione Ricorrono per cassazione S.L. e S.B. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino, Sez. Penale Minorenni, che il 25.10.2016 in riforma della sentenza del GUP del Tribunale che li aveva assolti dal reato di concorso in ricettazione, in accoglimento dell’impugnazione del Procuratore Generale, li riconosceva colpevoli del reato ascritto e, concesse le circostanze attenuanti generiche, li condannava alla pena di mesi 8 di recl. ed Euro 200,00 di multa. Lamentano la mancata valutazione da parte della corte territoriale della sussistenza o meno della imputabilità e della possibilità di concessione del perdono giudiziale. Deducono anche vizio della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità sostenendo che l’iter logico argomentativo della sentenza non supera il vaglio della logicità e coerenza e comunque non vengono svolte argomentazioni in ordine al ruolo dei prevenuti. Il ricorso è fondato. Per quanto riguarda il reato commesso da minore tra 14 e 18 anni, affinché il comportamento materiale vietato assurga a reato, esso deve essere sostenuto non solo dall’elemento soggettivo richiesto per quella specie di illecito, ma anche dalla capacità di intendere e di volere di cui all’articolo 98 c.p. e cioè dalla capacità del minore di comprendere l’antigiuridicità del fatto e dalla libertà di tenere un comportamento diverso da quello posto in essere. Il legislatore, in particolare, non ha stabilito alcuna presunzione né di capacità né di incapacità, lasciando all’accusa l’onere della prova della capacità del minore, sia cognitiva che volitiva, come di tutti gli altri elementi costitutivi del reato. Con specifico riferimento al tipo d’indagine richiesto per stabilire la capacità del minore occorre altresì considerare che mentre l’incapacità di intendere e di volere derivante da causa psicopatologica ha carattere assoluto, nel senso che essa prescinde, talora, dalla natura e dal grado di disvalore sociale della condotta posta in essere, quella da immaturità ha invece carattere relativo , nel senso che la maturità psichica e mentale del minore è accertabile sulla base di elementi non soltanto psichici, ma anche socio-pedagogici, relativi all’età evolutiva, sicché il relativo esame va compiuto non solo con stretto riferimento al reato commesso ma con auspicabile immediatezza rispetto alla commissione dell’illecito, inevitabilmente influendo il decorso del tempo sul processo stesso di maturazione dell’imputato minorenne Cass. numero 10002 del 1991, numero 4104 del 2011 Rv. 249241 numero 33750 del 2011 . Nella sentenza impugnata manca un giudizio in tal senso, così come manca qualsiasi valutazione in ordine alla possibilità di applicare il perdono giudiziale. L’accoglimento di dette censure assorbe i restanti motivi. La sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’articolo 52, comma 3, D.L.vo numero 196/2003 in quanto imposto dalla legge.