L’IVA all’importazione è da considerarsi un tributo interno, e comunque la sanzione va applicata secondo principi di proporzionalità. Il deposito costituisce un tributo interno, per il quale è applicabile l’articolo 13, comma 1, d.lgs. numero 471/1997 in tema di omessi versamenti.
In caso di estrazione virtuale delle merci da un deposito IVA, cui segue l’assolvimento dell’imposta secondo il meccanismo del reverse charge, è applicabile – in assenza di una norma specifica – la sanzione per tardivo od omesso versamento. Sussiste la necessità di una valutazione caso per caso nell'applicazione della sanzione. Infatti, se il ritardo fra l’introduzione virtuale dei beni e l’assolvimento dell’IVA è minimo e il danno erariale è di scarsa entità, va considerata la possibilità di applicare la riduzione della sanzione pari a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, fino a 15 giorni , così come da articolo 13, d.lgs. numero 471/97. In definitiva, in caso di utilizzo virtuale di un deposito IVA all’importazione di beni, la sanzione applicabile è solo quella prevista per gli omessi o ritardati versamenti articolo 13, d.lgs. numero 471/1997 , ma la sua applicazione deve necessariamente essere riadeguata tenendo conto dei principi comunitari della proporzionalità. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 17814 dell’ 8 settembre 2015 . Il caso. Una Srl ha presentato ricorso a seguito della notifica di numerosi avvisi di rettifica per la ripresa a tassazione di IVA all’importazione non corrisposta sulle merci, in virtù di un uso “fantasma” del deposito. La controversia ,ha riguardato, in particolare, la valutazione della sanzione applicabile in caso di utilizzo virtuale di un deposito Iva, con regolare assolvimento dell’imposta all’atto della pure virtuale estrazione delle merci dal deposito, mediante il sistema del reverse charge. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, ribadendo l’assenza di una norma speciale nel Testo unico delle leggi doganali d.p.r. numero 43/1973 hanno riconosciuto l’applicabilità della norma generale articolo 13 del d.lgs. numero 471/1997 , che penalizza le ipotesi di ritardati oppure omessi versamenti, citando i criteri fissati dalla Corte di Giustizia sul caso Equoland. Nella decisione resa nella causa C-272/13, la Corte di Giustizia ha trattato in concreto l’applicabilità al caso dei depositi virtuali proprio dell’articolo 13, d.lgs. numero 471/1997, fissando stretti e imprescindibili canoni di proporzionalità. I giudici di Lussemburgo hanno deciso che tale disposizione non può sempre essere applicata acriticamente nella sua formulazione di base, dunque con la sanzione pari al 30% del tributo non corrisposto. In concreto, infatti, i giudici di merito sono tenuti a una valutazione della norma in relazione al caso in esame, verificando se è conforme al principio di proporzionalità un’applicazione nella formula di base, ovvero se è più corretto fare ricorso alle riduzioni pure previste dalla norma. Danno quasi nullo. Nella fattispecie oggetto di esame da parte della Cassazione, il ritardo tra l’introduzione virtuale e l’assolvimento dell’imposta in modalità di reverse charge è talmente minimo o comunque ben delimitato da arrecare all’erario un danno quasi nullo. In tali situazione, è automatica un’applicazione minima ed estremamente favorevole dell’ipotesi sanzionatoria ad esempio, è disposto dallo stesso articolo 13, d.lgs. numero 471/1997 che, per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione base del 30%, oltre ai benefici del ravvedimento operoso, è ulteriormente ridotta ad un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 10 giugno – 8 settembre 2015, numero 17814 Presidente Cicala – Relatore Conti Svolgimento del processo 1. Nel novembre 2009 la P.I. s.r.l. proponeva innanzi alla CTP di Livorno ricorso avverso numero 11 atti di contestazione con contestuale irrogazione delle sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 13 d.lgs.numero 471/1997, tutti correlati a pregressi avvisi di rettifica notificati per la ripresa a tassazione di IVA all’importazione non corrisposta sulle merci in ragione dell’accertato utilizzo meramente virtuale del deposito fiscale IVA gestito dalla società F.V. s.p.a Il giudice di primo grado respingeva il ricorso con sentenza impugnata dalla società contribuente innanzi alla CTR della Toscana. Quest’ultima, con sentenza numero 126/14/12, depositata il 13.12.2012, ha confermato la sentenza di prime cure. 1.2 II giudice di appello, esaminando la questione dell’inapplicabilità della sanzione irrogata ai sensi dell’articolo 13 d.lgs. numero 471/1997, evidenziava che non esisteva una norma sanzionatoria di carattere speciale relativa all’omesso o tardivo versamento dell’IVA all’importazione. Ciò che giustificava l’applicazione della disposizione di ordine generale di cui all’articolo 13 cit Aggiungeva che l’articolo 303 TULD era applicabile solo alle ipotesi di irregolarità commesse dagli operatori al momento dell’importazione di merci integranti infrazioni sulla quantità, qualità e valore delle merci e non al mancato versamento dell’IVA all’importazione. 2. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, al quale ha resistito l’Agenzia delle Dogane con controricorso. 3. La causa, dopo il rinvio a nuovo ruolo in attesa di una decisione in sede di rinvio pregiudiziale della Corte di Giustizia, veniva rimessa dal Collegio all’udienza pubblica, non ritenendo sussistenti i presupposti per la decisione in camera di consiglio. Le parti hanno depositato memorie e la causa è stata posta in decisione all’udienza del 10.6.2015. Motivi della decisione 4. Con l’unico motivo proposto la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 d.lgs. numero 471/97, in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c Lamenta che proprio in relazione all’accertamento della pretesa fiscale concernente l’IVA all’importazione doveva trovare applicazione l’articolo 70 DPR numero 633/72 che rimandava, quanto alle ipotesi di sanzioni relative alla riscossione dell’IVA all’importazione, alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine. Era dunque all’interno del t.u.l.d. che doveva ricercarsi la disposizione applicabile e specificamente l’articolo 320 che si riferiva all’inosservanza delle disposizioni in tema di depositi di merci. 5. L’Agenzia delle Dogane ha chiesto il rigetto del ricorso, senza tuttavia esporre alcun argomento contrario alle tesi prospettate dalla parte ricorrente. 6. Il motivo non è fondato ma in relazione al contento della sentenza della Corte di Giustizia resa nella causa E. in data 17.7.2014 causa C-272/13 la sentenza impugnata merita comunque di essere cassata per le considerazioni di seguito esposte. 6.1 Giova premette che nel caso in esame si discute della legittimità della sanzione che l’Ufficio ha applicato in forza dell’articolo 13 comma 1 d.lgs. numero 471/1997, che sotto la rubrica Ritardati od omessi versamenti diretti così dispone Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633. Giova aggiungere che il ricordato articolo 13 è stato successivamente modificato, per quel che qui interessa, dall’articolo 1 comma 1 lett. e del d.lgs. numero 99/2000 che dopo il primo periodo del c.1. ha inserito il seguente comma Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dalla lettera a del comma 1 dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, numero 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo . 6.2 Ciò posto, occorre preliminarmente dare atto che assume particolare rilievo, ai fini della decisione, la sentenza resa dalla Corte di Giustizia in tema di compatibilità della legislazione italiana - articolo 50 bis d.l. numero 331/1993 - sui depositi IVA con le previsioni UE nella parte in cui richiede, ai fini della sospensione del pagamento dell’IVA all’importazione all’atto dell’immissione in libera pratica di merce extra UE, il materiale e fisico inserimento della merce nel deposito IVA. 6.3 In tale frangente la Corte ha ritenuto che l’articolo 16, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2006/18/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2006, nella sua versione risultante dall’articolo 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo. 6.4 Nella stessa occasione la Corte, esaminando gli altri quesiti posti dal giudice a quo, ha esaminato gli effetti dell’assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione della merce sul mancato versamento dell’IVA all’importazione sulla merce solo virtualmente inserita nei depositi IVA. Si è dunque ritenuto che il meccanismo del c.d. reverse charge non ha valore formale o fittizio, ma costituisce reale assolvimento dell’IVA-p.37 sent. E. Ne consegue che il sistema dell’autofatturazione è in grado di determinare l’assolvimento dell’IVA all’importazione quando lo stesso non è preordinato ad una frode-p.39 sent. E. 6.5 La stessa sentenza non ha mancato di rilevare che la violazione del sistema di versamento dell’IVA realizzata dall’importatore per effetto della immissione solo virtuale della merce integra una violazione formale -p.29- che non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto passivo-p.39 sent.cit.- La Corte, dopo avere chiarito che in assenza di tentativo di frode o evasione . la parte della sanzione consistente nel richiedere un nuovo pagamento dell’IVA già assolta, senza che tale secondo pagamento conferisca un diritto a detrazione, non può considerarsi conforme al principio di neutralità dell’IVA - p.43 sent. E. -, ha quindi precisato che rispetto alla parte della sanzione consistente in una maggiorazione dell’imposta secondo una percentuale forfettaria, . una siffatta modalità di determinazione dell’importo della sanzione - senza che sussista una possibilità di gradazione del medesimo - può eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare l’evasione v., in tal senso, sentenza Redlihs, EU C 2012 497, punti 45 e da 50 a 52 -v.p.44-. 6.6 Si è poi aggiunto che nel caso esaminato . in considerazione dell’entità della percentuale fissata per la maggiorazione prevista dalla normativa nazionale e dell’impossibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni caso di specie, non è escluso che tale modalità di determinazione dell’importo della sanzione, e dunque la parte corrispondente della medesima, possa rivelarsi sproporzionata - v. p.45-. 6.7 In definitiva, secondo la Corte spetta unicamente al giudice del rinvio- .la valutazione finale del carattere proporzionato della sanzione -v.p.48 sent. E.-. Ai fini del test di proporzionalità la Corte ha chiarito che la determinazione in misura fissa della sanzione potrebbe non rispettare il principio anzidetto, avuto riguardo alla natura formale della violazione - e alla possibilità che il solo pagamento degli interessi moratori potrebbe costituire sanzione adeguata almeno per i casi in cui in cui non era finalizzato all’evasione - p.46 sent. E. . il versamento di interessi moratori può costituire una sanzione adeguata in caso di violazione di un obbligo formale, purché non ecceda quanto necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti, consistenti nel garantire l’esatta riscossione dell’IVA e nell’evitare l'evasione . - e sempre che l’importo degli interessi moratori non corrisponda all’importo del tributo detraibile. 6.8 Fatte le superiori necessarie premesse e passando all’esame della censura proposta dall’Agenzia reputa il Collegio che, ad onta di quanto sostenuto dalla CTR, la sanzione applicabile all’importatore che si avvale del sistema di sospensione del versamento dell’Imposta sul valore aggiunto all’importazione senza immettere materialmente nel deposito IVA la merce extra UE va individuata nel paradigma normativo di cui all’articolo 13 d.lgs.numero 472/1997, a nulla rilevando il contenuto precettivo dell’articolo 70 d.PR numero 633/1972. Da un lato, infatti deve ritenersi che l’IVA all’importazione costituisca un tributo interno. 6.9 E’ sufficiente sul punto evidenziare che proprio la sentenza E. ha ritenuto che la differenza fra IVA all’importazione e IVA interna potesse impedire l’assolvimento della prima, inscrivendosi tale indirizzo nell’ordine di idee, già espresso dalla giurisprudenza comunitaria Corte Giust., 25 febbraio 1988, C-299/86, Drexl , secondo il quale l’IVA all'importazione, richiesta dallo Stato italiano, ha natura di tributo interno. Indirizzo, quest’ultimo confermato di recente da Cass.numero 19749/2014. Pertanto legittimamente l’Amministrazione ha fatto riferimento, rispetto alla sanzione applicata, all’articolo 13 d.lgs.numero 471/1997. 6.10 Del resto, l’opzione alla quale il Collegio ritiene di aderire è in linea con uno degli indirizzi espressi dalla giurisprudenza penale di questa Corte, secondo il quale l'IVA all'importazione ha natura di tributo interno, con conseguente inapplicabilità della violazione contenuta nel D.P.R. numero 43 del 1973, articolo 292, operando il rinvio, dal D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 70, alle leggi doganali, solo quaod poenam Cass. penumero , Sez. 3, numero 34256 del 12/07/2012, Pierino . 6.11 Per altro verso, detta disposizione, inserita all’interno della legge organica di settore concernente le sanzioni amministrative in materia tributaria - articolo 1 - è applicabile, salvo diversa espressa previsione, ai procedimenti di irrogazione di tutte le sanzioni tributarie non penali - articolo 26 comma 3 d.lgs. ult. cit. 6.12 Va ancora aggiunto che l’articolo 70 dPR numero 633/72 rinvia effettivamente alla disciplina sanzionatoria in tema di leggi doganali. 6.13 Orbene, non rinvenendosi all’interno del testo unico leggi doganali di cui al dPR numero 43/1973 o del Reg.CEE numero 2913/1992 - cod.doganale comunitario - una disposizione sanzionatoria speciale per le condotte di omesso o ritardato versamento dell’IVA all’importazione, appare corretta la sussunzione della condotta contestata alla parte contribuente nello stigma del ricordato articolo 13, in questa direzione orientando in conclusione tanto il riconoscimento dell’IVA all’importazione quale tributo interno che la portata generale della sanzione prevista dal D.Lgs. numero 471 del 1997, articolo 13 e la sua applicabilità all’omesso o ritardato versamento di qualunque tributo - Cass.numero 17436/2010 -. 6.14 Non può pertanto ritenersi di essere in presenza di una violazione meramente formale per la quale l'esclusione della punibilità - D.Lgs. numero 472 del 1996, articolo 6, comma 5 bis v.Cass.numero 5897/2013 - è prevista per le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio dell'attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo. Ipotesi non ricorrente nel caso di specie. 6.15 Ad escludere tale possibilità è la stessa Corte europea E. , laddove afferma che . un siffatto obbligo, nonostante il suo carattere formale, è atto a permettere di conseguire efficacemente gli obiettivi perseguiti, vale a dire garantire un’esatta riscossione dell’IVA nonché evitare l’evasione di tale imposta - p.29 sent. E.-. 6.16 Immune da vizi risulta, pertanto, la decisione impugnata rispetto alla censura esposta dalla parte ricorrente, nemmeno potendosi fare applicazione, rispetto al caso di specie, dell’articolo 6, co.9 bis d.lgs.numero 471/1997, concernente l’assolvimento dell’IVA col sistema dell’autofatturazione in assenza dei requisiti previsti per il meccanismo dell’inversione contabile di cui agli artt.17 e 74 del dPR numero 633/1972. 6.17 Resta tuttavia da evidenziare che la sentenza E. già ricordata ha parimenti espresso rilevanti principi in tema di proporzionalità della sanzione di cui all’articolo 13 d.lgs.numero 471/1997 in relazione alla condotta di mancato versamento dell’IVA all’importazione per effetto dell’immissione virtuale dei beni in deposito IVA. 6.18 Orbene, tali principi, in relazione alla natura delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, aventi efficacia erga omnes rispetto a vicende omogenee rispetto a quelle esaminate in sede di rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE e alla rilevabilità ex officio delle questioni che involgono l’applicazione del diritto UE al fine di evitare possibili contrasti fra diritto interno e diritto sovranazionale - Cass.numero 13065/2006 Cass.,20 luglio 2007 n,16130 Cass.S.U.18 dicembre 2006 numero 26984 - , dovranno essere applicati dal giudice del rinvio. La CTR, in particolare, dovrà valutare in sede di rinvio la proporzionalità della sanzione applicata in relazione alla contestazione esposta dall’Ufficio nonché la rilevanza del pagamento effettuato all’atto di estrazione della merce con le forme della autofatturazione disciplina dal comma 6 dell’articolo 50 bis d.l.numero 331/1993, tenendo conto del tempo intercorso fra omesso versamento dell’IVA all’importazione e dell’ eventuale assolvimento dell’IVA interna - con annotazione nei relativi registri - all’atto dell’estrazione della merce - v. pp.39 e 42 sent. E. - . Ciò anche al fine di vagliare l’applicazione alla fattispecie delle misure sanzionatorie ridotte previste dal medesimo articolo 13 cit. in caso di ritardo nel versamento e della loro proporzionalità in relazione ai criteri indicati dalla Corte di Giustizia ai punti numero 42/44 della sentenza E. 7. Sulla base di tali considerazioni la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Toscana anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Decidendo sul ricorso proposto da P.I. s.r.l., cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana sez. Livorno - anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.