Terrazzo nauseabondo, scontro col vicino e strali verbali contro il fratello: possibile l’ipotesi della provocazione

A ribaltare la prospettiva adottata prima dal Giudice di pace e poi dal Tribunale provvede la Cassazione, ricordando che l’esimente della provocazione può essere riconosciuta se la persona offesa è legata alla figura del provocatore.

Pessime condizioni igieniche, evidenti agli occhi e anche al naso Quadro desolante, quello del terrazzo dei vicini di casa. Lamentele inevitabili, discussioni idem, e il rischio di andare sopra le righe è concreto. Tanto da superare la soglia della legalità Eppure è possibile ottenere la ‘giustificazione’ della provocazione. Anche se le ‘parole grosse’ sono state indirizzate a un fratello del vicino poco attento all’igiene Cassazione, sentenza numero 12308/2013, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Lamentazione. Nessun dubbio, sia chiaro, sull’episodio lo scontro verbale tra vicini è stato sicuramente acceso. Pomo della discordia, come detto, il fatto che il terrazzo dei vicini sia in pessime condizioni, anche a causa del fatto che è adibito a ‘cuccia’ di un cane, praticamente abbandonato a sé stesso. A provare a fare da ‘paciere’ interviene il fratello della persona ‘censurata’ per la gestione del terrazzo, ma ne ottiene, come spesso succede, solo parole offensive dalla persona che si è lamentata per odori e visuale. E proprio quest’ultima – una donna –, alla fine della giostra, si ritrova a pagare dazio viene condannata – prima dal Giudice di pace, poi in Tribunale –, difatti, per il delitto di ingiuria. Provocazione. A rimettere in discussione la vicenda, però, provvedono, ora, i giudici della Cassazione, i quali ritengono sia da approfondire ulteriormente – ecco spiegata la decisione di riaffidare la questione al Tribunale – il capitolo della «esimente della provocazione». Secondo la donna, condannata per ingiurie, difatti, è lapalissiano il «fatto ingiusto, consistito nell’aver violato le regole dell’igiene, lasciando in stato di abbandono un grosso cane sul terrazzo», confinante con la propria abitazione, e a commetterlo è stato il «fratello della persona offesa» per questo, è evidente che le sue ‘parole di fuoco’ sono da considerare una reazione alla «provocazione» compiuta dal vicino. Ebbene, secondo i giudici della Cassazione, questa visione può reggere, anche se, come detto, deve essere approfondita. E può reggere per una ragione semplicissima la reazione della donna è stata sì «diretta nei confronti di persona diversa dal provocatore», ossia il vicino, ma quest’ultimo è il fratello della persona offesa. Quindi vi è un legame, un rapporto, che possono «rendere plausibile la reazione». Ciò, di conseguenza, porta a dover meglio affrontare il tema dell’esimente della provocazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 novembre 2012 – 15 marzo 2013, numero 12308 Presidente Zecca – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18 ottobre 2011 il Tribunale di Napoli - sezione distaccata di Casoria, confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace, ha riconosciuto A.F. responsabile del delitto di ingiuria ai danni di V.P. ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge, nonché ai risarcimento dei danni in favore della parte civile. che la responsabilità dell’imputato fosse provata dalle convergenti e dettagliate disposizioni dei tre testi presenti al fatto e che non fosse applicabile l’esimente della provocazione, in quanto il fatto ingiusto lamentato dall’imputata era stato posto in essere da soggetto diverso dalla persona offesa. 2. Ha proposto ricorso per cassazione la F., per il tramite del difensore, affidandolo a quattro motivi. 2.1. Col primo motivo la ricorrente rinnova l’eccezione di improcedibilità dell’azione penale per mancata identificazione del querelante. 2.2. Col secondo motivo lamenta l’inosservanza del disposto dell’articolo 599, comma secondo, cod. penumero , osservando che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto l’applicabilità dell’esimente della provocazione anche nel caso in cui la reazione dell’agente sia diretta contro persona diversa dal provocatore, quando quest’ultimo sia legato all’offeso da rapporti tali da giustificare lo stato d’ira, alla stregua delle comuni regole di esperienza. Nel caso di specie, osserva, il fatto ingiusto, consistito nell’aver violato le regole dell’igiene, lasciando in stato di abbandono un grosso cane sul terrazzo confinante con l’abitazione dell’imputata, era stato commesso da G.P., fratello della persona offesa. 2.3. Col terzo motivo la ricorrente denuncia l’omessa acquisizione di una prova decisiva, che indica nella documentazione diretta a dimostrare la pendenza di un procedimento penale a carico dei fratelli del P. 2.4. Col quarto motivo ripropone l’eccezione di nullità del giudizio di primo grado, per essersi proceduto in assenza del difensore d’ufficio, disattendendo l’istanza di rinvio motivata in base a un impedimento determinato da impegni professionali e dall’impossibilità di avvalersi di un sostituto. Considerato in diritto 1. Esaminando nel corretto ordine logico le diverse questioni sollevate nel ricorso, viene per prima in considerazione l’eccezione di nullità del giudizio di primo grado, che informa il quarto motivo. Con essa il ricorrente, prospettando la sussistenza del vizio di ordine generale cui all’articolo 179, comma 1, lett. c cod. proc. penumero , lamenta che sia stata ingiustificatamente disattesa l’istanza di rinvio dell’udienza tenutasi il 15 aprile 2010, sebbene fosse stato segnalato al giudice il legittimo impedimento del difensore dell’imputato, impegnato in un procedimento cautelare con imputati detenuti. A confutare la motivazione addotta nell’ordinanza di rigetto, osserva che l’istanza di rinvio era stata presentata tre giorni prima dell’udienza, cioè appena avuta cognizione dell’impegno concomitante che l’impossibilità di avvalersi di un sostituto in udienza doveva essere soltanto allegata come in effetti è stato , e non anche provata, che la distanza temporale dai fatti non era un valido motivo di rigetto dell’istanza, stante la sospensione dei termini di prescrizione. 1.1. La censura non può trovare accoglimento. Innanzi tutto il ricorrente omette di specificare in quale data il proprio difensore abbia avuto notizia della fissazione dell’udienza nel Procedimento cautelare davanti al Tribunale di Nola il che era necessario a fronte del rilievo, mossogli nell’ordinanza del giudice di pace in data 15 aprile 2010, secondo cui la conoscenza del concomitante impegno professionale risaliva al giorno 11 marzo 2010 ed era, perciò, di gran lunga anteriore al deposito dell’istanza di rinvio, avvenuto il 12 aprile 2010. Secondariamente, perché possa farsi luogo al rinvio dell’udienza è necessario che sia giustificata l’impossibilità per il difensore di avvalersi di un sostituto processuale, secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità al disposto dell’articolo 420-ter, comma cod. proc. penumero Sez. 2, numero 48771 del 01/12/2003, Tortora, Rv. 227693 Sez. 5, numero 44299 del 04/07/2008, Buscemi, Rv. 241571 Sez. 5, numero 41148 del 28/10/2010, Cutrale, Rv. 248905 ed è rilevante osservare, a tale proposito che l’impossibilità deve riguardare la designazione di un qualsiasi sostituto - e non di una persona specifica - sia nel processo in cui l’istanza di rinvio è presentata, sia in quello addotto come legittimo impedimento onde non è risolutivo affermare, come fa il ricorrente, che fosse impedito a presenziare l’Avv. Z., abituale sostituto del difensore, non essendo dedotta l’impossibilità di ricorrere ad altri, per la partecipazione all’una o all’altra delle due udienze concomitanti. 2. Altra eccezione da esaminare con priorità è quella con cui viene dedotta primo motivo d’improcedibilità dell’azione penale per nullità della querela, in dipendenza della mancata identificazione del querelante. 2.1. Anche di questa va rilevata l’infondatezza, alla stregua delle risultanze cartolari esaminabili in questa sede per la natura della questione sollevata . Si constata, invero, che in calce alla querela è riportata un’annotazione del seguente tenore «Visto presentato alle ore 10.19 del 31/3/05. Il Comandante Mar. a.s. UPS A.P.». Da ciò appare con chiarezza che l’atto è stato depositato personalmente a mani di un’autorità legittimata a riceverlo e, mancando una diversa indicazione, deve presumersi che la presentazione sia stata effettuata direttamente dall’interessato, rendendo così superflua l’autentica della firma. Rimane il fatto che sia mancata l’identificazione del querelante da che l’inosservanza del relativo precetto - il quale, giova rimarcarlo, è rivolto all’autorità ricevente e non al privato che intende querelarsi – non comporta invalidità della querela, quando risulti altrimenti certo che il proponente è il soggetto legittimato a proporla Sez. 5, numero 9106 del 19/01/2012, Spagnol, Rv. 252956 Sez. 5, numero 10137 del 01/12/2010 - dep. 14/03/2011, Manetti, Rv. 249943 Sez. 2, numero 43712 del 11/11/2010, Tagliatela, Rv. 248683 il che può ben dirsi nel caso di specie, il cui il querelante è poi personalmente comparso davanti al giudice e si è costituito parte civile. 3. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, con efficacia assorbente nei confronti del terzo, 3.1. Il Tribunale ha ritenuto inapplicabile l’esimente della provocazione, sul rilievo per cui i motivi di contrasto - inerenti, secondo la difesa dell’imputata, alle condizioni antiigieniche in cui veniva tenuto il terrazzo antistante l’abitazione della F., per la costante presenza di un cane ivi lasciato in stato di abbandono - non riguardavano la persona di V.P., ma i di lui fratelli. La motivazione così adottata non tiene conto del principio, ripetutamente enunciato da questa Corte Suprema, a tenore del quale l’esimente di cui all’articolo 599, comma secondo, cod. penumero si rende applicabile anche quando la reazione dell’agente sia diretta nei confronti di persona diversa dal provocatore, ogni volta in cui quest’ultimo sia legato all’offeso, da rapporti tali da rendere plausibile la reazione nei suoi confronti Sez. 5, numero 43087 del 24/10/2007, Militello, Rv. 238502 Sez. 1, numero 35607 del 09/10/2002, Como, Rv. 222322 Sez. 5, numero 13162 del 04/02/2002, Pagliani, Rv. 221253 . 3.2. La decisione assunta dal Tribunale di Napoli sarebbe, dunque, giuridicamente corretta soltanto se quel giudice avesse ritenuto infondato, in linea di fatto, l’assunto difensivo secondo cui V.P. era stato coinvolto, per il pregresso suo intervento quale intermediario, nella discussione in atto fra la F. e G.P. ma l’argomento risulta pretermesso nella sentenza, che risulta perciò affetta da carenza motivazionale su un punto di decisivo rilievo. 4. S’impone, pertanto, l’annullamento con rinvio allo stesso Tribunale di Napoli affinché, in diversa composizione, sottoponga a rinnovato esame la questione inerente alla dedotta applicabilità dell’invocata esimente. P.Q.M. sentenza con rinvio al Tribunale di Napoli, quale giudice di appello, per un nuovo esame.