Non essendo configurabile un apprezzamento delle prove di tipo oggettivo o medio-statistico, non può aversi violazione o falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. se non nel caso in cui il giudice di merito inverta il nesso di regola a eccezione intercedente fra il prudente apprezzamento e la prova legale, ovvero, pur partendo dall’esatta esegesi della norma, in concreto ritenga doveroso apprezzare ciò che è soggetto a prova legale.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 15780, depositata il 24 giugno 2013. Chiede la condanna per il recesso della committente e ottiene la compensazione delle spese. Un appaltatore di lavori di ristrutturazione edilizia eseguiti su di un fabbricato, ha convenuto in giudizio la committente, per sentirla condannare al pagamento del residuo corrispettivo e del mancato guadagno conseguente al recesso di questa dal contratto, oltre al pagamento del controvalore dei materiali lasciati sul cantiere. La resistente ha negato di essere receduta dal contratto, attribuendo l’interruzione del rapporto all’appaltatore, proponendo, quindi, domanda riconvenzionale per la restituzione del prezzo pagato in eccedenza rispetto ai lavori eseguiti. L’esito del giudizio è stato l’accoglimento parziale della domanda di restituzione del controvalore dei materiali rimasti sul cantiere e l’accoglimento di quella riconvenzionale diretta alla restituzione delle somme pagate in eccesso. Incidenza dell’ubicazione dell’immobile sull’aumento delle spese. Contro tale decisione, l’appaltatore ha proposto ricorso in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., secondo cui il giudice deve valutare le prove in base al suo prudente apprezzamento, salvo la legge disponga diversamente. Circa la corrispondenza della liquidazione effettuata dal giudice alla natura e alla difficoltà dell’opera, la parte ricorrente ha sostenuto che la sentenza impugnata non ha analizzato le censure sollevate in merito all’omessa indicazione da parte del c.t.u. delle percentuali di aumento delle prestazioni di mano d’opera e dei noli di trasporto che lo stesso consulente avrebbe applicato a causa della particolare ubicazione del cantiere nel centro storico di Roma e in una strada stretta e in pendenza. La Suprema Corte ha ritenuto infondata la censura, accogliendo la valutazione dei giudici di merito, in base alla quale le deduzioni dell’appaltatore in merito alla natura e alla difficoltà dell’opera erano vaghe e non circostanziate, atteso che il c.t.u. aveva dato adeguato conto dell’ubicazione dell’immobile, con le conseguenti difficoltà di accesso e di trasporto dei materiali. Limiti al convincimento soggettivo del giudice. Inoltre, gli Ermellini, hanno chiarito che il limite al prudente apprezzamento del giudice si ricava dall’operare congiunto, nel sistema processuale, di altre direttive, quali la logicità della motivazione e la possibilità di porre a fondamento della decisione nozioni di comune esperienza. Piazza Cavour, infine, nello specifico ha considerato la doglianza del ricorrente come una censura della valutazione delle prove operata dalla Corte territoriale per la difformità rispetto alle proprie deduzioni e alle proprie aspettative di risultato, senza attaccare la coerenza logica interna alla motivazione della sentenza impugnata, sollecitando, così, un’inammissibile valutazione di merito.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 febbraio - 24 giugno 2013, numero 15780 Presidente Felicetti – Relatore Manna Svolgimento del processo L'ing. E G. , appaltatore di lavori di ristrutturazione edilizia eseguiti su di un fabbricato sito in ., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale capitolino, la committente, B I.I. , per sentirla condannare al pagamento del residuo corrispettivo e del mancato guadagno conseguente al recesso di lei dal contratto, oltre al pagamento del controvalore dei materiali lasciati sul cantiere. Nel resistere in giudizio la convenuta negava di essere receduta dal contratto, attribuendo l'interruzione del rapporto all'appaltatore, e proponeva domanda riconvenzionale per la restituzione del prezzo pagato in eccedenza rispetto ai lavori eseguiti. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda di restituzione del controvalore dei materiali rimasti sul cantiere e quella riconvenzionale diretta alla restituzione delle somme pagate in eccesso, e operata la compensazione contabile tra i rispettivi crediti condannava la convenuta al pagamento in favore dell'attore della somma di Euro 867,02, compensando integralmente le spese. L'appello principale del G. e quello incidentale della I.I. erano respinti dalla Corte d'appello di Roma, con sentenza numero 453 del 26.1.2006. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale osservava che l'importo del corrispettivo, essendone mancata la convenzione tra le parti, doveva essere determinato dal giudice ai sensi dell'articolo 1657 c.c., e che nella specie era condivisibile e congruente rispetto all'oggetto dell'appalto il ricorso, da parte del Tribunale, ai parametri di cui al prezziario del Genio Civile di Roma per gli interventi di recupero, manutenzione e restauro. Riteneva, quindi, la Corte capitolina che erano del tutto generiche le contestazioni dell'appaltatore circa l'erroneità del computo metrico operato dal c.t.u., e non provate in ragione dell'effettiva consistenza dell'appalto. Ugualmente vaghe e non circostanziate, inoltre, erano le ulteriori deduzioni dell'appaltatore in merito alla natura e alla difficoltà dell'opera, atteso che il c.t.u. aveva dato adeguato conto dell'ubicazione dell'immobile nel centro storico di . con le conseguenti difficoltà di accesso e di trasporto dei materiali. Riteneva, poi, indimostrata la pretesa del G. di attribuire alla committente l'interruzione del rapporto contrattuale, atteso che le deposizioni raccolte erano ben lungi dal confermare che la I. avesse preteso il compimento di opere non assentite dalla concessione edilizia. Infine, non vi era ragione per discostarsi dalla stima effettuata dal Tribunale, sulla base della relazione del c.t.u., in ordine al valore delle attrezzature rimaste sul cantiere. Per la cassazione di tale sentenza E G. propone ricorso, affidato a due motivi. Resiste con controricorso B I.I. . Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. - Col primo motivo, articolato in più punti, è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360, nnumero 3 rectius, 4 numero d.r. e 5 c.p.c Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale si è allineata alla relazione del c.t.u. senza motivare in maniera congrua e adeguata sulle critiche che ad essa aveva mosso l'appellante, e imperniate sulla diversità dei prezzi applicabili a seconda della zona d'intervento nella specie, il centro storico di XXXX . In particolare, quanto ai parametri tariffari, il ricorrente afferma che il prezzario del Genio Civile, edito dalla relativa tipografia, che costituisce una società privata, non rispecchia il reale costo di mercato delle opere edilizie, ed ha un carattere meramente orientativo e di massima come ritenuto da Cass. nnumero 3742/94 e 17386/04 . Pertanto, la Corte d'appello e prima il Tribunale avrebbero dovuto giustificare la scelta di tale criterio con riferimento all'inesistenza di prezzario regionali applicabili ovvero alla mancata dimostrazione da parte dell'appaltatore di un possibile aumento del corrispettivo, rispetto a quello determinato dal c.t.u., utilizzando tariffe diverse. In merito alla dedotta erroneità del computo metrico, parte ricorrente deduce che l'affermazione della Corte territoriale secondo cui sarebbero generiche e non provate le contestazioni sollevate al riguardo dal G. , si afferma che i testi escussi hanno confermato l'esecuzione da parte dell'appaltatore di tutte le opere descritte nell'atto introduttivo del giudizio. Il motivo procede, poi, con il raffronto fra i prezzi indicati dal c.t.u. e quelli ritenuti di mercato, con una rilevante differenza tra gli uni lire 61.678.782 e gli altri lire 120.000.000 . Circa la corrispondenza della liquidazione effettuata dal giudice alla natura e alla difficoltà dell'opera, parte ricorrente sostiene che la sentenza impugnata non ha analizzato le censure sollevate dal ricorrente in merito all'omessa indicazione da parte del c.t.u. delle percentuali di aumento delle prestazioni di mano d'opera e dei noli di trasporto che lo stesso consulente avrebbe applicato a causa della particolare ubicazione del cantiere nel centro storico di Roma e in una strada stretta e in pendenza. Percentuali cui il c.t.u. aveva fatto riferimento senza, però, fornire, alcun precisa indicazione al riguardo. Anche sulla quantificazione del valore economico dei materiali trattenuti dalla committente la sentenza d'appello non fornisce motivazione alcuna, non tenendo conto delle censure mosse dall'ing. G. alla sentenza di primo grado, che aveva omesso di indicare le fonti e i criteri utilizzati nella quantificazione del dovuto, che non poteva essere determinato in via equitativa senza dar conto del processo logico e valutativo seguito. Infine, quanto ai vizi inficianti le opere e alla detrazione operata dal c.t.u. sull'importo complessivo dei lavori stimati, a compensazione degli stessi, il giudice d'appello non fornisce alcuna argomentazione giustificativa, omettendo qualsiasi motivazione al riguardo. 2. - Col secondo motivo è dedotta la violazione dell'articolo 196 c.p.c. nonché il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360, nnumero 3 e 5 c.p.c., in ordine all'istanza di rinnovazione della consulenza tecnica. 3. - Il primo motivo è infondato in ciascuna delle censure che espone in maniera commista. 3.1. - L'articolo 116, 1 comma c.p.c. - il quale dispone che il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo la legge disponga altrimenti -, attraverso l'impiego icastico dell'aggettivo possessivo suo predica come legittimo un convincimento di tipo soggettivo, il cui limite di natura interna si ricava dall'operare congiunto, nel sistema processuale, di altre direttive, quali la logicità della motivazione articolo 360, numero 5 c.p.c. e la possibilità di porre a fondamento della decisione nozioni di comune esperienza articolo 115, cpv. c.p.c. cfr. quanto al nesso fra massime d'esperienza, valutazione del fatto e conseguente controllo della motivazione ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., nel testo anteriore alla modifica di cui al D.L. numero 83/12 convertito in legge numero 134/12, cfr. Cass. nnumero 22022/10 e 5644/12 . Ne deriva che, non essendo configurabile un apprezzamento delle prove di tipo oggettivo o medio-statistico, non può aversi violazione o falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c. se non nel caso in cui il giudice di merito inverta il nesso di regola a eccezione intercedente fra il prudente apprezzamento e la prova legale, ovvero, pur partendo dall'esatta esegesi della norma, in concreto ritenga doveroso apprezzare ciò che è soggetto a prova legale o viceversa opini essere un effetto legale quello che invece consegue ad un apprezzamento critico. Al di fuori di tali ipotesi, ogni valutazione del materiale probatorio è affatto estranea alle dinamiche applicative dell'articolo 116 c.p.c. e può essere sindacata in sede di legittimità unicamente sotto il profilo e nei limiti di cui all'articolo 360, numero 5 c.p.c Ed infatti, questa Corte ha già rilevato, poiché l'articolo 116 c.p.c. prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi del numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., è concepibile solo a se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l'ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure che il legislatore prevede per una diversa risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale b se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi . La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. Cass. nnumero 26965/07 e 20112/09 . 3.2. - Nello specifico, parte ricorrente censura la valutazione delle prove operata dalla Corte territoriale per la difformità rispetto alle proprie deduzioni e alle proprie aspettative di risultato, senza attaccare la coerenza logica interna alla motivazione della sentenza impugnata, sicché, in buona sostanza, la censura sollecita un'inammissibile valutazione di merito da parte di questa Corte. Né vale il richiamo, contenuto nella memoria ex articolo 378 c.p.c., alla giurisprudenza che a fronte di puntuali contestazioni specifiche su fatti o giudizi tecnici richiede altrettanto specifica confutazione nella sentenza che non le abbia accolte. Nella specie, infatti, manca un'adeguata illustrazione, prima, e dimostrazione, poi, del carattere decisivo dei fatti di segno contrario allegati, id est della loro idoneità a condurre se esaminati ad un pressoché certo esito diverso. 4. - In mancanza di tale dimostrazione, si determina l'assorbimento c.d. improprio del secondo mezzo d'annullamento, non essendo rilevante, per difetto di decisività della questione, stabilire se la Corte territoriale dovesse o non motivare il rifiuto di rinnovare o integrare gli accertamenti tecnici svolti. 5. - In conclusione il ricorso va respinto. 6. - Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.