Il cortile condominiale può essere utilizzato per la sosta delle autovetture ma a certe condizioni. Non devono essere possibile altre alternative, il cortile deve permettere il parcheggio delle vetture, i titoli non devono vietare tale uso, la trasformazione non deve risultare incompatibile con la funzione primaria della res.
La necessità di utilizzare il cortile condominiale per la sosta delle autovetture torna ad occupare le aule di giustizia. In tale contesto, vengono dettate alcune condizioni per la trasformazione. Le aree destinate a parcheggio sono sempre insufficienti. Ancora una volta la scintilla della lite è rappresentata dalla cronica carenza di parcheggi ed ancora una volta la Cassazione deve scegliere se il problema può essere risolto adibendo il cortile condominiale a parcheggio. Nel nostro caso alcuni condomini si vedono costretti a ricorrere alla carta bollata chiedendo al Giudice di dichiarare il divieto assoluto di parcheggiare all'interno del cortile condominiale. Nel giudizio di merito la domanda viene respinta mentre gli Ermellini sembrano accogliere la domanda dettando, però, alcune condizioni. E se vi fossero altre aree disponibili? Il punto di vista dei ricorrenti non sembra essere rappresentato sic et semliciter dalla necessità di imporre, in via assoluta, il divieto di utilizzare il cortile per il parcheggio delle vetture quanto di stabilire se vi siano altre aree idonee. Gli Ermellini, infatti, sono chiamati a rispondere al seguente quesito di diritto “se il Giudice, prima di applicare alla fattispecie concreta il vincolo pubblicistico normativamente riconosciuto in materia di spazi da destinare a parcheggio, deve accertare se nell'edificio condominiale e nelle sue pertinenze esistono spazi idonei da destinare a tale uso”. La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 9522 del 30 aprile 2014, ritiene fondata la questione. A quanto pare il cortile condominiale può essere adibito a parcheggio quando si dimostri che non ci sono altri spazi che potrebbero assolvere a questa funzione. A quali condizioni il cortile si trasforma in parcheggio. Tutto parte dall'interpretazione dell'articolo 1102 c.c. La norma legittima il singolo condomino ad utilizzare in modo più intenso la cosa comune, purché ciò non si traduca in un pregiudizio per gli altri condomini. Prendendo spunto da tale presupposto, gli Ermellini pongono i paletti per trasformare il cortile in un'area di sosta. In tale contesto, viene ammesso che i cortili possano essere adibiti al parcheggio delle vetture ma con alcuni limiti che le caratteristiche e le dimensioni lo consentano, che i titoli non lo vietino e che la trasformazione non sia incompatibile con la funzione primaria. Allora il problema può dirsi risolto? A volte una porta si chiude ed altre se ne aprono. La Cassazione, nel nostro caso, sembra risolvere un interrogativo ma, allo stesso tempo, pone una serie di ulteriori dubbi. A quanto pare, in maniera salomonica, gli Ermellini ammettono che il cortile possa essere utilizzato come parcheggio ma a condizione che tale uso non sia incompatibile con la “funzione primaria” bel bene. A questo punto, c'è da chiedersi, qual è la “funzione primaria” di un cortile? Si potrebbe pensare, per esempio, che esso sia stato realizzato per assicurare uno spazio sicuro per i giochi dei bimbi, per ospitare un giardino, come luogo di incontro ed aggregazione dei condomini o, più semplicemente, per assicurare aria e luce agli immobili che vi si affacciano e, perché no? Anche per valorizzare, sotto il profilo commerciale, l'intero fabbricato. Se così fosse, il parcheggio ostacolerebbe irrimediabilmente la “funzione primaria” del cortile. E non finisce qui! L'ambiente costituisce un limite invalicabile. Come abbiamo visto, con la sentenza in esame la Cassazione, pur ammettendo, in linea di principio, che il cortile possa essere utilizzato dai condomini come parcheggio delle loro auto, pone alcuni limiti. Ovviamente è essenziale un esame dello stato dei luoghi, occorre valutare possibili divieti contenuti nei titoli di proprietà ma ciò non basta. Non bisogna dimenticare, infatti, che la realizzazione di un parcheggio comporta il rispetto di una speciale normativa tecnica, in verità non sempre agevole da interpretare ed ancor meno da applicare neanche per gli addetti ai lavori. A volte i problemi tecnici vengono sottovalutati. Non sempre, dal punto di vista tecnico, è possibile cambiare la destinazione d'uso di un immobile in quanto, alla resa dei conti, l'operazione può risultare estremamente onerosa per le tasche dei condomini. Creare un parcheggio, infatti, richiede la realizzazione di una serie di opere di adeguamento. Pensiamo, per esempio, alla necessità di rispettare la normativa in materia ambientale con la realizzazione dei c.d. “chiusini a trappola” e dei disoleatori. Di cosa stiamo parlando? Le autovetture sono fonte di inquinamento ambientale anche e soprattutto quando sono ferme. I motori ed ingranaggi possono perdere carburante e olii che, con la pioggia, per ruscellamento, finiscono per defluire in fogna o, peggio, direttamente in falda . Per evitare tale problema, le aree a parcheggio sono dotate di speciali chiusini detti a trappola destinati ad imbrigliare le sostanze inquinanti. Ma ciò non basta. Occorre anche prevedere un impianto capace di intercettare le acque piovane e filtrarle prima che queste vadano a confluire sulla fogna pubblica. Il costo di queste opere è certamente da non sottovalutare e potrebbe scoraggiare l'utilizzo del cortile come parcheggio. Alla resa dei conti è proprio il caso di dirlo prima di decidere, bisogna saper valutare i costi dell'intervento.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 marzo 30 aprile 2014, numero 9522 Presidente Triola – Relatore Oricchio Considerato in fatto Con atto di citazione del giugno 2002 F.C. , C.G. , G.G. e Fe.Anumero convenivano in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Mascalucia D.M.A. , R.T. e M.S. al fine di sentir dichiarare il divieto assoluto di parcheggio di automezzi all'interno del cortile condominiale dello stabile di via omissis , ordinandone la rimozione a spese dei trasgressori. Resistevano all'avversa domanda, contestandola, le convenute D.M. e R. . L'adito Giudice di prime cure, con sentenza numero 802/2002 dichiarava inammissibile la domanda attorea. Avverso la suddetta decisione interponevano appello gli originari attori F. , C. , G. e F. , chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza, l'accoglimento della domanda. Le parti appellate D.M. e R. chiedevano la conferma della decisione di primo grado. Con sentenza 20/2008 il Tribunale di Catania – Sezione distaccata di Mascalucia accoglieva in parte il proposto appello ed, in parziale riforma dell'impugnata decisione, condannava gli appellanti al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio in favore delle parti appellate costituite. Per la cassazione della detta sentenza ricorrono F.C. , S.B. quale successore di C.G. e G.G. con atto affidato a due ordini di motivi, assistiti dalla formulazione di quesiti ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c Hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. F.C. , S.B. e G.G. . Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo del ricorso si denuncia il vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione della legge 24 marzo 1989 numero 122, della legge 6 agosto 1967 numero 765 e della legge 28 febbraio 1985, numero 47 . Viene, al riguardo, sottoposto al vaglio di questa Corte il seguente testuale quesito di diritto dica la Suprema Corte di cassazione se il Giudice, prima di applicare alla fattispecie concreta il vincolo pubblicistico normativamente riconosciuto in materia di spazi da destinare a parcheggio, deve accertare se nell'edificio condominiale e nelle sue pertinenze esistono spazi idonei da destinare a tale uso . Il motivo è fondato e comporta l'accoglimento in punto del proposto ricorso. Innanzitutto il Giudice di merito, prima di addentrarsi nella questione relativa all'applicabilità nella concreta ipotesi per cui è giudizio del succitato vincolo di destinazione pubblicistico in materia di spazi da destinare a parcheggio, aveva l'onere di valutare cosa non fatta ed accertare se nell'edificio condominiale e nelle sue pertinenze esistevano spazi idonei da destinare a tale uso. Tanto a maggior ragione in considerazione della elementare circostanza che il parcheggio abituale di autovetture all'interno di area asseritamente destinata al solo transito delle auto per l'accesso alle singole autorimesse priverebbe gli altri condomini della possibilità di utilizzare pienamente lo spazio comune rendendo meno agevole le manovre di entrata e di uscita dai garages. In proposito deve richiamarsi il principio, già affermato e di recente ribadito proprio da questa Sezione, secondo il quale non costituisce violazione della fondamentale regola paritaria dettata dall'articolo 1102 c.c. un uso più intenso della cosa da parte del partecipante, che non ne alteri la destinazione nei casi in cui il relativo esercizio non si traduca in una limitazione delle facoltà di godimento esercitate dagli altri condomini , fermo restando che per quanto attiene, in particolare, ai cortili, ove le caratteristiche e le dimensioni lo consentano ed i titoli non vi ostino, l'uso degli stessi per l'accesso e la sosta dei veicoli non è incompatibile con la funzione primaria e tipica di tali beni Cass., sez. II, 15 giugno 2012, numero 9875 . 2. Con il secondo motivo le parti ricorrenti censurano la violazione e falsa applicazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in ordine alla condanna degli appellanti alle spese del primo grado del giudizio . Si propone il seguente testuale quesito ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c. dica la Suprema Corte di Cassazione se il Giudice del gravame viola il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato ex articolo 112 c.p.c., qualora, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione in ordine alla statuizione delle spese processuali mediante il ricorso ad appello incidentale, riformi sul punto la decisione di primo grado . L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l'assorbimento di quello ora in esame. 3. L'impugnata sentenza deve, quindi, cassarsi con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altro giudice del Tribunale di Catania, che nel pronunciarsi nuovamente si uniformerà ai principi innanzi enunciati. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e, assorbito il secondo, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al altro giudice del Tribunale di Catania.