Esclusa la bonifica degli Albi su base reddituale, non resta che pensare a una profonda riforma del sistema previdenziale forense informata al principio della progressività e proporzionalità della contribuzione previdenziale rispetto al reddito.
La dottrina si esprime in prevalenza nel senso della natura d’imposta dei contributi previdenziali Persiani, Diritto della previdenza sociale Rossi in Tr. Ress. 1986, 709 Levi Sandri, 272 , abbandonando la risalente concezione dei contributi con salario previdenziale F. Santoro – Passarelli, 180 . In giurisprudenza ci è arrivata Cassazione, Terza penale, numero 20845/2011. La Corte ha rilevato che in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, la giurisprudenza di legittimità ha escluso ogni rilevanza dello stato di dissesto dell’impresa. «Lo stato di dissesto dell’imprenditore, il quale prosegua ciò nonostante nell’attività d’impresa senza adempiere all’obbligo previdenziale e neppure a quello retributivo, non elimina il carattere di illiceità penale dell’omesso versamento dei contributi. Infatti, i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare sempre e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’impresa. Ciò trova la sua ratio nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori. Ne consegue che la commisurazione del contributo alla retribuzione deve essere considerato un mero criterio di calcolo per la quantificazione del contributo stesso». cfr. Cassazione penale, Terza, 11962/1999 . Ciò detto, occorre arrivare all’abolizione della contribuzione minima, sia soggettiva che integrativa per informare la contribuzione ai principi di progressività e proporzionalità rispetto al reddito, modulata secondo scaglioni. Nell’avvocatura italiana assistiamo ad un fenomeno singolare e grottesco quasi che nel DNA della avvocatura vi sia l’autodistruzione l’avvocatura in bonis, che si compone di circa 24.000 unità, si arrocca e si difende per l’esistente gli altri 224.000 si dividono e si azzuffano tra di loro sulla base di diverse visioni ideologiche, assurde primogeniture e uscite per lo più offensive consone più ad un cabaret che a un dibattito previdenziale ispirato ai criteri di equità intergenerazionale. Uniti vincerebbero rapidamente sparpagliati risultano collaterali alla piccola parte di avvocatura in bonis. Ma è così difficile capirlo? Evidentemente sì, anche sotto l’ombrellone o sui sentieri di montagna. Il Collega Luigi Maria Vitali di Catania in proposito mi scrive «Quando, da ragazzo, ero consigliere di facoltà cercando sin da allora di convogliare le forze studentesche, dicevo, a mo’ di esempio, che una fotocopiatrice rotta restava rotta per tutti, di destra o di sinistra che fossero!». Traduzione l’intera avvocatura, sia quella in bonis che quella non in bonis, ha bisogno di un sistema previdenziale che funzioni. Se, gli uni e gli altri, non lo capiranno in fretta ne resteranno travolti!!