Ai fini della distinzione tra concussione per costrizione e concussione per induzione non rileva la diversa intensità della pressione psicologica sul soggetto passivo del reato rileva il contenuto intrinseco di quanto si prospetta al medesimo soggetto passivo che non assecondi la volontà del pubblico agente.
In particolare deve considerarsi costrittiva la condotta del Pubblico Ufficiale connotata dalla prospettazione di un’ingiustizia oggettiva, di un danno ingiustificato, dovendosi, al contrario, sussumere sotto la fattispecie di concussione per induzione la prefigurazione di un male solo soggettivamente percepito come tale. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 29338 del 9 luglio 2013. Il caso. La Corte d’Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari riteneva il capo dell’ufficio tecnico di un comune della provincia di Olbia-Tempio colpevole del reato di concussione, avendo lo stesso rilasciato una concessione edilizia subordinando tale rilascio alla stipula di un contratto d’appalto tra il richiedente la concessione e un imprenditore contratto con il quale a quest’ultimo veniva affidata la costruzione dei fabbricati individuati nel provvedimento concessorio. L’imputato proponeva due distinti ricorsi in Cassazione, entrambi focalizzati sull’erronea applicazione dell’art. 317 c.p. in relazione agli artt. 187, 192, 526 e 546 c.p.p., con conseguente manifesta illogicità della motivazione art. 606, comma 1, lett. b , c , e c.p.p. . In particolare la difesa censurava l’operato dei giudici di secondo grado, i quali non avrebbero tenuto in debito conto le prospettazioni contenute negli atti d’appello riguardanti una serie di circostanze che avrebbero dimostrato l’estraneità del dirigente comunale alle accuse rivoltegli. Tali circostanze attenevano alla legittimità della condotta dell’imputato il quale aveva subordinato il rilascio della concessione edilizia alla sola regolarità della stessa , alla contraddittorietà delle dichiarazioni testimoniali soprattutto di quelle della persona offesa e del direttore dei lavori di quest’ultima e al presunto intento vendicativo del denunciante, derivante dalle difficoltà nel rilascio del provvedimento causate dalla scrupolosità del Pubblico Ufficiale. In aggiunta a tali motivi di ricorso, la difesa eccepiva, con distinte memorie successivamente depositate, l’avvenuta prescrizione del delitto ascritto all’imputato da qualificarsi quale concussione per induzione a seguito della modifica legislativa operata dalla L. n. 190/2012, con cui era stata ridotta la pena per il reato in questione nuovo art. 319 quater c.p. . La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Repetita iuvant la Cassazione non è giudice del fatto. Il Supremo collegio non condivide gli assunti della difesa dell’imputato. In particolare, la Sesta sezione penale si sofferma sulla genericità dei motivi di ricorso e sulla circostanza per cui le doglianze difensive sostanzialmente finiscono per richiedere alla Corte una nuova valutazione di fatto, valutazione che è ad essa preclusa. I giudici di legittimità non ravvisano alcuna manifesta illogicità della motivazione della sentenza della Corte d’Appello, la quale ha puntualmente risposto alle sollecitazioni difensive, ritenendo che il nucleo della fattispecie delittuosa fosse costituito dal ritardato rilascio della concessione edilizia, la quale veniva accordata alla persona offesa nonostante la regolarità della richiesta e il positivo riscontro ad alcuni rilievi tecnici solo a seguito della stipula, da parte di questa, di un contratto d’appalto in favore di un imprenditore vicino al dirigente comunale contratto peraltro caratterizzato dall’anomala previsione di una caparra in favore dell’appaltatore . Perché la Suprema Corte avesse potuto pronunciarsi era necessario che i giudici di secondo grado fossero caduti nel c.d. travisamento della prova, cioè in quel vizio per cui o viene del tutto omessa la valutazione di un elemento di prova o vengono utilizzate risultanze istruttorie inesistenti, sempre che detto travisamento si connoti per la sua decisività ai fini del giudizio di colpevolezza o innocenza dell’imputato. Una simile evenienza non si è verificata, non essendo stato, anzi, possibile per il Supremo Collegio operare tale verifica, in ragione del frazionamento e della parzialità della proposizione degli atti dei giudizi di merito da parte della difesa. Conta il cosa , non il come . Di tutt’altra rilevanza la Corte riveste la questione della qualificazione giuridica del fatto, con le sue implicazioni in relazione allo spirare del termine di prescrizione. Ritenere che la fattispecie delittuosa sia ascrivibile al reato di concussione per induzione invece che a quello di concussione per costrizione significherebbe, infatti, prosciogliere l’imputato, dato che, in questo caso, il reato sarebbe estinto. In ragione di ciò il Supremo collegio delinea, in primis , l’importanza di una simile questione, soprattutto dopo l’intervento della L. n. 190/2012, la quale ha separato in due fattispecie di reato nuovi artt. 317 e 319 quater c.p. le condotte fino ad allora racchiuse nell’unica figura delittuosa di cui al vecchio art. 317 c.p In secondo luogo, la Sesta sezione penale esplicita gli elementi di discrimine tra le due species di concussione. In particolare, viene posto in evidenza un elemento importante la differenza tra costrizione ed induzione non risiede nella mera diversa intensità dell’impatto psicologico sul soggetto passivo, impatto che si caratterizza per essere un elemento eccessivamente soggettivo. Al contrario, ciò che rileva ai fini della distinzione de qua è il contenuto del male prospettato al soggetto passivo del reato. Questi, cioè, perché si possa ritenere configurato il reato di concussione per costrizione, deve trovarsi di fronte ad un’eventualità che possa cagionargli un danno oggettivamente ingiusto, un male comunque non dovuto. Qualora, invece, nel disegno delineato dal soggetto agente il male prospettato si atteggi quale conseguenza soggettivamente negativa, ma oggettivamente neutra quale per esempio può essere un effetto di legge strumentalmente evidenziato dal concussore , della mancata soddisfazione delle richieste del Pubblico Ufficiale, il delitto configurabile non potrà che essere quello attualmente previsto dall’art. 319 quater c.p. con il relativo, e più mite, trattamento sanzionatorio . Nella vicenda oggetto di analisi il danno causato alla persona offesa è, secondo la Corte, oggettivamente ingiusto, essendo stata questa costretta, per ottenere una concessione a lei legittimamente spettante, a stipulare un contratto con un soggetto da lei non scelto, ma impostole, e a condizioni perlomeno anomale in particolare per ciò che riguarda la su menzionata caparra . Ne deriva, secondo il Supremo Collegio, che il delitto non deve ritenersi affatto estinto per prescrizione, essendo la condotta dell’imputato sussumibile sotto la fattispecie sopravvissuta alla modifica dell’art. 317 c.p., cioè quella di concussione per costrizione.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 maggio - 9 luglio 2013, n. 29338 Presidente Agrò Relatore Citterio Considerato in fatto 1. La Corte d'appello di Cagliari Sez. dist. di Sassari, definendo un processo a carico di più imputati e per più imputazioni, con sentenza dell'11.3 - 18.7.2011 ha confermato la condanna di P.M. , capo dell'ufficio tecnico del Comune di Trinità d'Agultu, deliberata il 29,1.2009 dal Tribunale di Tempio Pausania per il delitto di concussione in danno di M M. , legale rappresentante della SIMOR SRL Secondo l'imputazione, P. aveva indotto il M. , la cui società era titolare del lotto di terreno edificabile D1, in località omissis , ad affidare all'impresa locale Gi Pi. il contratto di appalto per la realizzazione di sei unità abitative di tipo turistico - residenziale, alla stipula di tale appalto condizionando il rilascio della concessione edilizia fatto del 12.10.1998 . 2. Due i ricorsi proposti nell'interesse dell'imputato, dai difensori. 2.1 Il primo atto di ricorso enuncia unico articolato motivo di violazione / erronea applicazione dell'art. 317 c.p. in relazione agli artt. 187 e 192 c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 606.1 lettere B ed E c.p.p Il ricorrente censura la ricostruzione della vicenda operata dalla Corte distrettuale, che non avrebbe tenuto conto della regolarità della pratica edilizia e delle ragioni oggettive del suo protrarsi per irregolarità da rimuovere, né delle dichiarazioni e del ruolo del direttore dei lavori della parte civile, Ma. e dell'imprenditore Pi. , valorizzando in modo contrario alla documentazione in atti le sole parole di M. , del tutto interessato all'evoluzione dei fatti e con ragioni di rancore verso il P. per il ridimensionamento del progetto originario e smentito anche dal M. sui punti dell'essere stato il progetto approvato e dell'essere la pratica completa prima dell'estate '98. Nessun ritardo vi sarebbe stato nel rilascio della concessione, avvenuta invece lo stesso giorno dell'indispensabile versamento degli oneri concessori. Il ricorrente svolge poi censure relative alla diversa pratica edilizia afferente il lotto E.21. 2.2 Il secondo atto di ricorso enuncia unico articolato motivo di violazione/erronea applicazione dell'art. 317 cp in relazione agli artt. 187, 192, 526 e 546 c.p.p., mancanza o contraddittorietà o illogicità manifesta e testuale o per atti specificamente indicati in relazione all'art. 606.1 lettere B, C ed E c.p.p Alle pagg. da 3 a 10 sono riportati i motivi d'appello. Da p. 11 sono svolte una serie di censure a singole affermazioni della sentenza d'appello che tratta la posizione di P. in relazione al capo B dalla p. 22 alla pagina 39 , in particolare sui punti dell'originario dolersi di M. con i carabinieri fin dal 1999, dell'incontro informale tra lui e P. , del non aver visto P. il contratto di appalto tra M. e Pi. , delle spiegazioni della sentenza alle reticenze e contraddizioni della persona offesa, alla stessa terminologia usata in sentenza per descrivere le azioni d'ufficio di P. nell'iter della concessione, alle ragioni dell'attribuzione dell'appalto a Pi. e alla loro ricostruzione testimoniale. Da tali censure argomenta che la sentenza d'appello avrebbe su tali aspetti o non risposto ai rilievi dell'impugnazione precedente o risposto distorcendo o ignorando i dati probatori. Alle p. da 18 a 20 il ricorrente svolge deduzioni che paiono ricondursi alla non configurabilità del delitto di concussione nel caso concreto, perché, tra l'altro il potere pubblico sarebbe stato sempre esercitato legittimamente dall'imputato, tra la stipulazione del contratto e la concessione edilizia non ci sarebbe connessione ma sola contiguità temporale, non sarebbe stato accertato se tale stipulazione costituisse promessa o dazione. Ragioni della decisione 3. Entrambi gli atti di ricorso propongono motivi in parte diversi da quelli consentiti, in parte generici. Infatti, le pur certamente articolate deduzioni innanzitutto si risolvono nella sollecitazione ad una rivalutazione del materiale probatorio e in censure di merito, con continui richiami agli atti che tuttavia, oltretutto quando proposti in modo frazionato e parziale si da neppure poter essere posti a base di una verifica per un preteso travisamento della prova, non possono essere conosciuti da questa Corte di legittimità in secondo luogo presentano aspetti di genericità laddove non vi è il pieno confronto con le argomentazioni essenziali della Corte d'appello che, in realtà, si è ripetutamente ed efficacemente confrontata con gli aspetti salienti delle frazionate censure d'appello, fornendo risposte specifiche e complessive a loro volta articolate, manifestazione di consapevole rivisitazione del merito proprio in relazione alle plurime censure difensive. Del resto, è proprio l'onnicomprensiva ed alternativa enunciazione iniziale dei motivi che finisce con il preannunciare il carattere di fatto delle censure poi svolte Sez.6, sentenze 800/2012 e 32227/2010 . La Corte d'appello, in particolare, dando appunto conto del permanente confronto con entrambi gli atti di appello propostile, ha argomentato sulla natura testimoniale delle dichiarazioni di M. , sull'anomalia degli incontri nell'automobile, sulle peculiarità che presentava il lotto D1 per la presenza di emergenze rocciose, sul l'irrilevanza dell'assenza di problemi tra M. e P. per la pregressa e poi parallela vicenda del lotto E 21, sulle incertezze nella narrazione della persona offesa e sulla sua specifica attendibilità, sul contenuto della deposizione di Ma. in relazione alle irregolarità, sul rilievo da dare alle dichiarazioni di Pi. , sull'anomalia nel contratto di appalto con Pi. di una caparra a beneficio dell'imprenditore e sul suo significato di prova della consapevolezza del M. che proprio tale contratto gli avrebbe con certezza fatto ottenere il rilascio della concessione non essendovi più questioni tecniche aperte, sull'assenza di contraddizioni insuperabili tra la descrizione della persona offesa e le deduzioni difensive dell'imputato in ordine alle caratteristiche dei problemi che la concessione aveva comportato p. 29 e 30 ed al loro fisiologico superamento con l'adeguamento dell'imprenditore in assenza del quale la concessione sarebbe stata rilasciata da P. illegittimamente , sul ruolo determinante di P. nella gestione della vicenda con la subordinazione del formale rilascio della concessione alla stipulazione del contratto di appalto con chi da lui indicato a M. , sul rapporto di dipendenza tra concessione e contratto di appalto a Pi. , sulle peculiarità del comportamento di P. quale si evinceva anche dai fatti di reato per i quali era intervenuta prescrizione per sé incompatibili con la figura di funzionario severo e integerrimo attento al solo interesse pubblico e per ciò destinatario di accuse rancorose o calunniose, prospettata dalle difese , sull'irrilevanza della mancanza di un approfittamento pecuniario diretto di P. , sull'irriducibile impossibilità di ricondurre l'azione di P. in favore di Pi. a filantropia, sulla genericità di alcune deduzioni di contrasto e contraddizioni tra M. e Ma. p. 35 e sul ruolo meramente tecnico di quest'ultimo estraneo alle trattative concretamente svolte con P. , sull'irrilevanza dell'intervento di P. per impedire in corso d'opera successivo la costruzione del sesto immobile previsto in ragione della peculiare struttura morfologica del terreno accertata solo dopo l'inizio dei lavori, sull'essenzialità ai fini della ricostruzione del fatto in termini coerenti alle dichiarazioni di M. e sulla configurabilità del reato del dato oggettivo che la concessione era stata materialmente rilasciata solo dopo il contratto e la caparra con Pi. . In definitiva, la Corte d'appello indicava come essenza della concussione il fatto che, dopo che le pur legittime richieste tecniche del P. erano state soddisfatte che altrimenti la concessione sarebbe stata illegittima la concessione non veniva rilasciata e materialmente consegnata, cosa che era avvenuta in concreto solo dopo la stipula del contratto di appalto con Pi. con quella anomala caparra, precedente la concessione e giustificata dai Giudici d'appello appunto con la consapevolezza che con quella condotta sarebbe prontamente arrivata formalmente la concessione in un contesto, oltretutto, dove non vi era alcuna ragione, in fatto o anche di solo ordine logico, che spiegasse l'alternativa di un M. che sceglie liberamente il Pi. poi si pente ed allora accusa P. . Vi è stata pertanto, all'evidenza, una rivisitazione ampia, articolata, attenta al nucleo delle deduzioni d'appello, che si è risolta in un nuovo apprezzamento di merito conforme a quello del primo Giudice sorretto da motivazione tutt'altro che apparente ed immune da specifici e determinanti vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà. 4. L'intervenuta modifica del quadro normativo, con la legge 190/2012, ha posto nel processo il tema della qualificazione giuridica del reato per cui si procede, la cui soluzione è tra l'altro specificamente rilevante perché, ove dovesse trovare applicazione l'art. 319 quater c.p., il delitto sarebbe prescritto, prescrivendosi altrimenti ferma la qualificazione ex art. 317 c.p. nel prossimo mese di ottobre. Sul punto, la difesa dell'imputato ha ampiamente ed esaurientemente interloquito, in esito a due rinvii di udienza specificamente volti a sollecitare tale interlocuzione, con memorie e note pervenute il 7 ed il 21.5.13. 4.1 Occorre muovere da due rilievi. 4.1.1 L'esame del punto dell'odierna corretta qualificazione giuridica del reato ascritto all'imputato si ancora alla ricostruzione del fatto come concretamente ricostruito, con conforme duplice apprezzamento, dai Giudici del merito ed ormai non più in discussione stante la commentata inammissibilità dei motivi originari dei due ricorsi . A p. 37 della sentenza d'appello tale apprezzamento è sintetizzato con chiarezza Ciò che costituisce l'essenza della concussione è che, dopo che le pur legittime richieste di P. erano state soddisfatte, la concessione non veniva rilasciata, e neppure materialmente consegnata, il che avvenne solo dopo che l'appalto dei lavori fu affidato al Pi. . In precedenza p.5 s. la sentenza d'appello aveva richiamato l'apprezzamento del Tribunale che poi confermerà in questi termini il P. aveva prospettato al M. che era necessario dare il lavoro in appalto al Pi. onde evitare il danno del mancato rilascio della concessione edilizia. Certo che l'intimidazione del P. si fosse tradotta in una pressione psichica sul M., che aveva concluso il contratto di appalto con il Pi/eri, solo per avere il rilascio della concessione edilizia . Come evidenziato dai Giudici del merito, siamo pertanto di fronte ad una concessione legittima quindi senza alcun carattere di illiceità o illegittimità che possa attribuire al cittadino un vantaggio anche solo parziale o minimale improprio nell'averla disponibile e ad un appalto caratterizzato anche dall'anomala, per il momento in cui intervenne, caparra. La struttura astratta del rapporto tra il pubblico ufficiale e il privato, che deve trovare pertanto applicazione nella fattispecie concreta, è quella del cittadino che si è posto nelle condizioni di ottenere un provvedimento amministrativo, per lui con implicazioni di rilevante interesse economico, la cui concreta attuazione viene tuttavia negata indebitamente, con abuso di qualità o poteri, ove non provveda a dare utilità non dovuta a terzo indicato dal pubblico ufficiale, con la prospettazione pertanto di un danno ingiusto che può essere evitato solo ottemperando all'intimidazione del pubblico ufficiale. 4.1.2 L'originario testo dell'art. 317 c.p., vigente al momento della consumazione del reato, incriminava le condotte di costrizione e di induzione caratterizzate, appunto, dal carattere indebito della richiesta e dall'afferire questa ad abuso di qualità o potere del pubblico ufficiale . Con la legge 190/2012 le due condotte trovano invece collocazione in due distinti reati, caratterizzati tuttavia dall'uso delle medesime parole per descrivere gli elementi costitutivi, rispetto a quelle indicate dalla lettera del testo precedente, quanto alla condotta del pubblico ufficiale. Va quindi comunque escluso che, quale che sia l'indicazione del contenuto da attribuire alle condotte di costrizione e di induzione , dopo la loro separazione in due norme vi sia spazio teorico per sostenere, per il pubblico ufficiale, la sopravvenuta irrilevanza penale di condotte che, prima, sarebbero state certamente sussumibili nell'originario art. 317 c.p. Sez. 6, sent. 21701/2013 . Infatti, l'enucleazione degli elementi distintivi tra le odierne due fattispecie costituisce operazione puramente ermeneutica, intesa a definire la demarcazione interna tra le due condotte entrambe sanzionate penalmente prima e dopo la legge 190/2012, senza alcun problema di possibile vuoto sanzionatorio. 4.1.3 La collocazione nella medesima fattispecie incriminatrice e il medesimo trattamento sanzionatorio, nel previgente art. 317 c.p., ha condotto in passato ad apprezzare le condotte di costrizione e di induzione in modo sostanzialmente indifferenziato tra loro, tant'è che le contestazioni, le descrizioni e le argomentazioni scivolavano facilmente dall'una all'altra locuzione, in particolare nell'attribuzione di rilievo al dato della diversa intensità della pressione per sé di sfuggente oggettivazione . L'attuale separazione in due distinti reati e il trattamento sanzionatorio sensibilmente diverso, anche tenuto conto dell'importante novità della punibilità autonoma del soggetto indotto, introdotta dalla legge 190/2012 nell'art. 319 quater c.p.p., impone di delinearne con precisione la differenza sostanziale. Proprio il trattamento sanzionatorio indica necessariamente per sfuggire ogni possibile censura di manifesta irrazionalità nel diverso tasso di gravità delle due condotte l'essenziale elemento di discrimine. Elemento che deve essere altrettanto necessariamente suscettibile di una individuazione, o ricostruzione, in termini oggettivi lo impone il principio anche costituzionale di tassatività delle fattispecie incriminatrici, che risulterebbe inaccettabilmente compromesso da un approccio indefinito, pressoché impalpabile e pertanto di sostanziale mera discrezionalità. Questa è la ragione essenziale per cui la mera diversa intensità della pressione. psicologica sul soggetto passivo non può assurgere ad elemento discriminante, proprio perché strutturalmente , intrinsecamente inidonea ciò che rileva non è il modo, ma il contenuto intrinseco di quanto si prospetta al soggetto passivo che non assecondi la volontà del pubblico agente. È utile in proposito richiamare questo passaggio di una recente sentenza della seconda sezione penale di questa Corte suprema La giurisprudenza di questa Corte è ormai da tempo consolidata nell'affermare che nella nozione di minaccia rientra qualsiasi comportamento od atteggiamento intimidatorio dell'agente, che sia idoneo ad eliminare o ridurre sensibilmente nel soggetto passivo la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà indipendente. Pertanto, non occorre neppure una minaccia verbale od esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento o atteggiamento, tanto verso il soggetto passivo quanto verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, onde ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualche cosa Sez.2, sent. 39756/2011 . Assume invece tale sufficiente e chiara efficacia discriminante con risultato pienamente congruo sia alla ratio della distinzione per oggettiva e riconoscibile diversa gravità sia alle esigenze costituzionali sottese al principio di tassatività delle fattispecie incriminatrici che, infine, a quelle internazionali che hanno sollecitato un intervento legislativo che impedisse l'immunità del cittadino per vantaggi personali connessi a illeciti comportamenti pubblici il tipo di male prospettato dal pubblico ufficiale al cittadino. Tale male può essere caratterizzato da una ingiustizia oggettiva è il caso del male comunque non dovuto, del danno ingiustificato ovvero può essere caratterizzato da una ingiustizia solo percepita soggettivamente è il caso delle conseguenze negative tuttavia conformi a previsioni di legge, che vangano prospettate strumentalmente e con abuso della posizione dominante. Mentre nel primo caso la prospettazione che è minaccia la cui intensità diviene irrilevante del danno oggettivo e ingiusto/ingiustificato mette sostanzialmente la vittima con le spalle al muro , integrando pertanto un abuso costrittivo, nel secondo la non oggettiva ingiustizia del danno e, conseguentemente, la partecipazione del destinatario della sollecitazione pure particolarmente invasiva ad un vantaggio personale pur nella sperequazione del rapporto, altrimenti di tipo corruttivo , lascia al destinatario spazi di autonoma possibilità di determinazione orientati anche da una valutazione del rapporto costo/beneficio personale. Rapporto che, per l'assoluta ingiustizia del danno, è insussistente nel primo caso, nel quale il concusso non ha alcuna ragione di dare o promettere alcunché al pubblico ufficiale, o ad altri da lui indicato, che non sia la costrizione di quello nei suoi confronti. 4.2 Risulta allora evidente la configurabilità nella fattispecie della concussione per costrizione, perché la concessione - legittima - avrebbe dovuto essere rilasciata e consegnata nei contesti formali consueti e fisiologici, mentre la subordinazione di tale rilascio/consegna alla stipula e con caparra di un contratto di appalto per l'esecuzione dei lavori oggetto della concessione con un soggetto non scelto dal committente ma imposto dal pubblico ufficiale ed alle condizioni economiche poste dall'appaltatore ha costituito all'evidenza la prospettazione di un oggettivo danno ingiusto, idoneo a condizionare la vittima, come effettivamente giudicato da entrambi i Giudici del merito. Solo per completezza va evidenziato come anche la giurisprudenza che nega rilevanza alla natura del danno prospettato quale criterio discriminante le due attuali fattispecie concorda nell'attribuire alla concussione per costrizione la condotta di chi condiziona gravemente l'autodeterminazione del cittadino Sez. 6, sent. 18968/2013 il che, per quanto ripetutamente ricordato, è quanto accaduto nella fattispecie concreta. 5. Confermata pertanto, anche previa specifica interlocuzione della difesa del ricorrente, la qualificazione del reato ai sensi dell'art. 317 c.p., va constatato che lo stesso non è ad oggi prescritto. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.