Non perde le agevolazioni chi aliena l’immobile agevolato e costruisce entro un anno un nuovo immobile su un terreno già in possesso al momento della cessione del primo. L’indicazione è contenuta nella risoluzione numero 13/E.
Il chiarimento è stato reso ieri dall’Agenzia delle Entrate che, estrapolandolo dalla giurisprudenza di legittimità, l’ha recepito e riproposto nella risoluzione numero 13/E diramata ieri. La cessione della prima casa. In caso di trasferimento dell’immobile acquistato con i benefici “prima casa” prima del quinquennio e di successiva costruzione, entro un anno dalla vendita, di un nuovo immobile, si conserva l’agevolazione sia nel caso in cui il nuovo immobile sia stato costruito su un terreno acquistato dopo la cessione agevolata sia nel caso in cui il terreno fosse già di proprietà del contribuente al momento della cessione dell’immobile agevolato. La conservazione del beneficio. Pertanto, ai fini della conservazione del beneficio, oltre all’ipotesi già riconosciuta con la circolare numero 38/E/2005 acquisto, entro un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato, di un terreno e realizzazione sullo stesso, sempre entro l’anno, di un immobile non di lusso , se ne aggiunge una seconda costruzione di un immobile ad uso abitativo, classificabile in una categoria catastale diversa da A1, A8 e A9, da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’alienazione, su di un terreno di cui il contribuente sia già proprietario al momento dell’alienazione dell’immobile agevolato. L’adesione all’interpretazione della Cassazione. Il principio era stato espresso negli stessi termini dalla Corte di Cassazione nella sentenza 27 novembre 2015, numero 24253 non si decade dal beneficio «anche nell’ipotesi in cui il contribuente fosse già in precedenza proprietario del terreno, essendo solo necessario che su tale terreno venga realizzato, entro un anno dalla vendita del precedente immobile, un fabbricato utilizzabile come abitazione principale» ed è stato poi ripreso successivamente dalla stessa Corte nelle pronunce numero 18214 del 16 settembre 2016 e numero 13550 del 1° luglio 2016. Alla luce della formale adesione dell’Amministrazione finanziaria all’interpretazione resa dai giudici di legittimità, è la stessa Agenzia a dare ordine ai propri Uffici di «riesaminare la controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività accertativa dell’Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi a quelli espressi dai giudici di legittimità, ad abbandonare – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni». fonte www.fiscopiu.it
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