I movimenti sul conto corrente sono ricavi: la legge lo presume, il contribuente può smentire

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’articolo 32 d.P.R. numero 600/1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vadano imputati a ricavi. Il contribuente può comunque fornire la prova contraria, anche mediante presunzioni semplici, da sottoporre alla verifica del giudice, che deve individuare analiticamente i fatti noti, da cui dedurre quelli ignoti, correlando ogni grave indizio che sia grave, preciso e concordante .

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 3777, depositata il 25 febbraio 2015. Il caso. Un contribuente impugnava l’avviso di accertamento ricevuto, con cui l’Agenzia delle Entrate, avendo evidenziato delle movimentazioni bancarie non giustificate, aveva determinato, per il 1993, ai fini IRPEF, il reddito di impresa in 620 milioni di lire. L’attore sosteneva che erano stati erroneamente considerati come ricavi sia i versamenti sia i prelevamenti effettuati sui conti correnti bancari, senza deduzione dei costi. La CTP di Savona rideterminava il reddito imponibile in 360 milioni, evidenziando che i prelevamenti effettuati sui c/c dovevano essere considerati come costi che avevano determinato i ricavi. In seguito, la CTR Liguria rigettava l’appello dell’Agenzia, che ricorreva quindi per cassazione. Le Entrate lamentavano la violazione dell’articolo 62 d.P.R. numero 600/1973 poteri degli uffici questa norma prevede una presunzione legale in base a cui tutti i movimenti contabili, cioè sia i versamenti che i prelevamenti, dovevano essere considerati espressione di operazioni imponibili, salvo prova contraria ad opera del contribuente. Inoltre, contestavano ai giudici di merito l’affermazione secondo cui l’Agenzia non aveva dedotto dai prelevamenti alcuna somma riferita all’incidenza percentuale dei costi relativi. Infatti, erano stati dedotti 36 milioni di lire come costi per materie prime e spese per manodopera. Presunzione legale, ma con possibilità di prova contraria da parte del contribuente. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’articolo 32 d.P.R. numero 600/1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. Il contribuente può comunque fornire la prova contraria, anche mediante presunzioni semplici, da sottoporre alla verifica del giudice, che deve individuare analiticamente i fatti noti, da cui dedurre quelli ignoti, correlando ogni grave indizio che sia grave, preciso e concordante . Il precedente della Consulta. La Corte Costituzionale, nella pronuncia numero 225/2005, aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 32, comma 1, numero 2, d.P.R. numero 600/1973, nella parte in cui prevede che i prelevamenti effettuati nell’ambito dei rapporti bancari siano posti, come ricavi, a base delle rettifiche ed accertamenti dell’Amministrazione finanziaria, se il contribuente non ne indichi il soggetto beneficiario e a condizione che non risultino dalle scritture contabili. Infatti, ciò si risolve, riguardo alla destinazione dei prelievi non risultanti dalle scritture contabili, in una presunzione di ricavi suscettibile di prova contraria mediante l’indicazione del beneficiario dei prelievi. Non può ritenersi che sia manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati nei c/c bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all’esercizio dell’attività di impresa e siano, di conseguenza, considerati, detratti i relativi costi, in termini di reddito imponibile. Movimenti bancari. Inoltre, sottolineano gli Ermellini, in caso di accertamento induttivo fondato sulle risultanze di movimenti bancari, bisogna tener conto, in ossequio al principio di capacità contributiva, non solo dei maggiori ricavi, bensì anche dell’incidenza percentuale dei costi, che devono comunque essere detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati. Alla luce di tali considerazioni, la CTR aveva sbagliato a ritenere non corretto procedere, in mancanza di giustificazioni da parte del contribuente, alla somma di versamenti e prelevamenti, considerando al contrario i prelevamenti come costi. Ulteriore sbaglio era stato di ignorare quanto dedotto dall’Agenzia, secondo cui degli specifici costi erano già stati presi in esame durante l’accertamento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 26 novembre 2014 – 25 febbraio 2015, numero 3777 Presidente Adamo – Relatore Cigna Svolgimento del processo P.A. ha impugnato dinanzi alla CTP di Savona l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio Distrettuale delle II.DD. di Albenga, in esito a pvc nel quale erano state evidenziate movimentazioni bancarie non giustificate, aveva determinato per l’anno 1993, ai fini IRPEF, in lire Euro 20.567.000 il reddito di impresa in particolare, per quanto ancora rileva, il contribuente ha sostenuto che erano stati erroneamente considerati come ricavi sia i versamenti sia i prelevamenti effettuati sui c/c bancari, senza deduzione dei costi. L'adita CTP ha parzialmente accolto il ricorso, rideterminando in lire 360.000.000 il reddito imponibile in particolare la CTP ha evidenziato che i prelevamenti effettuati sui c/c dovevano essere considerati come costi che avevano determinato i ricavi. Con sentenza depositata il 26-1-2009 la CTR Liguria ha rigettato l’appello dell'Agenzia in particolare la CTR ha rilevato che, come precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 225 del 2005, in caso di accertamento induttivo si doveva tenere conto non solo dei maggiori ricavi ma anche dell'incidenza percentuale dei relativi costi, che andavano quindi detratti dall'ammontare dei prelievi non giustificati nei caso di specie l'Amministrazione non aveva dedotto dai prelevamenti alcuna somma riferita all'incidenza percentuale dei relativi costi, sicché i prelevamenti dovevano essere considerati come costi e non potevano essere sommati ai versamenti effettuati sullo stesso c/c bancario. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Agenzia, affidato a due motivi il contribuente non ha svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione Con il primo motivo l'Agenzia, denunziando - ex articolo 360 numero 3 cpc - violazione e falsa applicazione dell'articolo 32 dpr 600/70 rectius 1973 , ha evidenziato che la citata disposizione prevedeva una presunzione legale in base alla quale tutti i movimenti contabili e quindi sia i versamenti sia i prelevamenti dovevano essere considerati espressione di operazioni imponibili, salvo prova contraria ad opera del contribuente non esisteva quindi nell'ordinamento il principio che i prelevamenti costituiscono costi e la stessa Corte Costituzionale, nella citata decisione, aveva solo chiarito che i costi andavano comunque dedotti dai ricavi costituiti dai prelevamenti. Con il secondo motivo l'Agenzia, denunziando - ex articolo 360 numero 5 cpc - motivazione insufficiente, ha evidenziato che la CTR, nell'affermare che l'Amministrazione non aveva dedotto dai prelevamenti alcuna somma riferita all'incidenza percentuale dei costi relativi, non aveva minimamente preso in considerazione che, come precisato nello stesso accertamento impugnato e come ribadito anche in appello, l'Ufficio avi invece dedotto lire 36.129.000 quali costi per materie prime e spese per manodopera. I motivi, da valutare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati. Per condiviso principio già espresso da questa Corte, invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'articolo 32, dei d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio purché grave, preciso e concordante ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nei contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative Cass. 22502/2011 al riguardo è stato anche precisato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articolo 3 e 53 Cost., dell'articolo 32, primo comma, numero 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, nella parte in cui prevede che i prelevamenti effettuati nell'ambito dei rapporti bancari siano posti, come ricavi, a base delle rettifiche ed accertamenti dell'amministrazione finanziaria, se il contribuente non ne indichi il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, poiché, come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 225 del 2005, detta norma non viola né l'articolo 53 Cost., risolvendosi, quanto alla destinazione dei prelievi non risultanti dalle scritture contabili, in una presunzione di ricavi suscettibile di prova contraria attraverso l'indicazione del beneficiario dei prelievi, non lesiva del principio di ragionevolezza, non essendo manifestamente arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dei conti correnti bancari effettuati da un imprenditore siano stati destinati all'esercizio dell'attività d'impresa e siano quindi considerati, detratti i relativi costi, in termini di reddito imponibile, né il principio di eguaglianza in danno dei titolari dei conti bancari, essendo la disponibilità di tali conti elemento idoneo a legittimare il rilievo meramente probatorio attribuito al prelievo non giustificato di somme Cass. 13036/2012 in tema, v. anche 16650/2011 25365/2007 al riguardo va anche evidenziato che, come affermato più volte da questa Corte, in caso di accertamento induttivo fondato sulle risultanze di movimenti bancari come quello in questione , si deve tenere conto, in ossequio al principio di capacità contributiva, non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale dei costi, che vanno comunque detratti dall'ammontare dei prelievi non giustificati v. anche Corte Cost. su citata sentenza 225/05 e, da ultimo, 228/2014 . Erroneamente, pertanto, la CTR, pur in mancanza di specifiche giustificazioni da parte dei contribuente, ha ritenuto non corretto procedere alla somma di versamenti e prelevamenti, considerando al contrario i prelevamenti come costi, senza peraltro in alcun modo valutare quanto affermato dall'Ufficio, secondo cui specifici costi erano stati già presi in esame nel corso dell'accertamento per giungere alla determinazione del reddito imponibile. In conclusione, pertanto, va accolto il ricorso per l'effetto va cassata l'impugnata sentenza, con rinvio alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvederà a nuovo esame della controversia alla luce dei su riportati principi nonché anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa l'impugnata sentenza, con rinvio per nuovo esame alla CTR Liguria, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.