Il divieto di abuso del diritto è già scritto in Costituzione

L'esistenza nell'ordinamento tributario del generale divieto di abuso del diritto consente il disconoscimento degli effetti di qualunque negozio posto in essere solo per vantaggi fiscali anche se, al tempo della violazione, la norma ad hoc non esisteva. È sufficiente il generale canone antielusivo che impedisce qualunque indebito risparmio di imposta. Vige nell’ordinamento italiano un principio generale antielusivo che «si radica nella Costituzione e che batte ogni riferimento temporale».

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza 14494, depositata il 14 agosto 2012. Indebiti benefici fiscali. Il caso riguardava un accertamento nei confronti di una società che aveva concesso in locazione dei terreni a una ditta individuale il cui titolare era legato da rapporti di parentela con l'amministratore della società. Secondo l’erario, l'attività di commercializzazione dei prodotti agricoli era svolta dalla stessa società e non dalla ditta individuale che, così operando, aveva ottenuto indebiti benefici fiscali. Il giudice del gravame, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha riconosciuto le ragioni del contribuente sottolineando, in particolare, che l'affitto dei terreni era avvenuto in epoca ben anteriore all'entrata in vigore nell'ordinamento della norma antielusiva contestata articolo 37 bis D.p.r. numero 600/73 . Risparmio di imposta sospetto. Il ricorso in Cassazione del fisco ha evidenziato che in realtà l'operazione era avvenuta al solo scopo di fruire di agevolazioni fiscali per trasferire la commercializzazione in capo alla ditta individuale e che, in tal senso, vi erano anche riscontri, non considerati dal giudice di secondo grado. I giudici hanno ribadito che il generale principio di divieto di abuso del diritto, di derivazione costituzionale, comporta l'esistenza di una clausola generale antielusiva, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto di strumenti idonei a conseguire un risparmio di imposta. In difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dal mero risparmio fiscale, tali operazioni sono censurabili. A nulla rileva che l'eventuale norma contestata a articolo 37 bis D.p.r. numero 600/73 sia stata introdotta e sia entrata in vigore dopo i fatti in questione. A parere dei giudici, l'introduzione, benché successiva, della disposizione normativa, conferma indirettamente l'illiceità fiscale dell'operazione stessa. Principio antielusivo immanente nell'ordinamento. Sussiste, in definitiva, il potere dell'amministrazione di disconoscere la deducibilità della componente passiva esposta dalla contribuente ritenendola inopponibile in forza del generale principio antielusivo, immanente nell'ordinamento, e la cui fonte va rinvenuta nei principi di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione di cui all'ar. 53 della Costituzione. Il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale. L 'articolo 37-bis d.p.r. numero 600/1973, rappresenta «un mero sintomo dell'esistenza di una preesistente regola generale» dell’abuso del diritto Cass. numero 12042/2009 Il principio del divieto dell'abuso di diritto, in virtù del suo fondamento costituzionale, diventa, conseguentemente, il riferimento normativo da rispettare, scalzando l'articolo 37-bis d.p.r. numero 600/1973. Da norma antielusiva generale diviene solo una norma figlia di tale principio, con l'ulteriore conseguenza che non è possibile sostenere che una determinata operazione non presenti caratteristiche di elusività perché non rientrante nell'alveo della portata precettiva del citato articolo 37 bis.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, sentenza 4 luglio – 14 agosto 2012, numero 14494 Presidente Cicala – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana numero 65/35/09, depositata il 28 ottobre 2009, con la quale, accolto l’appello della società Poggio Antico srl. contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione della medesima inerente all'avviso di accertamento in rettifica relativamente all'Irpeg, Irap ed Iva per il 2003, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che l'atto impositivo si basava contestualmente sull'interposizione fittizia e dall'elusione fiscale, il che non era possibile, trattandosi di normative diverse, attinenti a presupposti differenti, per i quali peraltro quell'avviso difettava di chiarezza al riguardo, anche perché la disciplina antielusiva dì cui all'articolo 37 bis Dpr. numero 600/73, introdotta col D.lgs. numero 358/97, non poteva avere efficacia retroattiva nel rapporto fiscale in argomento, atteso che il contratto di affitto del terreno di proprietà della contribuente alla ditta individuale Fattoria di Poggio Antico di G.A. era stato stipulato nel 1995, e quindi in epoca anteriore. La Poggio Antico resiste con controricorso, ed ha depositato memoria. Motivi della decisione 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che in realtà la contribuente aveva stipulato il contratto di affitto con la sorella dell'amministratore delegato al solo scopo di fruire dell'agevolazione fiscale con la ditta individuale, e quindi con abuso del diritto, oltre che con conseguente elusione delle imposte. Il motivo è fondato, in quanto, com’è noto, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati nella specie, imposte sui redditi , nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività della imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione, come nella specie, Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza numero 30055 del 23/12/2008 Sent. numero 12237 del 2008 , ancorché la disciplina specifica contro l’elusione già era stata ancor prima espressamente prevista nell'ordinamento nazionale con l'articolo 10 L. numero 408/90. 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacché il giudice di appello non considerava che l'avviso di accertamento era basato sui relativi presupposti, costituiti dalla commercializzazione dei vini direttamente dalla società Poggio Antico e non dalla Fattoria i rappresentanti incaricati della vendita venivano contattati direttamente dalla contribuente e non da G.A. , che risiedeva negli Stati Uniti i numeri di telefono e fax rinvenuti nella documentazione erano proprio quelli della Poggio Antico gli uffici della Fattoria erano quelli della contribuente gli impiantì, compresi i computer collegati in rete, appartenevano alla prima il soggetto interposto viveva negli Stati Uniti, tanto che aveva rilasciato procura generale all'amministratore della Poggio, e cioè la sorella P. . Si tratta all'evidenza di censura, che rimane assorbita dal motivo come sopra esaminato. 4. Anche il terzo motivo, attinente alla carenza di valide ragioni economiche, o al conseguimento dì riduzione di imposte rimane assorbito. 5. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Toscana, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto, posto che la causa non può essere decisa nel merito ex articolo 384, comma 2 cpc, atteso che occorrono ulteriori accertamenti di fatto. 6. Quanto alle spese dell'intero giudizio, esse saranno liquidate dal giudice del rinvio stesso. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana, altra sezione, per nuovo esame.