È sufficiente il dolo generico, e la crisi economica non scrimina la condotta

Il reato di omesso versamento delle ritenute è caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti.

I casi. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con 2 sentenze depositate il 28 gennaio 2014 n. 3705/2014 e n. 3689/2014 , si è occupata della configurabilità del reato di omesso versamento delle ritenute. In particolare, i giudici di Piazza Cavour hanno sottolineato che il reato in questione è caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti. Insomma, ciò che conta è la mera consapevolezza della condotta omissiva . La crisi economica non scrimina il reato. Nel caso affrontato con la sentenza n. 3705, gli Ermellini hanno altresì precisato che non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti . E il reato – si legge nel dispositivo – è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore. Insomma, è stato accolto il ricorso del procuratore e sarà la Corte di appello di Brescia ad esaminare nuovamente la questione. L’onere della prova grava sulla pubblica accusa. Anche la responsabilità penale del legale rappresentante della società ricorrente in Cassazione, sent. n. 3689/2014, verrà nuovamente valutata dai giudici del rinvio, ma partendo da basi un po’ differenti. La S.C., infatti, in questo caso, pur confermando la punibilità del reato di omesso versamento a titolo di dolo generico, ha specificato che l’onere della prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate grava, senza dubbio alcuno , sulla pubblica accusa, anche se può assolverlo sia mediante il ricorso a prove documentali o testimoniali oppure attraverso la prova indiziaria .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 dicembre 2013 – 28 gennaio 2014, n. 3705 Presidente Gentile – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Bergamo ha assolto C.G., quale amministratore della F.R. di Ferrano e Redaelli dal reato ex art. 2, comma 1, bis, del d.l. n. 463 del 1983 di omesso versamento delle ritenute previdenziali perché il fatto non costituisce reato. 2. Ha proposto ricorso per saltum il Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Brescia contestando la erronea applicazione dell'art. 2, comma 1 bis, del decreto legge suddetto. Premesso che il Tribunale è pervenuto ad assolvere l'imputato ritenendo escluso l'elemento soggettivo del reato atteso che nel periodo in contestazione la società di cui egli era amministratore versava in gravi difficoltà finanziarie poi culminate nel fallimento della società intervenuto, successivamente al mancato versamento, in data 30 marzo 2010, rileva come, sulla base della costante giurisprudenza di legittimità, il reato di omesso versamento delle ritenute sia caratterizzato da dolo generico ed integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando che l'agente tenuto al versamento attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per fare fronte a debiti ritenuti più urgenti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. Come già affermato da questa Corte, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti Sez. 3, n. 29975 del 21/06/2011, Libutti, non massimata Sez. 3, n. 20845 del 28/04/2011, Cannarile, non massimata Sez. 3, n. Sez. 3, n. 13100 del 19/01/2011, Biglia, Rv. 249917 Sez. 3, n. 11962 del 16/07/1999, Rigoni, Rv. 214627 . Si è in particolare specificato che il reato è configurabile anche nel caso in cui si accerti l'esistenza del successivo stato di insolvenza dell'imprenditore, in quanto è onere di quest'ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all'obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull'integrale pagamento delle retribuzioni medesime Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827 Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, Castellotti, Rv. 219989 . Invero la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l'importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di corrisponderlo all'Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni. La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all'Inps, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono, del resto, parte. Si è, perciò, ritenuto che anche il sopravvenuto fallimento dell'agente non è sufficiente a scriminare il precedente omesso versamento delle ritenute, essendo obbligo del sostituto quello di ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere il proprio obbligo, anche se ciò dovesse comportare l'impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare Sez. 3, n. 141 del 15/02/1996, Profili, Rv.203783 e, inoltre, che quando l'imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l'assenza dell'elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico cfr., tra le tante, con riferimento all'omesso versamento di ritenute d'acconto, Sez. 3, n. 7099 del 05/05/1994, Serafini, Rv. 198155 Sez. 3, n. 3512 del 17/01/1994, D'Anna, Rv. 196977 Sez. 3, n. 11032 del 21/10/1993, Parrotto, Rv. 195938 Sez. 3, n. 11608 del 11/11/1993, Annibal, Rv. 195904 Sez. 3, n. 10579 del 06/10/1993, P.M. in proc. Dini, Rv. 195872 Sez. 3, n. 2605 del 19/01/1991, Bacchi, Rv. 186488 Sez. 3, n. 942/91 del 26/11/1990, Bergamo, Rv. 186257 . In definitiva, a fronte della contestualità e della indefettibilità del sorgere dell'obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l'impossibilità di adempiere l'obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all'Istituto in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute , di guisa che non può ipotizzarsi l'impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata cfr., sia pure con riferimento all'omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d'imposta, Sez. 3, n. 11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018 . Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata ha invece escluso il dolo sul solo presupposto delle gravi difficoltà economiche comprovate dai procedimenti per decreto ingiuntivo e dai protesti subiti dalla società amministrata dall'imputato tali da condurre successivamente al fallimento, senza che risulti esposto alcun altro elemento che consenta, alla luce dei principi appena ricordati, di ritenere motivatamente escluso l'elemento soggettivo. La sentenza va pertanto annullata con rinvio alla Corte d'Appello di Brescia ex art. 569, comma 4, c.p.p. quale giudice competente per l'appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Brescia.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 dicembre 2013 – 28 gennaio 2014, numero 3689 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 11.12.2012 la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di colpevolezza di T.G. in ordine al reato di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000, art. 10 bis, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante di società, ometteva di versare all'erario, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai lavoratori dipendenti per un complessivo ammontare, nel periodo di imposta 2005, di Euro 81.530. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, denunziando due censure. Considerato in diritto 1. Col primo motivo si denunzia la violazione dell'art. 429 lett. b cpp perché nel decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale di Cassino non era stata indicata correttamente la persona offesa del reato in luogo dell'Amministrazione finanziaria era stato indicato un componente dei revisori dei conti della società tale violazione era stata segnalata anche alla Corte d'Appello che però ha rigettato la relativa eccezione non ravvisando violazione del diritto di difesa. Il motivo è infondato. La mancanza o l'insufficiente indicazione della persona offesa requisito previsto dall'art. 429 comma 1 lett. b non è un caso di nullità del decreto che dispone il giudizio, perché la norma cfr. art. 429 comma 2 cpp riguarda invece la mancanza o insufficiente indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lett. c ed f . L'osservanza delle disposizioni concernenti l'intervento delle altre parti private e in particolare la citazione in giudizio della persona offesa dal reato è prescritta a pena di nullità dall'art. 178 cpp cfr. lett. c , ma la giurisprudenza di questa Corte - richiamata peraltro dallo stesso ricorrente - afferma costantemente che la nullità derivante dall'omessa citazione della persona offesa non può essere eccepita dall'imputato, poiché egli manca di interesse all'osservanza della disposizione violata, il cui unico scopo è quello di consentire l'eventuale costituzione di parte civile al destinatario della citazione cfr., tra le varie, Sez. 2, Sentenza numero 12765 del 11/03/2011 Ud. dep. 29/03/2011 Rv. 250051 Sez. 6, Sentenza numero 12196 del 11/03/2005 Ud. dep. 29/03/2005 Rv. 231193 Sez. 6, Sentenza numero 35555 del 10/04/2003 Ud. dep. 16/09/2003 Rv. 226512 . Nel caso di specie, la persona offesa dal reato era l'Amministrazione Finanziaria e non già l'INPS, come erroneamente affermato dalla Corte d'Appello. 2. Col secondo motivo il ricorrente denunzia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sotto il profilo della insussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato. Rileva che il reato è a fattispecie progressiva tale da ricomprendere due condotte attive l'effettuazione della ritenuta ed il successivo rilascio della certificazione ad opera del sostituto e una omissiva mancato versamento di importo superiore ai 50.000 Euro per periodo di imposta . Osserva che nel caso di specie risultava dimostrata solo la condotta omissiva ma non anche quella attiva. Rileva poi l'assenza di dolo in considerazione della mancanza di liquidità. Il motivo è fondato sotto il profilo della motivazione sull'elemento costitutivo del reato. Questa Corte ha già affermato che il reato di omesso versamento, da parte del sostituto d'imposta, delle ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti si consuma alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale e che solo con il maturare di tale termine si verifica l'evento dannoso per l'erario, previsto dalla fattispecie penale. È stato precisato inoltre che il reato è punibile a titolo di dolo generico, richiedendosi la mera consapevolezza della condotta omissiva. cfr. Sez. 3, Sentenza numero 25875 del 26/05/2010 Ud. dep. 07/07/2010 Rv. 248151 . L'onere della prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate, trattandosi di elemento costitutivo del reato, grava, senza dubbio alcuno, sulla pubblica accusa, anche se può assolverlo sia mediante il ricorso a prove documentali o testimoniali oppure attraverso la prova indiziaria Sez. 3, Sentenza numero 33187 del 12/06/2013 Cc. dep. 31/07/2013 Rv. 256429 cfr. altresì Cass. penumero sez. 3, numero 1443 del 15.11.2012 . Nel caso di specie, la Corte di merito ha affermato che la prova della reale corresponsione ai dipendenti delle retribuzioni soggette alle trattenute in favore dell'INPS e della reale effettuazione di tali trattenute è legittimamente ricavabile dalla attestazione fornitane dallo stesso appellante con la relativa documentazione con i prospetti che ritualmente inviò a suo tempo all'ente creditore, in adempimento all'obbligo normativamente imposto del resto, non vi è documentazione di diffide o cause di lavoro promosse da dipendenti che l'appellante abbia potuto produrre per contrastare la credibilità delle precedenti proprie attestazioni . La Corte d'Appello, inoltre, dalla avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori ha desunto l'avvenuta decurtazione da parte dell'imputato delle quote contributive che non gli appartenevano e che non avrebbe dovuto stornare dal versamento all'ente previdenziale a cui erano destinate in mancanza di elementi di prova contraria e non vedendo alcun motivo per il quale l'imputato non avrebbe dovuto farlo . Trattasi di percorso argomentativo assolutamente carente e illogico, sia per i ripetuti riferimenti all'INPS e alle omesse contribuzioni che nella fattispecie in esame non rilevano in alcun modo, trattandosi di violazioni tributarie omesso versamento di ritenute certificate , sia perché non motiva sulla prova - spettante alla accusa - delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal sostituto di imposta. La sentenza impugnata va pertanto annullata per nuovo esame, restando così logicamente assorbito il tema dello stato di necessità pure introdotto nel motivo. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.