È bancarotta fraudolenta la distrazione di somme mediante finanziamenti concessi a società del gruppo

Nel reato di bancarotta fraudolenta l’elemento soggettivo si riduce al dolo generico, essendo sufficiente la consapevolezza di dare ai beni della società fallita una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori.

Il caso. Il presidente del consiglio di amministrazione di una s.r.l. è condannato alla pena di anni 3 di reclusione perché ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta articolo 216, r.d. 16 marzo 1942, numero 267 . La condotta addebitatagli consiste nell’aver distratto alcuni milioni di euro provenienti da un finanziamento erogato da parte di un privato, versandolo ad una s.r.l. collegata in cambio di obbligazioni ventennali emesse da una terza società di capitali facente parte del medesimo gruppo, anch’essa successivamente fallita. L’imputato ricorre per cassazione, lamentando in particolare l’erronea individuazione dell’elemento soggettivo nel dolo generico. Secondo la tesi difensiva, la norma incriminatrice richiederebbe il dolo specifico, da identificarsi nella consapevolezza dell’idoneità della condotta a cagionare il dissesto della società e un pregiudizio ai suoi creditori. Nella sentenza numero 47545 del 2015 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali. Per la bancarotta fraudolenta basta il dolo generico. La Suprema Corte statuisce che nel reato di bancarotta fraudolenta l’elemento soggettivo si riduce al dolo generico, essendo sufficiente la consapevolezza di dare ai beni della società fallita «una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di garanzie per i creditori». Il Collegio si è così allineato al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla questione. Nella sentenza numero 11899 del 2010 Cass., sez. V penumero , 26 marzo 2010, numero 11899, in CED Cass., Rv. 246357 in termini Cass., sez. V penumero , 2 dicembre 2011, numero 44933, in CED Cass., Rv. 251214, e Cass., sez. V penumero , 28 maggio 2014, numero 21846, in CED Cass., Rv. 260407 , la Quinta Sezione ha affermato che, ai fini dell’elemento soggettivo, non è necessario il dolo specifico – vale a dire la consapevolezza di portare al dissesto la società – ma è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, come con la vendita senza corrispettivo oppure a prezzi non congrui o in nero o con destinazione di somme non nell’interesse della società. Nella sentenza numero 35093 del 2014 Cass., sez. V penumero , 7 agosto 2014, numero 35093, in CED Cass., Rv. 261446 il Giudice di legittimità ha confermato che l’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria non comprende la previsione ed accettazione del fallimento, ma solo la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alla finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori. Il Collegio ha precisato come «la condotta peculiare e connotativa del reato di bancarotta patrimoniale sia rappresentata da quella [] capace di porre in pericolo gli interessi dei creditori, mentre la dichiarazione di fallimento, pur menzionata dalla stessa norma [], entra nella struttura del reato non come evento naturalistico della attività depauperativa, non cioè come “risultato” di essa secondo lo schema dell’articolo 43 c.p., posto che il reato in commento è delineato come di pura condotta, connotato, piuttosto, da evento di pericolo che è quello meramente “giuridico”, integrato dal portato della condotta medesima ossia, come ben sottolineato dalla dottrina, l’esito che la norma vuole prevenire. La dichiarazione di fallimento entra nella struttura del reato, in conclusione, come suo elemento costitutivo ma non come evento». Come rilevato anche dalla Corte Costituzionale cfr. sentenze nnumero 145 e 146 del 1982 , la dichiarazione di fallimento è richiamata dal Legislatore «per la esistenza del reato», giacché è con il suo intervento che la messa in pericolo del bene protetto si presenta come effettiva e reale. Secondo la Corte di Cassazione, se oggetto dell’addebito «è l’atto lesivo del patrimonio posto a garanzia dei creditori, ritenuto tale per il suo carattere ingiustificato nell’ottica della finalità assegnata al patrimonio societario », esso costituisce il parametro per la valutazione della rimproverabilità dell’agente. L’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta è stato efficacemente definito come «consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori», giacché il reato in esame punisce «non già, indifferentemente e sempre, qualsiasi atto in diminuzione del patrimonio della società ma soltanto e tutti quelli che quell’effetto sono idonei a produrre in concreto, con esclusione, pertanto, di tutte le operazioni o iniziative di entità minima o comunque particolarmente ridotta e tali, soprattutto se isolate o realizzate quando la società era in bonis, da non essere capaci di comportare una alterazione sensibile della funzione di garanzia del patrimonio». Distrazione di somme mediante finanziamenti concessi a società del gruppo. Nel caso di specie, il finanziamento alla società partecipata è stato concesso accettando la “contropartita anomala” rappresentata dalle obbligazioni ventennali emesse da altra società del gruppo – anch’essa successivamente fallita – senza la previsione di una remunerazione superiore rispetto a quella relativa al finanziamento utilizzato. Tali elementi portano ad escludere la sussistenza di “vantaggi compensativi” infragruppo idonei ad escludere la rilevanza penale della condotta contestata. La Corte di Cassazione, richiamata la previsione di cui all’articolo 2634 c.c. – ove si esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell’infedeltà patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell’atto depauperatorio in presenza dei c.d. “vantaggi compensativi” dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un più ampio gruppo di società –, rileva che, ove si accerti che l’atto compiuto dall’amministratore non risponda all’interesse della società ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, è onere dello stesso amministratore dimostrare l’esistenza di una realtà di gruppo, alla luce della quale quell’atto assuma un significato diverso, «sì che i benefici indiretti della società fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresì idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell’agente non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della società» excerpta da Cass., sez. V penumero , 10 dicembre 2013, numero 49787, in CED Cass., Rv. 257562 . Ne consegue che, qualora il fatto si riferisca a rapporti intercorsi fra società appartenenti al medesimo gruppo, solo il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo può consentire di ritenere legittima l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società sacrificata, nel qual caso è l’interessato a dover fornire la prova di tale circostanza cfr. Cass., sez. V penumero , 28 dicembre 2011, numero 48518, in CED Cass., Rv. 251536 . Con riferimento ad una fattispecie analoga a quella sub iudice, la Suprema Corte ha affermato che integra distrazione rilevante ai fini della bancarotta fraudolenta la condotta di finanziamento di ingenti somme in favore di società dello stesso gruppo, effettuato dalla società fallita quando già si trovava in situazione di difficoltà finanziaria, in mancanza di garanzie e senza vantaggi compensativi sia per il gruppo nel suo complesso che per la stessa società fallita Cass., sez. V penumero , 9 maggio 2013, numero 20039, in CED Cass., Rv. 255646 .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 settembre – 1 dicembre 2015, numero 47545 Presidente Vessichelli – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza dei Tribunale di Ancona del 04/11/2010, con la quale T.F. era ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 216 r.d. 16 marzo 1942, numero 267, commesso quale presidente del consiglio di amministrazione della Promont Trust Group s.r.l., dichiarata fallita in Ancona il 30/06/2007, distraendo la somma di € 2.500.000, proveniente da un finanziamento del privato E.L., che versava alla collegata Partecipazioni s.r.l. ricevendo in contropartita obbligazioni emesse dalla Nuova Fortuna s.p.a. in favore della Partecipazioni, scadenti nel 2026 e condannato alla pena di anni tre di reclusione. L'imputato ricorrente deduce 1. violazione di legge e vizio motivazionale sull'affermazione di responsabilità l'elemento psicologico del reato sarebbe stato erroneamente individuato nel dolo generico e non nel dolo specifico consistente nella consapevolezza dell'idoneità della condotta a cagionare il dissesto della società e un pregiudizio per i creditori della stessa in conseguenza della concreta diminuzione della loro garanzia la Corte territoriale, limitatasi a richiamare il contenuto della sentenza di primo grado, non avrebbe rilevato come tali condizioni non ricorressero nel caso di specie, nel quale risultava dagli atti che, all'epoca dell'operazione, la situazione finanziaria della fallita era tale da consentire l'erogazione della somma alla società collegata, con un finanziamento peraltro restituibile attraverso le obbligazioni, e nulla consentiva di prevedere il dissesto della Promont, e che intento dell'imputato era unicamente quello di evitare il tracollo economico della Partecipazioni e del gruppo di società dei quale la stessa e la Promont facevano parte 2. violazione di legge e vizio motivazionale sulla qualificazione del fatto nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale invece che nel reato di infedeltà patrimoniale di cui all'articolo 2634 cod. civ. il punto non sarebbe oggetto di adeguata motivazione se non nell'erroneo richiamo al rapporto di specialità reciproca fra i due reati 3. violazione di legge e vizio motivazionale sul diniego delle attenuanti generiche nell'affermare l'insussistenza di elementi valutabili a questi fini non si sarebbe tenuto conto del comportamento processuale dell'imputato, che forniva una ricostruzione dei fatti confermata dalle risultanze acquisite. Considerato in diritto 1. I motivi dedotti sull'affermazione di responsabilità dell'imputato sono infondati. L'elemento psicologico del contestato reato di bancarotta fraudolenta, contrariamente all'assunto dei ricorrente, si riduce al dolo generico consistente nella consapevolezza di dare ai beni della fallita una destinazione diversa da quella dovuta secondo la funzionalità dell'impresa, privando quest'ultima di risorse e di garanzie per i creditori Sez. 5, numero 35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446 Sez. 5, numero 21846 del 13/02/2014, Bergamaschi, Rv. 260407 Sez. 5, numero 3299 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932 Sez. 5, numero 44933 del 26/09/2011, Pisani, Rv. 251214 Sez. 5, numero 11899 del 14/01/2010, Rizzardi, Rv. 246357 essendone in particolare esclusa la consapevolezza dell'idoneità della condotta a cagionare il dissesto, in ordine alla quale è pertanto infondata la censura di carenza motivazionale proposta nel ricorso. Tanto premesso, la sentenza impugnata era adeguatamente motivata in conformità a questi principi, laddove la Corte territoriale osservava che il finanziamento alla società partecipata veniva concesso accettando una contropartita anomala costituita da obbligazioni ventennali emesse dalla Nuova Fortuna, altra società facente parte dello stesso gruppo, peraltro anch'essa successivamente fallita che non era prevista la corresponsione di interessi superiori a quelli praticati alla Promont dal Longarini, erogatore della somma poi oggetto del prestito alla Partecipazioni e che in conclusione la Promont versava a quest'ultima una somma ingente senza la previsione di alcun effettivo utile, con un'operazione peraltro neppure discussa ed autorizzata dagli organi sociali. Nel ricorso nulla si deduce in ordine alla circostanza dello stato di decozione della destinataria del finanziamento, e si dà atto peraltro che il fallimento della Promont veniva dichiarato su istanza del Longarini, a conferma di come la sottrazione alle disponibilità della fallita della somma da questi alla stessa prestata, oggetto del finanziamento erogato alla Partecipazioni, incidesse in misura determinante sulla garanzia patrimoniale della Promont essendo d'altra parte irrilevanti le considerazioni del ricorrente, peraltro di merito, sulla compatibilità di tale finanziamento con la situazione finanziaria della Promont all'epoca dei fatti, attesa la natura di reato di pericolo propria del delitto di bancarotta fraudolenta, che attribuisce valenza lesiva anche alla mera potenzialità di un danno per le ragioni dei creditori Sez. 5, numero 21846 del 13/02/2014, Bergamaschi, Rv. 260407 Sez. 5, numero 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932 Sez. 5, numero 11633 del 08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307 . Privo di rilevanza è altresì il riferimento del ricorrente all'intento dell'imputato di evitare il fallimento della Partecipazioni e, conseguentemente, del gruppo del quale anche la Promont faceva parte, chiaramente diretto ad addurre la sussistenza, nell'operazione contestata, di vantaggi compensativi idonei ad escludere, quanto meno sul piano dell'elemento psicologico, il carattere distrattivo dell'operazione stessa. Il riconoscimento dell'efficacia esimente di tali vantaggi, espressamente prevista per il reato di infedeltà patrimoniale di cui all'articolo 2634 cod. civ., pur se possibile anche per i reati di bancarotta alla luce dei principi affermati da questa Corte Sez. 5, numero 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 257562 , esige non solo l'esistenza di un beneficio complessivamente ricevuto dal gruppo a seguito delle operazioni, ma anche l'idoneità dello stesso a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi cagionati alla società fallita dalle operazioni, in modo che le stesse risultino non incidenti sulle ragioni dei creditori. Entrambe le condizioni sono, a ben vedere, espressione dei particolare rigore che deve contraddistinguere le valutazioni sull'esistenza e la significatività di vantaggi compensativi in presenza dell'intervenuto fallimento della società fallimento che inevitabilmente implica il pregiudizio per le posizioni creditorie. E' in altre parole necessario, perché possa essere esclusa la rilevanza penale del fatto, che le operazioni contestate abbiano prodotto vantaggi indiretti tali da renderle in concreto ininfluenti sulla creazione di tale pregiudizio, idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse Sez. 5, numero 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 255646 Sez. 5, numero 44963 dei 27/09/2012, Bozzano, Rv. 254519 Sez. 5, numero 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 251536 vantaggi che non possono essere ravvisati nel mero spostamento di disponibilità fra società dello stesso gruppo che si trovino tutte in condizioni di difficoltà economiche, tali pertanto da escludere una prognosi favorevole sul risultato dell'operazione Sez. 5, numero 37370 del 07/06/2011, Bianchi, Rv. 250492 , situazione correttamente individuata dai giudici di merito nel caso in esame. 2. I motivi dedotti sulla qualificazione del fatto nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, invece che nel reato di infedeltà patrimoniale di cui all'articolo 2634 cod. civ., sono infondati. L'argomentazione della sentenza impugnata in ordine al rapporto di specialità reciproca esistente fra i due reati, del quale il ricorrente lamenta l'erroneità e, conseguentemente, l'inidoneità a motivare la qualificazione di cui sopra, è invece conforme ai principi stabiliti in materia da questa Corte, per i quali la presenza nell'ipotesi di cui all'articolo 2634 cod. civ. di elementi, quale il preesistente conflitto di interessi dell'amministratore, non compresi nella struttura della bancarotta fraudolenta, e la diversità degli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, attinenti rispettivamente al patrimonio sociale ed alla garanzia dei creditori, consentono il concorso dei reati Sez. 5, numero 43001 del 27/09/2012, Muglia, Rv. 254553 Sez. 5, numero 26083 del 06/05/2008, Turci, Rv. 242323 Sez. 5, numero 13110 del 05/03/2008, Scotuzzi, Rv. 239394 . 3. 1 motivi dedotti sul diniego delle attenuanti generiche sono inammissibili. Il ricorso è generico sia nell'affermazione per la quale la Corte territoriale si sarebbe limitata ad escludere la sussistenza di elementi favorevoli all'imputato, laddove nella sentenza impugnata si faceva invece riferimento a dati ostativi quali l'elevato importo del danno e i plurimi, gravi e specifici precedenti penali del F. sia nella censura di mancato esame del comportamento processuale dell'imputato, viceversa valutato e ritenuto irrilevante per il carattere meramente apparente dell'asserito atteggiamento collaborativo. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.