Azzerata ogni contestazione nei confronti dell’uomo resosi responsabile dell’assurdo gesto. Nodo gordiano è la valutazione dello strumento utilizzato, ossia una piccola accetta, di solito impiegata in montagna per tagliare piccoli pezzi di legno. Impensabile contestare il reato di porto abusivo di strumento atto ad offendere.
Camion frigorifero molesto sotto casa. Reazione davvero inconsulta, quella dell’uomo infastidito dal rumore, il quale scende dall’abitazione, prende una piccola accetta nel garage e taglia il cavo elettrico che dà energia alla cella frigorifera su quattro ruote. Nonostante tutto, però, e nonostante le minacce rivolte al conducente del camion, il ricorso alla accetta non è valutabile come utilizzo di arma. Cadono, quindi, definitivamente, le accuse nei confronti dell’uomo Cassazione, sentenza numero 6261, sez. I Penale, depositata oggi . Taglio netto Ricostruita nei dettagli l’assurda vicenda. Acclarata la condotta – davvero poco urbana – tenuta dall’uomo, il quale, «uscito dalla propria abitazione perché disturbato dal rumore prodotto dall’impianto frigorifero di un camion parcheggiato nel cortile della confinante società», prima ha «minacciato il conducente di tagliare il filo della corrente, se non avesse spento il frigorifero» e poi, è «entrato nel garage, uscendone con una piccola accetta, utilizzata in montagna per il taglio di piccoli pezzi di legno», con cui ha reciso «il cavo elettrico» dell’impianto. Proprio l’impiego dell’accetta è sufficiente, secondo i giudici di merito, per contestare all’uomo il reato di «porto abusivo di uno strumento atto ad offendere». Consequenziale la condanna alla «pena di 700 euro di ammenda». Strumento. A sorpresa, però, arrivano le valutazioni della Cassazione, valutazione che conducono a ribaltare completamente la situazione, in modo favorevole all’uomo. Quest’ultimo, difatti, viene liberato da ogni accusa. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, in sostanza, «il fatto non sussiste». Decisiva la constatazione che lo strumento utilizzato dall’uomo – una «piccola accetta», come detto, e non una «ascia», come originariamente contestato –, avente una «destinazione originaria innocua», non poteva «essere utilizzato per l’offesa alle persone». Su questo punto, in particolare, i giudici evidenziano il fatto che l’accetta, usata per «recidere il cavo elettrico» dell’impianto frigorifero del camion, è «un arnese utilizzato nei lavori di montagna per il taglio di piccoli pezzi di legno» ciò significa che essa non può, spiegano i giudici, «essere in concreto utilizzabile per l’offesa alle persone».
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 novembre 2014 – 12 febbraio 2015, numero 6261 Presidente Giordano – Relatore Novik Rileva in fatto 1. Con sentenza emessa il 15 marzo 2013 il Tribunale di Verbania, sezione distaccata di Domodossola, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di V.B. dal reato di cui all'articolo 392 cod. penumero , così qualificata l'originaria imputazione di violazione di domicilio, per intervenuta remissione di querela e, ritenuta la ricorrenza dell'ipotesi lieve, lo ha condannato alla pena di euro 700 di ammenda, rateizzate in 10 rate, per il reato di porto abusivo di uno strumento atto ad offendere. 2. In fatto, era risultato accertato che l'imputato era uscito dalla propria abitazione perché evidentemente disturbato dal rumore prodotto dall'impianto frigorifero di un camion parcheggiato nel cortile della confinante Società Cooperativa Latteria. Dopo aver minacciato il conducente di tagliare il filo della corrente se non avesse spento il frigorifero, B. era entrato nel garage uscendone con una piccola accetta, utilizzata in montagna per il taglio di piccoli pezzi di legno, con cui aveva tagliato il filo elettrico. 3. Avverso la sentenza di condanna ha presentato ricorso per cassazione la parte personalmente deducendo due motivi e chiedendo l'annullamento della sentenza perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto oppure perché il fatto non costituisce reato. Con il primo motivo lamenta vizio dì motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all'articolo 4 legge 110 del 1975. In particolare, deduce che nella sentenza non era specificato qual'era lo strumento utilizzato, la sua potenziale capacità lesiva. né il luogo in cui aveva portato detto strumento. Con il secondo motivo lamenta carenza e manifesta illogicità della motivazione nonché erronea applicazione della legge penale. Il giudice non aveva motivato in ordine alla sussistenza degli elementi materiali dei reato, né in merito all'elemento psicologico. Dalla contestazione emergeva un reato colposo ed occorreva che nella motivazione fosse chiarita la sua volontà di uscire fuori dalle proprie pertinenze o di esserne uscito per colpa. Egli era rimasto nelle proprie pertinenze e null'altro era stato specificato. Considerato in diritto 1. II primo motivo di ricorso è fondato per le assorbenti ragioni che seguono. Va premesso che al ricorrente era stato contestato il porto, senza giustificato motivo, di un'ascia, strumento chiaramente utilizzato per le circostanze di luogo di tempo per l'offesa alla persona o alle cose. Tuttavia, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, l'articolo 4, secondo comma, legge 18 aprile 1975 numero 110, nell'equiparare alle armi improprie alcuni strumenti la cui destinazione naturale non è l'offesa alla persona, ma che tuttavia sono occasionalmente atti ad offendere, ne individua in modo specifico alcuni che, per le loro caratteristiche, si sono dimostrati idonei a ledere, distinguendoli da altri, ricompresi genericamente nella categoria degli strumenti, non considerati espressamente come arma da punta o da taglio. Pertanto, gli oggetti indicati specificamente nella prima parte della L. numero 110 del 1975, articolo 4, comma 2, sono da ritenere del tutto equiparabili alle armi improprie, per cui il loro porto costituisce reato alla sola condizione che avvenga senza giustificato motivo , mentre per gli altri oggetti, non indicati in dettaglio, cui si riferisce l'ultima parte della citata disposizione normativa, occorre anche l'ulteriore condizione che essi appaiano chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona , ma non alle cose Sez. 1, numero 32269 del 03/07/2003, dep. 31/07/2003, Porcu, Rv. 225116 . Ne discende che solo con riferimento agli oggetti previsti nell'ultima parte della L. numero 110 del 1975, articolo 4, comma 2, è necessario verificare se, pure avendo una destinazione originaria innocua, possono essere utilizzati per l'offesa alle persone. Tale non era l'oggetto che il ricorrente portò fuori dalla propria abitazione al solo fine di recidere il cavo elettrico, descritto in sentenza come un arnese utilizzato nei lavori di montagna per il taglio di piccoli pezzi di legno , venendo in radice escluso che potesse essere in concreto utilizzabile per l'offesa alle persone. Convincimento, del resto, fatto proprio dal giudice di merito in relazione al diverso reato di cui all'articolo 392 cod. penumero , ritenuto sussistente nella forma semplice dichiarato estinto per remissione di querela , e non in quella aggravata dall'uso dell'arma. La sentenza va quindi annullata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo b per cui vi è stata condanna perché il fatto non sussiste.