È illegittima l’azione di responsabilità proposta nei confronti del presidente del consiglio di amministrazione di un consorzio senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia numero 133 dell’8 gennaio 2014. Il caso. Un consorzio cita in giudizio l’ex presidente dello stesso, per ottenere la sua condanna al rimborso della somma erogata dal consorzio per l’effettuazione di lavori sull’impianto di fognatura insistente sul lotto di proprietà della moglie del convenuto, all’interno del consorzio. Detti lavori, secondo la ricostruzione attorea, erano stati fatti eseguire senza alcuna preventiva autorizzazione del consorzio e nonostante l’estraneità dello stesso alla manutenzione dell’impianto. Il convenuto, nel costituirsi, deduce la sua buona fede nell’accaduto, rilevando che aveva consultato prima dell’esecuzione dei lavori il consiglio di amministrazione e che la natura consortile dell’impianto non era mai stata messa in discussione. In particolare, nel corso di un’assemblea, un’altra consorziata aveva dichiarato di essere la proprietaria esclusiva del collettore fognario, sicché si era deciso che l’onere della riparazione gravasse per il 70% sul consorzio e per il 30% sulla consorziata anzidetta nonché sulla moglie del presidente. In primo grado la domanda attorea viene accolta, ma la pronuncia è poi riformata in sede d’appello. Nella specie, la Corte territoriale ritiene fondata l’eccezione sollevata dal convenuto di difetto di legittimazione derivante dalla mancata autorizzazione, da parte dell’assemblea, della proposizione dell’azione di responsabilità. Il consorzio si rivolge quindi alla Corte di Cassazione. Riassunzione del processo dopo l’interruzione. In primo luogo, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia respinto l’eccezione di estinzione del giudizio sollevata in quella sede dal momento che, a seguito del decesso del difensore del consorzio, era stata dichiarata l’interruzione del giudizio e la riassunzione era stata effettuata con notifica a persona ormai estranea al consorzio, che in passato aveva ricoperto la carica di legale rappresentante. Nella specie, i Giudici di merito, nel rigettare l’eccezione, avevano ritenuto trattarsi di mera irregolarità della notifica, sanata dalla presenza all’udienza successiva di un legale successivamente officiato dal consorzio. La Suprema Corte, nel rigettare il motivo di ricorso, evidenzia che l’estinzione del processo si determina solo per effetto dell’intempestivo deposito del ricorso per riassunzione, che nella specie non si era verificato. Di contro, il vizio della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza non interferisce con la riassunzione del giudizio avvenuta, come nella specie, a seguito del tempestivo deposito del ricorso in riassunzione. L’irregolarità della notifica è stata invece sanata dalla costituzione in giudizio del consorzio. Autorizzazione dell’assemblea per l’azione di responsabilità. Altro motivo di censura attiene alla decisione della Corte d’appello di applicare, al caso di specie, l’articolo 22 c.c., per il quale, nelle associazioni, le azioni di responsabilità contro gli amministratori sono deliberate dall’assemblea. Detta norma è stata applicata in quanto la Corte territoriale ha qualificato l’azione promossa dal consorzio come azione di responsabilità dell’amministratore, mentre, a giudizio del ricorrente, la stessa andava qualificata come azione di ripetizione dell’indebito, per cui non era necessaria la predetta autorizzazione. La Suprema Corte, nel condividere la statuizione dei Giudici di merito in ordine alla qualificazione dell’azione come azione di responsabilità, osserva che, dal verbale dell’assemblea prodotto in giudizio, il consorzio aveva preso posizione sulla titolarità della spesa per la riparazione della conduttura fognaria, invitando i singoli consorziati ritenuti proprietari ad erogare la relativa somma, nonché autorizzando eventualmente il Consiglio di amministrazione ad affidare ad un avvocato la tutela dei propri interessi. Di contro, nessuna autorizzazione ad agire nei confronti del presidente era stata adottata per effetto della citata delibera né tantomeno poteva riscontrarsi un’autorizzazione ad agire per ripetizione di indebito nei confronti del presidente, data la chiara individuazione dei soggetti tenuti alla ripetizione della somma spesa dal consorzio. Insussistenza dei presupposti della responsabilità dell’amministratore. Del pari, la Suprema Corte reputa infondato il motivo con cui il ricorrente censura la decisione di merito nella parte in cui ha escluso il requisito psicologico del dolo o della colpa in capo all’ex presidente. Ed invero, la Corte d’appello ha escluso che la condotta del convenuto potesse essere tacciata di imperizia o imprudenza e tantomeno di dolo dal momento che, dagli atti, risultava la sussistenza di obiettivi dubbi sulla natura consortile del tratto fognario, confermati dal rilevante lasso di tempo intercorso tra la verificazione del guasto e la delibera con cui l’assemblea aveva deliberato di approvare la spesa e di accollarla per il 70% al Consorzio e per il restante a due consorziati peraltro, durante questo tempo, erano stati incaricati due periti al fine di fornire la corretta interpretazione dello statuto nonché un giudizio sulla congruità delle opere eseguite. La Corte ha altresì escluso che la condotta del convenuto potesse essere considerata produttiva di danno a carico del consorzio dal momento che, una volta individuati i soggetti tenuti alla spesa, l’attore ben poteva agire nei loro confronti per la ripetizione della somma.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 settembre 2013 - 8 gennaio 2014, numero 133 Presidente Vitrone – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Il Nuovo Consorzio Poggio delle Magnolie ha convenuto in giudizio R.L. , nella sua qualità di Presidente del Consorzio per gli anni dal 1988 al 1992, per ottenere la sua condanna al rimborso della somma di L. 14.900.000, erogata dal Consorzio per l'effettuazione di lavori sull'impianto di scolo delle acque nere insistente sul lotto di proprietà della moglie A.R. , all'interno del Consorzio. Ha dedotto il Consorzio che tali lavori erano stati fatti eseguire dal R. senza alcuna preventiva autorizzazione del Consorzio e nonostante la estraneità del Consorzio alla manutenzione dell'impianto da considerarsi pertinenza della proprietà privata della A. . 2. R.L. si è costituito e ha dedotto la sua buona fede nell'accaduto rilevando che aveva consultato prima dell'esecuzione dei lavori il consiglio di amministrazione del Consorzio e che la natura consortile dell'impianto non era mai stata messa in discussione. Nel corso dell'assemblea consortile del 15 dicembre 1991 la consorziata Ad. aveva dichiarato di essere la proprietaria esclusiva del collettore fogniario e alla successiva assemblea del 21 giugno 1992 si era deciso che l'onere della riparazione gravasse per il 70% sul Consorzio e per il 30% sulla Ad. e la A. . Ha chiesto pertanto il R. il rigetto della domanda e la condanna, in via riconvenzionale, del Consorzio al risarcimento del danno procurato alla sua immagine dall'azione intentata nei suoi confronti. 3. Il Tribunale di Velletri, con sentenza numero 999/2001, ha accolto la domanda del Consorzio ritenendo provata la natura privata della proprietà dell'impianto fogniario oggetto della riparazione e ha condannato R.L. alla restituzione della somma di lire 14.900.000 spesa indebitamente dal Consorzio senza una preventiva autorizzazione. 4. Ha proposto appello R.L. deducendo che l'azione proposta dal Consorzio, qualificabile come azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore non era stata autorizzata dall'assemblea - come invece è previsto dall'articolo 22 del codice civile - e come tale doveva ritenersi illegittima. Ha inoltre rilevato l'assenza dei presupposti dell'azione di responsabilità consistenti nell'aver agito l'amministratore con dolo o colpa grave. 5. La Corte di appello di Roma con sentenza numero 1586/06 ha preliminarmente respinto l'eccezione di estinzione del giudizio sollevata dal Consorzio in quanto, a seguito del decesso del difensore del Consorzio era stata dichiarata l'interruzione del giudizio e la riassunzione era stata effettuata con notifica dell'atto di riassunzione a persona ormai estranea al Consorzio che in passato aveva ricoperto la carica di legale rappresentante. La Corte di appello nel rigettare l'eccezione ha ritenuto trattarsi di mera irregolarità della notifica sanata dalla presenza all'udienza successiva di un legale successivamente officiato dal Consorzio e che aveva svolto pienamente le difese per conto dell'ente. 6. La Corte di appello ha accolto il gravame del R. relativo alla richiesta di rigetto della domanda proposta nei suoi confronti dal Consorzio ritenendo fondata l'eccezione di difetto di legittimazione derivante dalla mancata autorizzazione, da parte dell'assemblea agli amministratori, della proposizione dell'azione di responsabilità. La Corte territoriale ha respinto l'appello del R. relativo alla sua domanda di risarcimento del danno all'immagine. Ha compensato per un terzo le spese del doppio grado del giudizio e ha condannato il Consorzio al pagamento della quota residua. 7. Ricorre per cassazione il Nuovo Consorzio Poggio delle Magnolie affidandosi a quattro motivi di impugnazione con i quali deduce a error in procedendo per violazione e falsa applicazione degli articolo 156, 157, 291, 299, 301, 303, 305, 307 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. b error in procedendo per violazione e falsa applicazione degli articolo 156, 305, 307 c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. c error in indicando per violazione di legge ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. con riferimento agli articoli 22. 1130, 1131 c.c. nonché ex articolo 360 numero 5 per illogicità e contraddittorietà della motivazione d omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo del giudizio consistente nell'esclusione della possibilità di attribuire alla condotta del R. il requisito psicologico della colpa e del dolo. 8. Si difende con controricorso R.L. . Ritenuto che 9. Con il primo motivo di ricorso si deduce che la decisione è viziata laddove non ha ritenuto la nullità o inesistenza della formalità della notifica del primo atto di riassunzione e dell'inutile decorso del termine semestrale di cui all'articolo 305 c.p.c. e laddove ha ritenuto che la presenza fisica di un difensore privo di poteri di rappresentanza e procuratori possa aver prodotto la sanatoria della notifica invalida. La ricorrente chiede alla Corte se a la notificazione dell'atto di riassunzione a persona diversa dall'attuale e dal precedente legale rappresentante dell'ente di gestione e presso l'abitazione privata sia inesistente o nulla con i relativi diversi effetti che ne conseguono 2 in ipotesi di notificazione nulla, sia da considerare la stessa sanata per raggiungimento dello scopo dell'atto per la presenza all'udienza immediatamente successiva di avvocato privo di procura al solo fine di rendere noto il vizio della notificazione 3 nel caso di inesistenza della notifica, la declaratoria di estinzione debba seguire alla prima udienza utile per il proseguimento del giudizio interrotto. 10. Con il secondo motivo di ricorso si deduce che anche a ritenere la semplice invalidità si sarebbe comunque dovuti pervenire a dichiarare l'estinzione del giudizio. La ricorrente chiede alla Corte, con riferimento all'ipotesi in cui si verifichi la nullità della notifica del primo atto di riassunzione, a seguito del deposito del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione di udienza e di termine per la notifica a se è corretto sostenere che, conosciuto il vizio della notifica, omessa l'istanza di rinnovo nella prima difesa successiva da parte del soggetto che ha interesse alla notificazione, e omesso il necessario rilievo da parte del giudice del procedimento, si debba considerare il giudizio estinto, anche in presenza della costituzione della convenuta che rilevi il vizio 2 se l'omissione da parte del giudice di rilevare il vizio e ordinare il rinnovo della notifica dell'atto di riassunzione comporta quale effetto automatico la cancellazione della causa dal ruolo e la sua relativa estinzione con conseguente nullità di tutti gli atti processuali successivi 3 se è valida la notificazione dell'atto di riassunzione del giudizio decorsi sei mesi dalla conoscenza del fatto interruttivo da parte del soggetto interessato alla notifica, ex articolo 305 c.p.c 11. I due motivi che devono essere esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono infondati. L'estinzione del processo si determina solo per effetto dell'intempestivo deposito del ricorso per riassunzione che nella specie non si è verificato. Il vizio della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza non interferisce con la riassunzione del giudizio avvenuta, come nella specie in esame, a seguito del tempestivo deposito del ricorso in riassunzione cfr. Cass. civ. 10747/1997 . Il vizio, non l'inesistenza che non ricorre nella specie, della notificazione comporta invece la fissazione da parte del giudice di un termine perentorio per la sua rinnovazione. La irregolarità della notifica è stata sanata dalla costituzione in giudizio del Consorzio. 12. Con il terzo motivo di ricorso si contesta la decisione della Corte di appello di applicare alla specie l'articolo 22 del codice civile all'ente di gestione e conseguentemente dichiarare che l'azione promossa dal Consorzio, qualificata erroneamente come azione di responsabilità dell'amministratore, invece che correttamente come azione per la ripetizione di indebito, è priva dell'autorizzazione dell'assemblea prevista dal citato articolo 22. La ricorrente chiede alla Corte 1 se, pur in presenza degli accordi tra associati che rinviano espressamente alle norme del codice civile in materia di condominio, è applicabile l'articolo 22 alla associazione non riconosciuta e se ad essa può essere ricondotto il Nuovo Consorzio Poggio delle Magnolie 2 se la domanda originaria proposta dal Consorzio sia qualificabile come ripetizione di indebito e se l'Ente di gestione Consorzio Poggio delle Magnolie vada amministrato in applicazione degli articolo 1130 e 1131 c.c. 3 se quindi l'azione in concreto spiegata nei confronti di colui che è stato individuato come autore dell'indebito poteva venire promossa indipendentemente da delibera del condominio trattandosi di azione a tutela del bene comune della collettività e se comunque detta delibera vada interpretata nel senso che l'assemblea intendesse conferire all'amministratore il potere di individuare il destinatario dell'azione di recupero. 13. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha chiarito nella sua motivazione che, come risulta dal verbale dell'assemblea del 12 marzo 1993, il Consorzio ha definitivamente preso posizione sulla titolarità della spesa per la riparazione della conduttura fognaria in questione, una volta acquisita la certezza circa la sua appartenenza a singoli consorziati e non al consorzio, e pertanto ha individuato nei signori A. e Ad. i soggetti tenuti alla spesa per la riparazione invitandoli all'erogazione della somma di 14.900.000 lire entro venti giorni dalla delibera autorizzando eventualmente il Consiglio di amministrazione ad affidare a un avvocato la tutela dei propri interessi anche in via giudiziale. Nessuna autorizzazione ad agire nei confronti del R. è stata ritenuta adottata per effetto della citata delibera dalla Corte di appello che, con motivazione congrua dal punto di vista logico, ha altresì escluso che possa riscontrarsi una autorizzazione ad agire per ripetizione di indebito nei confronti del R. , data la chiara individuazione dei soggetti tenuti alla ripetizione della somma spesa dal Consorzio. Altrettanto coerente logicamente la motivazione circa la qualificazione dell'azione come azione di responsabilità nei confronti dell'ex amministratore. 14. Con il quarto motivo si deduce che nell'ipotesi di qualificazione dell'azione del Consorzio come azione di responsabilità nei confronti del suo amministratore sarebbe comunque da rilevare il vizio di motivazione della Corte di appello consistente nell'esclusione della possibilità di attribuire alla condotta del R. il requisito psicologico del dolo o della colpa. 15. La censura è infondata. La Corte di appello ha reso sul punto una motivazione esauriente e logica laddove ha ricordato che sussistevano obiettivi dubbi sulla natura consortile del tratto fognario per cui è causa, che la questione era stata discussa ripetutamente nelle assemblee del Consorzio nei circa tre anni intercorsi fra la verificazione del guasto e la delibera del 12 marzo 1993, che sono stati conferiti incarichi all'avv. M. e al geom. F. perché fornissero una corretta interpretazione dell'articolo 4 dello statuto e un giudizio sulla congruità delle opere eseguite, che successivamente è stato deliberato di approvare la spesa, di accollarla per il 70% al Consorzio e per il restante ai sigg.ri Ad. e A. e infine di accollarla per l'intero a questi ultimi. Sulla base di tali considerazioni la Corte di appello ha quindi escluso che la condotta del R. possa essere tacciata di imperizia o imprudenza e tanto meno di dolo e ha altresì escluso che possa essere considerata produttiva di danno a carico del Consorzio che, una volta individuati i soggetti tenuti alla spesa, poteva agire nei loro confronti per la ripetizione della somma. 16. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il Consorzio ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.200 Euro di cui 200 per spese.