Tenta di uccidere la consuocera: va valutato lo stato d’animo dell’imputato

L’attenuante della provocazione di cui all’art. 62, n. 2, c.p., pure non richiedendo la proporzione tra reazione ed offesa, necessita, comunque, di un criterio di adeguatezza proprio per valutare lo stato d’animo dell’agente, che, nel caso di evidente sproporzione della condotta, tradisce, in effetti, sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d’ira.

Così precisando, la Prima Sezione penale di Cassazione, con sentenza n. 7275, depositata il 14 febbraio 2014, dopo aver ricordato che elementi costitutivi dell’attenuante della provocazione siano lo stato d’ira, il fatto ingiusto altrui e un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, ha, comunque, rigettato il ricorso presentato dall’imputato, reo di aver tenuto una condotta non adeguata rispetto alle provocazioni pretesamente subite. Il caso. L’odierno ricorrente, all’esito del giudizio di gravame, veniva riconosciuto colpevole dei seguenti delitti omicidio pluriaggravato, tentato omicidio pluriaggravato in danno della consuocera e lesioni personali. L’episodio che aveva dato origine all’evento delittuoso si era sviluppato in un contesto familiare, dove il figlio dell’imputato e la di lui moglie avevano iniziato, e con sempre maggiore frequenza, a litigare, tanto da sopraggiungere alla separazione di fatto e lo aveva continuato a fare anche dopo la medesima. In breve, e di estrema utilità ai fini processuali, in una concitata sequela di accadimenti era avvenuto quanto segue l’imputato aveva schiaffeggiato la nuora addebitandole il malmenamento del proprio figlio a opera di alcune persone mandate da quest’ultima , invitando in maniera sconveniente a conferire con la propria consuocera mandami a quella zoccola di tua madre la consuocera si recava, così, all’indirizzo dell’imputato, accompagnata da altre donne, parenti e non, e, imprecandogli a mezzo citofono, lo invitava a scendere questi, allora, scendeva e, armato di coltello, colpiva – a suo dire – alla cieca le presenti. Stante quanto emerso, la difesa chiedeva venisse riconosciuta all’imputato l’attenuante della provocazione e fosse concessa allo stesso le attenuanti generiche. La Corte territoriale disattendeva le richieste e, così, veniva proposto ricorso per cassazione. L’attenuante della provocazione necessita di un criterio di adeguatezza per valutare lo stato d’animo dell’agente . Con la sentenza n. 7275, del 14 febbraio 2014, la Prima Sezione penale di Cassazione rigetta, però, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Gli ermellini, in primo luogo, rilevano che elementi costitutivi dell’attenuante della provocazione, di cui all’art. 62, n. 2, c.p., siano a lo stato d’ira, che si riverbera in un un impulso emotivo incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo, che generano un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi b il fatto ingiusto altrui, inteso non già e solo in senso antigiuridico stretto, ma anche dall’inosservanza di norme sociali o di costume regolanti l’ordinaria, civile convivenza cosicché possono, ragionevolmente, rientrarvi, oltre ai comportamenti sprezzanti o costituenti manifestazione di iettanza, anche quelli sconvenienti o pure inappropriati c un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse. Gli ermellini fanno proprie le risultanze del giudice di secondo grado, affermando come pure non richiedendosi nella provocazione la proporzione tra reazione ed offesa, occorre tener conto, comunque, di un criterio di adeguatezza proprio per valutare lo stato d’animo dell’agente, che, nel caso di evidente sproporzione della condotta, tradisce, in effetti, sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d’ira nel caso particolare, infatti, ricostruita la vicenda nella sua globalità, i giudici di Piazza Cavour hanno convenuto che l’intervento della consuocera non potesse ritenersi fatto assolutamente privo di giustificazione, quanto meno relativamente alla sua genesi piuttosto che in riferimento alle sue modalità esteriori e che mancasse, in ogni caso, un rapporto di adeguatezza tra le due condotte de quibus . Privo di fondamento – prosegue la Corte di Cassazione – risulta, altresì, anche il motivo di impugnazione relativo al diniego delle attenuanti generiche, ove si consideri il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo” obbligo motivazionale che nel caso in esame deve ritenersi certamente assolto, avendo i giudici di appello ritenuto ostativa alla concessione delle attenuanti di cui trattasi un pluralità di ragioni, tra cui le gravi modalità del fatto e l’assenza di un sincero ravvedimento, l’assenza di inequivocabili prove idonee a denotare un sicuro ravvedimento dell’imputato .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 ottobre 2013 - 14 febbraio 2014, n. 7275 Presidente Giordano – Relatore Cavallo Ritenuto in fatto 1. C.A. , all'esito del giudizio di secondo grado, svoltosi dinanzi alla Corte di assise di appello di Napoli e celebrato con rito camerale, veniva riconosciuto colpevole dei reati di omicidio volontario pluriaggravato in danno di B.M. , di tentato omicidio pluriaggravato in danno di Be.An. , di lesioni personali in danno di A.F. , reati commessi in omissis , venendo condannato, unificate le imputazioni nel vincolo della continuazione, alla pena di anni diciotto di reclusione, così ridotta quella di anni venti infintagli nel giudizio di primo grado. 2. Incontestata nel giudizio di appello sia la identificazione nel C. dell'autore dell'omicidio di B.M. e del ferimento di A.F. e della madre di costei, Be.An. , sia la causale del grave episodio delittuoso - da individuarsi nella crisi che attraversava il rapporto matrimoniale contratto da C.D. , figlio dell'imputato, con A.E. , figlia di Be.An. , caratterizzato, anche dopo la separazione di fatto dei coniugi, da litigi sempre più frequenti, l'ultimo dei quali insorto, proprio nel pomeriggio dell' omissis e che aveva visto l'imputato schiaffeggiare la nuora, ritenuta colpevole di aver conferito mandato a dei giovani di malmenare il proprio marito per essersi appropriato delle chiavi dell'abitazione coniugale, e sollecitare in modo sconveniente un incontro con la consuocera mandami a quella zoccola di tua madre invito che era stato raccolto dalla Be. , in quanto verso le 19,15 costei aveva suonato insistentemente il citofono dell'abitazione del C. , asseritamele imprecando nei confronti dell'imputato e della moglie di questi, tanto da indurre il ricorrente a scendere in strada, armato di coltello, e in reazione agli insulti e forse di uno schiaffo ricevuti dalla Be. e dalle molte donne che l'accompagnavano, tra le quali la B. e la figlia F. , colpire, a suo dire alla cieca, la consuocera e le persone che si erano interposte - la Corte di Appello, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, disattendeva sia la richiesta difensiva di riconoscimento all'imputato dell'attenuante della provocazione, sia quella di concessione allo stesso delle attenuanti generiche. 3. In particolare, quanto alla sussistenza della prima delle attenuanti invocate dalla difesa, la stessa veniva esclusa dalla Corte territoriale che sviluppava sul punto un percorso motivazionale così sintetizzabile secondo la ricostruzione della vicenda fornita dai vari testimoni e confermata dallo stesso C. , la visita e gli insulti rivoltigli tramite il citofono dalla Be. fecero seguito agli schiaffi che il medesimo aveva dato qualche ora prima alla nuora ed alla sfida che, tramite la stessa, aveva lanciato alla madre onde poteva affermarsi con certezza che l'imputato aveva provocato con il proprio pregresso comportamento la reazione della persona offesa del reato l'assunto difensivo del C. , secondo cui, poco prima del fatto, aveva schiaffeggiato la nuora in quanto il figlio gli aveva riferito di essere stato percosso da soggetti incaricati dalla stessa di punirlo a causa della sottrazione delle chiavi dell'abitazione familiare, non può ritenersi pienamente attendibile, in quanto, pur se riferita in modo vago dal teste Ca.Gi. , che avrebbe appreso la notizia nel pomeriggio, non aveva trovato conferma nelle dichiarazioni del figlio D. , che non aveva fatto alcun accenno al pestaggio subito, limitandosi a riferire che quella mattina aveva avuto l'ennesima lite con la moglie in quanto la stessa non era rincasata la notte precedente che lui aveva preso le chiavi dell'abitazione e che la discussione era degenerata in un alterco. L'applicabilità della attenuante doveva essere esclusa, altresì, anche in considerazione del fatto che la spontanea offerta al pericolo e la preparazione all'offesa degli avversari, consistita nel munirsi appositamente di un coltello prima di raggiungere la Be. che lo attendeva nella strada, non consentivano di individuare la causa della reazione dell'imputato nello specifico comportamento attribuito alla consuocera essendo azioni sintomatiche di risentimento ed ispirate dall'intento di infliggere una punizione, che traggono dunque origine da un sentimento diverso dall'ira che deve necessariamente manifestarsi nel momento in cui viene attuata la reazione causalmente collegata al fatto ingiusto altrui la macroscopica sproporzione ravvisabile tra gli insulti ricevuti immediatamente prima del fatto dalla Be. e le reiterate coltellate inferte alla stessa nonché alla figlia ed alla compagna B.M. , che si interposero tra gli antagonisti nel tentativo di proteggerla, integrava un ulteriore ostacolo al riconoscimento della attenuante della provocazione, atteso che il criterio dell'adeguatezza della condotta reattiva al fatto ingiusto costituisce un parametro utile per la valutazione dello stato d'animo e delle intenzioni del reo, denotando la macroscopica sproporzione tra offesa e reazione, che il fatto asseritamente provocatorio si pone come mera occasione del delitto e che la condotta criminosa ha avuto come fattore endogeno scatenante un impulso non ricollegabile con nesso di causalità con il fatto ingiusto della vittima. 4. Per quanto attiene, infine, il diniego delle attenuanti generiche i giudici di appello ritenevano che la eccezionale gravità dei fatti integrava un elemento di disvalore di preponderante rilievo rispetto alla personalità dell'imputato, quale desumibile dalla sua confessione spontanea e dai suoi remoti precedenti penali, anche perché l'ammissione dei fatti, dapprima chiaramente lacunosa nonché riduttiva era stata emendata soltanto a notevole distanza di tempo dai fatti e dopo l'acquisizione di inequivocabili prove a carico e non era per ciò idonea a denotare un sicuro ravvedimento dell'imputato. 3. Avverso la sentenza della Corte territoriale indicata in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, avvocato Salvatore Impradice, contestando sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione manifesta illogicità entrambe le decisioni deliberate dai giudici di appello. 5.1 Nel ricorso, dopo una premessa in cui si rammentano i presupposti per il riconoscimento dell'attenuante della provocazione, si sostiene che il delitto sarebbe stato originato dall'atteggiamento provocatorio assunto dalle persone offese nell'immediatezza dei fatti che aveva inciso sulla carica di esasperazione accumulata nel tempo dall'imputato ed esplosa allorquando la consuocera, spalleggiata da una moltitudine di persone, si presentò sotto casa del C. , dando vita ad un vero e proprio assedio, caratterizzato da minacce e ingiurie e da un tentativo di punirlo nessuna decisiva rilevanza potendo assumere, ai fini del mancato riconoscimento dell'attenuante, che il fatto ingiusto sia stato commesso da un soggetto la Be. a sua volta provocato. Anche la valutazione circa una pretesa inadeguatezza della risposta alla provocazione viene contestata dal ricorrente, in quanto la stessa, si sostiene, deve tener conto di tutti gli elementi acquisiti, a partire dal complesso di episodi pregressi fino a quelli che hanno cagionato l'incontenibile esasperazione dell'imputato che aveva vissuto come un grave pericolo, il minaccioso assedio delle persone offese. 5.2 Quanto poi al diniego delle generiche, nel ricorso si sostiene che la decisione dei giudici di appello non ha tenuto conto adeguatamente dei parametri valutativi di cui all'art. 133 cod. pen., limitandosi ad un generico riferimento alla gravità dei fatti ed alla negativa personalità dell'imputato, incongruamente svalutando dati pur rilevanti, quali l'età non più giovane dell'imputato ed il genuino comportamento processuale, posto che l'ammissione dei fatti, pur se lacunosa, è da ritenersi comunque una manifestazione di resipiscenza. Considerato in diritto 1. L'impugnazione proposta nell'interesse del C. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata. 1.1 Destituito di fondamento è senz'altro il primo motivo di impugnazione, relativo al mancato riconoscimento dell'attenuate della provocazione. 1.1.1 Al riguardo deve rilevarsi, in primo luogo, che costituisce orientamento ormai consolidato di questa Corte, che ai fini della configurabilità dell'attenuante della provocazione occorrono a lo stato d'ira , costituito da una situazione psicologica caratterizzata da un impulso emotivo incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo, generando un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi b il fatto ingiusto altrui , costituito non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto ma anche dall'inosservanza di norme sociali o di costume regolanti la ordinaria, civile convivenza, per cui possono rientrarvi, oltre ai comportamenti sprezzanti o costituenti manifestazione di iattanza, anche quelli sconvenienti o, nelle particolari circostanze, inappropriati c un rapporto di causalità psicologica tra l'offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse , in tal senso Cass. sez. 5^ sentenza n. 12558 13 febbraio -16 marzo 2004, imp. Fazio . In particolare questa Corte, con riferimento all'indagine diretta a stabilire l'adeguatezza psicologica della condotta omicidiaria all'afflizione determinata nell'agente dall'altrui comportamento, ha precisato che l'esistenza di una evidente sproporzione tra reazione ed offesa, rappresenta un parametro utile alla valutazione dello stato d'animo del reo , in quanto idonea ad evidenziare nell'autore della condotta materiale, sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d'ira in tal senso Cass., sez. 5^ sentenza n. 24693 del 2 marzo 2004 - 31 maggio 2004 ric. Vannozzi . 1.1.2 Orbene, è agevole rilevare che in punto di negazione dell'attenuante ex art. 62 n. 2, cod. pen., la motivazione della sentenza impugnata - riportata nelle sue linee essenziali in sede di esposizione in fatto - risulta pienamente rispettosa dei principi di diritto sin qui evidenziati, avendo correttamente evidenziato, che pur non richiedendosi nella provocazione la proporzione tra reazione ed offesa, occorre tener conto, comunque, di un criterio di adeguatezza proprio per valutare lo stato d'animo dell'agente, che, nel caso di evidente sproporzione della condotta, tradisce, in effetti, sentimenti e stati psicologici diversi dallo stato d'ira. 1.1.3 In particolare, nella specie, i giudici di merito, all'esito di un'attenta ricostruzione fattuale, che ha riguardato conformemente alle linee interpretative suggerite da Cass., sez. 1A, sentenza n. 40550 del 22 settembre 2004, imp. Angiuoni la condotta del C. nel suo globale svolgimento, sono pervenuti alla conclusione, immune da vizi logici o giuridici, che intanto l'intervento della Be. , non poteva ritenersi un fatto assolutamente privo di giustificazione , quanto meno relativamente alla sua genesi piuttosto che in riferimento alle sua modalità esteriori che mancava in ogni caso un rapporto di adeguatezza tra il preteso fatto ingiusto l'essersi la Be. , spalleggiata da parenti e conoscenti, recata presso l'abitazione dell'imputato e sfidato il predetto, in malo modo, a raggiungerla in strada considerazioni queste, ancorate dalla Corte territoriale a valutazioni delle risultanze processuali, come tali non sindacabili in sede di legittimità. 1.2 Privo di fondamento risulta, altresì, anche il motivo di impugnazione relativo al diniego delle attenuanti generiche, ove si consideri il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo così ex multis Cass., sez. 2, sentenza n. 2285 dell'11/10/2004 - 25/1/2005, riv. 230691 rie. Alba ed altri obbligo motivazionale che nel caso in esame deve ritenersi certamente assolto, avendo i giudici di appello ritenuto ostativa alla concessione delle attenuanti di cui trattasi, una pluralità di ragioni, tra cui le gravi modalità del fatto e l'assenza di un sincero ravvedimento, l'assenza di inequivocabili prove idonee a denotare un sicuro ravvedimento dell'imputato. 2. Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all'art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.