Legittimità di un accertamento inferiore anche se genericamente richiesto con formula residuale

Costituisce una conclusione del tutto contraddittoria ritenere che la proposizione della domanda più ampia escluda la domanda inferiore relativa al capitale inizialmente versato per acquisto titoli, una volta che venga richiesto, in via residuale, l’accertamento e la liquidazione di quant’altro dovuto in virtù di deposito titoli o perché indebitamente pagato.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 22212, depositata il 27 settembre 2013. Il caso. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda proposta da alcuni eredi, i quali, sulla base di un documento rinvenuto dopo il decesso dei genitori, avevano riscontrato l’acquisto da parte dei danti causa di C.C.T, nonché un saldo di conto corrente di cui avevano chiesto alla Banca la restituzione. Contro tale pronuncia,gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché il vizio di violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. corrispondenza tra il chiesto e pronunciato in ordine all’omessa pronuncia sulla domanda relativa quanto meno al riconoscimento della somma dovuta in virtù del fissato bollato dal quale risultava che il de cuius aveva versato alla banca la somma in questione. I ricorrenti hanno sostenuto che nella domanda proposta in primo grado, contenente la espressa richiesta di «versare agli attori quanto altro di pertinenza» dei loro defunti genitori, dovesse ritenersi inclusa anche la domanda relativa al capitale inizialmente versato, domanda reiterata in appello. Inoltre, essi hanno aggiunto che la domanda di restituzione del capitale iniziale risulterebbe contenuto anche nella più ampia domanda di pagamento della somma di saldo del conto corrente, non potendosi ritenere che quest’ultima fosse alternativa a quella più modesta riguardante la ripetizione del capitale iniziale. Per il Supremo Collegio, il motivo, sotto il profilo della violazione dell’articolo 112 c.p.c. è fondato. Secondo gli Ermellini, la formulazione della domanda dei ricorrenti contiene come prius logico la domanda di accertamento del residuo attivo dei danti causa dei ricorrenti al momento della loro morte, con riferimento all’acquisto titoli da essi effettuati attraverso l’istituto bancario e ivi depositati o custoditi, e inoltre il riconoscimento della maggior somma ritenuta non dovuta in entrambi i gradi di merito. Obbligo di accertare quanto effettivamente dovuto. Piazza Cavour ha dichiarato che il giudice del merito ha l’obbligo di accertare il quantum effettivamente dovuto anche se non espressamente quantificato nella misura inferiore, senza oltrepassare la determinazione del tetto massimo. I giudici di legittimità hanno considerato del tutto omesso, nella sentenza impugnata, l’accertamento della debenza della somma minore relativa a quanto risultante dal fissato bollato riferito specificamente ai danti causa ricorrenti. Tale accertamento dovrà essere eseguito dal giudice del merito, non potendo il S.C. esaminare il profilo dell’onus probandi prospettato dalla contro ricorrente Banca. Pertanto, il motivo è stato accolto e la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 maggio - 27 settembre 2013, numero 22212 Presidente Carnevale – Relatore Acierno Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Palermo, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da alcuni degli eredi di C S. e G G. , i quali, sulla base di un documento rinvenuto dopo il decesso dei genitori, avevano riscontrato l'acquisto da parte dei danti causa di C.C.T. per 60.000.000 di lire nonché un saldo di conto corrente di L. 1.898.000 di cui chiedevano al Banco di Sicilia la restituzione. A sostegno della decisione assunta la Corte d'Appello di Palermo, dopo aver acquisito documentazione e all'esito dell'espletamento di CTU contabile, aveva affermato L'acquisto titoli per L. 60.000.000 operato da S.C. in data 29/2/1980 era stato depositato in custodia sul conto omissis recante l'intestazione a Clienti per titoli da ricevere ed risultava attestato dal contratto contanti con banche risultante dal fissato bollato numero . All'esito di tale operazione il deposito transitorio di categoria Custodia/Amministrazione numero 4632 740 47 presentava il saldo di L. 1.898.000.000 valore nominale . Tale conto era impersonalmente cointestato a tutti i clienti che acquistavano titoli attraverso il Banco di Sicilia, recando infatti la denominazione Clienti per titoli da ricevere . Il S. vi figurava in quanto acquirente di titoli per L. 60.000.000, come da fissato bollato sopra descritto. L'intestazione sopra indicata era in linea con le istruzioni impartite dall'amministrazione centrale del Banco di Sicilia, secondo cui il riquadro sistemato sotto quello riservato al codice e alla categoria di deposito doveva essere completato con gli estremi dei titolari dello stesso, quando questo fosse plurintestato e il documento dovesse essere inviato ad uno solo di essi, dovendo, in tutti gli altri casi, tale riquadro, essere lasciato in bianco. Il saldo avere pari a L. 1.898.000.000, essendo il conto deposito impersonalmente plurintestato, rappresentava il valore complessivo, in quel momento, delle singole quantità e cioè del valore nominale dei titoli di pertinenza dei vari clienti, accreditati in modo transitorio su tale conto per essere custoditi ed amministrati dal Banco di Sicilia in quanto non ancora consegnati ai titolari per ciascuna quantità Pertanto con i due contratti numero . del 15/7/80 e . del 1981 risultavano operate le effettive operazioni di acquisto titoli, la prima per 20 milioni di lire e la seconda per 40 milioni di lire, con relativo addebito sul conto corrente cointestato ai danti causa dei ricorrenti, mentre nel fissato bollato mod. B.T. 231 b numero . del 29 febbraio 1980 era indicato il valore complessivo in quel momento delle singole quantità dei titoli di pertinenza dei vari clienti accreditati in modo transitorio sul conto deposito impersonale sopra indicato. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione S.M.C. , R S. e M S. , affidandosi a tre motivi. Ha resistito con controricorso il Banco di Sicilia. Entrambe le parti hanno depositato memoria e articolo 378 cod. proc. civ Il primo motivo di ricorso si articola in quattro censure a la violazione dei principi normativi relativi all'interpretazione dei contratti e dell'articolo 1988 cod. civ. promessa di pagamento b la violazione delle norme relative alle funzioni del consulente tecnico d'ufficio ed in particolare dell'articolo 113 cod. proc. civ. c la violazione dei principi sull'onere della prova d il vizio di motivazione. In ordine a tale complessa censura i ricorrenti affermano che il fissato bollato ha valore negoziale di ricognizione di debito e nella specie costituisce un vero e proprio contratto di acquisto titoli, il deposito transitorio di categoria Custodia/Amministrazione numero omissis , il quale presentava il saldo di L. 1.898.000.000 valore nominale ha il valore e l'efficacia di una confessione relativa al debito della banca con i danti causa delle parti ricorrenti essendo specificamente indirizzato a C S. . Peraltro la sentenza impugnata ha violato le norme relative alla natura e funzione della consulenza tecnica affidando illegittimamente al consulente l'accertamento della natura del documento, spogliandosi così del proprio esclusivo compito di provvedere alla qualificazione giuridica dell'atto, con conseguente eliminazione del carico dell'onus probandi che darebbe spettato alla banca. La censura è in parte palesemente infondata in parte inammissibile. In primo luogo deve osservarsi che il documento in questione, come esattamente rilevato dalla Corte d'Appello di Roma, con una valutazione dei fatti incensurabile in sede di giudizio di legittimità ove esaurientemente motivata, costituisce un atto ricognitivo di acquisto titoli da parte della banca nei confronti di tutti i clienti in esso menzionato cui è stato indirizzato. La giurisprudenza di questa Corte ne ha riconoscimento il mero valore di dichiarazione di scienza Cass.1088 del 2000 . In secondo luogo, anche accedendo alla tesi della natura lato sensu negoziale dell'atto stesso, non può non osservarsi che attiene al merito la stretta interpretazione di un atto avente valore di negozio giuridico, quando non si ravvisi la violazione dei criteri ermeneutici codicistici solo genericamente lamentata. Cass.10131 del 2006 7500 del 2007 24539 del 2009 . Deve rilevarsi, al riguardo, che la censura mira a fornire del documento un'interpretazione ed una qualificazione giuridica alternativa a quella indicata dalla Corte d'appello, volendone ricondurre il contenuto nell'ambito della promessa di pagamento al fine di invertire il regime dell'onus probandi a carico della banca. Ma nella sentenza viene esaurientemente disattesa la tesi della natura negoziale del documento anche alla luce delle condivise conclusioni della consulenza tecnica contabile, con ampia ed esauriente motivazione. Inammissibile, pertanto, per superfluità la parte di censura relativa al c.d. vizio di extrapetizione contenuto nei quesiti al ctu, non risultando dall'ampio ed articolato esame delle ragioni delle parti svolto in piena autonomia dalla Corte d'Appello, che la decisione relativa alla qualificazione giuridica dei fissati bollati si sia fondata su un'adesione acritica all'elaborato peritale, né può farsi derivare alcuna invalidità del procedimento e della decisione dal contenuto dei quesiti, rimessi al potere discrezionale del giudice e alle riscontrate esigenze di ricorrere a competenze extragiuridiche per la soluzione della controversia. Deve, infine, osservarsi che la parte di censura relativa al dedotto vizio di motivazione è inammissibile perché priva della sintesi finale richiesta dall'articolo 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile. ex multis Cass. 27680 del 2009 e 24255 del 2011 . Nel secondo motivo viene dedotta la violazione articolo 116 cod. proc. civ. e delle norme relative ai criteri di valutazione delle prove. Rileva il ricorrente che l'istituto bancario non ha esibito tutta la documentazione relativa ai rapporti intercorsi con danti causa dei ricorrenti. Ciò è emerso dalla consulenza contabile d'ufficio in ordine ad un dossier titoli che il Banco di Sicilia avrebbe distrutto, sostenendone l'ultradecennalità. Né il Tribunale né la Corte d'Appello, tuttavia hanno censurato questo comportamento. Deve dichiararsi l'inammissibilità del motivo per difetto di decisività. Tralasciando il profilo della sua corretta qualificazione giuridica nell'alveo del vizio di motivazione ex articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., occorre rilevare che in concreto non è enucleabile dall'esame della censura l'incidenza della documentazione distrutta ai fini della specifica soluzione della controversia, ben potendo il giudice del merito selezionare i mezzi di prova ritenuti rilevati sia in sede di ammissione che di valutazione dandone, come nella specie motivazione adeguata, ex multis Cass. 6288 del 2011 . Nel terzo motivo di ricorso viene dedotta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonché il vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. in ordine all'omessa pronuncia sulla domanda relativa al riconoscimento quanto meno della somma di 60.000.000 di lire dovuti in virtù del fissato bollato del 29/2/1980 dal quale risultava che C S. aveva versato alla banca la somma in questione. I ricorrenti ritengono che nella domanda proposta in primo grado contenente la espressa richiesta di versare agli attori quanto altro di pertinenza dei sigg. S. e G. , dovesse ritenersi inclusa anche la domanda relativa ai 60 milioni, riguardanti il capitale inizialmente versato. Viene precisato al riguardo che anche nell'atto di citazione in appello veniva reiterata la domanda di versare agli attori quanto altro di pertinenza dei signori S.C. e G.G. risulti depositato presso lo stesso o indebitamente pagato . Aggiungono i ricorrenti che comunque la domanda di restituzione del capitale iniziale versato dai danti causa e consistente nei predetti 60.00.000 risultava anche contenuta nella più ampia domanda di pagamento della somma di L. 1.898.000.000, non potendosi ritenere che quest'ultima fosse alternativa a quella più modesta riguardante la ripetizione del capitale iniziale. Il motivo sotto il profilo della violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. è fondato. Deve, preliminarmente, essere osservato che la domanda, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte controricorrente risulta proposta sia nel primo che nel secondo grado di giudizio attraverso la formulazione riportata nel motivo del ricorso. Tale formulazione contiene come prius logico la domanda di accertamento del residuo attivo dei danti causa dei ricorrenti al momento della loro morte, con riferimento all'acquisto titoli da essi effettuati attraverso l'istituto bancario ed ivi depositati o custoditi, ed inoltre il riconoscimento della maggior somma di L. 1.898.000.000 ritenuta non dovuta in entrambi i gradi di merito. Costituisce, pertanto, una conclusione del tutto contraddittoria ritenere che la proposizione della domanda più ampia escluda la domanda inferiore relativa al capitale inizialmente versato per acquisto titoli, una volta che, come nella specie, venga espressa richiesto in via residuale l'accertamento e la liquidazione di quant'altro dovuto in virtù di deposito titoli o perché indebitamente pagato. Il giudice del merito ha l'obbligo di accertare il quantum effettivamente dovuto anche se non espressamente quantificato nella misura inferiore, senza oltrepassare la determinazione del tetto massimo. La giurisprudenza di legittimità ha espressamente affrontato la questione con riferimento ai giudizi in tema di riconoscimento delle mansioni lavorative affermando che non sussiste il vizio di extrapetizione nel riconoscimento della mansione intermedia che si collochi tra quella richiesta e quella attribuita dal datore di lavoro Cass. 15053 del 2007 8862 del 2013 mentre in ordine ai giudizi relativi al pagamento di somme di denaro in particolare riguardanti domande risarcitorie ha tendenzialmente escluso la speculare possibilità di riconoscere un quantum maggiore rispetto al tetto massimo richiesto Cass. 12218 del 2012 riconoscendo, di conseguenza, la legittimità di un accertamento inferiore ancorché non espressamente quantificato o genericamente richiesto con formula residuale. Nella sentenza impugnata è del tutto omesso l'accertamento della debenza della somma minore relativa ai 60.000.000 risultanti dal fissato bollato riferito specificamente ai danti causa dei ricorrenti. mod. B.T.31 b n 0078935 del 29/2/80 . Tale accertamento dovrà essere eseguito dal giudice del merito, non potendo questa Corte esaminare il profilo dell'onus probandi prospettato dalla parte contro ricorrente. All'accoglimento del terzo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione. P.Q.M. La Corte, rigetta i primi due motivi di ricorso. Accoglie il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Palermo in altra composizione.