Assegno di mantenimento: la coppia scoppia ma il tenore di vita deve restare invariato

L’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale e, tuttavia, indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 9494 del 30 aprile 2014. Il fatto. La vicenda in esame riguarda un procedimento di divorzio tra due coniugi e la contestazione, da parte del marito, dell’ammontare dell’assegno mensile stabilito a favore della donna. In particolare, questi ricorre per cassazione contestando l’esistenza dei presupposti per il contributo di mantenimento. Il tenore di vita deve restare invariato. Il ricorso è privo di fondamento l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale e, tuttavia, indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi nel caso di specie, è evidente la disparità di posizione economica tra le parti redditi da lavoro a favore del marito. Da considerare, poi, la durata del matrimonio e l’apporto, anche economico, dato dalla moglie al menage familiare. I figli crescono e le loro esigenze aumentano. Circa il contributo al mantenimento dei figli maggiorenni, ma non autosufficienti, il giudice a quo, chiarisce che l’aumento è dovuto necessariamente alle accresciute esigenze di due giovani studenti. Pertanto, il ricorso non può che essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 28 gennaio – 30 aprile 2014, numero 9494 Presidente Bernabai – Relatore Dogliotti In un procedimento di divorzio tra numero A. e S.M., la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 22 giugno 2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 07 ottobre 2010, determinava in €. 250,00 mensili l'assegno in favore della moglie. Ricorre per cassazione il numero . Resiste con controricorso la S Il ricorrente contesta, con più motivi tra loro strettamente collegati, l'esistenza dei presupposti per l'assegno di divorzio. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi Cass. numero 2156 del 2010 . Va precisato che il regime di separazione, anche riguardo all'assegno, non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi Cass. numero 18433 del 2010 . Evidenzia il giudice a quo la disparità di funzione economica tra le parti redditi da lavoro a favore del marito, con notevole sproporzione a danno della moglie. Correttamente si afferma che non tutti gli elementi, previsti dalla norma, per la quantificazione dell'assegno, debbono essere considerati tra le altre, Cass. numero 23690 del 2008 , e tuttavia, accanto alla predetta disparità di condizioni economiche, vengono richiamati la durata del matrimonio, nonché l'apporto, anche economico, dato dalla moglie al menage familiare, mentre al contrario non si considerano le ragioni della decisione , essendovi stata reciproca rinuncia agli addebiti in sede di separazione. Altri motivi, altrettanto strettamente connessi, attengono alla decorrenza dell'assegno dalla domanda. Come correttamente precisa la sentenza impugnata, giurisprudenza consolidata ha fornito una interpretazione assai meno rigorosa di quella sostenuta dall'odierno ricorrente tra le altre, Cass. n° 5140 del 2011 . In particolare, il giudice può disporre la decorrenza dalla domanda, anche in mancanza di sentenza non definitiva, e non occorre esplicita richiesta di decorrenza, dovendo la stessa ritenersi incompresa nella domanda di assegno potrebbe esservi pronuncia al riguardo, anche soltanto in grado di appello come nella specie, a seguito di appello incidentale. Quanto alla tardività della domanda e alla affermata violazione di diritto di difesa, il ricorso è del tutto generico e non autosufficiente. Circa, infine, il contributo al mantenimento dei figli maggiorenni ma non autosufficienti, il giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, chiarisce che l'aumento è dovuto necessariamente alle accresciute esigenze di due giovani studenti si precisa altresì che una borsa di studio della figlia, del resto assai limitata, non escluderebbe la non autosufficienza economica della stessa . Quanto alle spese nel giudizio di appello, la sentenza impugnata richiama la soccombenza del marito quanto al primo grado, è lo stesso ricorrente a confermare la compensazione per soccombenza reciproca, senza che, in sede di appello, fosse stato formulato gravame al riguardo. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza, per il presente giudizio di legittimità e per quello di sospensione ex articolo 373 c.p.c. davanti alla Corte d'Appello di Napoli. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00, di cui euro 100,00 per esborsi, nonché, per il giudizio di sospensione ex articolo 373 c.p.c., che liquida in euro 600,00, comprensive di euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge, per entrambi i procedimenti. A norma del D.lgs. numero 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti in quanto imposto dalla legge.