Il nomen iuris non conta, l’identità sostanziale dei fatti viola il ne bis in idem

Nomen iuris differente, ma emerge con evidenza l’identità sostanziale dei fatti oggetto dei rispettivi giudicati, di condanna in Albania e di assoluzione parziale in Italia violato il principio del ne bis in idem ed estradizione annullata.

La fattispecie. Nel 2005 scattava la condanna, da parte del Tribunale di primo grado di Tirana, a 16 anni di reclusione nei confronti di un ragazzo albanese per il reato di tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale. Condanna – divenuta irrevocabile nel 2007 - che la Corte d’appello albanese aveva modificato solo nella contestazione del reato 16 anni di reclusione per il reato di concorso nel traffico di minori. Condannato in Albania e in Italia. Per gli stessi fatti - almeno secondo quanto dedotto dal difensore del condannato nel ricorso per cassazione avverso la decisione di estradizione, adottata dalla Corte d’appello di Milano – il ragazzo veniva condannato anche in Italia dal Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere 2 anni e 8 mesi per i reati di induzione e sfruttamento della prostituzione, pena interamente condonata. Violato il principio del ne bis in idem internazionale? Secondo la parte ricorrente è stato violato il principio del ne bis in idem internazionale, per essere i fatti oggetto della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Tirana in data 28 febbraio 2006 irrevocabile dal 25 luglio 2007 identici ai fatti già coperti da giudicato per effetto della sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere il 10 febbraio 2006 irrevocabile dal 16 maggio 2006 . Ne bis in idem, un motivo ostativo all’accoglimento della richiesta di estradizione. «L’estradizione non sarà consentita quando l’individuo reclamato è stato definitivamente giudicato dalle autorità competenti della Parte richiesta per i fatti che motivano la domanda». Quindi, la decisone, viene precisato nella sentenza numero 26414/2012 depositata il 6 luglio , deve essere assunta in “forma definitiva”. La stessa CEDU ha osservato che nel panorama internazionale è «predominante l’approccio più favorevole all’individuo». Identità sostanziale delle due pronunce. Dall’analisi delle due pronunce - quella della Corte albanese e quella del Tribunali italiano - indipendentemente dalla diversità del nomen iuris, «emerge dunque con evidenza l’identità sostanziale dei fatti oggetto dei rispettivi giudicati, di condanna in Albania e di assoluzione parziale in Italia». In conclusione, osserva la S.C., l’impugnata sentenza deve essere annullata per l’insussistenza delle condizioni di accoglimento della domanda di estradizione, con il conseguente ordine di scarcerazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 giugno – 6 luglio 2012, numero 26414 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 aprile - 6 aprile 2012 la Corte d'appello di Milano ha dichiarato l'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione di F.Z., presentata dal Governo della Repubblica di Albania il 27 maggio 2010 per il reato di traffico di minori. 2. Preliminarmente, la Corte territoriale ha posto in evidenza, sulla base della documentazione trasmessa dalle autorità richiedenti a che con sentenza contumaciale del 5 dicembre 2005 il Tribunale di primo grado di Tirana ha condannato il F.Z. alla pena di anni sedici di reclusione per il reato di tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale di cui all'articolo 114/b/2 del codice penale albanese, commesso in concorso con altra persona tale U.E. , in danno di R.M. minorenne all'epoca dei fatti b che con sentenza del 28 febbraio 2006 la Corte d'appello di Tirana, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il F. alla pena di sedici anni di reclusione per il diverso reato di concorso nel traffico di minori, previsto dall'articolo 128/b/2 del codice penale albanese c che con sentenza del 25 maggio 2007 la Corte suprema albanese ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa dell'imputato, sicché la sentenza della Corte d'appello di Tirana è divenuta irrevocabile d che il F.Z. - il quale nel frattempo si trovava in Svizzera - il è stato estradato in Italia per un diverso reato violazione della disciplina degli stupefacenti commessa il 17 gennaio 2006 , per il quale è stato condannato, con sentenza del Tribunale di Orvieto del 24 ottobre 2006, divenuta irrevocabile il 22 maggio 2007, alla pena di anni sei e mesi quattro di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa condonata nella misura di anni tre di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa secondo il D. Lgs. numero 241/2006 e che egli, sentito dal Magistrato di sorveglianza di Varese il 2 dicembre 2010, ha negato il consenso all'estradizione in Albania, affermando di essere stato già giudicato per gli stessi fatti anche in Italia, con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 10 febbraio 2006, divenuta irrevocabile il 16 maggio 2006, che lo ha condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per i reati di induzione e sfruttamento della prostituzione pena interamente condonata secondo ti D. Lgs. da ultimo menzionato f che con decisione del 29 luglio 2011 l'Ufficio federale di Giustizia della Confederazione elvetica ha concesso la riestradizione del F. all'Albania, escludendo l'identità dei fatti di cui alla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, rispetto a quelli oggetto della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Tirana. 3. Nel merito, esaminate le pronunce adottate dalle Corti albanesi, e la su citata pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 10 febbraio 2006 divenuta irrevocabile il 16 maggio 2006 , - che ha affermato la penale responsabilità del F.Z. per il reato di induzione e sfruttamento della prostituzione di R.M. articolo 3, numero 5 e numero 8 della L. numero 75/58 , commesso in concorso con altre persone non identificate in *Caserta* ed altre località sino al *19 luglio 2002*, condannandolo alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa, ed assolvendolo invece per il diverso reato di favoreggiamento dell'ingresso clandestino in Italia della predetta minorenne articolo 12 del D. Lgs. numero 286/1998 - la Corte d'appello di Milano ha accolto la domanda di estradizione formulata dalle autorità albanesi, osservando, in particolare a che per il reato giudicato in Albania avente ad oggetto condotte prodromiche alla commissione dei diversi reati in materia di prostituzione giudicati nel nostro Paese nessuna sentenza irrevocabile è stata pronunziata, nei confronti del F., nello Stato italiano b che il reato oggetto della richiesta estradizionale è punibile anche nel nostro ordinamento, ai sensi degli articolo 601 e 602-ter, lett. a , c.p 4. Avverso la su menzionata sentenza di estradizione della Corte d'appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del F.Z., deducendo a la violazione del principio del ne bis in idem internazionale, per essere i fatti oggetto della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d'appello di Tirana in data 28 febbraio 2006 irrevocabile il 25 luglio 2007 identici al fatti già coperti dal giudicato per effetto della sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 10 febbraio 2006, divenuta irrevocabile in data 16 maggio 2006, costituendo essi un unicum inscindibile nel tempo, nello spazio e per l'oggetto ossia, l'aver trasportato o trasferito la M. al fine di reclutarla e destinarla alla prostituzione in Italia, considerando unitariamente i capi d'imputazione enucleati sub A e B b la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione dell'impugnata pronuncia, avendo la Corte territoriale omesso di effettuare una valutazione approfondita in ordine al concetto di idem factum, al fine di individuare in concreto il nucleo essenziale dei fatti contestati nei due procedimenti conclusi con sentenza definitiva, giungendo in tal modo ad isolare le singole condotte delittuose ascritte al F.Z., senza peraltro considerarle nella loro globalità. Considerato in diritto 5. Il ricorso è fondato e va conseguentemente accolto, nei termini qui di seguito esposti. 6. Occorre preliminarmente considerare che l'articolo 9 della Convenzione Europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, applicabile nelle procedure estradizionali attivate dalla Repubblica di Albania, contempla espressamente l'ipotesi del ne bis in idem quale motivo ostativo all'accoglimento della richiesta, enunciando la regola generale secondo cui L'estradizione non sarà consentita quando l'individuo reclamato è stato definitivamente giudicato dalle autorità competenti della Parte richiesta per i fatti che motivano la domanda. Essa potrà essere rifiutata se le autorità competenti della Parte richiesta hanno deciso di non aprire un perseguimento penale o di chiuderne uno già avviato per gli stessi fatti . Siffatta disposizione pattizia, come già rilevato in questa Sede, presuppone una decisione assunta in forma definitiva , cioè una sentenza di merito sulla regiudicanda che risulti passata in giudicato Sez. 6, numero 41316 del 14/05/2010, dep. 22/11/2010, Rv. 248785 , così richiedendo il necessario perfezionamento di un requisito, che nei caso di specie deve ritenersi senz'altro soddisfatto, come si è accennato sopra, in ragione dell'irrevocabilità della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, divenuta irrevocabile il 16 maggio 2006. 6.1. Nella giurisprudenza di legittimità, inoltre, la nozione di identità del fatto è stata costantemente intesa quale coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta oggetto dei due processi, onde il medesimo fatto , ai fini della preclusione connessa al rispetto del principio del ne bis in idem, sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. Unumero , numero 34655 del 28/06/2005, dep. 28/09/2005, Rv. 231799 v., inoltre, Sez. 5, numero 28548 del 01/07/2010, dep. 20/07/2010, Rv. 247895 Sez. 2, numero 26251 del 27/05/2010, dep. 09/07/2010, Rv. 247849 Sez. 2, numero 21035 del 18/04/2008, dep. 27/05/2008, Rv. 240106 Sez. 4, numero 15578 del 20/02/2006, dep. 05/05/2006, Rv. 233959 . 6.2. Non dissimili da tale risultato ermeneutico appaiono, del resto, gli esiti del percorso giurisprudenziale da tempo intrapreso dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, che al riguardo, superando precedenti difformità di orientamento, ha provveduto ad armonizzare la propria interpretazione del concetto di idem factum nella prospettiva di una dimensione internazionale della fondamentale garanzia del ne bis in idem Corte EDU, Grande Camera, Zolotoukhine e. Russia, 10 febbraio 2009 . Richiamando la più recente evoluzione giurisprudenziale della Corte di giustizia dell'Unione Europea Corte giust, 9 marzo 2006, C-436/04,l/3n Esbroeck, pp. 27-36 Corte giust., 18 luglio 2007, C-367/05, Kraaijenbrink, p.36 e della Corte interamericana dei diritti dell'uomo Loayza-Tamayo e. Pérou, 17 septembre 1997, serie C, numero 33, p.66 , la Corte di Strasburgo ha infatti osservato, nella pronuncia su menzionata come nel panorama internazionale sia predominante l'approccio più favorevole all'individuo, ovvero quello che nel valutare la nozione di idem, al di là delle differenti espressioni linguistiche utilizzate, valorizza l'identità dei fatti materiali e non l’idem legale p.80 . Di conseguenza, essa ha rigettato le implicazioni della lettura restrittiva, sino a quel momento maggioritaria all'interno della sua stessa giurisprudenza, della disposizione di cui all'articolo 4 del Protocollo numero 7 della C.E.D.U., leggendo tale principio come divieto di giudicare un individuo per una seconda infrazione , qualora questa scaturisca dagli stessi fatti, o da fatti che sono sostanzialmente identici pp.81 - 82 nello stesso senso v., inoltre, Corte EDU, Sez. IV, Ruotsalainen c. Finlandia, 16 giugno 2009, p.50 s. . Escludendo ogni lettura formalistica relativa all'identità della qualificazione giuridica, la Corte EDU privilegia dunque, nella sua più recente elaborazione, il criterio dell'identità dei fatti materiali, assumendo quali parametri di riferimento l'insieme delle circostanze fattuali concrete relative allo stesso autore e indissolubilmente legate fra loro nel tempo e nello spazio pp.83 - 84 . Al riguardo, quanto ai criteri di identificazione dell'infrazione, la Corte EDU ha precisato di aver seguito in passato prospettive del tutto differenti, a volte dando rilevanza ai fatti, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica, a volte, invece, attribuendo rilievo a questa ed ammettendo che gli stessi fatti potessero dar luogo ad infrazioni distinte, a volte, infine, ricercando elementi essenziali comuni alle due infrazioni. Inoltre, con riferimento all'oggetto del divieto di bis in idem, la stessa Corte Europea ha precisato che, ai sensi del su citato articolo 4 del Protocollo numero 7, è irrilevante che il secondo procedimento si sia chiuso con una condanna o con un'assoluzione Corte EDU, Sez. I, Zigarella c. Italia, 3 ottobre 2002 . 7. Alla luce di tale impostazione ricostruttiva, basata su un canone ermeneutico la cui specifica valenza assume tratti sostanzialmente comuni sia nella prospettiva fatta propria dalla giurisprudenza nazionale, sia in quella valorizzata dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, è necessario confrontare, dunque, l'impianto motivazionale che sorregge rispettivamente i due giudicati, quello albanese espresso dalla pronuncia della Corte d'appello di Tirana del 28 febbraio 2006, divenuta irrevocabile il 25 maggio 2007 e quello italiano rappresentato dalla su citata sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, divenuta irrevocabile il 16 maggio 2006 , per verificare se i fatti oggetto delle rispettive delibazioni possano dirsi, o meno, identici, con riguardo ai contenuti ed alle finalità della garanzia sottesa alla previsione del motivo ostativo del ne bis in idem estradizionale. 7.1. Volgendo, inizialmente, il piano della riflessione sugli elementi caratterizzanti la condotta delittuosa inerente al traffico di minori, sanzionato dall'articolo 128/b/2 del codice penale albanese, nel cui schema normativo la Corte d'appello di Tirana ha ritenuto di poter sussumere la fattispecie concreta sottoposta alla sua cognizione, cosi diversamente qualificando l'originaria contestazione del reato di tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, deve rilevarsi come tale disposizione stabilisca, al primo comma, che chiunque recluta, trasporta, trasferisce, nasconde o riceve minori allo scopo di sfruttarne la prostituzione o per altre forme di sfruttamento sessuate, per sfruttamento del lavoro o per costringere a prestazioni, per riduzione in schiavitù o in altre forme simili alla schiavitù, per il prelievo o il trapianto di organi nonché per qualsiasi altra forma di sfruttamento è punito con la pena della reclusione da sette a quindici anni e con una multa da quattro a sei milioni di leke , mentre al secondo comma stabilisce che chiunque organizza, dirige e finanzia il traffico di minori è punito con la pena della reclusione da dieci a venti anni e con una multa da sei a otto milioni di leke . Dalla motivazione della pronunzia della Corte d'appello di Tirana, peraltro, emerge come la decisione del Tribunale di primo grado sia stata ritenuta fondata in ordine alla dimostrazione dei fatti - pur diversamente qualificati - e delle circostanze in cui gli imputati hanno commesso il reato, fatti e circostanze ravvisati quanto al complice di F.Z., ossia U.E. nell'aver attirato la vittima con l'inganno, facendole credere che l'avrebbe sposata e proponendole di trasferirsi in Italia, accompagnata dal suo amico F.Z., per cercare un'occupazione che desse sostegno economico al matrimonio, e, quanto all'odierno estradando, nell'attività di trasporto della vittima in Italia, attraverso un gommone diretto verso le coste pugliesi, adoperandosi in realtà entrambi per la realizzazione dell'obiettivo finale, che era quello dello sfruttamento della prostituzione di R.M 7.2. Esaminando, poi, la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è agevole osservare come la penale responsabilità del F.Z. sia stata affermata per il solo reato di induzione e sfruttamento della prostituzione della minorenne sopra menzionata capo A , essendo stato egli assolto per l'ulteriore reato di cui agli articolo 61, numero 2, e 110 c.p., 12, comma 3, del D. Lgs. numero 286/1998 capo B , la cui contestazione è stata incentrata proprio sui fatto di aver favorito l'ingresso clandestino in Italia di R.M., al fine di reclutare la stessa per destinarla alla prostituzione, con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di perpetrare il reato sub A . Dall'iter motivazionale della pronuncia qui impugnata - che richiama esplicitamente taluni passaggi della motivazione della su citata decisione irrevocabile dell'autorità giudiziaria italiana - risulta, in particolare a che entrambe le sentenze oggetto di comparazione, quella albanese e quella italiana, si fondano sulle dichiarazioni della minore, le quali, però, vengono prese in considerazione dall'autorità giudiziaria italiana solo a partire dal momento in cui la stessa è giunta in Italia b che da tali dichiarazioni la M. risulta esser giunta clandestinamente in Italia, accompagnata da F.Z., con il quale si stabilì prima in e successivamente in c che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è pervenuto all'assoluzione di F.Z. sul presupposto che il mero viaggio non può ritenersi univoco segno della contestata condotta delittuosa, non sussistendo alcuna prova che sia stato proprio il F. ad organizzarne e favorirne l'ingresso clandestino in Italia, e che tale ingresso fosse finalizzato proprio ad indurla ad esercitare il meretricio, dal momento che non potrebbe affatto escludersi che tale decisione sia insorta in un momento successivo. Anche a voler prescindere dalle risultanze storico-fattuali emergenti dal complessivo contenuto delle fonti dichiarative poste a fondamento della decisione definitiva dell'autorità giudiziaria albanese, è tuttavia pacifico che il nucleo della contestazione formulata dall'autorità giudiziaria italiana poggia sulle dichiarazioni della medesima persona offesa che comunque indica proprio nell'odierno estradando la persona con la quale ha viaggiato e da cui è stata accompagnata in Italia ed ha riguardo proprio all'attività di illegale trasporto in Italia da lui posta in essere al fine di sottoporla ad un trattamento degradante. 8. Indipendentemente dalla diversità del nomen iuris, ed assumendo quale canone ermeneutico rilevante ai fini dell'apprezzamento della condizione ostativa del ne bis in idem estradizionale una nozione di idem factum opportunamente incentrata sui profili materiali del thema oggetto delle regiudicande, emerge dunque con evidenza l'identità sostanziale dei fatti oggetto dei rispettivi giudicati, di condanna in Albania e di assoluzione parziale in Italia, stante la piena coincidenza storico-naturalistica delle basi fattuali poste a fondamento delle correlative valutazioni giudiziali. In entrambi i giudizi, invero, la considerazione delle componenti del fatto materiale consente di ravvisarvi la presenza di note modali del tutto sovrapponibili, sostanziatesi nell'aver trasportato o trasferito la persona minorenne in Italia, al fine di destinarla all'attività di meretricio. Sotto altro, ma connesso profilo, del resto, non può tralasciarsi di considerare che la condotta punibile ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del D.Lgs. numero 286/1998, riguarda il compimento di atti diretti a consentire l'ingresso illegittimo nel territorio in violazione delle pertinenti disposizioni normative in materia. Le ipotesi delittuose ivi descritte coprono dunque un ambito di applicazione assai esteso, poiché appaiono destinate a sanzionare condotte di differenti caratteristica e natura, venendo egualmente incriminate tanto le azioni di evento, che si concretino nella realizzazione dell'ingresso clandestino in Italia di cittadini extracomunitari, quanto i meri atti preparatori finalizzati solo a procurare quell'ingresso, come illeciti a consumazione anticipata nei quali è del tutto irrilevante il conseguimento dello scopo Sez. 1, numero 27106 del 16/06/2011, dep. 12/07/2011, Rv. 250803 . Trattasi, dunque, di un reato a condotta libera, che può essere integrato da qualsiasi attività diretta a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del su citato D. Lgs. Sez. 3, numero 20673 del 09/03/2004, dep. 04/05/2004, Rv. 228880 , e che appare volto a sanzionare sia le azioni sorrette dal dolo generico, che quelle aggravate da un elemento soggettivo specifico, quali quelle finalizzate al perseguimento di uno degli scopi espressamente elencati nel comma 3 - ter dell'articolo 12, già in parte costituenti autonome fattispecie incriminatici, prima dell'intervento modificativo ad opera della legge 15 luglio 2009, numero 94. 9. Conclusivamente, sulla base delle su esposte considerazioni, l'impugnata sentenza deve essere annullata per l'insussistenza delle condizioni di accoglimento della domanda di estradizione, con il conseguente ordine di immediata scarcerazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa. La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti previsti dall’articolo 626 c.p.p., nonché quelli riguardanti la comunicazione al Ministro della Giustizia così come previsti dall'articolo 203, disp. att. c.p.p P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata e ordina l'immediata scarcerazione del F. se non detenuto per altra causa. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 626 c.p.p