È necessario che il documento contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto

L’atto scritto, richiesto dalla legge ad substantiam e non ad probationem per la validità dei negozi definitivi e preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili, deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui il contratto risulti in precedenza concluso, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà.

Conseguentemente, non soddisfa l’esigenza del combinato disposto degli artt. 1350 e 1351 c.c. una semplice dichiarazione scritta con la quale si dia per ricevuta una somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale di cui si presuppone la futura stipula, ma che non documenta la giuridica esistenza del patto nella sola forma valida richiesta dalla legge. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 25424 del 12 novembre 2013. Divisione convenzionale e valore della quietanza di pagamento. Con la pronuncia in rassegna la Corte di Cassazione propone, all’interno di in una controversia di divisione ereditaria, importanti chiarimenti sul requisito della forma scritta ad substantiam per i contratti aventi ad oggetto beni immobili e relativi contratti preliminari. In particolare, nel corso di un giudizio di divisione giudiziale, la parte convenuta eccepiva la pregressa divisione in via convenzionale risultante da una scrittura privata con cui si forniva la quietanza per il pagamento del prezzo oggetto della vendita dei beni ereditari, chiedendo altresì in via riconvenzionale la regolarizzazione delle previsioni contenute in tali accordi, con conseguente perfezionamento del passaggio di proprietà degli immobili oggetto di divisione ereditaria. Il giudice di secondo grado, con sentenza non definitiva, affermava che la scrittura offerta dal convenuto a sostegno delle proprie domande non era idonea a trasferire le quote ereditarie non essendo in essa contenuti i requisiti essenziali del contratto, prima fra tutte la manifestazione di volontà di concludere il contratto, e rimetteva quindi la causa sul ruolo per le ulteriori statuizioni. Con sentenza definitiva veniva tuttavia attribuita una differente qualificazione alla scrittura privata richiamata, ritenendo che questa dovesse qualificarsi alla stregua di un preliminare di vendita con connessa anticipazione del pagamento del prezzo in vista della futura vendita, nulla per mancanza di forma. La rilevanza sostanziale della forma scritta. In base alla differente qualificazione data alla scrittura priva nella pronuncia definitiva rispetto a quanto già statuito nella sentenza non definitiva, veniva interposto ricorso per Cassazione, sul presupposto che tale documento non poteva qualificarsi quale preliminare di vendita mancando in esso i requisiti sostanziali del contratto. Veniva in particolare evidenziato che il suddetto documento, che come visto costituiva quietanza di quanto già pagato, non era idoneo a produrre effetti traslativi, mancando la manifestazione della volontà di alienare espressa in forma scritta, l’individuazione dei beni oggetto del contratto e l’indicazione precisa del prezzo. Sulla base di tale rilievo veniva quindi richiamato il disposto dell’art. 1199, comma 2, c.c. ai sensi del quale la quietanza costituisce solo la prova del pagamento, ma non anche dell’esistenza del contratto. Forma scritta ad substantiam e manifestazione di volontà. Su tali presupposti la Corte – nella pronuncia in rassegna – afferma, richiamandosi al suo precedente e consolidato orientamento, che l’atto scritto, richiesto dalla legge ad substantiam e non ad probationem per la validità dei negozi definitivi e preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili, deve essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui il contratto risulti in precedenza concluso, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà, con la conseguenza che non soddisfa l’esigenza del combinato disposto degli artt. 1350 e 1351 una semplice dichiarazione scritta con la quale si dia per ricevuta una somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale di cui si presuppone la futura stipula, ma che non documenta la giuridica esistenza del patto nella sola forma valida richiesta dalla legge. In ragione di tale rilievo la Corte cassa quindi la sentenza del giudice di secondo grado, segnalando conclusivamente al giudice di rinvio che non può esserci esecuzione anticipata di un contratto preliminare nullo per mancanza di forma ad substantiam .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 marzo - 12 novembre 2013, n. 25424 Presidente Petitti - Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 13 e 18 ottobre 1989, P.M. evocava, innanzi al Tribunale di Verbania, PI.El. vedova B. , F B. , B.A. , nella qualità di eredi di V B. rispettivamente moglie e figli , Fr.Ma PO. , PO.Lu.Lu. , nella qualità di eredi di G B. , e P.R. , nella qualità di coerede unitamente all'attrice di C B. , esponendo che in data omissis era deceduta Ma.Ma Pi. , la quale aveva istituito quale erede, a mezzo di testamento olografo pubblicato in data 15 gennaio 1945, il coniuge, E B. , fatta salva la quota di riserva spettante ai figli B.G. , V. e C. aggiungeva che in data omissis decedeva anche E B. , la cui eredità era devoluta per successione legittima ai figli B.G. , V. e C. , in parti eguali, e che in data omissis decedeva anche Gi Be. , fratello di B.E. , ed i figli di quest'ultimo, i germani G. , V. e C. succedevano a Gi Be. , per rappresentazione del padre precisava, quindi, che ella ed il fratello R. erano gli unici eredi di C B. , mentre gli altri convenuti erano eredi di B.G. e di V. , nel frattempo anch'essi deceduti tanto premesso, chiedeva che venisse disposto lo scioglimento delle comunioni ereditarie sui beni mobili ed immobili derivate dalle successioni di Ma.Ma Pi. , B.E. e Gi Be. . Instaurato il contraddittorio, i convenuti si costituivano nella qualità di eredi di B.V. Pi.El. , B.F. e B.A. , di B.G. i figli Po.Fr.Ma. e Lu.Lu. e di B.C. il fratello dell'attrice, Re Pe. , chiedendo il rigetto della domanda attorea e spiegando domanda riconvenzionale. I convenuti, in particolare, deducevano che la comunione sui beni facenti parte dell'eredità di Be.Gi. si era già sciolta per effetto degli accordi intervenuti in data 7 luglio 1962, 3 ottobre 1963 e 9 novembre 1963, a mezzo di atti del notaio Manfredini, mentre la quota di un terzo sui beni relitti di Pi.Ma.Ma. e di E B. , spettante alla madre dell'attrice C B. , era stata con scrittura privata del 4.5.1970 ceduta dalla stessa Caterina al fratello Vittorio, il quale con atto del 23.9.1952 aveva precedentemente acquistato anche la quota di un terzo spettante alla germana G. . Pertanto B.F. , A. ed Pi.El. chiedevano, in riconvenzionale, che venisse regolarizzato il passaggio di proprietà degli immobili già compresi nelle quote ereditarie cedute con intestazione in favore degli eredi di B.V. . Il giudice adito, rigettava la domanda attorea di scioglimento della comunione, nulla affermando circa la domanda riconvenzionale di accertamento dell'intervenuto scioglimento della comunione a favore degli aventi causa B.V. . In virtù di rituale appello interposto dagli originari convenuti, che impugnavano la sentenza per la mancata pronuncia sulla riconvenzionale spiegata affinché venisse affermata la regolarizzazione degli assetti proprietari rispetto ai beni ricompresi nelle quote di eredità cedute da B.C. al fratello B.V. con la summenzionata scrittura privata del 4 maggio 1970, la Corte di appello di Torino, nella resistenza dell'appellata, che proponeva appello incidentale chiedendo la totale riforma della sentenza impugnata, con sentenza non definitiva del 21 novembre 2003, depositata il 13 marzo 2004, n. 489, rigettato l'appello principale e in parziale accoglimento di quello incidentale, dichiarava la comunione ereditaria tra P.M. , R P. , F B. , B.A. e El Pi. sui beni immobili loro derivati dalle successioni ereditarie di Ma.Ma Pi. , E B. e Gi Be. , nonché B.C. e V. , rimettendo la causa sul ruolo per il compimento delle operazioni divisionali. Formulata da entrambe le parti riserva di ricorso per cassazione, la Corte di appello di Torino, espletata consulenza tecnica, con sentenza definitiva n. 516/06 del 27 gennaio 2006, depositata il 27 marzo 2006, dichiarava lo scioglimento della comunione tra P.M. da un lato e Pi.El. , B.F. e B.A. dall'altro, sul compendio immobiliare sito in Comune di omissis , mediante assegnazione a B.F. , B.A. e El Pi. della quota di un sesto di spettanza di P.M. e di un sesto di spettanza di P.R. sui suddetti beni, dichiarando che nulla era dovuto a titolo di conguaglio dagli assegnatari a P.M. , perché già corrisposto dal dante causa degli appellanti, B.V. , alla dante causa della appellata, B.C. respingeva la domanda degli appellanti concernente la dichiarazione di pregressa cessione per scrittura privata di quote ereditarie ulteriori. A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che la scrittura del 4.5.1970 non recava alcuna dichiarazione di trasferimento dei diritti immobiliari ereditati da B.C. , limitandosi implicitamente a presupporla come già resa in epoca anteriore. Infatti il dedotto successivo rilascio di una procura a vendere avrebbe dimostrato che le parti avevano inteso addivenire alla cessione delle quote di eredità attraverso un procedimento negoziale indiretto, in luogo della vendita diretta tra C. e V. . Aggiungeva che detta scrittura non individuava esattamente la quota di eredità acquistata e quindi ceduta, né indicava il prezzo di vendita, limitandosi a menzionare il solo importo pagato a saldo L. 150.000 . Proseguiva che quanto all'azienda alberghiera . vi poteva essere una debole valenza indiziaria del carattere ereditario della stessa, non risultando neanche chiarito a quale delle tre successioni era da riferire, per cui la domanda di divisione dei beni costituenti detta azienda non poteva essere accolta per indeterminabilità dell'oggetto. Concludeva con la sentenza definitiva che dalla consulenza tecnica era emerso che i beni da condividere erano unicamente l'Albergo . e le relative pertinenze, beni tutti siti in ., sulla sommità del omissis , e sul piano soggettivo, la comunione riguardava unicamente la quota di comproprietà, che per l'originaria attrice era pari ad un sesto, mentre su tutto il restante compendio immobiliare risalente pro quota alle successioni di Pi.Ma.Ma. , B.E. e Gi. , rilevavano le divisioni vuoi per atto notarile vuoi per accordi dedotti in scritture private con effetto traslativo. Da ciò conseguiva la estraneità al contendere, sul piano sostanziale, di P.R. , Po.Fr.Ma. e Lu.Lu. . Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione M P. , articolato su sette motivi, quanto alla decisione definitiva, e ad un motivo, quanto a quella non definitiva. Nessuno degli intimati si è costituito. Motivi della decisione Con il primo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1199, 1325, 1326, 1350, 1351, 2033 c.c., ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c., per avere errato la Corte d'appello nel ritenere che la scrittura privata del 4 maggio 1970, pur non avendo efficacia traslativa delle quote dell'eredità de qua, comunque costituisse titolo per il dante causa degli appellanti, B.V. , ad ottenere successivamente, per atto notarile, il trasferimento delle quote, a seguito dell'adempimento anticipato, del quale era prova la quietanza del 1970. Sul punto si contesta altresì la contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte d'appello affermato il diritto di B.V. a perfezionare il trasferimento delle quote, senza indicare il titolo in forza del quale sarebbe dovuto avvenire tale trasferimento. A conclusione del motivo la ricorrente formula il seguente quesito di diritto Il principio affermato dalla sentenza n. 516/06 - dopo il riconoscimento che la quietanza di pagamento non crea il contratto, ma lo presuppone -secondo cui per quanto priva, come ritenuto da questa Corte con la sentenza non definitiva più volte citata, di effetti traslativi, non vi è dubbio che tale scrittura quietanza 4/5/1970, n.d.r. integri appieno la prova dell'avvenuto anticipato adempimento da parte di B.V. dell'obbligo posto a suo carico per il pagamento del prezzo di una futura vendita concernente i beni in discussione poi di fatto non perfezionatasi con la stipula dell'atto notarile di trasferimento. Stipula alla quale il B.V. , proprio in forza del suddetto integrale pagamento, aveva tuttavia diritto - viola o meno il disposto degli arti 1325, 1326, 1350, 1351 e 1331 c.c. in virtù del quale in materia immobiliare l'obbligo di pagamento del prezzo di una compravendita, anche futura, e il corrispettivo diritto alla stipula dell'atto notarile di trasferimento, e cioè il contratto, debbono essere costituiti, sotto pena di nullità, per atto pubblico o per scrittura privata avente i requisiti di forma e di sostanza indispensabili per l'esistenza del contratto artt. 1325 e 1326 c.c. nonché dell'art. 1199 c.c., in virtù del quale la quietanza costituisce solo prova del pagamento ma non costituisce prova del contratto Cass. 12/6/1963 n. 111 7 Conseguentemente la Corte d'Appello avrebbe dovuto prendere atto che la quietanza 04/05/1970 costituiva solo prova del pagamento di L. 150.000, ma che non esiste alcuna prova della stipulazione di un contratto scritto avente ad oggetto il trasferimento degli immobili in oggetto? . Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 279, n. 4, 323 c.p.c., ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la Corte d'appello, con la sentenza definitiva n. 516/2006, ha affermato che nulla gli appellanti principali dovevano a titolo di conguaglio alla originaria attrice, perché già corrisposto dal loro dante causa, come risultava dalla quietanza del 1970. La Corte territoriale con detta affermazione avrebbe disatteso, con una nuova e diversa decisione sul punto, quanto già accertato e deciso con la sentenza non definitiva n. 489/2004. A corollario del motivo è posto il seguente quesito L'affermazione secondo cui la dichiarazione manoscritta 04/05/1970 con la quale la dante causa della P.M. , B.C. , rilasciava quietanza liberatoria al dante causa degli appellanti, B.V. , per il pagamento a saldo del prezzo pattuito per la vendita delle sue quote di proprietà sugli immobili del OMISSIS , per quanto priva, come ritenuto da questa Corte con la sentenza non definitiva più volte citata, di effetti traslativi, non vi è dubbio che integri appieno la prova dell'avvenuto anticipato adempimento da parte di B.V. dell'obbligo posto a suo carico per il pagamento del prezzo di una futura vendita concernente i beni in discussione poi di fatto non perfezionatosi con la stipula dell'atto notarile di trasferimento stipula alla quale il B.V. , proprio in forza del suddetto integrale pagamento, aveva tuttavia diritto, e quella successiva, secondo cui l'attribuzione della natura di quietanza titolata al documento in oggetto vale, in definitiva, a provare l'avvenuta anticipata esecuzione, in un contesto nel quale B.V. aveva già ottenuto da tempo il pieno possesso degli immobili di OMISSIS , dell'obbligo al pagamento del corrispettivo pattuito, implicano o meno - in mancanza di un qualsiasi altro atto scritto che abbia posto in essere i patti affermati [obbligo a carico del B.V. di pagare anticipatamente il corrispettivo pattuito per la futura vendita dei beni in discussione, e suo diritto in virtù del suddetto integrale pagamento alla stipula dell'atto notarile di trasferimento] - l'attribuzione a tale quietanza anche della natura di fonte - o titolo - che ha posto in essere i rispettivi obblighi di pagamento integrale del prezzo e di stipulazione del rogito notarile di trasferimento ? In caso affermativo, sussiste contraddizione con l'altra affermazione della sentenza, secondo cui tale dichiarazione-quietanza è priva di effetti traslativi, con conseguente violazione del giudicato interno e degli artt. 279 n. 4 e 323 c.p.c.? In caso negativo, l'affermazione secondo cui 'l'assegnazione della quota della P.M. e di P.R. agli appellanti - eredi di B.V. - fermo restando che proprio per l'avvenuta definizione del pagamento riconducibile al medesimo effetto sostanziale voluto dai rispettivi danti causa delle parti, nessun controvalore dovrà essere riconosciuto alla medesima, viola o meno gli arti 718, 720, 127, 1325, 1470 e 1351 e 1470 c.c. perché manca un valido titolo, che abbia creato i rispettivi diritti e obblighi - idest diritto al pagamento del prezzo e alla stipula del rogito di trasferimento? In ogni caso, infine, la contraddizione, nella sentenza 516/06, tra la negazione di effetti traslativi, della dichiarazione 04/05/1970 e l'affermazione successiva della stessa sentenza che identifica nella suddetta dichiarazione la prova dell'obbligo adempiuto del B.V. , del pagamento del prezzo di una futura vendita concernente i beni in discussione e correlativamente del diritto del B.V. stesso alla stipula dell'atto notarile di trasferimento, pone o meno in essere il vizio di motivazione stabilito dall'art. 360 n. 5 C.P.C.? . Il terzo motivo di ricorso ha ad oggetto la doglianza di violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 183, 187 vecchio testo c.p.c., per avere la Corte d'appello ritenuto che le conclusioni degli appellanti principali la richiesta di scioglimento della comunione ereditaria e la richiesta di dichiarare che nulla fosse da essi appellanti principali dovuto alla originaria attrice, perché già versato dai rispettivi danti causa da un lato, e dall'altro la decurtazione dei valori assunti negli importi di cui alle osservazioni del CTP, nel caso in cui i giudici avessero ritenute valide le risultanze della perizia del CTU non costituissero una domanda nuova, come eccepito dalla ricorrente nella sua memoria conclusionale, ma un minus rispetto alla domanda posta fin dall'atto di costituzione del giudizio reiterata anche con l'atto introduttivo del giudizio di appello ovvero la mera richiesta di accertamento dell'avvenuto scioglimento della comunione . Il quesito formulato a conclusione del motivo è posto nei seguenti termini La domanda di scioglimento della comunione mediante 'assegnazione ai B. della quota ereditaria spettante a P.M. e quella di accertare che dagli assegnatari nulla è più dovuto ad essa perché il controvalore della quota è già stato corrisposto in vita dalla dante causa B.C. , deve essere qualificata nuova, e perciò inammissibile a mante degli arti 183 e 345 c.p.c., vecchio testo, oppure deve ritenersi che essa fosse inclusa, per identità di petitum e di causa petendi nella precedente domanda di dichiarazione che lo scioglimento della comunione si era già verificato a seguito della cessione della quota nelle mani di B.V. ? . Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 329 c.p.c. per avere la Corte d'appello ritenuto formato il giudicato per acquiescenza sulla nullità della scrittura privata del 4 maggio 1970, per non riferibilità della stessa alla dante causa della odierna ricorrente, in virtù della mancata proposizione di specifico appello avverso la parte della sentenza del Tribunale in cui si accoglievano le risultanze della perizia grafologica, la quale si limitava a stabilire corrispondenza tra testo e sottoscrizione, ma non la riferibilità di testo e sottoscrizione a B.C. . Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto A mente dell'art. 329 c.p.c., il nesso consequenziale - tra il rigetto della eccezione di nullità della scrittura 04/05/1970 per mancato riconoscimento della autenticità della suddetta scrittura, e della sua sottoscrizione e il rigetto della domanda di scioglimento della comunione, proposta in primo giudizio dalla attrice -, esclude, o meno, la sussistenza di una acquiescenza dell'attrice al rigetto della eccezione di nullità, a mente dell'art. 329 c.p.c.? E nell'ipotesi negativa, e cioè nell'ipotesi in cui si ritenga che tale connessione non esclude l'acquiescenza, deve ritenersi che tale acquiescenza non sia stata esclusa, neppure dalla domanda di P.M. in sede di appello incidentale, laddove essa aveva rinnovato la domanda di declaratoria di nullità della scrittura 04/05/1970 per mancato riconoscimento dell'autenticità della sottoscrizione della stessa e che l'acquiescenza non è da escludersi neppure considerando che tale domanda - che era stata proposta per resistere all'appello principale proposto dai B. e Po. col quale essi chiedevano alla Corte d'Appello tra l'altro di accertare che la scrittura 04/05/1970 e la sua sottoscrizione sono legalmente accertati di B.C. - costituiva in pratica un'eccezione riproposta per ottenere il rigetto della contraria domanda degli appellanti? . Con il quinto motivo è dedotta la insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte d'appello, nella sentenza definitiva n. 516/2006, motivato la decisione di ritenere che B.V. avesse anticipato il pagamento del conguaglio per le quote ereditarie della sorella B.C. , in base al comportamento tenuto da P.R. , originario convenuto, fratello della attrice, odierna ricorrente, il quale, pur trovandosi nella medesima situazione della sorella, si era costituito aderendo alle ragioni degli altri convenuti al fine di rispettare la volontà materna. Parte ricorrente denunzia il vizio della sentenza impugnata, laddove la decisione non fonda su dati giuridici, ma su elementi privi, a dire della ricorrente, di valore ai fini di una corretta e logica motivazione. Con il sesto motivo è lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 718, 720, 723, 726, 727, 728, 729 c.c., oltre che violazione già denunziata degli artt. 1199, 1350, 1351 c.c. e degli artt. 279, n. 4, 323 c.p.c., per avere la Corte d'appello affermato che il giudizio di merito ha inteso dare attuazione giudiziale alla volontà delle parti, come espressa con la quietanza del 4 maggio 1970, con ciò implicitamente conferendo valenza di titolo del diritto di B.V. ad una mera, a dire della ricorrente, quietanza. A conclusione viene posto il seguente quesito L'intento affermato dalla sentenza n. 516/06 di volere dare attuazione giudiziale alla volontà delle parti mediante l'assegnazione agli eredi di V B. della quota spettante a P.M. senza riconoscimento di alcun controvalore, proprio per l'avvenuta definizione del pagamento riconducibile al medesimo effetto sostanziale voluto dai rispettivi danti causa, viola, o meno a gli artt. 1199, 1325, 1326, 1350 e 1351 c.c., in virtù dei guati la Quietanza non può creare né provare il contratto ma lo presuppone soltanto , ed il contratto in materia di trasferimento di diritti immobiliari, deve essere stipulato in forma scritta b gli artt. 279 n. 4 e 323 c.p.c., in virtù dei quali la sentenza definitiva non può modificare, ma deve attuare, la sentenza non definitiva e gli artt. 718, 720, 723, 726, 727, 728 e 729 c.c., che dettano i criteri e le regole perla formazione e l'assegnazione dei lotti, e la resa dei conti dalle parti? . Con il settimo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 718, 720, 723, 726, 727, 728, 729, 934 e segg. c.c., per avere la Corte d'appello recepito la stima del CTU, in merito alla determinazione del valore dei beni oggetto della divisone ereditaria, liquidando la quota della ricorrente comunque poi ritenuta già pagata dal dante causa degli appellanti incidentali alla di lei dante causa in base al valore degli immobili all'apertura della successione e non al valore degli stessi al momento della divisione. A corollario del motivo vengono posti i seguenti quesiti di diritto 1 L'assunzione a base della stima dei beni da dividere, del valore ad essi attribuito in sede di verifica da parte dell'UTE, della denuncia di successione, ai soli fini della definizione della imposta di successione rivalutata monetariamente in base ai dati Istat alla data dello scioglimento della comunione, rispetta, o viola, sia l'art. 726 c.c. che stabilisce il criterio di stima in base al valore di mercato dei singoli beni, sia gli artt. 723 e 934 c.c. in virtù dei quali i miglioramenti e le costruzioni o addizioni eseguite da uno dei partecipanti ricadono nella comunione secondo quote ideali proporzionate alla quota di proprietà del suolo, e il coerede che le ha eseguite ha diritto al rimborso pro quota dagli altri coeredi delle somme che ha speso? 2 Accertata la divisibilità dei beni costituenti la massa, la decisione di assegnare l'intero compendio ad uno o più coeredi, attribuendo all'altro o agli altri solo un importo in denaro poi, negato, essendosi ritenuto che fosse già stato anticipatamente pagato 36 anni prima e ciò allo scopo di dare attuazione alla ritenuta volontà dei danti causa dei condividenti, rispetta o viola i criteri dettati dagli artt. 718, 720, 726, 727, 728 e 729 c.c.? . Infine con unico motivo di ricorso avverso la sentenza non definitiva, n. 489 del 2 novembre 2003, depositata il 19 marzo 2004, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 112, 329 c.p.c., per avere la Corte d'appello condannato l'odierna ricorrente a rifondere le spese del secondo grado di giudizio ai convenuti Po.Fr.Ma. e Po.Lu.Lu. , nonostante essa non fosse stata totalmente soccombente nel grado di appello, i Po. avessero espressamente manifestato la volontà di rinunziare alle spese e, infine, non avessero impugnato il capo della sentenza di primo grado relativo alla condanna alle spese. A corollario del motivo viene posto il seguente quesito di diritto La condanna d'ufficio della parte parzialmente vittoriosa alla rifusione delle spese di I e II grado ad una delle parti soccombenti, la quale non solo non aveva impugnato l'entità delle spese ad essa liquidate cumulativamente con le altre parti vittoriose in primo giudizio, dal Giudice di I grado, ma aveva espressamente chiesto nelle conclusioni di appello di essere esonerata da tale rifusione, sia per il I che per il II grado, ha violato o meno gli artt. 91, 112 e 329 c.p.c.? . In via prioritaria vanno esaminate le censure di cui ai primi due motivi, che, attesa la intima connessione logico-giuridica, nonché argomentativa, che le avvince, attenendo entrambe al valore da riferire ad un documento, possono essere esaminate congiuntamente. Esse sono meritevoli di accoglimento. Le doglianze dedotte si incentrano sostanzialmente sulla qualificazione che dell'oggetto della scrittura privata del 4.5.1970, intercorsa tra i fratelli Caterina e Vittorio, danti causa delle attuali parti del ricorso, ha operato la Corte di merito. L'indagine del giudice di merito ha portato ad affermare con pronuncia non definitiva, la n. 489 del 2004, che detta scrittura non trasferiva alcuna quota ereditaria, né singoli beni caduti in successione, mancando la manifestazione della volontà di alienare espressa in forma scritta, dell'individuazione dei beni oggetto dell'accordo e dell'indicazione del prezzo, presupponendo, di converso, come già avvenuto un trasferimento. Sulla base ed in coerenza di siffatta impostazione è stata analizzata dal giudice distrettuale la questione, che in essa si riflette, dello smarrimento incolpevole del documento che avrebbe dovuto documentare l'intervenuto contratto di vendita. La sentenza definitiva, la n. 516 del 2006, invece attribuisce alla scrittura una diversa valenza, quella di anticipazione del prezzo , in vista di una futura vendita e quindi non già pagamento a saldo di una vendita, peraltro nulla per difetto dei requisiti essenziali e quindi versamento di una somma di denaro sine titulo , ma acconto per lo stipulando contratto di vendita. In altri termini, la corte di merito, nella pronuncia definitiva, nel fare riferimento all'obbligo di versamento del prezzo ed al diritto all'acquisto della quota dei beni ereditari, prospetta, nella sostanza, un preliminare di vendita, accordo che attenendo a diritti reali immobiliari è da ritenere nullo per difetto di forma scritta. Diversamente, la Corte di merito, una volta accertato che la scrittura era strutturata come attestazione di pagamento, sebbene recasse la sottoscrizione sia della parte che aveva ricevuto il pagamento sia di quella che lo aveva effettuato, avrebbe dovuto rilevare che la stessa era da configurare come mera dichiarazione unilaterale. La Corte territoriale non ha, dunque, fatto buon governo del principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui, dovendo l'atto scritto, richiesto dalla legge ad substantiam e non ad probationem per la validità dei negozi definitivi e preliminari di vendita di immobili o di quota di immobili, essere rappresentato non da un qualsiasi documento, da cui risulti in precedenza concluso, ma da uno scritto che contenga la manifestazione della volontà di concludere il contratto e che sia posto in essere al fine specifico di manifestare tale volontà, non soddisfa l'esigenza del combinato disposto degli artt. 1350 e 1351 c.c. secondo cui i contratti preliminari di vendita di beni immobili debbono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata a pena di nullità , una semplice dichiarazione scritta, con la quale si dia ricevuta di una somma corrisposta in esecuzione di un patto negoziale di cui si presuppone la futura stipula, ma non si documenta la giuridica esistenza nella sola forma valida richiesta dalla legge cfr Cass. 29 ottobre 1994 n. 8937 Cass. 15 novembre 1986 n. 6738 . Con la conseguenza che non può esserci esecuzione anticipata di un contratto preliminare nullo, avendo la sentenza definitiva stravolto sia l'impianto argomentativo sul quale poggiava la statuizione resa con la sentenza non definitiva, sia i principi in tema di necessità della forma scritta per il trasferimento di diritti reali immobiliari. Dall'accoglimento dei primi due motivi di ricorso discende che restano assorbiti gli ulteriori profili involti dalle rimanenti doglianze. La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa rinviata ad altro giudice, che si designa in diversa sezione della Corte d'appello di Torino - cui viene demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio - che riesaminerà la controversia tenendo conto della non riferibilità alla scrittura privata del 4.5.1970 della natura di accordo per la cessione di quota dei beni ereditari per difetto dei necessari requisiti. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Torino, anche per le spese del giudizio di Cassazione.