Non è necessario che versi quanto chiesto dal fisco per poi presentare domanda di rimborso, impugnando il silenzio-rigetto.
Così ha ribadito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 4003, depositata il 19 febbraio 2013. Contestazione respinta la cartella si basa sulle dichiarazioni del contribuente stesso. Le Commissioni Tributarie, provinciale e regionale, respingono ricorso ed appello di un professionista che sostiene «il non assoggettamento ad IRAP dei suoi redditi professionali relativi all'attività svolta nell'anno 2003». Il motivo del respingimento è molto semplice la contestazione è rivolta «contro la cartella di pagamento emessa a seguito della denuncia dei redditi presentata dal contribuente stesso». Ma anche le proprie dichiarazioni possono essere sbagliate. La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi, ricorda che «il contribuente può contestare una pretesa tributaria anche in sede di impugnazione della cartella emessa sulla base delle sue dichiarazioni purché ovviamente tale cartella costituisca il primo atto con cui la pretesa viene portata a conoscenza dei contribuente». Il precedente gli oneri imposti devono in ogni caso rispettare la legge. Già con la sentenza numero 9872/2011 la Corte di Cassazione aveva specificato che il contribuente, anche emendando quanto affermato nella sua precedente dichiarazione, può contestare «l'atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico e tale contestazione deve farla proprio impugnando la cartella esattoriale, non essendogli consentito di esercitare l'azione di rimborso dopo il pagamento della cartella». Se non viene impugnata la cartella è precluso il rimborso dei versamenti diretti previsto dall’articolo 38, d.P.R. numero 602/1973. Quindi, vista l’errata motivazione di respingimento della Commissione Tributaria Regionale, la S.C. cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione del medesimo organo giudicante.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 11 dicembre 2012 – 19 febbraio 2013, numero 4003 Presidente/Relatore Cicala Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. Il dott. P.S, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 1/32/10 del 12 gennaio 2010 che rigettava l’appello del contribuente affermando che il ricorso con cui dott. P.S. aveva sostenuto il non assoggettamento ad IRAP dei suoi redditi professionali relativi all'attività svolta nell'anno 2003, doveva essere respinto e ciò in quanto rivolto contro la cartella di pagamento emessa a seguito della denuncia dei redditi presentata dal contribuente stesso. 2. L'Agenzia si è costituita in giudizio con controricorso. 3. Il ricorso deve essere accolto in quanto è pacifico che il contribuente può contestare una pretesa tributaria anche in sede di impugnazione della cartella emessa sulla base delle sue dichiarazioni purché ovviamente tale cartella costituisca il primo atto con cui la pretesa viene portata a conoscenza dei contribuente. E non è affatto necessario che il contribuente versi quanto chiesto in cartella e quindi presenti domanda di rimborso, impugnando il silenzio-rigetto. Infatti la Corte di Cassazione con sentenza numero 9872 del 5 maggio 2011, ha affermato che il contribuente può contestare, anche emendando le dichiarazioni presentate all'Amministrazione finanziaria, l'atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico e tale contestazione deve farla proprio impugnando la cartella esattoriale, non essendogli consentito di esercitare l'azione di rimborso dopo il pagamento della cartella. Ed in difetto di impugnazione della cartella risulta precluso il rimborso previsto dall'articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, numero 602. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione tributaria Regionale della Lombardia, che deciderà anche per le spese del presente grado.