In tema di sfruttamento della prostituzione, la porzione di denaro che viene consegnata allo sfruttatore e che allo stesso appartiene rientra nello schema della previsione della misura di sicurezza della confisca obbligatoria del prezzo di reato, con l’esclusione delle somme di proprietà delle prostitute sfruttate.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 47262, depositata il 17 novembre 2014. Il fatto. Il Tribunale di Vigevano, in funzione di giudice dell’esecuzione, disponeva la confisca della somma di euro 29.000,00 già oggetto di sequestro, in relazione alla sentenza di condanna dell’imputato per il reato di sfruttamento della prostituzione. Contro tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la persona dedita alla prostituzione per conto dell’imputato, deducendo che il denaro era stato sequestrato presso il suo domicilio ed era di sua proprietà, in quanto provenuto dall’attività da lei svolta. Ritiene la ricorrente che, non trattandosi di prezzo ma di profitto del reato, la confisca doveva essere facoltativa e pertanto era necessario fornire adeguata motivazione in ordine alla correlazione del denaro con il reato. La somma confiscata costituisce il prezzo del reato. Il Collegio precisa ,innanzitutto, che la somma confiscata costituisce il prezzo e non il profitto del reato. Infatti, dalla ricostruzione riportata nell’ordinanza impugnata, emerge che il denaro sequestrato si trovava nell’appartamento in cui l’imputato era domiciliato insieme all’odierna ricorrente, prostituita da lui sfruttata, ed era nella disponibilità dell’imputato stesso, al quale quest’ultima regolarmente lo consegnava, svolgendo la prostituzione secondo le sue direttive. Perciò, ritiene la Corte, nel disporre la confisca, il giudice dell’esecuzione ha fatto corretta applicazione di quanto viene affermato dalla Cassazione in tema di sfruttamento della prostituzione, per cui la porzione di denaro che viene consegnata allo sfruttatore e che allo stesso appartiene rientra nello schema della previsione della misura di sicurezza della confisca obbligatoria del prezzo di reato, con l’esclusione delle somme di proprietà delle prostitute sfruttate. La confisca è obbligatoria. Trattandosi, quindi, di confisca obbligatoria ai sensi dell’articolo 240, comma 2, numero 1, c.p., il giudice dell’esecuzione correttamente ha disposto la confisca del denaro. Ne consegue il rigetto del ricorso da parte della Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 settembre – 17 novembre 2014, numero 47262 Presidente Teresi – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 17 luglio 2013, il Tribunale di Vigevano, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha disposto la confisca della somma di Euro 29.000,00 già oggetto di sequestro, in relazione alla sentenza del 18 giugno 2010, irrevocabile il 19 ottobre 2010, con la quale era stata applicata all'imputato la pena da lui richiesta per il reato di cui agli articolo 81, secondo comma, 110, 112 nnumero 1 e 2 , cod. penumero , 3, secondo comma, numero 8 , 4, numero 7 , della legge numero 75 del 1958. 2. - Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la terza interessata, persona dedita alla prostituzione per conto dell'imputato, deducendo, in primo luogo, l'erronea applicazione degli articolo 262 e 263 cod. proc. penumero , nonché la manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che il denaro era stato sequestrato presso il suo domicilio ed era di sua proprietà, in quanto provenuto dell'attività da lei svolta. Deduceva altresì che il sequestro non era mai stato convalidato. Non si sarebbe considerato, in particolare, che, in caso di condanna o di applicazione di pena patteggiata per il reato di sfruttamento della prostituzione, non può essere disposta la confisca delle somme sequestrate alle prostitute. Con un secondo motivo di doglianza, si deducono la violazione degli articolo 354-355 cod. proc. penumero , nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla validità del sequestro, perché questo non sarebbe mai stato convalidato. In terzo luogo, si lamenta l'erronea applicazione dell'articolo 240 cod. penumero , per la mancanza di motivazione in relazione alle ragioni della disposta confisca. Trattandosi di confisca facoltativa, sarebbe stato necessario fornire adeguata motivazione in ordine alla correlazione del denaro con il reato, non trattandosi di prezzo ma di profitto dello stesso. Considerato in diritto 3. - Il ricorso non è fondato. 3.1. - Premesso che nel caso in esame il giudice dell'esecuzione ha provveduto ex articolo 666 cod. proc. penumero , esercitando la sua competenza in materia di confisca del denaro sequestrato, in mancanza di una decisione sul punto da parte del giudice della cognizione su cui v., ex multis, sez. 1, 22 maggio 2013, numero 34627, rv. 257179 , deve rilevarsi che la somma confiscata costituisce il prezzo e non - come sostenuto dalla ricorrente - il profitto del reato. Nell'ordinanza impugnata si legge, infatti, che l'imputato aveva dichiarato di non svolgere alcuna attività lavorativa, pur essendo proprietario di una macchina di grossa cilindrata, e che il denaro sequestrato si trovava nell'appartamento in cui l'imputato era domiciliato insieme all'odierna ricorrente, prostituta da lui sfruttata, ed era nella disponibilità dell'imputato stesso, al quale quest'ultima regolarmente lo consegnava, svolgendo la prostituzione secondo le sue direttive. Nel disporre la confisca, il giudice dell'esecuzione ha fatto perciò corretta applicazione di quanto affermato da questa Corte in tema di sfruttamento della prostituzione, laddove si è precisato che la porzione di denaro che viene consegnata allo sfruttatore e che allo stesso appartiene, rientra nello schema della previsione della misura di sicurezza della confisca obbligatoria del prezzo del reato, con l'esclusione delle somme di proprietà delle prostitute sfruttate sez. 6, 31 marzo 1995, numero 1257, rv. 202720 sez. 3, 3 ottobre 2012, numero 9032, rv. 254738 . Correttamente, dunque, il giudice dell'esecuzione ha disposto la confisca del denaro, trattandosi di confisca obbligatoria ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, numero 1 , cod. penumero Ne discende l'infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso. 3.2. - Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta che la somma confiscata era stata oggetto di un preventivo sequestro mai convalidato. È sufficiente qui rilevare che gli eventuali vizi del sequestro della somma di denaro non incidono sulla successiva confisca della stessa, dovendosi disporre la confisca del prezzo del reato anche qualora questo non sia stato oggetto di sequestro. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.