Non esiste alcun contratto, munito di forma scritta ad substantiam, tra la società proprietaria del bus e il depositario-custode. La palese negligenza è fonte di responsabilità aquiliana inammissibili le deduzioni tardivamente prospettate in sede di legittimità dell’azienda irpina, costretta così a risarcire il danno materiale e quello da lucro cessante n favore dei proprietari dello stabile rovinato dall’incendio.
Questo l’iter ricostruttivo percorso dalla Cassazione Civile nella sentenza numero 12788/12, con deposito del 23 luglio. Strutture arse. Una società conveniva dinnanzi al Tribunale di Avellino la Gestione regionale dei trasporti Irpini e un uomo, autista dell’autobus depositato nel capannone della Gestione, da cui assumeva essere innescato un incendio devastante. Il giudice di prime cure condannava in solido l’azienda di trasporti e il conducente al risarcimento dei danni e aggiungeva la liquidazione della voce del lucro cessante, causa mancato utilizzo del capannone. La Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’appello dell’uomo, escludendo la responsabilità in ordine all’incendio d’altro canto confermava il risarcimento – pur ridotto quantitativamente – causa responsabilità aquiliana in capo agli Autoservizi Irpini. Il ricorso in Cassazione inammissibile. La s.p.a., già conferitaria del complesso aziendale della cessata Gestione Commissariale regionale, pur sottraendosi al regime dei quesiti non sfugge alle regole che ne disciplinano il contenuto. La prima doglianza, dedotta come pregiudiziale, attiene all’esistenza di un contratto valido tra le parti concluso iure privatorum , a forma libera, definito di deposito e custodia, con obblighi di rimessaggio e di lavaggio dei pullmanumero Come rilevato dalla Corte territoriale, il rapporto era intercorso tra una parte pubblica e una privata, senza provvedere con forma scritta ad substantiam al tempo del misfatto era dunque palese e incontestata la titolarità del mezzo in capo alla Gestione trasporti. Siamo di fronte, quindi, a responsabilità aquiliana del proprietario dovuta a chiara negligenza in ordine a un corto circuito elettrico scoccato per difettoso isolamento e causa dell’incendio poi propagatosi. E a nulla serve, in sede di legittimità, proporre l’esistenza di una diversa fattispecie contrattuale prima non provata. La proprietaria del capannone doveva attivarsi per ridurre il danno? Nel secondo motivo, la ricorrente conclude che il diritto risarcitorio sarebbe stato da escludersi stante il mancato adempimento del dovere di attivarsi per ridurre o elidere le conseguenza nefaste il creditore, in sunto, avrebbe potuto evitare i danni con la dovuta diligenza. La Suprema Corte non dà credito alla prospettazione della ricorrente, attenendosi a quanto statuito dal giudice di seconde cure la parte ricorrente ha solo dedotto ma non provato l’inerzia del danneggiato, né ha imputato il propagarsi delle fiamme all’evetuale assenza di apparecchiature di sicurezza.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 aprile – 23 luglio 2012, numero 12788 Presidente Trifone – Relatore Petti Svolgimento del processo 1. Con citazione del 26 ottobre 1990 la società Eredi Urciolo Giuseppe s.a.s. conveniva dinanzi al Tribunale di Avellino la Gestione regionale trasporti irpini-breviter RGTI e D.N.G. , autista dell'autobus depositato nel capannone della Gestione, da cui assumeva essere innescato il devastante incendio che aveva danneggiato il capannone, le strutture ed i mezzi il 20 ottobre 1998. Restava contumace il conducente, resisteva la RGTI e contestava il fondamento della domanda, deducendo la esistenza di un contratto di deposito con la società attrice, con prestazioni di lavaggio e rimessaggio, e che lo incendio non derivava dal proprio mezzo ma era imputabile alla stessa attrice. 2. La lite era istruita con prove documentali ed orali e con CTU di ufficio, con deposito di CT del PM nel processo penale contro il D.N. , concluso con la sua assoluzione con la formula il fatto non sussiste . 3. Il Tribunale di Avellino, sezione stralcio, con sentenza del 6 giugno 2002 condannava in solido la società Gestione e l'autista al risarcimento dei danni ed aggiungeva la liquidazione della voce di danno da lucro cessante per il mancato utilizzo del capannone. 4. Contro la decisione proponeva appello la Società Autoservizi Irpini spa, avente causa dalla RGTI, deducendo cinque motivi di censura sia per l'an che per la quantificazione dei danni anche il D.N. proponeva appello incidentale per la riforma della sentenza resisteva la controparte danneggiata e chiedeva il rigetto dei gravami. 5. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 16 febbraio 2010,per quanto qui interessa ha accolto lo appello incidentale del D.N. , escludendolo dalla responsabilità in ordine all'incendio ha confermato invece la condanna della società proprietaria del mezzo, sulla base di responsabilità aquiliana ha tuttavia ridotto, in accoglimento sul punto dello appello principale, la condanna per il lucro cessante, liquidato in via equitativa ed ha quindi regolato le spese processuali come in dispositivo. 6. Contro la decisione ricorre Autoservizi Irpini deducendo tre motivi cumulativi di varie censure illustrate da memoria resiste la controparte con controricorso e ricorso incidentale condizionato. Motivi della decisione 7. Il ricorso, ratione temporis, si sottrae al regime dei quesiti, e riprende la disciplina ordinaria in tema di specificità, autosufficienza, autonomia e chiarezza espositiva delle censure. Tanto premesso i motivi dedotti non risultano meritevoli di accoglimento. Per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi espositiva ed a seguire la confutazione in diritto. 7.1. SINTESI DEI MOTIVI. Nel primo motivo si deduce Motivazione carente 360 numero 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme articolo 112 e 116 c.p.c., articolo 1322, 1326, 1325, 1350, 2724, 2725 c.c., articolo 16 e 17 RD 1923 numero 2440 articolo 23 DL 2 marzo 1989 numero 66 convertito in legge 1989 numero 144 articolo 25 DLgslativo 25 febbraio 1995 numero 77 articolo 191 comma 4 del Dlgv 18 agosto 2000 numero 267 il tutto come error in iudicando ai sensi dello articolo 360 numero 3 c.p.c La complessa riassuntiva titolazione pone come premessa di censura il punto della decisione della Corte di appello che esclude la esistenza di un rapporto, nella forma scritta ad substanziam, di deposito e pulizia degli autobus, di guisa che competeva al depositario custode la predisposizione di misure di sicurezza e la corretta pulizia degli autobus, e quindi sviluppa punti di censura indicati con le lettere 1,1 - in relazione alla omessa pronuncia sulla natura giuridica del rapporto intercorso tra le parti lettera 1,1.1. in relazione alla motivazione carente sul punto di validità del rapporto, lettera 1,1,2 in relazione al requisito della forma scritta ad substantiam essendo insufficiente a mera indicazione dei precedenti giurisprudenziali, di cui comunque si propone una revisione a ff 17 e ss lettera 1,1,4 dove si illustra come omessa pronuncia la motivazione della Corte di appello che ignora le prove non scritte che attestano la esistenza di un rapporto di deposito e custodia lettera 1,2 che contiene una censura subordinata dove invece si citano le norme che il giudice di appello avrebbe invece dovuto considerare, come requisiti di forma e si denuncia la motivazione carente sul punto. Lettera 1.2.2. dove si sostiene la tesi che la sanzione della nullità non prevista nei contratti di somministrazione Lettera 1.3 che denuncia 1.3.1.error in iudicando e vizio della motivazione, sostenendosi che il dedotto rapporto di deposito e rimessaggio giova alla ricostruzione del fatto storico e della circostanza che gli autobus erano ospitati nel capannone per attività di lavaggio e di rimessaggio e si deduce omessa pronuncia su tale punto 1.3.2.omessa pronuncia su questione decisiva nel punto in cui la Corte di appello si discosta dalla pronuncia del primo giudice nella valutazione delle risultanze istruttorie che evidenziavano la esistenza del rapporto di deposito lettera 1.3.3 dove si deduce come error in iudicando, sempre in ordine alla dimostrazione della esistenza del rapporto di custodia e rimessaggio degli autobus. NEL SECONDO MOTIVO si deduce Motivazione carente, illogica, perplessa, contraddittoria con violazione delle norme di cui agli articolo 112 e 116 c.p.c. articolo 1227 e 1175 c.c. per la liquidazione del danno in relazione al mancato utilizzo del capannone utilizzando le risultanze della CTU. Al termine di articolata disamina si conclude negando il diritto al risarcimento in quanto il creditore avrebbe potuto evitare il protrarsi del danno usando la ordinaria diligenza. NEL TERZO MOTIVO si deduce Motivazione carente, illogica, perplessa, contraddittoria ed error in iudicando per la violazione degli articolo 112, 116 c.p.c. articolo 1227, 1175 cc Sempre in punto di liquidazione del danno da lucro cessante, sostenendosi non dovuta a rivalutazione, posto che il danno ha natura permanente, e rilevandosi che anche il calcolo degli interessi compensativi andava calcolato sulle quote di danno man mano maturate. LA MEMORIA illustra ulteriormente le censure riassunte. 8.CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Il ricorso principale, di Autoservizi Irpini s.p.a, già conferitaria del complesso aziendale della cessata Gestione Commissariale Regionale Gestione regionale trasporti Irpini, pur sottraendosi al regime dei quesiti non sfugge alle regole che ne regolano il contenuto ai sensi dello articolo 366 c.p.c. né alle regole di autonomia, completezza e decisività delle censure in relazione al decisum. Nel PRIMO motivo, che si è riprodotto nella sua complessità, la questione che il ricorrente deduce come pregiudiziale attiene alla esistenza di un contratto valido tra le parti,concluso iure privatorum, a forma libera, che viene definito come contratto di deposito e custodia con obblighi di rimessaggio e di lavaggio degli autobus e di misure di sicurezza, facenti capo alla GTI. La Corte di appello sul punto, esaminando il primo motivo di gravame, ora maggiormente articolato come motivo di ricorso, ha ribadito che il rapporto era intercorso tra una parte pubblica, come risulta dalla stessa intestazione della parte ricorrente che conferisce la procura speciale a ricorrere,e la parte privata, senza provvedere con la forma scritta ad substantiam, e per conseguenza, al tempo del verificarsi del fatto dannoso, lo incendio, essendo incontestata la titolarità in capo alla Gestione trasporti dell'autobus dal quale ebbe origine l'incendio, era mancata la prova di un eventuale trasferimento della custodia del bene, con i relativi obblighi di vigilanza a carico della società Eredi Urciolo, alla quale la ricorrente assume ancor oggi che venissero affidati in deposito gli autobus con obbligo di ricovero notturno, manutenzione e pulizia. LA NATURA della responsabilità attribuita alla Gestione non è dunque a titolo contrattuale, ma è responsabilità aquiliana del proprietario in ordine ad un corto circuito elettrico scoccato per difettoso isolamento e causa dello incendio poi propagatosi in modo devastante all'interno del capannone. Si tratta di una responsabilità da negligenza in relazione alla mancata manutenzione della rete elettrica dell'autobus, come già evidenziato nella perizia svolta in sede penale, con deduzioni condivise dal giudice dello appello. Questa chiara ratio legis, diffusamente argomentata dalla Corte di appello ai ff.8 a 11 della motivazione, non risulta censurata nel corso di tutto il primo motivo, che invece propone una diversa fattispecie contrattuale, non provata nel suo contenuto, prima ancora che nella sua forma sostanziale, secondo le regole vigenti per la forma dei contratti pubblici. Il motivo del ricorso risulta dunque inammissibile per la mancanza del requisito della chiara ancorché sommaria esposizione dei fatti di causa di cui allo articolo 366 numero 3 del codice di procedura civile, posto che il cumulo dei sottomotivi appare strumentale ad una rappresentazione non decisiva in relazione alla ricostruzione del fatto proposta correttamente in termini di responsabilità aquiliana. Vedi tra le tante Cass SU 9 settembre 2010 numero 19255 e la recente SU 11 aprile 2012 n 5698. La mancata impugnazione della ratio decidendi sulla fattispecie ritenuta da sussumere sotto la figura dello illecito per il neminem laedere, costituisce cosa giudicata tra le parti, e rende la censura priva di decisività. NON sussiste dunque alcuna violazione delle norme sostanziali che si assumono violate nelle varie articolazioni della censura e la motivazione si articola sulla base della ricostruzione del fatto dannoso e della sua imputazione soggettiva da colpa aquiliana del proprietario del mezzo che ha innescato lo incendio nel capannone. Nel secondo motivo, da pag 32 a pag 55 del ricorso,si articola con varia argomentazione,la tesi indicata conclusivamente come segue che occorre escludere il diritto risarcitorio in capo alla proprietaria del capannone, stante il mancato adempimento del dovere di attivarsi per ridurne od eliderne le conseguenze dannose, sia ai sensi dello articolo 1227 secondo comma c.c. disponente che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando la dovuta diligenza. Ma sul punto la Corte di appello ha accolto le censure della ricorrente riducendo l'importo dei danni e procedendo ad una liquidazione equitativa in Euro sessantamila con riferimento ai valori monetari dell'epoca. La parte ricorrente a sua volta ha solo dedotto ma non provato la inerzia della parte gravemente danneggiata, che doveva reperire ingenti risorse per la ricostruzione del demolito, e neppure ha provato che l’incendio era sfuggito al controllo per la mancanza di apparecchiature di sicurezza, essendo risultato, in sede di perizia e CTU che il capannone era dotato dei prescritti dispositivi antincendio. IL MOTIVO RISULTA pertanto manifestamente infondato. INAMMISSIBILE ai sensi dell'articolo 366 nn 3 e 4 del codice di procedura civile oltre che infondato è il motivo che censura la liquidazione del lucro cessante come debito di valore, in relazione alla concessa rivalutazione ed agli interessi compensativi la fattispecie accertata è per illecito ed il danno da illecito, ancorché con effetti permanenti, è per consolidata giurisprudenza debito di valore con rivalutazione ed interessi compensativi. Vedi articolo 2056 c.c. e le norme di rinvio e da ultimo le puntualizzazioni in Cass SU 5 aprile 2007 numero 5820. RESTA assorbito il ricorso incidentale condizionato. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. DECIDENDO SUI RICORSI RIUNITI rigetta il ricorso principale assorbito quello incidentale e condanna Autoservizi Irpini AIR spa alle spese del giudizio di cassazione in favore di Eredi Urciolo Giuseppe s.a.s. che liquida in Euro 7200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.