Si dimette da Presidente del Consiglio regionale, servono ancora le misure cautelari?

Nei reati contro la Pubblica Amministrazione, il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata. Tuttavia, il giudice deve fornire un’adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l’agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11642, depositata il 19 marzo 2015. Il caso. Il tribunale di Napoli confermava la decisione del gip che aveva rigettato la richiesta, proposta da un indagato, di revoca della misura cautelare del divieto di dimora. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la valutazione del pericolo effettuata dal Tribunale astrattamente, senza tener conto dell’esigenza di una prognosi concreta sulla non reiterabilità della condotta. L’uomo era accusato di reati contro la Pubblica Amministrazione, compiuti in qualità di Presidente del Consiglio Regionale. Tale qualità era, però, venuta meno a seguito di dimissioni irrevocabili e della nomina di un altro consigliere per la copertura di tale carica. Reati contro la P.A La Corte di Cassazione ricorda che, nei reati contro la Pubblica Amministrazione, il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata. Tuttavia, il giudice deve fornire un’adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l’agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso. Valutazione oggettiva. Perciò, questo principio deve essere rapportato al caso concreto, con la valutazione della probabilità del rischio di ulteriori condotte illecite per effetto di una permanente posizione soggettiva dell’agente che gli consenta di continuare nella realizzazione di condotte antigiuridiche connotate dallo stesso rilievo offensivo. Nel caso di specie, i giudici di merito si erano limitati a desumere la sussistenza delle esigenze cautelari da una condotta temporalmente delimitata, senza individuare in concreto il pericolo di reiterazione. Non bastava, infatti, affermare che, anche dopo le dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio Regionale, l’indagato rivestiva ancora la carica istituzionale di consigliere regionale, da cui era stato solo temporaneamente e provvisoriamente sospeso. Gli Ermellini ricordano che il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato all’apprezzamento di elementi meramente congetturali ed astratti, ma deve essere legato a dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell’indagato. Solo da ciò si può affermare che questo, verificandosene l’occasione, potrebbe commettere ancora tale tipo di reati. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 – 19 marzo 2015, numero 11642 Presidente Ippolito – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 29 ottobre 2014 il Tribunale di Napoli ha rigettato l'appello proposto ex articolo 310 c.p.p. nell'interesse di P.R. avverso l'ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli in data 8 settembre 2014, che rigettava la richiesta di revoca della misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Caserta e nella città di Napoli. 2. Avverso la su indicata pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione i difensori del R., che hanno dedotto quattro motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente esposto. 2.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali circa la valutazione del pericolo di reiterazione del reato, effettuata dal Tribunale astrattamente, senza tener conto della esigenza di una prognosi concreta sulla non reiterabilità della condotta, legata al fatto che la qualità di Presidente del Consiglio regionale della Campania era venuta meno a seguito di dimissioni irrevocabili e della nomina di altro consigliere per la copertura di tale carica. 2.2. Violazioni di legge, in relazione agli articolo 121, 125, 178, 273, 274, 275, 310 c.p.p., e vizi motivazionali, riguardo all'omesso esame del contenuto della memoria difensiva e dei documenti ad essa allegati, per la contestazione della sussistenza dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, lett. c , c.p.p., 2.3. Violazioni di legge, in relazione agli articolo 125, 273, 274, lett. c , 275, 299, 310 c.p.p., e vizi motivazionali, riguardo alla richiesta di sostituzione della misura o di attenuazione della portata di quella in essere limitando il divieto di dimora alla sola città di Napoli, ove è la sede dei Consiglio regionale campano, non avendo l'impugnata pronunzia tenuto conto della stretta connessione esistente fra l'impossibilità di esercizio della carica di consigliere regionale, per esser venuta meno volontariamente la qualità servente la condotta, e il concreto pericolo di reiterazione del reato provvisoriamente contestato. 2.4. Violazioni di legge, con riferimento alle su indicate disposizioni normative e a quelle di cui agli articolo 56-317 c.p., e vizi motivazionali per avere il Tribunale erroneamente ritenuto, in merito alla valutazione di proporzionalità della cautela, che la pena edittale minima per il reato contestato sia di anni sei di reclusione, quando invece la stessa è di due anni, trattandosi del delitto previsto e sanzionato dagli articolo 56 e 317 c.p. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati. 2. Secondo un pacifico insegnamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte ex multis, v. Sez. 6, numero 18770 del 16/04/2014, dep. 06/05/2014, Rv. 259685 Sez. 6, numero 23625 del 27/03/2013, dep. 30/05/2013, Rv. 256261 Sez. 6, numero 9117 del 16/12/2011, dep. 07/03/2012, Rv. 252389 , nei reati contro la pubblica amministrazione il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell'incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l'indagato abbia dismesso la carica o esaurito l'ufficio nell'esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l'agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi.lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso. La validità di tale principio, dunque, non può affermarsi in astratto, ma deve essere rapportata al caso concreto, valutando la probabilità del rischio di ulteriori condotte illecite per effetto di una permanente posizione soggettiva dell'agente che gli consenta di continuare nella realizzazione di condotte antigiuridiche connotate dallo stesso rilievo offensivo Sez. 6, numero 19052 del 10/01/2013, dep. 02/05/2013, Rv. 256223 . Nel caso in esame, l'impugnata ordinanza non approfondisce adeguatamente i profili ora indicati, limitandosi a desumere la sussistenza delle esigenze cautelare da una condotta temporalmente delimitata sino al settembre 2013, senza individuare in concreto il pericolo di reiterazione, la cui esistenza viene solo apoditticamente enunciata per il fatto che l'indagato, pur a seguito delle dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio regionale, riveste ancora, allo stato, una carica istituzionale - di consigliere regionale - dalla quale è stato solo temporaneamente e provvisoriamente sospeso. Né, sotto altro ma connesso profilo, risulta esser stata oggetto di un congruo vaglio delibativo la connessa questione inerente la prospettata possibilità di un'attenuazione della misura cautelare attraverso una diversa, e maggiormente circoscritta, delimitazione territoriale del suo ambito applicativo v., supra, il par. 2.3. . Il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, invero, non può essere affidato all'apprezzamento di elementi meramente congetturali ed astratti, ma deve relazionarsi all'intrinseca valenza di dati di fatto oggettivi e indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell'indagato, sulla cui base sia possibile affermare che quest'ultimo, verificandosene l'occasione, possa facilmente commettere tale tipo di reati Sez. 6, numero 38763 del 08/03/2012, dep. 04/10/2012, Rv. 253372 . 3. S'impone, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, per un nuovo esame dei punti critici or ora evidenziati, che nella piena libertà dei relativi apprezzamenti di merito dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede stabiliti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.