Cronache di una “svolta” annunciata: la Cassazione declina il decalogo delle condotte incriminanti

Non è prospettabile, alla luce del chiaro dettato normativo, l’ipotesi di cui all’art. 3, legge 20 febbraio 1958 n. 75 sub specie di tolleranza della prostituzione nel caso in cui l’attività di meretricio non venga svolta in locali aperti al pubblico o utilizzati dal pubblico.

Ai fini della configurabilità della condotta incriminante di favoreggiamento della prostituzione è necessario che sussistano prestazioni ed attività ulteriori, poste in essere dal proprietario o dal titolare dell’immobile, ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione del medesimo a prezzo di mercato. A ribadirlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 32097 del 24 luglio 2013. Il caso. Il ricorrente, proprietario di immobili, locava un appartamento a persone che esercitavano la prostituzione. L’immobile veniva colpito da sequestro preventivo poggiante sulla configurazione, a carico del proprietario del reato di favoreggiamento, ovvero di tolleranza della prostituzione. Avverso il provvedimento del tribunale del riesame, con il quale veniva respinta la richiesta di restituzione, formulava ricorso per cassazione l’indagato deducendo erronea applicazione della norma penale, sub specie dell’art. 3, legge n. 75/58, nonchè violazione di legge per inesistenza del fumus e del periculum relativamente al reato contestato, per omessa motivazione o motivazione apparente. La Corte ha accolto il ricorso. La norma incriminatrice. Le fattispecie incriminatrici contenuti nella legge Merlin”, almeno con riferimento a quelle trattate dalla pronuncia in commento destinata certo a costituire precedente giurisprudenziale fondamentale per la ricostruzione della responsabilità penale in capo al soggetto la cui condotta sia posta in essere nei confronti di chi eserciti la prostituzione, sono da ricomprendersi in quelle definite a forma libera” dunque, potenzialmente, capaci d’essere integrate attraverso una molteplicità, spesso indefinita ed indefinibile, di condotte. Da qui la possibilità concessa alla Giurisprudenza, di merito e di legittimità, di individuarne gli estremi pressoché in ogni attività posta in essere nei confronti della prostituta allorché l’agente fosse a conoscenza che essa veniva ad essere svolta in rapporto o nei confronti di chi esercitava, o si apprestava ad esercitare, l’attività di meretricio che essa esercitava o si apprestava ad esercitare. Cosicché si sono verificate e contestate ipotesi di favoreggiamento della prostituzione nei confronti di taxisti soliti accompagnare, a pagamento, la prostituta sul luogo di lavoro, di agenzie immobiliari che avevano intermediato, senza richiedere compenso differente rispetto a quanto correntemente previsto, nella locazione di immobile presso cui la prostituta avrebbe esercitato la propria attività e proprietari che locavano direttamente gli appartamenti di proprietà a prostitute che all’interno di essi avrebbero esercitato meretricio. La ratio della contestazione formulata poggiava sulla capacità delle condotte incriminate di costituire una sorta di illiceità dell’obbligazione assunta che, svolgendosi nei confronti di una prostituta finiva in ultima analisi a porsi in rapporto con l’attività stessa di meretricio e quindi, a favorirla. Ovviamente anche in quei casi in cui l’obbligazione veniva assunta e svolta in totale conformità con i parametri di mercato. In altra parole condotte ex se lecite divenivano illecite perché poste concretamente in essere nei confronti di una prostituta nella consapevolezza che essa le utilizzasse” ai fini dell’esercizio della propria attività di meretricio. L’interpretazione richiamata, e fatta propria dalla sentenza Donati” Cass. Sez. III 8345/2000 , è apparsa, almeno a chi scrive, assolutamente maggioritaria e fatta oggetto di ben poche critiche. Critiche che, invece, a leggere la pronuncia resa dalla terza sezione penale della Corte, sembrano avere avuto portata e momento assolutamente differenti da quanto l’interprete concretamente poteva rilevare. Lecita la locazione dell’immobile da parte del proprietario consapevole del fatto che in esso si eserciterà la prostituzione. La pronuncia n. 32097/13 ricostruisce un percorso storico della norma, partendo dal corretto ed innegabile principio costituito dalla liceità in sé della prostituzione, affermato a chiare lettera dalla stessa norma incriminate che, ricorda il Giudice, aveva quale finalità quella di tutelare la libertà di autodeterminazione della prostituta e del libero svolgimento della sua attività e della sua dignità . Partendo da detto assunto, lo si ripete condivisibile, la Corte di Cassazione ripercorre la storia non già della norma, immodificata raro caso dal 1958, ma della applicazione che della stessa si è data nel tempo, affermando, in ben due significativi passaggi vv. paragrafo 7 e paragrafo 8 come essa debba essere applicata tenendo conto dell’evoluzione della oggettiva ratio legis e dei beni ed interessi sociali tutelati ” ovvero affermando, apertis verbis, come il compito del giudice, in materia penale, sia quello di vestire e dar corpo alla norma non alla luce del proprio tenore letterale o della mera interpretazione che del medesimo può fornirsi, ma della norma e della interpretazione giuridica che di essa può fornirsi, alla luce dell’evoluzione della oggettiva ratio legis e dei mutamenti dei valori e degli interessi sociali tutelati. Il che è affermare che la ratio legis, immutabile per sua natura, è soggetta a mutamento a seconda del mutato intendimento del legislatore e della coscienza sociale. L’affermazione, ad una sua attenta lettura, è, almeno per me preoccupante. Non tanto nel caso concreto, quanto laddove essa venisse ritenuta, come credo sia in realtà ritenuta dagli ermellini, criterio valido per ogni pronuncia giudiziale. Basti pensare a pronunce rese in base alla mutata ratio legis in tema di immigrazione clandestina in epoca anteriore al viaggio a Lampedusa di Francesco, oppure in tema di corruzione la ratio legis e la coscienza siamo sicuri che non intendano la corruzione cosa differente rispetto a quella indicata dal Legislatore del tempo ? oppure ancora in caso di applicazione di norme processuali ma forse in questi campo la vicenda stupirebbe meno atteso il pervicace lavoro che in punto da anni svolge la giurisprudenza . Ciò che colpisce è la tranquillità con cui gli ermellini giustificano il proprio potere, evidentemente auto concesso, di farsi non solo potere che applica la norma ma addirittura potere che riscrive la norma a seconda delle mutate esigenze ed interessi della società. Mutamenti delle esigenze e degli interessi di cui non si preoccupano di indicare metodi di percezione e di rilevazioni, finendo così per collegarli, unicamente alla propria sensibilità. Sensibilità ed acume certo spiccato ma appartenete pur sempre ad un ristretto ristrettissimo? numero di persone atteso che il Collegio Giudicante si compone di 5 membri . Ciò posto la pronuncia appare essere condivisibile, se non in relazione al contenuto precettivo della norma, che forse meriterebbe un approfondimento maggiore in tema di prezzi di mercato” ed alla possibilità che l’immobile venga locato non anche a fini abitatativi ama esclusivamente ai fini di dar corso all’esercizio della prostituzione. La pronuncia in commento pare risolvere il problema affermando la liceità della condotta del locatore dell’immobile anche nel caso in cui questi proceda alla stipula del contratto sapendo che l’appartamento non verrà adibito anche ad abitazione testualmente affermando paragrafo 7 ultimo alinea non si vede pertanto la ragione per la quale la condotta del proprietario di un appartamento, che si limiti a darlo in godimento a prostitute perché vi abitino o vi esercitino l’attività, senza ulteriori e diverse prestazioni agevolatrici, debba rispondere di favoreggiamento – omissis – . L’uso della disgiuntiva o” non lascia spazio a dubbi. Così come l’uso del plurale prostitute pare consentire la locazione anche a più persone. L’utilizzo dei termini al femminile invece pare potersi ascrivere ad una forma di atavismo culturale, che mal si attaglia al restante tenore della pronuncia, che non riesce a comprendere i mutati costumi culturali che vedono invece ben affermata l’offerta, sospinta dalla domanda, di prestazioni offerte da appartenenti ad uno dei vari generi sessuali. Ora pare potersi affermare che la locazione dell’immobile da parte del proprietario consapevole del fatto che in esso si eserciterà la prostituzione sia definibile attività assolutamente lecita. Alcune osservazioni. Ciò che è impedito è il compimento di attività di agevolazione della prostituzione. Attività su cui evidentemente si sposterà il focus del giudice-legislatore”. Ad esempio, la locazione dell’immobile con la possibilità di usufruire di un servizio settimanale di pulizie sarà considerata agevolazione ? L’applicazione di un videocitofono sarà considerata agevolazione ? La predisposizione di arredi o sanitari particolari” come verrà qualificata? Il servizio di portierato agevolerà o impedirà? Ma ancora, e francamente questo mi pare il tema maggiormente interessante qualora il contratto fosse stipulato da più persone, fra loro riunite da vincolo mutualistico anche non necessariamente dichiarato ed avesse ad oggetto un immobile destinato all’esercizio del meretricio ricordiamoci la disgiuntiva contenuta nel passaggio della sentenza sopra riportato la condotta del proprietario che consenta una simile locazione sarebbe da considerarsi quale favoreggiamento oppure no ? A me pare di poter azzardare che una corretta e compiuta lettura della pronuncia in esame dovrebbe portare ad escludere qualsiasi rilievo penale della condotta posta in essere. Così come, indubitabilmente, priva di requisiti di illiceità sarebbe la condotta posta in essere da chi all’interno dell’appartamento eserciti il meretricio. Con il che si perverrebbe, ex factu , alla possibilità di esercizio dell’attività di prostituzione in forma organizzata. A patto che detta organizzazione si fondi su spirito di carattere mutualistico. Il tutto ritornando ad un diritto che rinuncia alla pretesa forse davvero esagerata di svolgere una funzione pedagogico-educativa ma che si limita” a dare regola a quei fenomeni sociali che sono già presenti ed in atto nella società in cui opera. Un diritto insomma, e non me ne vogliano i cultori della materia, che si avvicina, almeno così mi pare di poter dire, a quel diritto romano che ho studiato, ahimè qualche anno fa, all’università. Un diritto che viene scritto” dalla pronuncia giurisprudenziale. Un diritto che ha sempre meno necessità del Legislatore. Un diritto che rischia di travolgere anche i limiti imposti dal legislatore Costituente in tema di tassatività e tipicità dell’illecito penale. Un diritto che, anche sotto il profilo della applicazione concreta, risente di quel fenomeno, deprecabile, che interpreti più autorevoli di me, hanno identificato quale legislazione di pancia”. Ciò che è certo è che, volenti o nolenti, il sistema giuridico italiano sta mutando pelle, radicalmente e velocemente. Purtroppo senza che ci sia alle spalle un disegno ed una proposta condivisa.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 marzo - 24 luglio 2013, numero 32097 Presidente Squassoni – Relatore Franco Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Chieti ha rigettato l'appello proposto da B.N. avverso l'ordinanza 29.6.2012 del Gip del tribunale di Chieti, di rigetto della richiesta di restituzione di un appartamento sito in Ortona e sottoposto a sequestro preventivo con provvedimento del 16.5.2012 essendosi configurato il reato di favoreggiamento ovvero di tolleranza della prostituzione in quanto dato in locazione a persone che esercitavano la prostituzione. 2. L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo 1 erronea applicazione dell'art. 3 legge 20 febbraio 1958, numero 75, perché, pur ammettendo che sia possibile una contestazione alternativa, nella specie non è ipotizzabile neppure in astratto l'ipotesi delittuosa della tolleranza dell'altrui prostituzione, dato che non si tratta di locali aperti al pubblico o utilizzabili dal pubblico. Neppure è configurabile l'ipotesi del favoreggiamento, che non è integrata dalla mera locazione di un appartamento ad una prostituta, nemmeno qualora il locatore sappia che il locatario vi svolgerà appunto attività di prostituzione. 2 violazione di legge inesistenza del fumus del reato e del periculum in mora relativamente al reato di cui all'art. 3, numero 8, legge 20 febbraio 1958, numero 75 omessa motivazione o motivazione meramente apparente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in quanto dagli stessi elementi risultanti dalla ordinanza impugnata emerge che nella specie non sussistono né l'astratta configurabilità né, tanto meno, il fumus dei due reati ipotizzati di tolleranza della prostituzione o di favoreggiamento della prostituzione. 2. È innanzitutto di tutta evidenza l'insussistenza del reato di cui all'art. 3, numero 3, della legge 20 febbraio 1958, numero 75, il quale punisce chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione ”. Il delitto di tolleranza abituale della prostituzione, pertanto, richiede che si tratti di un locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico quale albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo , nel cui interno il preposto, gerente o proprietario tolleri abitualmente la presenza di persone che esercitino la prostituzione. Da tale disposizione si ricava anche che la mera tolleranza dell'altrui prostituzione in locali non aperti al pubblico o non utilizzati dal pubblico, di per sé, non è prevista come reato. Del resto, il comma 2 dell'ari 3 della legge 20 febbraio 1958, numero 75, prevede, in caso di accertamento della condotta di tolleranza abituale della prostituzione, le pene accessorie della perdita della licenza d'esercizio od anche della chiusura definitiva dell'esercizio, evidentemente inapplicabili nella fattispecie in esame. Ne consegue che l'ipotesi in esame - tolleranza - nella specie non è prospettabile nemmeno in astratto, non trattandosi di locali aperti al pubblico o utilizzati dal pubblico. 3. Non è nella specie configurabile nemmeno il reato di favoreggiamento della prostituzione. Secondo una giurisprudenza da tempo affermata e prevalente, non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi conceda in locazione, a prezzo di mercato mentre qualora il canone sia superiore potrebbe ipotizzarsi lo sfruttamento , un appartamento ad una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione Sez. III, 6.5.1971, numero 999, Campo, m. 119000 Sez. III, 5.3.1984, numero 4996, Siclari, m. 164513 Sez. III, 3.5.1991, numero 6400, Tebaldi, m. 188540 Sez. III, 19.5.1999, numero 8600, Campanella, m. 214228 . Questo orientamento, che qui deve essere ribadito, è stato da ultimo riaffermato, tra l'altro, anche da Sez. III, 12.1.2012, numero 7076, Moscoloni, m. 252099 Sez. III, 22.5.2012, numero 36595, T., m. 253390 Sez. III, 11.12.2012, numero 3088 del 2013, Nannetti . Il Gip ha peraltro ritenuto di discostarsi da questo ormai prevalente orientamento richiamando Sez. III, 23.5.2007, numero 35373, Galindo Ortiz, m. 237400 secondo cui Costituisce favoreggiamento della prostituzione il mettere a disposizione di una prostituta, anche a titolo di locazione, un appartamento, in quanto ciò costituisce attività idonea a procurare favorevoli condizioni per l'esercizio della prostituzione stessa ” nonché Sez. III, 13.4.2000, numero 8345, Donati, m. 217080. In realtà, però, a parte il non condivisibile principio affermato, la sentenza Galindo Ortiz, nella motivazione, richiede pur sempre che, per aversi favoreggiamento, vi siano prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione a prezzo di mercato. La sentenza Donati, poi, sostiene proprio l'orientamento qui ribadito e rileva giustamente che è vero che il legislatore incrimina chiunque favorisca in qualsiasi modo la prostituzione altrui, e che la giurisprudenza corrente ritiene irrilevante per l'integrazione del reato il movente che determina la condotta anche se è significativo sottolineare che in genere queste sentenze affermano l'irrilevanza del motivo per escludere specificamente la necessità del fine di lucro o del fine di servire l'altrui libidine. Ma è pur sempre necessario che la condotta materiale concreti oggettivamente un aiuto all'esercizio del meretricio in quanto tale. Se invece l'aiuto è prestato solo alla prostituta in quanto persona, non può configurarsi il reato di favoreggiamento, se non a costo di conseguenze aberranti non solo sul piano dell'etica e del senso comune ma anche in rapporto alla ratio e alla intentio legis . A ben vedere, è proprio per evitare queste aberrazioni che una giurisprudenza ormai affermata ha escluso il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione un appartamento a una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione cfr. Cass. Sez. III, numero 4996 del 29.5.1984, ud. 5.3.1984, Siclari, rv. 164513 Cass. Sez. III, numero 6400 del 10.6.1991, ud. 3.5.1991, Tebaldi, rv. 188540 . Infatti, se la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell'immobile locato una casa di prostituzione nel qual caso ricorrerebbe l'ipotesi di cui al numero 2 dell'art. 3 legge 75/1958 , la condotta del locatore non configura propriamente un aiuto alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito a quest'ultima di realizzare il suo diritto all'abitazione. Insomma l'aiuto o più esattamente il negozio giuridico riguarda la persona e le sue esigenze abitative, e non la sua attività di prostituta. E vero che indirettamente ne è agevolata anche la prostituzione ma questo rapporto indiretto non può essere incluso nel nesso causale penalmente rilevante tra condotta dell'agente ed evento di favoreggiamento della prostituzione — In verità - com'è noto - secondo la legge 75/1958 la prostituzione per se stessa non è prevista come reato, mentre è penalmente sanzionata ogni attività che induca, favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, giacché il legislatore è mosso dallo scopo evidente di evitare che il mercimonio del sesso penalmente irrilevante, ma socialmente riprovevole sia comunque incentivato o agevolato da interessi o da comportamenti di terzi. Orbene, anche quando il reato previsto è a forma libera come il favoreggiamento e lo sfruttamento, che possono essere commessi in qualsiasi modo , la condotta dell'agente deve essere legata all'evento da un nesso causale penalmente rilevante. Poiché l'evento del reato non è la prostituzione, bensì - nella fattispecie de qua - l'aiuto alla prostituzione, ciò significa che esula il reato ove la condotta dell'agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti. È alla luce di questi principi che appare corretta e condivisibile anche quella giurisprudenza secondo cui chi fa il cameriere al servizio di una donna che si prostituisce non incorre nel reato di favoreggiamento se la sua opera non oltrepassa i limiti delle mansioni tipiche del collaboratore domestico sicché aprire la porta e colloquiare con le persone in attesa, pur con la piena consapevolezza delle ragioni della visita di costoro, non costituiscono fatti specifici di interposizione personale, idonei a facilitare l'esercizio della prostituzione Cass. Sez. III, numero 2296 del 23.2.1999, ud. 13.1.1999, Nanno, rv. 213155 mentre incaricarsi delle iscrizioni pubblicitarie, anche da parte di una collaboratrice domestica, integra il favoreggiamento Cass. Sez. III, numero 6280 del 6.7.1983, c.comma 11.4.1983, Aquilanti, rv. 159795 ”. 4. Deve pertanto essere qui confermato il principio che non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione a prezzo di mercato un appartamento ad una prostituta, anche se sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione. La locazione di un appartamento ad una prostituta anche per svolgervi l'attività potrebbe eventualmente integrare il favoreggiamento esclusivamente qualora, oltre al godimento dell'immobile, vengano dal locatario fornite ulteriori specifiche prestazioni o attività che esulino dall'ambito del contratto di locazione ed in concreto agevolino l'esercizio della prostituzione, come nei casi, esaminati dalla giurisprudenza, del locatario che si incarichi delle inserzioni pubblicitarie, o fornisca profilattici, o aiuti a ricevere i clienti, e così via. Nella specie, non è stato nemmeno prospettato che l'indagato abbia in concreto fornito prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in godimento dell'appartamento. 5. La locazione ad una prostituta di un appartamento anche per svolgervi l'attività potrebbe invece integrare il diverso reato di sfruttamento della prostituzione qualora vi sia la prova che il locatore, attraverso la riscossione di un canone sicuramente esagerato e sproporzionato rispetto a quelli di mercato, tragga un ingiusto vantaggio economico dalla prostituzione altrui. Nella specie, ciò è stato escluso dalla stessa ordinanza del Gip del 29.6.2012, dalla quale risulta che gli appartamenti erano affittati a prezzo di mercato. 6. La locazione potrebbe infine integrare il reato di locazione al fine di esercizio di una casa di prostituzione, previsto dall’art. 3, comma 2, legge 20 febbraio 1958, numero 75, il quale però richiede quali elementi costitutivi di cui ovviamente il locatore deve essere consapevole non solo il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone nel locale, ma anche e soprattutto l'esistenza nello stesso locale di una certa organizzazione finalizzata appunto all'attività di prostituzione. Invero, secondo il prevalente e più convincente orientamento di questa Corte, per integrare il concetto di casa di prostituzione previsto nei numeri 1 e 2 dell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958 numero 75 è necessario un minimo, anche rudimentale, di organizzazione della prostituzione, che implica una pluralità di persone esercenti il meretricio ” Sez. III, 19.5.1999, numero 8600, Campanella, m. 214228 per integrare il concetto di casa di prostituzione, è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali ed, all'interno dello stesso locale, l'esistenza di una sia pur minima forma di organizzazione ” Sez. III, 16.4.2004, numero 23657, Rinciari, m. 228971 , con la conseguenza che Il reato di chi, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa, la concede in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione non sussiste, pertanto, quando il locatore conceda in locazione l'immobile ad una sola donna, pur essendo consapevole che la locataria è una prostituta, e che eserciterà nella casa locata autonomamente e per proprio conto ” Sez. III, 19.5.1999, numero 8600, Campanella, m. 214228, cit. e persino che Non integra il reato di locazione di immobile alfine dell'esercizio di una casa di prostituzione concedere in locazione un appartamento all'interno del quale, sebbene con frequente turnazione, venga esercitata la prostituzione di volta in volta da una sola donna ” Sez. III, 16.4.2004, numero 23657, Rinciari, m. 228971, cit. . Questo orientamento è stato da ultimo ulteriormente confermato da Sez. III, 28.9.2011, numero 38941, Pastorelli, m. 251385 che ha anche rilevato come non convince il contrario indirizzo Sez. III, 5.11.1999, numero 2730, Gori, m. 215760 Sez. III, 27.2.2007, numero 21090, Petrosillo, m. 236739 , alle cui considerazioni, per brevità, si fa qui richiamo. Nella specie non è contestata l'esistenza di una attività di organizzazione, oltre che la presenza di una pluralità di persone che esercitassero contemporaneamente e in modo organizzato il meretricio nell'appartamento. 7. L'orientamento che qui si conferma nel senso della inesistenza del reato di favoreggiamento nel caso di locazione di un appartamento ad una prostituta per soddisfare le sue esigenze abitative o anche per svolgervi la prostituzione appare, del resto, conforme anche ad una interpretazione sistematica e razionale del sistema normativo, che peraltro tenga anche conto dell'evoluzione della oggetti va ratio legis e dei beni ed interessi sociali tutelati. La giurisprudenza si è invero andata evolvendo nel senso di ritenere, ad esempio, che non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la condotta del gestore di un sito internet, che pubblichi gli annunci pubblicitari delle prostitute, quand'anche corredati delle foto, senza svolgere alcuna attività di collaborazione organizzativa, come ad esempio la predisposizione di servizi fotografici nuovi, dal momento che tale condotta, al pari di quella del direttore di un tradizionale organo di informazione a mezzo stampa, che pubblichi annunci pubblicitari dell'attività svolta da prostitute, deve essere considerata come un normale servizio svolto a favore della persona” che esercita il meretricio e non della prostituzione Sez. III, 12.1.2012, numero 4443, M., m. 251971 Sez. III, 18.3.2009, Sacchetti, m. 244266 o la condotta del conducente di un taxi, che si limiti ad accompagnare con l'autovettura sul luogo di lavoro persone dedite al meretricio, anche fuori dall'orario di servizio, facendo pagare le ordinarie tariffe per la corsa, in quanto tale attività costituisce adempimento dell'obbligazione oggetto del contratto di trasporto Sez. Ili, 14.6.2007, numero 35718, Cavina, m. 237551 o la condotta dell'albergatore che si limiti a fornire alle prostitute la disponibilità delle camere, alla normale tariffa, senza porre in essere ulteriori attività di specifica agevolazione del meretricio, quali la mancata identificazione dei clienti e la loro non registrazione Sez. III, 23.11.2006, numero 41620, Pizzaleo, m. 235468 Sez. II, 12.10.1999, numero 13584, Roero, m. 215280 . In tutti questi casi si tratta di soggetti che stipulano con la prostituta un normale negozio giuridico fornendo una prestazione o un servizio al pari di quelli che renderebbero a qualsiasi altra persona e che giustamente non vengono considerati responsabili di favoreggiamento solo perché il rapporto intercorre con una prostituta, sebbene la pubblicazione della pubblicità sul quotidiano e sul sito internet, o l'affitto ad ore di una camera d'albergo, o l'accompagnamento in taxi siano obiettivamente tali da agevolare l'attività della prostituta. Non si vede pertanto la ragione per la quale la condotta del proprietario di un appartamento, che si limiti a darlo in godimento a prostitute perché vi abitino o vi esercitino l'attività, senza ulteriori e diverse prestazioni agevolatrici, debba invece rispondere di favoreggiamento della prostituzione, a differenza del gestore dell'albergo, o del direttore del quotidiano, o del tassista, o di chiunque altro fornisca una prestazione o un servizio alla prostituta. 8. Deve inoltre ricordarsi, in relazione alla necessità di interpretare il sistema conformemente alla obiettiva evoluzione della ratio legis e degli interessi e beni tutelati, come di recente la sentenza Sez. III, 29.1.2013, numero 20384, Bolzanello non ancora massimata abbia assai perspicuamente e condivisibilmente osservato che bisogna muovere dal punto fermo rappresentato dalla scelta del legislatore di considerare attività non vietata, e dunque in sé lecita, quella che la persona liberamente svolge scambiando la propria fisicità contro denaro”, ed ha ricordato che la giurisprudenza ha nel tempo maturato decisioni via via più affinate sul piano culturale ed ermeneutico con riferimento alle condotte di chi a vario titolo interagisce professionalmente” con la persona che liberamente si prostituisce, riferendosi specificamente a coloro che le assicurano servizi o beni legati all'attività svolta, dall'albergatore al taxista al titolare dell'alloggio locato”. La sentenza ha quindi ribadito che le sanzioni penali fissate dalla legge 20 gennaio 1958, numero 75 debbono essere applicate a coloro che condizionano la libertà di determinazione della persona che si prostituisce, a coloro che su tale attività lucrano per finalità di vantaggio e, infine, a coloro che offrono un contributo intenzionale all'attività di prostituzione eccedendo i limiti dell'ordinaria prestazione di servizi”. Esattamente poi viene sottolineata la necessità di non operare interpretazioni tali da reintrodurre surrettiziamente presupposti di illiceità in sé della prostituzione che vengono formalmente ed espressamente negati e che, invece, potrebbero finire per qualificare come illegali condotte e prestazioni di servizi alla prostituta che non risulterebbero penalmente rilevanti se destinati ad altre attività”. D'altra parte, la legge Merlin aveva come finalità anche la tutela della libertà di autodeterminazione della prostituta, del libero svolgimento della sua attività e della sua dignità. Non pare che corrisponda a questa finalità una interpretazione che, impedendo in sostanza alle medesime la locazione di un appartamento ove svolgere liberamente la loro lecita attività, le costringa ad esercitarla per la strada, con maggiori pericoli, anche di sfruttamenti e di costrizioni. I-noltre, sarebbe intrinsecamente manifestamente illogico un sistema normativo che, da una parte, qualifichi come lecita l'attività della prostituta svolta liberamente e, dall'altra parte, contemporaneamente vieti una normale prestazione alle stesse di beni e servizi alle medesime condizioni alle quali sono prestati in relazione ad altre attività. 9. Nel caso in esame gli appartamenti sono stati locati ad un canone che può rientrare tra quelli di mercato non esistono gli elementi necessari per l'esistenza di una casa di prostituzione né quelli per configurare una ipotesi di tolleranza abituale della prostituzione in locali aperti al pubblico o utilizzati dal pubblico. Non risulta che il locatore, oltre al godimento dell'appartamento, abbia fornito in concreto ulteriori prestazioni ed attività diverse da quelle che potrebbe fornire a qualsiasi inquilino. Non è dunque configurabile, neppure in astratto, il fumus del reato di favoreggiamento della prostituzione, a nulla rilevando in contrario la circostanza che i conduttori o le conduttrici avessero locato l'appartamento non solo per abitarvi ma anche per svolgervi l'attività di prostituzione, che il locatore fosse a conoscenza di questa destinazione, e che vi sia stata una successione di conduttrici, anche per periodi non lunghi. 10. Resta pertanto assorbito il motivo relativo alla insussistenza del periculum in mora . Di conseguenza, devono essere annullati senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché l'ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Chieti il 29.6.2012 di rigetto dell'istanza di dissequestro dei due appartamenti di proprietà del ricorrente B.N. , sottoposti a sequestro preventivo con ordinanza del 16.5.2012. Va quindi ordinata la restituzione dei beni sequestrati all'avente diritto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché l'ordinanza del Gip del tribunale di Chieti del 29.6.2012 e ordina restituirsi quanto in sequestro all'avente diritto. Manda alla cancelleria per i provvedimenti di cui all'art. 626 cod. procomma penumero .