La normativa comunitaria attribuisce agli acquirenti la facoltà, non più l'obbligo, di effettuare le trattenute sul prezzo dei conferimenti di latte che risultino eccedenti rispetto alle quote assegnate ai produttori.
Con la sentenza numero 9476/11 viene confermato l'adeguamento della normativa interna a quella comunitaria, in base alla quale per gli acquirenti di prodotti lattiero-caseari non sussiste un obbligo di trattenere il prelievo supplementare, bensì una mera facoltà.La fattispecie. Un produttore agricolo si rivolgeva al Tribunale, opponendosi al provvedimento con cui la Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia gli aveva ingiunto il pagamento di una sanzione amministrativa, per aver violato l'obbligo di effettuare la trattenuta o di acquisire forme idonee di garanzia nei confronti dei produttori per consegne in eccesso rispetto alle quote latte loro assegnate.Il Tribunale rigettava l'opposizione e il produttore agricolo proponeva ricorso in cassazione, assumendo, tra i vari motivi, che la trattenuta sul prezzo dei conferimenti di latte eccedenti era stata erroneamente considerata obbligatoria dal Tribunale, mentre alla luce dei principi comunitari, essa ha carattere facoltativo non sussisterebbe, quindi, alcuna violazione dell'obbligo e la relativa sanzione non sarebbe pertanto giustificata.La trattenuta del prelievo supplementare da parte degli acquirenti di latte ha natura meramente facoltativa e non obbligatoria. La Corte di Cassazione accoglie il motivo principale di ricorso pur riconoscendo agli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte rispetto alle quote assegnate, la normativa europea Regolamento CE numero 3950/92 non impone alcun obbligo, e ciò viene confermato anche dalla Corte di Giustizia Europea causa C-288/97 . A questo orientamento si è già adeguata la Corte di Cassazione, con una pronuncia a Sezioni Unite del 2006.Va disapplicata la normativa interna incompatibile con quella comunitaria. Le norme poste a fondamento della sanzione, irrogata dalla Regione Lombardia, traducono la facoltà, riconosciuta in sede europea, in un obbligo e ne sanzionano l'inosservanza con l'applicazione di una pena pecuniaria tali norme, però, non sono compatibili con la norma comunitaria citata, nell'interpretazione vincolante che ne ha dato la Corte di Giustizia, e devono quindi essere disapplicate.Con queste motivazioni il Collegio cassa la sentenza impugnata il produttore agricolo non ha violato alcun obbligo sulle quote latte conseguentemente egli non è tenuto al pagamento della relativa sanzione.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 marzo - 28 aprile 2011, numero 9476Presidente Oddo - Relatore MateraSvolgimento del processo1 V.G., all'epoca presidente della P.A.D. Produttori Agricoli Desenzano s.r.l., proponeva opposizione avverso il provvedimento numero 26359 del 26-10-2000, col quale la Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia aveva ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di lire 15.000,00 per la violazione dell'obbligo di effettuare la trattenuta o di acquisire forme idonee di garanzia nei confronti dei produttori che avevano effettuato consegne in eccesso rispetto alle quote loro assegnate, così come previsto dall'articolo 5 commi 3 e 4 l. 468/1992, nonché dall'articolo 1 del D.M. 25-10-1995.La Regione Lombardia si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso.2 Con sentenza depositata il 29-7-2005 il Tribunale di Brescia rigettava l'opposizione, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.Il giudice di merito disattendeva preliminarmente l'eccezione di carenza di legittimazione passiva di V.G., osservando che dall'epigrafe dell'ingiunzione si evinceva chiaramente che il medesimo era destinatario di tale provvedimento nella qualità di legale rappresentante della cooperativa PAD il tutto nel rispetto del principio affermato dalla giurisprudenza, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative, la responsabilità dell'illecito, quale autore materiale della violazione, grava sul legale rappresentante della persona giuridica e non sull'ente rappresentato, soggetto da ritenersi soltanto solidalmente obbligato al pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni irrogate.Il Tribunale riteneva altresì infondata l'eccezione mossa in ordine all'avvenuta notifica dell'ordinanza impugnata al solo V. e non anche alla società, evidenziando, comunque, che la proposizione di tempestiva opposizione da parte della persona giuridica destinataria dell'ingiunzione assumeva rilievo sanante e assorbente.Il giudice territoriale riteneva prive di fondamento anche le censure inerenti alla mancata corrispondenza tra la violazione di legge sanzionata e le violazioni contestate, dando atto che dalla documentazione prodotta dall'Amministrazione regionale si evinceva che la mancata prestazione, da parte dei produttori conferenti la ditta PAD, di forme di garanzia alternative alla trattenuta, era stata adeguatamente contestata all'esito dell'audizione ex articolo 18 l. 689/1981.Nel merito, infine, il Tribunale riteneva infondato, alla luce dell'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza numero 1236 del 30-1-2002, l'assunto dell'opponente, secondo cui l'effettuazione delle trattenute sul prezzo dei conferimenti di latte eccedenti rispetto alle quote assegnate a ciascun produttore avrebbe carattere meramente facoltativo e non obbligatorio.Per la cassazione di tale sentenza ricorre V.G., già presidente e legale rappresentante della P.A.D. Produttori Agricoli Desenzano s.r.l., sulla base di cinque motivi.La Regione Lombardia resiste con controricorso.In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria.Motivi della decisione1 Preliminarmente va esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Regione Lombardia.La resistente sostiene che il V. non era legittimato a proporre in proprio il ricorso, non essendo stato parte nel giudizio di opposizione. Evidenzia, infatti, che tale giudizio è stato promosso da altro soggetto, la Cooperativa PAD, in persona del suo legale rappresentante all'epoca il V. e che di ciò è dato atto nella sentenza impugnata, che in epigrafe identifica quale parte opponente unicamente tale persona giuridica.L'eccezione è infondata.È pacifico, in giurisprudenza, che, la legittimazione alle impugnazioni diverse dell'opposizione di terzo, e, in particolare, al ricorso per cassazione, spetta in via esclusiva a chi abbia formalmente assunto la qualità di parte, alla stregua delle risultanze della decisione impugnata, nel giudizio di merito, e, pertanto deve essere negata in favore di altri soggetti, con la consequenziale inammissibilità dell'impugnazione da essi proposta Cass. 21-2-2006 numero 3688, Cass. 1-7-1998 numero 6416, Cass. S. U. 18-11-1994 numero 9753 Cass. 19-2-1990 numero 115 .Nel caso di specie, è vero che nell'epigrafe della sentenza impugnata viene indicata quale parte opponente esclusivamente la società PAD, in persona del legale rappresentante V.G Dalla motivazione della stessa sentenza, tuttavia, si evince che l'ordinanza ingiunzione è stata emessa sia nei confronti della PAD che nei confronti del V. in proprio, e che l'opposizione è stata proposta da quest'ultimo sia in proprio che quale legale rappresentante della società. Il Tribunale, infatti, ha da un lato disatteso l'eccezione di difetto di legittimazione del V., dando atto che quest'ultimo risultava destinatario del provvedimento sanzionatorio nella veste di legale rappresentante della PAD e, quindi, di autore materiale dell'illecito e responsabile dell'obbligazione, e dall'altro ha rilevato che l'omessa notifica dell'ordinanza ingiunzione alla persona giuridica, obbligata in solido, doveva considerarsi sanata dalla proposizione di tempestiva opposizione da parte della stessa.Orbene, è evidente che con tali statuizioni il giudice di merito ha sostanzialmente riconosciuto la qualità di parti opponenti sia alla PAD che al V. in proprio. Quest'ultimo, pertanto, avendo preso parte al giudizio di merito conclusosi con la sentenza impugnata, è legittimato a ricorrere per cassazione avverso tale decisione.2 Col primo motivo il V., denunciando la violazione degli articolo 2, 3, 6 e 7 della legge numero 689/1981, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l'eccezione di carenza di legittimazione passiva del V Sostiene che la responsabilità dell'illecito amministrativo non può gravare sul legale rappresentante della società allorché quest'ultimo, come nel caso di specie, non abbia posto materialmente in essere l'illecito.Col secondo motivo il ricorrente, lamentando la violazione degli articolo 14, 18, 22 e 23 della legge numero 689/1981, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza di merito nella parte in cui ha disatteso l'eccezione di nullità del provvedimento sanzionatorio notificato solo nei suoi confronti e non della persona giuridica da lui rappresentata. Deduce che la motivazione resa dal Tribunale non è corretta, sia perché l'opposizione è stata proposta solo dal V. come persona fisica che all'epoca dei fatti rivestiva la qualifica di presidente della società PAD , unico soggetto al quale è stata notificata l'ordinanza ingiunzione, sia perché tale provvedimento non è stato notificato a nessuno dei soggetti che avrebbero dovuto esserne destinatari, vale a dire il responsabile dell'illecito e la coobbligata PAD. Assume che nella specie non si verte in un'ipotesi di nullità, ma di inesistenza della notifica, e che la mancata notifica dell'ordinanza ingiunzione ad uno dei destinatari invalida tale provvedimento.Col terzo motivo il V., deducendo la violazione degli articolo 13, 14 e 18 della legge numero 689/1981, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, impugna la sentenza nella parte in cui ha disatteso la censura attinente alla mancata corrispondenza tra le violazioni di legge sanzionate e le violazioni contestate. Fa presente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la Regione Lombardia non ha mai contestato né al V. né alla società PAD la mancata adozione di forme di garanzia alternative alla trattenuta.Col quarto motivo il ricorrente, denunciando la violazione dell'articolo 2 numero 2 del regolamento C.E. numero 3950/1992 e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, si duole del fatto che il Tribunale ha ritenuto sussistere, a carico degli acquirenti, l'obbligo di effettuare le trattenute sul prezzo dei conferimenti di latte che risultino eccedenti rispetto alle quote assegnate a ciascun produttore. Sostiene che, al contrario, alla luce dei principi enunciati dalla Corte Comunitaria Europea con sentenza del 29-4-2009, la trattenuta costituisce una mera facoltà riconosciuta all'acquirente e che, pertanto, la Cooperativa PAD non aveva alcun obbligo di effettuare la trattenuta relativa alle eccedenze relative all'annata 1998-1999.Col quinto motivo il V., lamentando violazione di legge e vizi di motivazione, assume che, non sussistendo obbligo di trattenuta, non può ritenersi obbligatorio nemmeno il ricorso a meccanismi alternativi alla trattenuta dei prelievi. Fa presente, in ogni caso, che nella specie la PAD aveva ottenuto sufficienti garanzie dai suoi conferenti.3 Per ragioni di ordine logico-giuridico va esaminato in primo luogo il quarto motivo di ricorso.Con sentenza del 12-12-2006 numero 26434 le Sezioni Unite di questa Corte, mutando un precedente e contrario orientamento giurisprudenziale, hanno affermato, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 29-4-1999, che l'articolo 2, numero 2, del Regolamento del Consiglio CEE numero 3950 del 1992 deve essere interpretato nel senso che, pur avendo gli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte e dei prodotti lattiero-caseari, tale disposizione non impone alcun obbligo agli acquirenti medesimi e che, pertanto, gli articolo 5 e 11 della legge 26-11-1992, numero 468, ove traducono detta facoltà in un obbligo e ne sanzionano l'inosservanza con l'applicazione di una pena pecuniaria, non sono compatibili con la predetta norma comunitaria, nell'interpretazione vincolante resa dalla Corte di Giustizia, e devono quindi essere disapplicati.In applicazione di tale principio, pienamente condivisibile, deve ritenersi la fondatezza del motivo in esame, coi quale si deduce la natura meramente facoltativa e non obbligatoria della trattenuta del prelievo supplementare da parte degli acquirenti.È di tutta evidenza, inoltre, che, una volta esclusa l'obbligatorietà della trattenuta in questione, non può ritenersi obbligatoria nemmeno l'acquisizione di idonee forme di garanzia, prevista dalla stessa normativa nazionale in alternativa a tale trattenuta sicché risulta fondato anche il quinto motivo di ricorso.Gli altri motivi di impugnazione sono assorbiti.3 In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata.Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. può decidere la causa nel merito, accogliendo l'opposizione proposta dal V., in proprio, avverso l'ordinanza ingiunzione emessa nei suoi confronti.In considerazione del contrasto giurisprudenziale registratosi in materia, sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di merito e di quello di cassazione.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione proposta dal V. avverso l'ordinanza ingiunzione. Dichiara integralmente compensate le spese di tutti i gradi del giudizio.