In tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al pm il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 18749 del 6 maggio 2014. Il caso. La Corte d’Appello di Trieste riformava solo in punto di pena la sentenza di primo grado che condannava un uomo per maltrattamenti a danno della convivente e della figlia. Veniva respinta, infatti, l’eccezione di tardività della contestazione del pm allorché modificava l’imputazione anticipando la data di inizio del reato. Tale modifica era stata effettuata nel corso dell’istruttoria, subito dopo la ripresa dell’udienza. L’imputato ricorre in Cassazione, lamentando il mancato rispetto del termine previsto dall’articolo 516 c.p.p. Il dibattimento deve essere immediato e concentrato ma allora Il ricorso non merita accoglimento in tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al pm il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa. Tutto ciò per evitare la celebrazione di un nuovo dibattimento in ordine alle nuove evenienze, in linea con i principi di immediatezza e di concentrazione dello stesso nonché per garantire un processo giusto. Nel contempo, la disciplina delle contestazioni suppletive, tutela il diritto di difesa dell’imputato che può chiedere al giudice un termine per poter contrastare l’accusa integrata o modificata. Se si sostenesse la tesi della difesa, queste garanzie cadrebbero nel vuoto. Nessuna nullità generale a regime intermedio. Non è stata integrata alcuna nullità generale a regime intermedio dato che il pm ha ridefinito il tempus commissi delicti prima che si avviasse la discussione. La difesa, da parte sua, ha preferito coltivare l’eccezione di tardività della suddetta modifica, rinunciando alla possibilità di chiedere nuove prove in relazione al fatto così come modificato dall’accusa. Il ricorso va, conclusivamente, respinto.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 aprile – 6 maggio 2014, numero 18749 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'8 gennaio 2013, la Corte d'Appello di Trieste ha riformato solo in punto di pena la sentenza del 13 dicembre 2010, con la quale il Tribunale di Trieste condannava B.L. relazione ai reati di cui agli articolo 572 cod. penumero capo a , 610 cod. penumero capo b , 581 cod. penumero capo c e 612 comma 2 cod. penumero capo d in danno della convivente R.R. e della figlia B. . In primo luogo, il giudice di seconde cure ha respinto l'eccezione di tardività della contestazione del pubblico ministero ai sensi dell'articolo 516 cod. proc. penumero - allorché modificava l'imputazione anticipando la data di inizio del reato di maltrattamenti dal 2008 al 2006 -, ed ha rilevato che, contrariamente a quanto assunto dall'appellante, il P.M. si era riservato di procedere alla modifica della contestazione nel corso dell'istruttoria e vi aveva provveduto subito dopo la ripresa dell'udienza, laddove non era comunque ravvisabile uno specifico limite temporale all'esercizio di tale potere dell'accusa. Nel merito, la Corte territoriale ha ritenuto correttamente affermata dal primo giudice la penale responsabilità di B. in ordine al reato di maltrattamenti in famiglia di cui al capo A della rubrica, in quanto comprovata dalle convergenti dichiarazioni della persona offesa e dei testimoni, diretti ed indiretti, e tenuto conto della serie reiterata e sistematica di umiliazioni e di condotte vessatorie poste in essere dall'imputato in danno della convivente e della figlia. Il giudice di seconde cure ha quindi confermato l'affermazione della penale responsabilità dell'appellante con riguardo al reato di cui capo B , in quanto aderente al quadro processuale, e stimato meritevole di accoglimento l'appello incidentale del Procuratore della Repubblica, escludendo di conseguenza le circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo alla particolare gravità dei fatti ed alla loro protrazione nel tempo. 2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l'Avv. Massimiliano Marchetti, difensore di B.L. , chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi 2.1. Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza in relazione agli articolo 516 e 522 cod. proc. penumero . Lamenta, in particolare, il ricorrente che il P.M. avrebbe provveduto alla modifica del capo d'imputazione sub capo A - retrodatando gli episodi di maltrattamenti originariamente contestati dal 2008 all'anno 2006 -, quando l'istruttoria dibattimentale era ormai terminata e l'udienza era stata rinviata al pomeriggio per la sola discussione, quindi oltre il termine previsto dall'articolo 516 cod. proc. penumero . 2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di integrazione del reato di cui al capo A , avendo la Corte territoriale confuso la litigiosità fra coniugi con l'abitualità. 2.3. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di sussistenza del reato di cui al capo B , non avendo la Corte spiegato la ragione per la quale sia stato ritenuto credibile il racconto della persona offesa, disattendendo la narrazione dei testimoni presenti ai fatti. 2.4. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale omesso di considerare, da un lato, che i precedenti penali dell'assistito sono molto risalenti nel tempo e non possono considerarsi indicativi di pericolosità sociale, dall'altro lato, che l'imputato ha seguito un programma di disintossicazione dall'alcol presso il Dipartimento per le dipendenze. 3. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 1.1. Con riguardo al primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente ha dedotto la violazione di norma processuale stabilite a pena di nullità, segnatamente dell'articolo 516 cod. proc. penumero , deve essere rilevato che, come si evince dagli atti - in particolare dai verbali di udienza, sia in forma riassuntiva, sia oggetto di trascrizione -, dopo l'esame della teste Grimaldi Tania, la parte civile sollecitava il P.M. a modificare l'imputazione con riguardo al tempus commissi delicti dei maltrattamenti, essendo emerso dall'istruttoria dibattimentale che le condotte maltrattanti avevano preso avvio nel 2006 e non nel 2008 come contestato, ed il P.M. si riservava di procedervi oltre. Dopo l'audizione del teste B.E. , il giudice riteneva la causa sufficientemente istruita e rinvia alle 16 per la discussione . Indi, alla ripresa alle ore 16.00, il P.M. procedeva alla modifica della contestazione mediante retrodatazione l'inizio della condotta di maltrattamenti di cui al capo A almeno dal 2006 fino al 1/6/2010 , il giudice riteneva ammissibile la contestazione e dava avviso alla difesa della facoltà di chiedere termine per controdedurre. La difesa rinunciava al termine a difesa ed eccepiva la tardività della modifica quando già era fissato l'attuale incombente . 1.2. Così ricostruita la scansione temporale dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione della norma processuale, è necessario svolgere preliminarmente alcune considerazioni di ordine generale in merito all'istituto della contestazione dibattimentale. Come ha avuto modo di affermare questa Corte, in tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al P.M. il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa Cass. Sez. 3, numero 10551 del 14/06/1999, Brachetti Peretti Rv. 214630 Cass. Sez. U 28/10/98, numero 13, Barbagallo ed altri Cass. Sez. U 29/10/1997, Schillaci . Nel fissare il principio secondo il quale al P.M. deve essere riconosciuto il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni anche subito dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, questa Corte ha chiarito che tutto il regime processuale delle contestazioni suppletive è volto a scongiurare la celebrazione un nuovo dibattimento in ordine alle nuove evenienza, in linea con i principi di immediatezza e di concentrazione del dibattimento direttiva numero 66 dell'articolo 2 della legge di delega posti a base del giusto processo , come anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di riconoscere per tutte Corte Cost. 31 maggio 1996, numero 177 . Nel contempo, la disciplina in materia di contestazioni suppletive - anche grazie agli interventi del giudice delle leggi - garantisce, quale necessario controbilanciamento, piena tutela al diritto di difesa dell'imputato. Ed invero, proprio a salvaguardia del diritto di difesa, l'articolo 519 c.p.p. da facoltà all'imputato, nei cui confronti il pubblico ministero abbia proceduto a contestazione suppletiva, di chiedere al giudice un termine per poter contrastare l'accusa perché in parte integrata o modificata, durante i quali il dibattimento rimane sospeso. D'altra parte, il giudice delle leggi, con diverse pronunce di illegittimità costituzionale, ha riconosciuto all'imputato, in caso di modifica della contestazione, l'esercizio del diritto a difendersi provando chiedendo prove ai sensi dell'articolo 190 c.p.p. sentenza numero 241 del 1992 nonché il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere, in ordine al fatto-reato modificato o al reato concorrente, il c.d. patteggiamento sent. numero 265 del 1994 , il giudizio abbreviato numero 333 del 2009 e numero 237 del 2012 e l'oblazione Corte Cost. sent. numero 530 del 1995 . 1.3. Sotto diverso profilo, va posto in luce come - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa -, la fase processuale più naturale per procedere alla modifica della contestazione non possa che essere quella nella quale, conclusa l'assunzione delle prove nel contraddittorio delle parti, il pubblico ministero tira le fila degli elementi raccolti e procede ad eventuali modifiche dell'originaria cornice d'accusa se del caso contestando un reato diverso o connesso . Seguendo la soluzione ermeneutica tracciata dal ricorrente, si dovrebbe immaginare che, esaurita l'istruttoria dibattimentale, in presenza di una richiesta dell'accusa di procedere alla modifica dell'imputazione, il giudice sia tenuto a disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 521, comma 2, cod. proc. penumero , perché si proceda ad un nuovo dibattimento, sfociando in un formalismo esasperato ed ingiustificato in assenza di alcuna violazione del diritto di difesa dell'imputato. In ogni caso, dall'iter processuale che si è sopra ricostruito, si evince chiaramente come, nel caso di specie, l'istruttoria dibattimentale non fosse stata formalmente chiusa atteso che, da un lato, il giudice si era limitato a dettare a verbale che la causa doveva ritenersi sufficientemente istruita , rinviando l'udienza al pomeriggio per la discussione dall'altro lato, al momento in cui il pubblico ministero procedeva alla modifica della contestazione, la discussione non era comunque ancora iniziata. E ciò a tacer del fatto che, nel sistema processuale disegnato dal legislatore del 1988, l'assunzione di nuove prove è possibile anche dopo l'inizio della discussione, sebbene - a norma del combinato disposto degli articolo 523 comma 6 e 507 cod. proc. penumero - a condizione che si tratti di prove assolutamente necessarie per la decisione. 1.4. Ancora, non si può non rimarcare come, in un sistema processuale fondato sul principio di tassatività delle nullità a norma dell'articolo 177 cod., proc. penumero , non si possa far discendere alcuna nullità - in particolare quella invocata dal ricorrente ex articolo 522 cod. proc. penumero per inosservanza delle disposizioni di questo capo -, dalla violazione di un termine finale per la contestazione non previsto dall'articolo 516 cod. proc. penumero . Né, d'altra parte, nel caso di specie, v'è materia per ritenere integrata una nullità di ordine generale a regime intermedio riconducibile al disposto dell'articolo 178 lett. c cod. proc. penumero per violazione del diritto di difesa. Come si è già sopra evidenziato, il P.M. - dopo essersi riservato di modificare l'imputazione su sollecitazione della parte civile -, ha proceduto alla ridefinizione del tempus commissi del delitto di maltrattamenti in famiglia prima che prendesse avvio la discussione ed immediatamente il giudice, ritenuta ammissibile la modifica della contestazione, ha dato avviso alla difesa della facoltà di chiedere un termine, facoltà alla quale la difesa ha espressamente rinunciato, preferendo coltivare l'eccezione di tardività della suddetta modifica. Risulta dunque di tutta evidenza come la difesa, pur messa in grado di esercitare le prerogative sue proprie ed, in particolare, di chiedere nuove prove in relazione al fatto così come modificato dall'accusa, vi abbia volontariamente rinunciato, di tal che non pare fondatamente ipotizzabile alcun vulnus del diritto di difesa. 2. Le ulteriori doglianze mosse dal ricorrente sono manifestamente infondate. Ed invero, il ricorrente ha contestato la mancanza, la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla integrazione dei reati di cui ai capi A e B sollevando censure del tutto generiche alla ricostruzione dei fatti e alle argomentazioni svolte dal giudice di seconde cure. Di contro, dalla lettura del provvedimento impugnato, si evince come la Corte territoriale abbia dato atto - con argomentazioni puntuali e coerenti - della solidità del quadro d'accusa a carico dell'imputato e degli elementi costituitivi dei delitti in parola. 3. Immune da censure è la motivazione della sentenza impugnata anche con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, laddove il giudice di seconde cure ha fornito compiuta e convincente giustificazione della mancata applicazione della diminuente, alla luce della gravità dei fatti e dell'ampio arco temporale nel quale si è dispiegato l'illecito agire, circostanze a fronte delle quali si è ritenuta non determinante la dedotta sottoposizione a trattamento disintossicante. 4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.