Assolutamente non accoglibile la tesi sostenuta dall’uomo, ossia la necessità di procurarsi una scorta per affrontare il ‘giro’ delle discoteche in Costa Smeralda. A suo sfavore pesa anche la purezza della sostanza, assolutamente da ‘tagliare’. E, comunque, in quei luoghi è molto più logico pensare a una destinazione a terze persone.
Professione stressante? Ritmi vertiginosi? Niente pause? Tutto plausibile, ma ciò non può dare corpo e sostanza alla tesi che la droga – ritrovata dai carabinieri nei pantaloni di un uomo – sia destinata unicamente ai consumi personali Cassazione, sentenza numero 6512/2013, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Palline ‘fatate’. Fatale è il controllo su strada effettuato da alcuni militari dell’Arma dei Carabinieri un uomo, difatti, viene ‘beccato’ con quasi 5 grammi di cocaina, in una tasca dei pantaloni, suddivisi «in 6 palline contenute in un involucro di nylon». A suo carico l’accusa è di spaccio, accusa ritenuta fondata sia dal Giudice dell’udienza preliminare che dai giudici della Corte d’Appello. Questi ultimi, in particolare, ritengono inaccettabile l’ipotesi, avanzata dall’uomo, della «scorta personale» necessaria «in relazione all’attività lavorativa svolta», ossia disc-jockey nelle discoteche della Costa Smeralda, anche tenendo presente che «si trattava di droga ‘in pietra’, con elevato grado di purezza» e, quindi, destinata «assai più verosimilmente al consumo di terzi, piuttosto che a quello personale». Che stress! Ad avviso dell’uomo, però, l’ottica adottata in secondo grado è erronea, soprattutto perché sono stati trascurati elementi di rilievo, quali la necessità di una scorta per affrontare il proprio tour de force lavorativo, e, soprattutto, il proprio personale «stato di incensuratezza», il «mancato rinvenimento di strumenti atti al confezionamento», la «quantità modesta» e la «buona capacità reddituale, compatibile con l’acquisto della droga per suo uso». Per i giudici di Cassazione, però, non si possono trascurare le caratteristiche della sostanza, ossia «droga ‘in pietra’ necessitante, per essere consumata, di essere ‘tagliata’», né sono secondari elementi quali «suddivisione in involucri» ed «elevato grado di purezza» impossibile pensare che la droga «fosse destinata ad essere consumata dallo stesso detentore nel volgere di pochissimo tempo». Rispetto a questa visione, è non plausibile la tesi, avanzata dall’uomo, «della finalità anti-stress della droga per affrontare le serate in discoteca». Anzi, paradossalmente, proprio alla luce della «particolarità di quei luoghi, era più che probabile che la droga fosse destinata ad essere distribuita a terzi, quanto meno in parte». Eppoi, concludono i giudici, considerando «purezza» e «conformazione» della sostanza, la «consumazione immediata» è impossibile, anche «per ragioni di incolumità personale». Assolutamente da confermare, quindi, secondo i giudici di Cassazione, la condanna nei confronti dell’uomo per l’attività di spaccio.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 settembre 2012 – 11 febbraio 2013, numero 6512 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1. Con sentenza del 18 maggio 2011 la Corte di Appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari - confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Tempio Pausania del 14 aprile 2010 emessa nei confronti di S.E. imputato del reato di cui all’articolo 73 D.P.R. 309/90 “per avere detenuto 4,8163 g. di cocaina suddivisa in sei palline contenute in un involucro di nylon, rinvenuta all’interno della tasca sinistra dei pantaloni presso l’abitazione a seguito di perquisizione personale” [Fatto commesso il 13 agosto 2007], colpevole del detto reato connandolo alla pena ritenuta di giustizia. 1.2. Osservava la Corte che sebbene il quantitativo di droga detenuto non fosse elevato e sebbene la difesa avesse sostenuto la tesi che la droga rinvenuta addosso all’imputato servisse quale scorta personale in relazione all’attività lavorativa svolta - disk jockey nelle varie discoteche della Costa Smeralda - che impediva di acquistare secondo le necessità del momento la dose bastevole per un consumo personale, in realtà si trattava di droga in pietra con elevato grado di purezza pari al 74% e, dunque, destinato assai più verosimilmente al consumo di terzi piuttosto che a quello personale, senza che fosse dirimente la circostanza del mancato rinvenimento indosso all’imputato o nella sua abitazione di sostanze da taglio o strumenti per il confezionamento delle singole dosi. 1.3. Per l’annullamento della sentenza propone ricorso l’imputato a mezzo dei propri difensori denunciando violazione di legge sotto il duplice profilo della erronea applicazione della legge penale articolo 73 D.P.R. 309/90 e della manifesta illogicità e/o carenza di motivazione. Si afferma che nonostante i molti elementi stato di incensuratezza comportamento assunto nel corso della perquisizione mancato rinvenimento di strumenti atti al confezionamento quantità modesta dello stupefacente e buona capacità reddituale compatibile con l’acquisto della droga per suo uso la Corte isolana aveva valorizzato quale unico elemento il dato ponderale ricorrendo poi a mere congetture per confermare la destinazione della droga allo spaccio. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. Va premesso, in punto di fatto, che nel corso di un controllo su strada effettuato da parte di militari dell’Arma dei Carabinieri, il S. veniva fermato a bordo di un’autovettura da lui condotta e con a bordo altri tre giovani nel corso della perquisizione personale veniva rinvenuto in una tasca dei pantaloni dell’imputato un quantitativo di droga - risultata essere cocaina - del peso di circa 5 grammi, di cui gr. 3,588 di principio attivo con un grado di purezza del 74%. La droga era racchiusa in sei involucri di nylonumero 2. Tanto precisato, la Corte di Appello ha ritenuto decisivo, ai fini della conferma del giudizio di colpevolezza le modalità di conservazione della sostanza la sua particolare conformazione trattavasi di droga in pietra necessitante - per essere poi consumata - di essere “tagliata” la suddivisione in sei involucri e, soprattutto, l’elevato grado di purezza che impediva di ritenere che la droga fosse destinata ad essere consumata dallo stesso detentore nel volgere di pochissimo tempo. Tali elementi quindi, debitamente tra loro coniugati, hanno costituito il nucleo fondante della responsabilità non basata - come sostenuto dalla difesa - sul solo dato quantitativo. 3. Secondo l’orientamento di questo Supremo Collegio, l’attuale disciplina degli stupefacenti come emerge dal testo novellato dell’articolo 73 D.P.R. 309/90 include una serie di elementi cui fare riferimento al fine di verificare la sussistenza di un uso non esclusivamente personale il dato quantitativo o ponderale, pertanto, rappresenta, unitamente ad altri elementi quali le modalità di presentazione della droga e altre specifiche circostanze dell’azione, uno dei possibili indici da cui desumere la destinazione ad un uso non soltanto personale. Ne consegue che ove congruamente motivato, il relativo giudizio si sottrae al sindacato del giudice di legittimità in termini ex multis, Cass. Sez. 6^ 12.2.2006 numero 12146, P.M. in proc. Delugan, Rv. 242923 Cass. Sez. 6^ 2.4.2008 numero 27330, P.M. in proc. Sejjal, Rv. 240526 Cass. Sez. 6^ 1.4.2008 numero 19788, Tavera, Rv. 239963 , Peraltro a dimostrazione che il solo dato quantitativo non sia sufficiente a far ritenere la destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale, milita il fatto che anche laddove il quantitativo di droga detenuto sia inferiore al limite stabilito con il Decreto Ministeriale attuativo della nuova normativa di cui alla L. 49/06, laddove vi siano altre circostanze che inducano a ravvisare una finalità illecita della detenzione, non può essere esclusa la destinazione penalmente rilevante tra le tante, Cass. Sez. 4^ 16.4.2008 numero 31103, P.M. in proc. Perna, Rv. 242110 più di recente, Cass. Sez. 6^ 25.1.2011 numero 4613, Talamo, Rv. 249346 . 4. Tanto detto, nel caso in esame la Corte sassarese non si è limitata a valorizzare alcune circostanze sintomatiche, ma partendo dalla particolare conformazione della sostanza, ne ha tratto, in modo non manifestamente illogico, il convincimento che la droga potesse, quanto meno in parte, essere destinata all’uso di terzi. Nel richiamare per relationem la sentenza del GUP, la Corte di Appello ha inteso confermare alcune decisive considerazioni espresse dal primo giudice quali la stranezza della tesi della finalità antistress della droga per affrontare le serate in discoteca e la circostanza che la droga, asseritamente destinata al consumo personale, si trovasse interamente nelle tasche dei pantaloni dell’imputato, senza che una parte venisse lasciata in casa in modo da tenere per sé quella occorrente per il soddisfacimento delle esigenze personali. 4.1. Ma vi è di più nel disattendere articolatamente le varie censure mosse con l’atto di appello, il giudice territoriale ha anche ritenuto inverosimili alcune circostanze esposte dalla difesa, come l’asporto della droga dalla abitazione occupata dall’imputato unitamente ad altri tre giovani, per ragioni di “sicurezza” anche nell’interesse di costoro, osservando al riguardo, ed in modo convincente, che se proprio la droga doveva essere custodita senza il rischio di essere perduta, non vi sarebbe stato luogo migliore che la casa di abitazione e non certo le tasche del pantalone qualificate a ragione come un “nascondiglio di fortuna” che avrebbe potuto comportare in termini di elevata probabilità il rischio di perdita della sostanza. Ancora, la tesi difensiva della detenzione ad uso di scorta personale legata anche alla specifica attività lavorativa svolta di disk jockey nei vari locali della Costa Smeralda è stata disattesa perché sfornita di qualsivoglia riscontro, non mancando di osservare che, tenuto conto della, particolarità di quei luoghi, era più che probabile che la droga conservata nel modo in cui è stata trovata addosso all’imputato fosse destinata ad essere distribuita a terzi, quanto meno in parte. 4.2. Né può acquistare portata dirimente, come esattamente affermato dalla Corte di Appello, la circostanza del mancato rinvenimento di attrezzature atte al taglio e/o confezionamento, proprio perché trattandosi di droga ad elevato grado di purezza ed occorrendo tagliarla prima di consumarla, la sua detenzione in pietra e senza suddivisione in dosi singole portava alla ragionevole conclusione che essa fosse destinata al mercato locale nello stato in cui si trovava vds. pag. 4 della sentenza impugnata . 5. Le censure contenute nel ricorso oltre a riproporre temi affrontati e risolti convenientemente dalla Corte di Appello come, esemplificamente, l’elemento della incensuratezza e della capacità reddituale appaiono infondate nella misura in cui attribuiscono alla decisione impugnata un marcato segno di manifesta ed intrinseca illogicità basata sulla formulazione di congetture le argomentazioni della Corte territoriale, tutt’altro che basate su congetture, hanno come riferimento essenziale due dati oggettivi invalicabili quali l’elevato grado di purezza e la particolare conformazione della sostanza, insuscettibile di una consumazione immediata anche per ragioni di incolumità personale. 6. Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va rigettato segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.