Imprescindibili la motivazione sulla adeguatezza della custodia cautelare in carcere ed il parere obbligatorio del PM

La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura cautelare risulti inadeguata e di tale giudizio deve essere data motivazione. Il giudice ha l’obbligo di chiedere nuovo parere al P.M. qualora vengano allegati nuovi elementi a base dell’istanza di sostituzione o revoca.

In questo senso è intervenuta la Corte di Cassazione, VI sezione Penale, con la sentenza n. 44904 di accoglimento parziale con rinvio, depositata il 7 novembre 2013. Il silenzio del giudice . La mancata motivazione da parte del giudice circa l’inadeguatezza delle misure cautelari alternative alla custodia cautelare in carcere viola l’art. 275, comma 3, c.p.p. . Nel caso prospettato dinnanzi alla Corte di Cassazione, il giudice d’appello, ripristinando la custodia cautelare in carcere, avrebbe dovuto motivare l’inadeguatezza dell’alternativa misura degli arresti domiciliari concessa dal G.I.P. su istanza di revoca o sostituzione proposta dall’indagato. La Suprema Corte ha così accolto parzialmente il ricorso presentato dall’indagato avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Taranto n. 185 del 7 maggio 2013. Il parere obbligatorio del P.M. L’art 299, co. 3 bis c.p.p. prescrive in capo al giudice l’obbligo di chiedere parere al Pubblico Ministero prima di provvedere alla revoca od alla sostituzione della misura cautelare. Nel caso di specie, l’allegazione della relazione psichiatrica a base dell’istanza di revoca o sostituzione della custodia cautelare in carcere avanzata dall’indagato risultava successiva alla presentazione della stessa istanza. Nonostante il P.M. avesse espresso il proprio parere solo precedentemente a tale allegazione, il G.I.P. emetteva comunque ordinanza di sostituzione della custodia cautelare, disponendo gli arresti domiciliari. In linea con quanto già deciso dal Tribunale della Libertà, la Corte di Cassazione non accoglie sul punto il ricorso dell’indagato chiarendo che l’allegazione successiva all’istanza de libertate circoscrive quest’ultima sulla base di diverse e nuove ragioni in ordine alle quali il P.M. deve esprimere nuovo parere in base all’art. 299, comma 3 bis, c.p.p Il giudizio di adeguatezza. L’art. 292, comma 2, lett. c bis , c.p.p. stabilisce chiaramente che il giudice ha l’obbligo di riferire sulle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte attraverso una misura cautelare diversa dalla custodia in carcere. In riferimento al ricorso presentato dall’indagato, che la Cassazione accoglie sul punto in questione, il Tribunale della Libertà avrebbe dovuto esprimersi quanto all’inadeguatezza dell’alternativa misura degli arresti domiciliari precedentemente disposta dal G.I.P Tale giudizio deve aversi seguendo la previsione dell’art. 274 lett. c c.p.p. . Dalle modalità e circostanze di fatto e dalla personalità del soggetto, deve emergere che quest’ultimo sia propenso a non rispettare l’obbligo di non allontanarsi dal domicilio, tipico degli arresti domiciliari, ed a compiere ulteriori reati. Solo in questo caso vengono in rilievo le esigenze di prevenzione tali da giustificare l’applicazione della custodia cautelare in carcere e che il giudice ha l’obbligo di precisare nell’ordinanza che dispone la stessa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 ottobre - 7 novembre 2013, n. 44904 Presidente Agrò – Relatore Gramendola Fatto e diritto Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Taranto, adito dal P.M. in sede ai sensi dell'art. 310 cpp., accoglieva l'appello proposto contro l'ordinanza in data 3/4/2013, con la quale il G.I.P. in sede aveva sostituito la custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di L.A. per i reati ex artt. 110, 81, 61 n. 7, 629 co. 1 e 2 cp. 81 cp, 10, 14 legge n. 497/1974 23/3 legge 110/1975 648 cp. 73/1 bis DPR 309/90 con gli arresti domiciliari, annullava detta ordinanza e ripristinava la massima misura cautelare nei confronti del predetto indagato. Dopo avere premesso che il L. aveva in data 27/2/2013 presentato istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare, sulla quale il P.M. aveva espresso in data 28/2/2013 parere negativo e che a seguito di tale istanza l'indagato aveva richiesto e ottenuto autorizzazione a far eseguire da medico specialista visita psichiatrica, la cui relazione, attestante le condizioni di salute, con istanza in data 25/3/2013 veniva allegata a supporto della già avanzata richiesta di concessione degli arresti domiciliari, il Tribunale fondava la sua decisione sulla mancata richiesta del parere obbligatorio del P.M. rispetto all'ulteriore elemento, posto dalla difesa alla base della sua richiesta di revoca o sostituzione della misura ed introdotto, sia pure a sostegno della originaria richiesta, con la nuova menzionata istanza. Contro tale decisione ricorre l'indagato a mezzo del suo difensore, il quale articola due motivi. Con il primo motivo denuncia l'erronea applicazione della norma di cui all'art. 299/3 cpp e il vizio di motivazione e censura sostanzialmente l'errore del Tribunale nell'avere ritenuto obbligatorio un nuovo parere del P.M. in ordine sia alla richiesta di visita psichiatrica sia alla successiva istanza, con la quale era depositata la relazione sanitaria, laddove in realtà il P.M. era già stato posto in condizioni di esprimere le proprie conclusioni, quando l'originaria istanza del 27/2/2013 era stata trasmessa all'ufficio della Procura per consentire al P.M. di formulare il proprio parere. Con il secondo motivo la violazione della norma di cui all'art. 275 cpp e il vizio di motivazione in riferimento alla mancata esposizione delle ragioni per cui la misura della custodia in carcere fosse l'unica misura, idonea a tutelare le esigenze di cautela, ritenute ancora sussistenti. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto per quanto di ragione. Ed invero corretta si ravvisa la decisione del Tribunale in merito alla necessità della richiesta del parere del P.M. in ordine alla seconda istanza de libertate, motivata dall'indagato su ragioni diverse da quelle, che avevano ispirato la prima, e conforme alla regola dettata dall'art. 299/3 bis, che impone al giudice di sentire il P.M. prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive. Censurabile è tuttavia il silenzio serbato dal Tribunale in ordine alla valutazione del quadro cautelare, in violazione della norma di cui all'art. 275/3 cpp., che obbliga il giudice della cautela ex officio a esaminare l'adeguatezza della misura imposta, nonché in violazione del principio, più volte sancito dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui la inadeguatezza degli arresti domiciliari, per quanto attiene alle esigenze di prevenzione di cui all'art. 274 lett. c cpp., può essere ritenuta solo quando elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso e alla personalità del soggetto indichino quest'ultimo come propenso all'inosservanza dell'obbligo di non allontanarsi dal domicilio e fini criminosi in violazione delle cautele impostegli ex multis Cass. Sez. VI 20/4 - 5/5/2011 n. 17313 Rv. 250060 . L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al medesimo Tribunale per nuova deliberazione, che provveda ad eliminare l’evidenziata carenza motivazionale alla stregua del suindicato principio di diritto. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Taranto.