Minacciare di propalare nel paese la relazione sessuale di una donna, in modo da “sputtanarla”, integra l’elemento oggettivo della fattispecie in esame.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 24197 del 6 giugno 2013. Il caso. La Corte di Appello di Potenza confermava in toto la sentenza con cui in Tribunale di Matera aveva assolto R.G. dall’accusa di violenza sessuale ai danni di C.M.R., ma aveva condannato lo stesso alla pena di anni sei di reclusione per il delitto di cui all’articolo 629 c.p In particolare, l’imputato, approfittando della relazione sessuale instaurata con la vittima e dello stato di prostrazione psichica in cui versava la stessa a causa delle sue continue minacce di rendere di pubblico dominio la loro storia, si faceva consegnare, in diverse dazioni, somme di denaro e gioielli per un valore complessivo di circa 180 milioni di lire. Avverso la decisione della Corte di merito, l’imputato ricorreva per Cassazione, lamentando mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova, nonché omessa valutazione di prove assunte, il tutto con precipuo riferimento, in primis, alla asserita mancanza di attendibilità e congruenza che avrebbe irrimediabilmente inficiato il narrato della persona offesa, nonché in relazione alla mancata acquisizione di riscontri oggettivi idonei a provare i passaggi di denaro di cui in imputazione ed, in secundis, alla ritenuta sussistenza di uno stato di protrazione psichica in capo alla vittima che avrebbe dovuto, semmai, ritenere configurata la fattispecie delittuosa di circonvenzione di incapace e non di estorsione. Estorsione o circonvenzione di incapace? La Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione, nell’emettere declaratoria di inammissibilità del ricorso per deduzione di motivi generici ed in punto di fatto, sicuramente non consentiti nel giudizio di legittimità, ha avuto comunque modo di ribadire alcuni interessanti principi di diritto. Preliminarmente, quanto al motivo di gravame afferente la credibilità della persona offesa, il ricorrente si è limitato a contestare genericamente la stessa, omettendo di precisare le parti narrative asseritamente inficiate dalla assenza di credibilità e non considerando l’assenza di un autonomo potere di valutazione degli atti da parte della Corte di legittimità. Quanto, poi, alla minaccia, potendo la stessa assumere diverse connotazioni, ad avviso dei Supremi Giudici la minaccia dell’imputato di rendere pubblica, nel paese di comune residenza, la relazione sessuale con la vittima, in modo da “sputtanarla”, può pacificamente integrare i requisiti oggettivi di cui all’articolo 629 c.p Donde, la chiara sussistenza del profilo in argomento non può non escludere, sic et simpliciter, l’argomentazione difensiva afferente l’inesatta qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal R.G. infatti, la sussistenza di violenza o minaccia – elementi tipici della fattispecie estorsiva – è incompatibile con il reato di circonvenzione di incapace. I limiti del giudizio di legittimità. I Supremi Giudici hanno ripreso e ribadito un principio di diritto ormai assolutamente pacifico e consolidato in giurisprudenza, afferente i limiti del giudizio di legittimità e del relativo controllo sulla motivazione della decisione di merito. In effetti, la Corte Regolatrice deve limitarsi a verificare se la giustificazione motivazionale addotta sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, restando escluse da tale controllo le incongruenze logiche non manifeste, non rilevanti, e non incompatibili con il resto del provvedimento impugnato. In tale ottica, saranno sicuramente inammissibili quei ricorsi – come quello de quo – fondati su una diversa prospettazione degli elementi fattuali.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 marzo - 6 giugno 2013, numero 24917 Presidente Casucci – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 13.4.2012, la Corte di appello di Potenza, confermava la sentenza del Tribunale di Matera, datata 1.7.2009, che aveva assolto R.G. dal delitto di cui agli articolo 81 cpv, 609-bis cod.penumero perché, in tre specifiche occasioni, con violenza e minacce abusava sessualmente di C.M.R. la prima volta, quando con la C. non era ancora iniziato alcun tipo di relazione, presentandosi a casa della C. con una scusa, improvvisamente la prendeva di forza per un braccio e la spingeva verso la camera da letto ed ivi, afferrandola per i capelli e bloccandole la testa, riusciva a spogliarla ed a costringerla ad un rapporto sessuale vaginale nelle altre occasioni, quando con la C. era iniziata una sorta di relazione sentimentale, prendendola per i capelli la costringeva ad inginocchiarsi, a girarsi e poi subire rapporti sessuali anali In omissis delitto denunciato solo nel omissis ma connesso a quello di cui al capo b ai sensi dell'articolo 12 c.p.p. seconda parte, riavviandosi l'unico disegno criminoso nel voler porre la p.o. in uno stato di prostrazione psicologica allo scopo di ottenere profitti indicati nel capo che segue e lo aveva condannato alla pena di anni sei di reclusione ed Euro. 1400,00 di multa per il reato di del delitto di cui agli articolo 81 cpv, 629 c.p. perché, minacciando costantemente C.M.R. di riferire in tutto il paese che ella aveva rapporti sessuali con lui, ed in una occasione percuotendola con calci e pugni, costringeva la C. a versargli continuamente danaro ed a donargli gioielli ed in particolare a consegnargli tutti i risparmi da lei conservati sul libretto per un ammontare 62.518.950 di lire, il danaro proveniente dalla riscossione di alcuni buoni postali di cui lei era titolare e per l'ammontare di lire 67.500.000, la somma mensile di 1.000.000 di lire che detraeva dal suo stipendio nel periodo omissis per l'ammontare di 45.000.000 di lire ed infine preziosi del valore di lire 1.500.000, così procurandosi l'ingiusto profitto della somma di 176.518.950 di lire ai danni della stessa. In omissis . 1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore di fiducia dell'imputato chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo a motivo la violazione dell'articolo 606 comma 1 lettera e cod.proc.penumero per mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova, omessa valutazione di prove assunte e incompletezza dell'apparato argomentativo. Lamenta il ricorrente che la Corte d'appello non ha tenuto conto delle incongruenze insite nelle dichiarazioni della parte lesa, che è stata risentita in appello proprio in ragioni di tali incongruenze e che comunque tali dichiarazioni non sono state adeguatamente riscontrate perché non sono provati i prelievi di danaro dalle disponibilità della donna e gli accrediti sul libretto del R. . 1.2 La motivazione della Corte,inoltre, poiché insiste sulla prostrazione psichica in cui versava la parte lesa della quale ha abusato l'imputato, giustifica una ipotesi di circonvenzione d'incapace e non quella di estorsione, tanto più che nessuna valutazione é stata fatta dalla Corte circa l'idoneità della minaccia di sputtanamento denunciata dalla parte lesa. Infine non é adeguatamente motivato il diniego delle generiche a fronte dello stato di incensuratezza dell'imputato che la Corte non ha considerato degno di valutazione a fronte della considerevole somma estorta e della mancata resipiscenza dell'imputato. Considerato in diritto 2. Il ricorso è inammissibile perché vengono dedotti motivi affatto generici non consentiti nel giudizio di legittimità. 2.1 Il ricorrente, infatti, si limita a denunciare assertivamente il vizio della motivazione senza peraltro precisare in che termini si concretizza l'illogicità manifesta ovvero la contraddittorietà della motivazione. Inoltre il ricorrente censura le dichiarazioni rese dalla C. ma non precisa quali sono le parti viziate, interdicendo, in tal modo, il controllo di questa Corte che non ha un autonomo potere di scelta degli atti da sottoporre al vaglio. 2.2 Per contro la Corte territoriale, con una motivazione attenta e priva di manifesta illogicità, ha precisato che la necessità di risentire la parte lesa era stata determinata dall'esigenza di approfondire temi solo sfiorati dall'analisi di primo grado e non certo da una valutazione di scarsa credibilità della teste. 2.3 In merito alla minaccia, che qualifica il reato di estorsione e che come esattamente posto in luce in motivazione può assumere le configurazioni più diverse, la Corte ha ritenuto, in fatto, che la minaccia di propalare nel paese la relazione con la donna, in modo da sputtanarla , andava contestualizzata nel modo seguente in un paese di provincia, ha avuto come protagonista femminile una donna quarantatreenne, scarsamente acculturata, timida, introversa e riservata, priva di ogni significativa esperienza di vita, per di più vittima, a causa della recente perdita della madre, di una stato di acuta prostrazione fisica e morale, la quale si è imbattuta in un giovane venticinquenne, pseudo parente, col quale ha intrapreso una relazione del tutto sommersa, priva di manifestazioni esterne, consumatasi domesticamente all'interno dell'abitazione della donna ed i cui riflessi sono stati a mala pena percepiti dai prossimi congiunti e da una vicina di casa della donna e che l'ambito oggettivo e soggettivo della fattispecie, così individuato, ha sicuramente determinato nella parte lesa un'effettiva compressione della sua libertà di autodeterminazione in conseguenza della quale ella abbia deciso di accettare un male minore consistito nelle dazioni di denaro richiestele dal R. vedi pag. 6 . 2.4 La motivazione addotta dalla Corte non presenta motivi di illogicità manifesta perché é giustificata da una motivazione congrua ed esaustiva al contrario di quanto affermato in ricorso, essa prospetta fatti, quali l'accurata volontà di mantenere segreta e non visibile all'esterno la relazione intima, che letti anche alla luce dei passaggi di valori tra la parte lesa ed il R. , rendono assolutamente congrua e convincente la ricostruzione formulata dalla Corte. Rimane, pertanto, assolutamente esclusa la possibilità di virare i fatti sotto specie di circonvenzione di incapace, che tale non era la parte lesa e che comunque é fattispecie delittuosa non ravvisabile quando l'atto pregiudizievole é indotto con la violenza e la minaccia, come nel caso in esame. 2.5 D'altra parte vale qui ricordare che il controllo di legittimità della Corte di cassazione non ha come scopo di stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione in esame sia, come nel caso di specie, compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento , secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. Restano escluse da tale controllo sia l'interpretazione degli elementi a disposizione del Giudice di merito sia le eventuali incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia macroscopiche, eclatanti, assolutamente incompatibili con altri passaggi argomentativi risultanti dal testo del provvedimento impugnato. Ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti né su altre spiegazioni, per quanto plausibili o logicamente sostenibili, formulate dal ricorrente. Sez. 6, Sentenza numero 1762 del 15/05/1998 Ccomma - dep. 01/06/1998 -Rv. 210923 sì vedano anche Cass. Sez. 4 sent. numero 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568 Cass. Sez. 5 sent. numero 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745 Cass., Sez. 2 sent. numero 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955 . 2.6 Ciò vale anche per il motivo relativo al diniego delle attenuanti generiche, che la Corte ha formulato con riferimento oggettivo, al protrarsi per lungo tempo della condotta criminosa ed alla elevata consistenza del danno cagionato alla parte lesa, e soggettivo, con riferimento all'intensità del dolo ed alla assoluta incapacità dell'imputato di apprezzare il disvalore della propria condotta. Il ricorrente si limita a contestare il giudizio dato dalla Corte contrapponendo la incensuratezza dell'imputato, in tal modo reiterando il vizio del motivo di ricorso che mira solo ad accreditare una diversa lettura degli elementi valutati dalla Corte. 3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 616 cod. procomma penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza numero 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 mille/00 . 3.1 Il ricorrente va anche condannato a rifondere alla parte civile le spese del grado che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende nonché alla rifusione in favore della parte civile C.M.R. , delle spese del grado che si liquidano in Euro 2500,00 oltre e IVA e CPA.